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ANNO 1943
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Papa Pio XII
(1939-58)

- segretario di Stato: card. L. Maglione
(1939 mar-ago 1944);
- responsabile dell'Entità: card. P. Fumasoni Biondi.

1943
Settembre
8
, appena la radio diffonde la notizia dell'armistizio, tutti i militi della Guardia Palatina – circa 500 uomini tra ufficiali e truppa – che abitano fuori dai confini del Vaticano, si presentano al completo per mettersi al servizio della S. Sede; mons. G.B. Montini riferisce al papa della piena disponibilità dei Palatini;
[I servizi di vigilanza e difesa saranno continui, di giorno e di notte, fino al giugno 1944.]
Ex Aud. Em.mi (cioè: per disposizione del cardinal segretario di Stato - sostituto è mons. G.B. Montini): "Dare ordine alla Guardia Svizzera che in ogni evenienza non faccia uso di armi da fuoco". Questo ordine viene trasmesso telefonicamente al comandante del Corpo, col. Henry de Pfyffer d'Altishofen. Ma l'ufficiale fa sapere che in proposito desidera una conferma per iscritto (che arriverà il giorno 11).
ore 12:45: [come da note di mons. G.B. Montini» giunge in Vaticano il comm. Cosmelli, ministro plenipotenziario inviato da S.E. Rosso, consigliere generale al Ministero degli Esteri d'Italia, a riferire che il re, Badoglio e tutti i ministri sono fuggiti da Roma; anche R. Guariglia; il comando è rimasto al gen. Solinas; il comm. Cosmelli che desidera chiedere se il S. Padre è disposto a rivolgere un appello al Comando tedesco onde evitare un inutile ulteriore spargimento di sangue, viene ricevuto da mons. Egidio Vagnozzi;
9, l'ambasciatore di Germania giunge alla Segreteria di Stato per dire, alludendo all'articolo apparso su «Il Popolo di Roma», che la sua preoccupazione è stata quella di far sempre sapere a Berlino che la S. Sede non avrebbe fatto nulla che avesse potuto nuocere all'Asse; mons G.B. Montini dice subito che su «l'Osservatore Romano» sarà pubblicata una smentita di detto articolo;
l'ambasciaotre tedesco si mostra soddisfatto di tutto ciò e uscendo, viene pregato anche dagli ambasciatori di Spagna e di Portogallo di interporre i loro buoni uffici perché Roma, specie sotto l'aspetto dei suoi edifici sacri, e la Città del Vaticano siano rispettati;
la stessa preghiera gli viene rivolta dal card. L. Maglione dopo averlo fatto chiamare nel suo appartamento.
ore 19:45, accompagnato dalla marchesa Marconi, viene in Segreteria di Stato il cap. Cerulli che, inviato dal gen. Frontoni del Comando Supremo, desidera, su richiesta di questo comando, che la S. Sede intervenga per affrettare l'arrivo degli anglo-americani. Il Comando della difesa di Roma è tagliato fuori e non sa rendersi conto della vera situazione. Le Autorità Italiane rimaste a Roma infatti non hanno stazioni radio per comunicare con gli Alleati e le truppe tedesche stanno concentrandosi su Roma da ogni parte.
Il cap. Cerulli viene ricevuto da mons. Tardini, il quale risponde che la S. Sede può soltanto comunicare con i suoi rappresentanti all'estero; se il Comando Supremo potesse dare dei suggerimenti, la segretaria di Stato vedrà di fare il possibile.
Anche l'ambasciatore d'Italia (del governo regio) chiede asilo in Vaticano e viene alloggiato alla Zecca.
10, il card. P. Fumasoni Biondi incarica don Brini di riferire subito a mons. G.B. Montini un proprio messaggio in merito alla visita del cap. Cerulli.
Continuano intanto a ritmo febbrile gli appelli per la salvezza della città e per la fine dei combattimenti.
L'ambasciatore di Germania, chiamato dal segretario di Stato, giunge in Vaticano per dire che non ha la possibilità di contattare il feldmar.llo A. Kesselring che sta a Frascati; fallisce anche un tentativo di telefonare a Castel Gandolfo per stabilire un contatto con i militari che sono là;
ore 11:30, il col. Berionni, mandato dal mar.llo P. Badoglio, comunica che l'accordo intervenuto con le autorità tedesche non è rispettato da una divisione, la più scalmanata, composta da paracadustisti che si sta dirigendo verso Roma sull'Aurelia marciando sulla città e quindi anche sulla Città del Vaticano; le truppe iatliane hanno già avuto forti perdite e, pur battendosi bene, si dubita possano sostenere l'urto di quelle tedesche; sulla via Aurelia si stanno distribuendo armi anche ai privati perché possano difendersi dai saccheggi;
ore 16:15, l'ambasciatore di Germania telefona per dire che non hapotuto mettersi in contatto con il feldmar.llo A. Kesselring; poiché le truppe tedesche sono forse già arrivate a S. Maria Maggiore e anche al Colosseo, egli pensa di inviare alla Segreteria di Stato il sig. A. von Kessel nel caso mons G.B. Montini pensi di mettersi in contatto con le autorità militari;
le trattative in corso tra autorità militari italiane e tedesche si concludono con un accordo secondo il quale le truppe tedesche dovranno sostare ai limiti della città libera di Roma salvo l'occupazione dell'ambasciata tedesca, dell'Eiar e della centrale telefonica; comandante della piazza è nominato il gen. Calvi di Bergolo;
intanto il ministro degli Esteri italiano R. Guariglia ha ricevuto la comunicazione dal mar.llo Caviglia; ha subito pregato di avvertire il Vaticano e di interessare i diplomatici inglesi e americani; R. Guariglia ha lasciato il ministero rifugiandosi nell'ambasciata di Spagna presso la S. Sede; da qui si è messo in contatto telefonico con il card. L. Maglione;
ore 20:00, l'ambasciatore di Germania telefona alla Segreteria di Stato per riferire, tra l'altro, che un ufficiale del feldmar.llo A. Kesselring ha dato assicurazione che sarà portato il più assoluto rispetto al territorio del Vaticano e alle sue dipendenze, in modo da non turbare (gêner) gli interessi e la dignità del Vaticano stesso; l'ufficiale riferisce inoltre che è stato comunicato al gen. Carboni (il quale sembra comandi ancora una divisione in città) che le ostilità devono cessare in base ad un accordo raggiunto;
il col. Berionni torna da mons G.B. Montini dichiarando che l'accordo con le forze tedesche era inevitabile anche se, come pare, di scarsa efficacia; aggiunge che il problema che lo preoccupa maggiormente è l'approvvigionamento della città; prega perciò la S. Sede di fare qualche passo presso le autorità tedesche per agevolare le cose;
da Washington, intanto, il delegato apostolico, mons. Cicognani, fa sapere al segretario di Stato che il presidente della Repubblica ha esplicitamente assicurato che gli Alleati rispetteranno Roma, pienamente, interamente.
13, Operazione Rabat o Aktion Papst: il generale delle SS, K. Wolff, riceve l'ordine da parte di A. Hitler di rapire e deportare papa Pio XII:
«Desidero che lei, con le sue truppe [...] occupi, il più presto possibile, il Vaticano e la Città del Vaticano; [...] e trasferisca al Nord papa Pio XII, insieme alla curia "per sua protezione", affinché egli non possa cadere nelle mani degli alleati e subire le loro pressioni e l'influenza politica.».
[Questo K. Wolff, dichiarerà il 9 aprile 1974 presso il tribunale arcivescovile di Monaco di Baviera, durante il processo di beatificazione di Pio XII.]
Lo stesso giorno l'ambasciatore tedesco, ricevuto dal segretario di Stato, riferisce che circolano voci circa la collaborazione del Vaticano all'armistizio con l'Italia, circa la radio e i contatti dei diplomatici ospiti; fa presente che le preoccupazioni dell'Incaricato d'affari tedesco presso l'Italia, Rudolf Rahn, possono costituire un pericolo per il Vaticano; il card. L. Maglione risponde di aver detto ai rappresentanti degli Stati Uniti e dell'Inghilterra che la minaccia degli Alleati di piegare l'Italia con spaventosi bombardamenti e scacciare i tedeschi e a fare una pace separata è inutile e ingiusta perché essi dovevano ben sapere che l'Italia non poteva farlo;
vengono poi date spiegazioni circa la procedura severa con cui i visitatori sono ammessi presso i diplomatici che alloggiano in Vaticano; procedura che è costata molte noie alle autorità vaticane per il loro scrupolo di evitare qualsiasi irregolarità; i visitatori che provengono dal territorio italiano, infatti, sono pregati di premunirsi di un benestare delle autorità italiane; l'ambasciatore pensa che anche le autorità tedesche potrebbero occuparsi di tali procedure, per esercitare anch'esse un controllo sui visitatori;
il colloquio verte poi sulla circolazione delle auto dei cardinali, sulle tessere di riconoscimento per gli impiegati della S. Sede; tra i casi citati:
- basilica di S. Paolo, dove sono entrati alcuni militari germanici;
- villa Rossignani (parenti del papa);
- ecc.
[È prevista l'opportunità di vistare i documenti da parte del gen. R. Stahel, comandante di Roma, e del col. Dollmann, rappresentante di H. Himmler per l'Italia.]
Lo stesso giorno, ai margini di Piazza S. Pietro, sul listone esterno in travertino (cioè sulla linea di confine dello Stato Vaticano) appaiono due paracadutisti tedeschi: in tenuta mimetica, armati di mitra, cominciano a pattugliare sulla striscia di pietra;
[continueranno a farlo per nove mesi.]
15, tramite p. Tacchi Venturi si chiede alla S. Sede di sondare l'ambasciata tedesca circa l'approvazione di una giunta amministrativa per la città di Roma che dovrebbe essere composta dal marchese Guglielmo di Vulci, Contarini e De Vito, tutti senatori;
[La proposta non avrà seguito; è un po' la conseguenza di altri progetti formulati prima dell'arrivo dei tedeschi.]
16, in Segreteria di Stato arriva l'ambasciatore di Germania E.H von Weizsäcker presentando una busta dove è del denaro per indennizzare i guasti fatti a S. Paolo (la Basilica si è trovara coinvolta nei bombardamenti del 9-10 precedente). Il sostituto mons. G.B. Montini vorrebbe rifiutarsi di riceverla, dicendo di non essere incaricato di regolare la questione, ma l'ambasciatore aggiunge: «Pour les pauvres» e insiste nel lasciare il denaro.
L'ambasciatore dice poi che il comandante di Roma, gen. R. Stahel, in segno di buona volontà, ha manifestato il pensiero di venire a fare una visita alla Segreteria di Stato. L'ambasciatore, pur rendendosi interprete di questo segno di buona volere, ha creduto di dissuaderlo dal venire per non fare sorgere commenti fuori luogo. Parla quindi di diverse questioni dicendo che, superata la prima fase degli avvenimenti, un'altra si presenta nella quale la funzione della "Potenza protettrice", anche se ispirata da buon volere, può diventare poco gradita.
- Ospedale di Monte Mario.
In seguito agli accordi tra le autorità germaniche e la Croce rossa italiana, l'ospedale passerà gradualmente nelle mani della Sanità militare tedesca. Si sa che il gen. Granito si è mostrato piuttosto infastidito di ciò: bisognerebbe rassicurarlo che non si ha intenzione di recargli la minima molestia e che si avrà cura di usargli i dovuti riguardi […]
Si chiede a questo proposito se sia vera la voce che oltre l'ospedale sarebbero messe lassù anche truppe tedesche: l'ambasciatore dice di no, solo l'ospedale.
- Inglesi rifugiati in Vaticano (alcuni fuggiti dai campi di prigionia italiana).
L'ambasciatore ama ora di non parlare della questione.
Il sostituto accenna allora, come di suo, una possibilità di uno scambio di 6 inglesi che sono in Vaticano con altrettanti militari tedeschi prigionieri. L'ambasciatore crede che non ci sia difficoltà a proporre la cosa: attende l'indicazione del grado dei prigionieri inglesi per un eventuale proposta di nomi di prigionieri tedeschi di pari grado.
- Diplomatici che la Germania considera rappresentanti di Paesi in guerra con essa e che ancora dimorano nella città di Roma.
Nessuna questione per la Lituania; essa non esiste più per la Germania (essa è stata incorporata nei Territori dell'Est) e quindi il suo rappresentante non è considerato da essa.
Esiste questione invece per il Belgio (l'ambasciatore risiede a Roma con il consenso del governo italiano). Si spiega come la sua dimora sia stata consentita dalle autorità italiane. Bisognerà pensare al suo trasferimento in Vaticano. Così il Cile. Così sorgerà presto la questione per il sig. F. Babuscio Rizzo (a seconda della sua adesione al governo di B. Mussolini o a quello del re).
Vi è ancora in territorio italiano mons. Moscatello (consulente ecclesiastico della Legazione jugoslava). L'ambasciatore non ha ancora avuto istruzioni dal suo governo circa questi diplomatici, ma prevede che le avrà presto e in senso che si può fin da ora determinare.
- Stranieri a Roma.
L'ambasciatore ritiene che sia bene lasciare questa questione a parte, in chiaro-scuro: sarebbe troppo pericoloso e difficile dire se la Germania sia o no tenuta al Trattato Lateranense, che è cosa "inter alios acta".
- Sulla comunicazione di «Radio Londra» che è arrivata a dire che il papa sarebbe ostaggio della Potenza occupante. L'ambasciatore gradirebbe che si avesse modo di rettificare questa voce.
Gli si risponde che d'ordinario la S. Sede non risponde a voci diffuse dalla radio; che la rettifica nei giornali italiani, portata ieri (vedi «Tribuna» del 15 settembre) mette le cose abbastanza bene nei termini reali; che tale voce può aver avuto origine da due fatti: dall'invio di un picchetto di soldati sulla Piazza di S. Pietro e dall'uso del termine "Potenza protettrice". Tuttavia il suo desiderio sarà sottoposto alla considerazione del cardinale segretario di Stato.
Altri accenni riguardano la piccola radio di Castel Gandolfo, le conversazioni circa la tessera di riconoscimento, il permesso per la macchina del card. Gasparri, ecc.
Mons G.B. Montini annota che l'ambasciatore E.H von Weizsäcker è stato molto gentile.
17, l'ambasciatore del Brasile Accioly comunica al card. L. Maglione che tutti i diplomatici sono concordi nella proposta che, in caso di cattura del papa da parte dei tedeschi, tutti avrebbero protestato e quindi chiesto di accompagnarlo.
18, in Segreteria di Stato arriva il gen. Riccardo Maraffa, comandante le forze di polizia; cattolico e apolitico, si interessa alla ripresa dei servizi pubblici in Roma, alle difficoltà nell'approvvigionamento dei viveri e ad altre necessità; chiede da parte sua la collaborazione del clero per dissuadere la popolazione da atti di violenza, ed insieme si preoccupa di un'organizzazione "giuridica" della fantomatica "città libera";

20, in Segreteria di Stato arriva il conte F. Babuscio Rizzo, rappresentante del governo di Brindisi; incaricato d'affari [ufficialmente non si è ancora presentato in Vaticano], in un'udienza con il card. L. Maglione solleva un difficile e allarmante caso; a nome del conte gen. Calvi di Bergolo, riconosciuto dalle autorità tedesche come capo della "città aperta", comunica che i tedeschi hanno chiesto 6.000 ostaggi per 6 tedeschi, che si dicevano uccisi in un ospedale. Un'inchiesta smentisce la cosa; i tedeschi insistono per gli ostaggi; il gen. Calvi di Bergolo protesta e minaccia le dimissioni…
il card. L. Maglione interessa della vicenda E.H von Weizsäcker ma costui dichiara di non poter intervenire presso il governo di Berlino, né ufficialmente né ufficiosamente, perché ne sarebbero derivati danni nei rapporti tra Germania e Vaticano. L'ambasciatore conclude tuttavia dicendosi disposto a parlare con amici, a puro titolo personale. Proposta questa che il cardinale non accetta perché l'intervento della S. Sede in difesa dei romani non colpevoli è di sua competenza e dovere, quale rappresentante del Vescovo di Roma. Il card. L. Maglione conclude tuttavia affermando che se l'ambasciatore vorrà intervenire a titolo personale è certo libero di farlo, specialmente pensando al bene di tanti giovani minacciati.
Il ministro conte F. Babuscio Rizzo, che ha assistito a una parte del colloquio, dirà al gen. Calvi di Bergolo che il segretario di Stato si è occupato della questione.
21, «l'Osservatore Romano», circa la pattuglia di soldati tedeschi di sentinella dal giorno 13 dinanzi a Piazza S. Pietro, nel territorio italiano, al confine con la Città del Vaticano, informa che detta operazione era stata preceduta da una telefonata del Comando della Città di Roma al Governatore della Città del Vaticano, che ne ha dato avviso alle autorità competenti, le quali hanno dato subito disposizione che due funzionari vaticani si recassero al momento stabilito, ore 16:00, sulla linea di confine per verificare che il territorio dello Stato neutrale della Città del Vaticano fosse rispettato. La linea di confine in realtà non è stata oltrepassata.
In una lunga relazione [datata 21 set ma arriverà il 4 dic] il delegato apostolico a Washington parla dell'azione della gerarchia cattolica statunitense per la difesa di Roma. Si sottolinea inoltre l'inopportunità di certe proteste che potrebbero indisporre il presidente Roosevelt; a conferma si accludono testi dei vescovi Mooney, Strich e Spellmann; prima però lo stesso mons. Cicognani riporta alcuni passi della conferenza stampa del 2 ottobre… [ciò significa che la relazione è stata postata dopo!?]
23, il gen. Riccardo Maraffa viene deportato in Germania dove morirà;
28, il conte F. Babuscio Rizzo comunica che le autorità germaniche hanno rinunciato alla richiesta di avere 6.000 ostaggi; in cambio però impongono il servizio di lavoro ad altrettanti giovani.
Intanto, dopo l'8 settembre, il lavoro e le difficoltà del "Servizio Informazioni del Vaticano" aumentano, soprattutto per le richieste di notizie di soldati internati dai tedeschi. Si chiede quindi la collaborazione della Croce rossa svizzera, che è in contatto con la Nunziatura apostolica di Berlino. Il momento più duro è stabilire il contatto iniziale con la Germania, perché i tedeschi non considerano prigionieri di guerra i soldati italiani catturati, e quindi li escludono dai benefici previsti dai trattati internazionali. Per smuovere le acque deve intervenire la Croce rossa internazionale per mezzo del conte Vinci.
Le difficoltà e le complicazioni burocratiche sono numerose e gravi soprattutto per il Nord-Africa francese. Anche se un rappresentante ufficiale della S. Sede, mons. Carroll, si adoperi per mesi per stabilire un contatto fra Algeri- Palermo e il Vaticano, benché in Algeria sia all'opera il p. Birraux che con i Padri Bianchi ha messo in piedi un apposito ufficio.
Non solo difficile, ma addirittura impossibile, è stabilire contatti con l'Unione Sovietica, l'unica nazione che non dà e non darà mai risposta.
Intanto sir Francis D'Arcy Godolphin Osborne, tra le altre cose, protegge il lavoro "informativo" svolto da un trio speciale:
. May, il finto maggiordomo;
. magg. Sam Derry, dell'Intelligence Service;
. preato O' Flaherty.
Quest'ultimo è in contatto con la principessa Ninì Pallavicini, un'esponente della nobiltà romana che fa la "fronda" ai tedeschi. Questi infatti non disdegnano inviti al tè nelle case nobiliari, come pure si concedono qualche flirt con ragazze della buona società, naturalmente non immaginando che esse hanno spesso un legittimo fidanzato legato alla rete informativa del gen. (monarchico) Bencivegna. Lo stesso gen. K. Wolff ha un'amica italiana che riesce a strappargli preziose confidenze e anche qualche liberazione clandestina di amici badogliani.

Massoneria
[moderna]

«segue da lug 1943»
1943
Settembre
15
, su “Vita Italiana”, Giovanni Preziosi rincara la dose: riprende il «Times» del 20 agosto 1939, sul colloquio tra il re dell’UK Gran Maestro delle United Grand Lodge of England, “infiora” il racconto con particolari del tutto inventati.
[Sostiene, tra l’altro, che il Gran Maestro uscente sarebbe stato il Re. Il precedente Gran Maestro è – invece - il principe Arthur di Connaught and Strathearn, succeduto nella carica a Edoardo VII, Gran Maestro quando era
principe di Galles, ma dimessosi dalla carica dopo l’ascesa al trono. Giovanni Preziosi nell’articolo sostiene che i Re d’Inghilterra avrebbero ininterrottamente ricoperto la carica di Gran Maestro fino al 1939. In realtà, nessun sovrano ha mai ricoperto tale carica.] E fa scaturire da questo racconto la prova inconfutabile che la Massoneria da sempre trama contro l’Italia fascista.
In Germania, Giovanni Preziosi continua nella sua fervida pubblicistica, a cui aggiunge memoriali consegnati ai gerarchi nazionalsocialisti. Utilizza «radio Monaco» (propagata anche in Italia) per denunziare quelle che egli ritiene infiltrazioni massoniche presenti nella RSI.
«segue dic 1943»

 

 

FUCI
(Federazione universitaria cattolica italiana)

«segue da 1942»
1943, nata e sviluppatasi come associazione d'élite, inquadrata nell' "Opera dei congressi",
al suo interno si formano numerosi esponenti cattolici della classe dirigente italiana;
guardata a vista dal regime fascista, si deve occupare solo di religione;
1942-44, presidente Giulio Andreotti;
«segue 1944»

II GUERRA MONDIALE





1943
Settembre
Austria
(Ostmark - "Marca Orientale" del Terzo Reich)
"Anschluss" [annessione]: l'Austria è stata unita alla Germania.
[Ufficialmente dal 21 Marzo 1938 (sancito dal plebiscito successivo del 10 Aprile).]

1943
Settembre
Mauthausen
, in seguito al più intensivo spostamento e perfezionamento dell'industria sotterranea nelle circoscrizioni amministrative e politiche del Danubio e delle Alpi (Donau und Alpengauen - così è ufficialmente appellata l'Austria) si inizia la costruzione di 49 Sublager del KL principale, campi denominati "campi dipendenti", qualcuno denominato anche "campo di lavoro del corpo d'armata SS".
I campi dipendenti vengono costruiti in Alta e Bassa Austria, a Vienna, in Stiria e due in Carinzia; in territorio austriaco ci sono anche campi dipendenti dal KL Dachau e precisamente nelle città di Salisburgo, a St Gilgen, Hallein, Bad Ischl, Fischhorn, Schloss Itter, Innsbruck, Neustift e Plansee. Esistono ioltre, sempre in territorio austriaco, diversi campi d'educazione della polizia segreta statale, campi di punizione per giovani, campi per zingari e via di seguito.

 

SUDTIROLO

Negli stessi giorni in cui i nazisti occupano la regione, l'AdO (Arbeitsgemeinschaft der Optanten für Deutschland) crea il SOD (Südtiroler Ordnungsdienst)Servizio d'ordine sudtirolese, con funzione prima di supporto e assistenza all'ingresso delle truppe tedesche e, in seguito, di controllo del territorio grazie a una presenza capillare nei singoli paesi.
Il corpo, costituito da sudtirolesi "Optanten" [chi ha scelto di partire], verrà equipaggiato con armi sottratte ai militari italiani.
[Lilli Gruber, Tempesta, Rizzoli 2013.]

 



GERMANIA
1943
Settembre
Partito unico:

NSDAP (Nationalsozialistische deutsche Arbeiterpartei – Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori).
- Führer e Cancelliere del Reich
Adolf Hitler
(1934 agosto-aprile 1945)

[In lui sono unificati i poteri di capo dell'esecutivo e di comandante delle forze armate tedesche.]

- Segretario della Cancelleria

H.H. Lammers
(1933 gen-1943)
Propaganda
Joseph Paul Goebbels
(1933 mar-apr 1945)
Interno
Heinrich Himmler
(1943 ago-apr 1945)
Affari Esteri
Joachim von Ribbentrop
(1938 feb-apr 1945)
Armamenti e Munizioni
Albert Speer
(1942 feb-apr 1945)
OKW(Oberkommando der Wehrmacht - Comando supremo delle forze armate germaniche)
Wilhelm Keitel
(1938 feb-mag 1945)
[Capo ma senza alcun potere esecutivo, facente funzione anche di ministro della difesa]
Aviazione
Hermann Göring
(1933 gen-apr 1945)
Giustizia
O.G. Thierack
(1942 ago - apr 1945)
Economia
Wirtschaftsbeauftragter
Walther Funk
(1938 feb - apr 1945)
Finanze
conte J.L. Schwerin von Krosigk
(1933 gen-apr 1945)
Alimentazione
e Agricoltura
Herbert Backe
(1942 mag-apr 1945)
Lavoro
Franz Seldte
(1933 gen-apr 1945)
Trasporti
Julius Dorpmüller
(1937-apr 1945)

- sottosegretario responsabile per le ferrovie

Albert Ganzenmüller
(1942- apr 1945)

Dal 14 luglio 1933 ufficialmente tutti i partiti sono aboliti.

1943
Nazismo
Settembre
, alle Waffen SS appartengono 280.000 combattenti, mentre altri 70.000 aspettano il loro invio al fronte, sia per l'addestramento che come riserva.

9, l'SS- Obergruppenführer (generale di corpo d'armata) K. Wolff, passato dalla segreteria particolare di H. Himmler all'incarico di Hoechster SS-und Polizei-Führer (Capo delle SS e della polizia) in Italia, passa la frontiera del Brennero con in tasca istruzioni dettagliate che riguardano l'organizzazione delle sue forze e i suoi compiti da svolgere nella turbolemta situazione italiana.
[Solo dopo trent'anni si deciderà a parlare e deporre sotto giuramento quanto è passato tra lui e il Führer a proposito del papa e del Vaticano. Interrogato sul mandato della S. Sede egli esporrà le sue dichiarazioni al prelato monacense Eisenhofer.]

11 o 12, viene convocato da H. Himmler al suo comando nella Prussia orientale che raggiunge in aereo; qui viene messo al corrente che A. Hitler lo aspetta con urgenza per un incarico segreto estremamente importante: l'occupazione del Vaticano e la deportazione del papa;
H. Himmler si raccomanda soprattutto di preoccuparsi di metter in salvo gli antichi scritti runici giacenti negli archivi, che egli considera "custodi innovatori dell'antico credo germanico" e "testimonianze della cristianizzazione violenta dei popoli germanici";
egli si prepara quindi all'incontro con A. Hitler alla Wolfsschanze ("tana del lupo");
[Egli giudica che per l'operazione gli serviranno dalle quattro alle sei settimane ma in seguito otterrà ulteriori proroghe durante i suoi sette-otto colloqui con A. Hitler.]

13, Operazione Rabat o Aktion Papst: il generale delle SS, K. Wolff, riceve l'ordine da parte di A. Hitler di rapire e deportare papa Pio XII:
«Desidero che lei, con le sue truppe [...] occupi, il più presto possibile, il Vaticano e la Città del Vaticano; [...] e trasferisca al Nord papa Pio XII, insieme alla curia "per sua protezione", affinché egli non possa cadere nelle mani degli alleati e subire le loro pressioni e l'influenza politica.».
[Questo K. Wolff, dichiarerà il 9 aprile 1974 presso il tribunale arcivescovile di Monaco di Baviera, durante il processo di beatificazione di Pio XII.]



1943
Settembre
Governo polacco
in esilio a Londra
Presidente
Wladyslaw Raczkiewicz
(1939 30 set - 6 giu 1947)

Primo ministro

Stanislaw Mikolajczyk
(1943 14 lug - 24 nov 1944)

 

-
1943
Settembre
Governatorato di Polonia
(dal 1° settembre 1939)
1943
Settembre

-



1943
Settembre
Governo cecoslovacco
in esilio a Londra
Capo del governo
E. Beneš
(1939 - 1945)
Ministro degli Esteri
Jan Masaryk
(1939 - 1945)
1943
Settembre
- dal 15 marzo 1939 le truppe naziste
hanno occupato la Boemia e la Moravia
-

1943
Settembre
-



1943
Settembre

SLOVACCHIA

Presidente del governo regionale

mons. J. Tiso
(1938 - 1945)
[governo orientato in senso fascista]

Ministro degli Interni

Mach
(1940 - 1945)

Ministro degli Esteri

Tuka
(1940 - 1945)

[il presidente è premuto nella sua opera di governo dall'ala destra (rappresentata dai suoi ministri) la quale forma una sorta di gruppo paramilitare modellato sull'esempio delle SS tedesche: le "Guardie di Hlinka"; il governo ha dichiarato guerra all'Unione Sovietica a fianco dei nazisti]

-

1943
Settembre

-


Dal 10 settembre 1943 la Germania costituisce queste due zone dove particolari disposizioni di ispirazione tedesca in materia economica, sociale, amministrativa, scolastica e giudiziaria ne regolano la vita. In esse le autorità germaniche:
- estromettono quelle fasciste,
- impediscono la coscrizione a favore delle formazioni militari della Repubblica Sociale Italiana,
- trasformano la stessa GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) in Milizia per la difesa territoriale, ponendola sullo stesso piano dei reparti collaborazionisti sloveni e croati («ustascia», «belogardisti», «pavlogardisti», ecc.) che non poche volte le sono preferiti.
1943
Settembre
Alpen Vorland
[Zona di operazioni delle Prealpi]
Comprende il Trentino-Alto Adige e la provincia di Belluno, poste sotto il controllo del Gauleiter del Tirolo, Franz Hofer con il titolo di "Supremo Commissario".
1943
Settembre
Belluno
, il Comitato dei Partiti antifascisti si trasforma ben presto in CLN e viene inoltre creato un esecutivo militare. La presenza nelle Prealpi e nelle Alpi feltrine e bellunesi di numerosissimi ex alpini provenienti dai disciolti reparti dell'esercito offre larghe possibilità di reclutamento e fin dai primi giorni seguiti alla proclamazione dell'armistizio si sono create due organizzazioni:
- una facente capo al socialista Granzotto, formata soprattutto da ex alpini;
- una facente capo all'avv. Tattoni, intesa a raccogliere i dispersi e a indirizzare i giovani che affuiscono dalle città di pianura.
Con l'adesione di ex ufficiali quali il col. Zancanaro (medaglia d'oro al valor partigiano, poi fucilato con il figlio dai tedeschi), primo comandante provinciale, del magg. Pierotti, del cap. Francesco Pesce [Milo] e altri, si organizzano le prime bande che da Vignole, Lentiai e dalle valli cadorine scendono sino al Grappa (gruppo Pierotti), a Bassano, a Castelfranco, a Soligo e Valmarana (gruppo Bortolotto), ad Asolo e nel Montello.
Da questi gruppi usciranno le future formazioni Battisti, Matteotti, Nuova Italia, Italia Libera ecc..
Nel Bellunese il fatto più importante, dopo la costituzione di bande locali, è l'emigrazione dalla provincia di Bologna di un gruppo di giovani che, non avendo potuto sistemarsi nell'Appennino, decide di salire sulle Alpi.
[Da questo nucleo iniziale, che fa capo all'organizzazione comunista di Bettiol e che si avvale del concorso di alcuni ex garibaldini di Spagna – in particolare Raveane Rizzieri [Nicoletto] che già ai primi di novembre costituirà un primo distaccamento garibaldino formato da una ventina di uomini – si svilupperà poi la div.ne garibaldina intitolata al nome di Nino Nannetti, un giovane operaio comunista caduto nella guerra di Spagna.]
[T. Tessari, Le origini della resistenza militare nel Veneto (settembre 1943-aprile 944), Neri Pozza, Venezia 1959;
F. Vuga, Le zone libere di Carnia e l'occupazione cosacca., Del Bianco, Udine 1961;
G. Fogar, Sotto l'occupazione nazista nelle province orientali, Del Bianco, Udine 1961;
R. Cessi, La resistenza nel Bellunese, Editori Riuniti, Roma, 1960;
A. Bortolotto, Ricordi sulla costituzione delle forze di resistenza delle bande armate alpine venete nelle Alpi e nelle Prealpi bellunesi e feltrine nel 1943, in Il Movimento di liberazione in Italia Milano gen-mar 1955, pp. 37-43;
A. Radice, Costituzione e funzionamento della zona d'operazioni delle Prealpi, in Il Movimento di liberazione in Italia, Milano gen-mar 1959, pp. 3-16.]

[A Bolzano-Gries, nei magazzini del 5° Rgt. Genio, sarà allestito un campo di concentramento che funziona sia come campo di transito per deportati, sia come campo di detenzione di prigioneri destinati al lavoro coatto presso alcune officine locali. A Bolzano-Gries vi saranno oltre 1.000 deportati immatricolati: a questi vanno aggiunti gli ebrei e gli zingari, che non vengono immatricolati, e quelli in semplice transito per breve periodo.
In totale il lager ospiterà più di 20.000 prigionieri, con un numero di presenze concentrato nell'ultima fase del conflitto.]
1943
Settembre
Adriatisches Kuestenland
[Zona di Operazione Litorale Adriatico]
Comprende le provincie di Udine, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume, unitamente a quella slovena di Lubiana, poste sotto il controllo del Gauleiter della Carinzia e della Carniola F. Rainer con il titolo di "Alto Commissario".
FRIULI-VENEZIA GIULIA

1943
Settembre
9,

Trieste, il gen. Alberto Ferrero riceve gli antifascisti:
. prof. Pisoni,
. avv. Puecher,
. Tanasco,
. Gondusio,
a cui si sono uniti alcuni sindacalisti e i rappresentanti della minoranza slovena. Gli chiedono armi, ordini. Risponde che le armi sono chiuse in un magazzino di cui si è persa la chiave, dice che aspetta ordini dal Comando dell'armata. Accetta la collaborazione dei civili a patto che indossino l'uniforme. Nei magazzini non ci sono uniformi. Intanto tratta con il tedesco: novantamila soldati si arrendono senza sparare, il gen. Alberto Ferrero abbandona la città lasciando un'ordinanza che stabilisce l'orario del coprifuoco e proibisce «l'esercizio della caccia in tutto il territorio del corpo d'armata».

Carso, all'indomani dell'armistizio, numerosi operai dei cantieri navali di Monfalcone e di Muggia si uniscono ai vecchi antifascisti triestini e soldati sbandati e sino alla fine di settembre impegnano i reparti della Wehrmacht in movimento verso Trieste e verso l'Istria.
Nei combattimenti sostenuti a Gorizia Stazione e nella Valle del Vipacco questo primo nucleo, che prende il nome di Brigata Proletaria ed è comandato da Ferdinando Marega, subisce forti perdite (oltre un centinaio di morti) scontando il prezzo di un'impostazione della lotta di tipo insurrezionale, quando invece si prospetta un'attività di guerriglia di lungo periodo.
Al termine degli scontri la maggior parte dei sopravvissuti ritorna in fabbrica mentre una trentina di loro si disloca sul Carso dando vita al Battaglione Triestino del Carso.
Ancora per iniziativa di Mario Lizzero [Andrea], si formano i battaglioni Garibaldi e Friuli, dislocati sul Collio tra Gorizia e Cormons.
Muggia (Trieste), viene costituito uno dei primi GAP (Gruppo di azione patriottica).

10, dopo aver ottenuto il consenso dai tedeschi – ha pranzato con loro la sera precedente –, Idreno Uttimperghe, uno squadrista toscano che è stato segretario dell'Unione industriali, occupa la federazione e si insedia al «Piccolo» cacciandone il direttore, Silvio Benco. È spalleggiato dai fascisti della "Disperata", una fra le squadre più dure e sciovinistiche.
Subito esce un giornale tedesco locale, il «Deutsche Adria Zeitung».
In mani tedesche sono ormai la radio, le ferrovie, la polizia, tutto.
[I bravi di Idreno Uttimperghe trasformeranno presto la prefettura di Trieste in un bivacco che atterrirà anche il nuovo capo fascista della provincia, Tullio Tamburini; occuperanno poi i municipi di Muggia, Monfalcone, vi insedieranno dei ceffi che gli stessi tedeschi si affretteranno a licenziare.
Quando sarà cacciato via, il suo posto sarà affidato a tre commissari: Luigi Ruzzier, Italo Sauro (figlio di Nazario Sauro) e Renzo Migliorini. Non avranno potere ma collaboreranno, aiutando i tedeschi a far sopportare ogni cosa alla città: dalle persecuzioni agli arresti degli ebrei ecc.]


12, tutta la Venezia Giulia è nelle mani dei tedeschi e degli slavi.
[Fin da questo momento cominciano a operare:
- battaglione partigiano "Garibaldi-Friuli", a ridosso dell'area di Faedis;
- battaglione "Fratelli Rosselli", facente capo al gruppo di "Giustizia e libertà", nell'area di Savorgnano del Torre.
Altri gruppi partigiani, in gran parte composti da militanti comunisti, si formano nei giorni successivi ad Attimis, nella zona montana intorno Tarcento e sul Collio cormonese. A metà ottobre queste formazioni si unificheranno nella brigata "Garibaldi-Friuli", che nel giro di poche settimane arriverà a disporre di otto battaglioni (tutti di orientamento comunista).
Successivamente, nell'area delle prealpi Giulie, sorgerà la formazione Garibaldi-Natisone, che si strutturerà in ulteriori quattro battaglioni.]

13, il «Piccolo della Sera» di Trieste annuncia a carattere cubitali: MUSSOLINI LIBERATO DALLA PRIGIONIA
L'impresa compiuta da reparti di paracadutisti germanici e da elementi delle S.S.- Il progetto di consegnare il Duce agli Anglo-americani è così fallito.


Mentre molti ufficiali, messisi in abito civile, danno l'esempio della fuga, 650.000 militari italiani, fra cui 22.000 ufficiali, vengono internati in Germania; decine di migliaia restano in balia delle popolazioni balcaniche, che ne fanno degli schiavi o li massacrano quando diventano loro di peso; alcuni combattono fermamente contro i tedeschi e vengono distrutti, come avviene a C.d'A..
Coloro che si affiancano subito agli inglesi, come la div.ne Cuneo nell'Egeo, sono da questi trascinati in Egitto e gettati nei campi di concentramento come prigionieri di guerra.

14, Gorizia, a fianco del prefetto i tedeschi mettono un vicepodestà sloveno;
Trieste, al prefetto i tedeschi assicurano che la sua nomina sarà regolata col governo repubblicano ed egli avrà piena autonomia amministrativa; dichiarano inoltre che la Venezia Giulia continua a far parte dell'Italia e che nessun cambiamento vi sarà introdotto sino alla conclusione della pace.
15, Trieste competate le operazioni, si annuncia ufficialmente l'istituzione del Supremo Commissariato per la zona d'operazioni del Litorale Adriatico, conmprendente le province di Trieste, Gorizia, Udine, l'Istria, il Carnaro, Lubiana e i territori di Susak, Buccari, Conca Nera, Castua e Veglia.
I poteri civili finora esercitati dalle forze armate passano a questo Supremo Commissariato, a capo del quale c'è il dott. F. Rainer. Questi, tuttavia, essendo nativo di Klagenfurt e in quella città ha il suou fficio di gauleiter della Carinzia, preferisce risiedere a casa sua e a Trieste delega le sue funzioni al Regierungspraesident dott. Wolsegger.
Subito offrono la loro collaborazione gli industriali triestini, che si recano dal dott. Wolsegger in commissione:
. cap. Augusto Cosulich, presidente dell'Unione Industriali,
. amm. Luigi Rizzo, presidente dei Cantieri Riuniti dell'Adriatico,
. sen. Giovanni Banelli, presidente dell'Arsenale,
. dott. Mario Marconi, direttore degli stabilimenti "Aquila".
16, F. Rainer riceve direttamente gli ordini da A. Hitler.


Ormai le tre dichiarazioni:
- del governo jugoslavo in esilio (agosto 1943),
- di A. Pavelic (9 settembre, fatta propria il giorno 20 dallo ZAVNOH, il Consiglio territoriale antifascista di liberazione popolare della Croazia),
- dell'OF, il Fronte di liberazione sloveno (16 settembre),
convergono su un'analoga prospettiva di espansione verso la Venezia Giulia e l'Italia.
[Va precisato che la dichiarazione del governo ustascia di A. Pavelic non ha comunque effetti sulla organizzazione della Zona Litorale Adriatico, che i tedeschi riservano alla propria occupazione diretta.]

Inoltre, sulla base delle riflessioni sulla politica internazionale fatte da Edvard Kardelj, uno dei principali collaboratori di Tito (Josip Broz), la Venezia Giulia non è soltanto un obiettivo nazionalistico bensì il tassello di u a politica internazionale che immagina la futura Jugoslavia come baluardo del mondo comunista contro l'espansionismo americano e l'area giuliana non come zona di confine tra stati, ma come barriera tra blocchi politico-ideologici contrapposti.
«Diventerà nostro tutto ciò che si troverà nelle mani del nostro esercito» dirà Edvard Kardelj , echeggiando Stalin, saldando così rivoluzione proletaria e interesse nazionale e legittimando l'occupazione militare di qualsisasi porzione di territorio italiano.
[Gianni Oliva, Foibe, Le Scie-Mondadori, Milano 2002.]

20, Gorizia, la città rischia di cadere nelle mani degli slavi comunisti; una massa di partigiani, scendendo dal Tarnovano e dai Carsi, si è accalcata intorno alla città;
22, Gorizia, la massa di partigiani accalcatasi intorno alla città attacca i tedeschi i quali raccolgono rapidamente rinforzi.
Trieste, stabiliti gli "accordi" con le autorità tedesche, avvengono le prime nomine:
. Bruno Coceani, prefetto (con a fianco un controllore tedesco, il dott. Hinteregger),
. Cesare Pagnini, podestà,
. Gustavo Comici, vice podestà,
. Guido Cosulich, vice podestà.



25
, Trieste, una circolare della RSHA (La Polizia di sicurezza tedesca) invia una circolare indirizzata a tutti i suoi uffici in Germania e all'estero specificando che gli ebrei delle nazionalità elencate sono inclusi nei provvedimetni di deportazione e l'Italia è la prima dell'elenco.
«I provvedimenti necessari verranno adottati per quanto concerne: a) gli ebrei di nazionalità italiana, immediatamente…»

Gorizia, dopo tre giorni di lotta i tedeschi riescono, grazie anche all'aiuto di un gruppo alpino formatosi con veterani della div.ne Julia che attacca i partigiani di Tito alle spalle, riescono ad allontanare i comunisti dalla città e dalle zone circostanti;

28, Trieste, verso la fine del mese, il gauleiter della Carinzia Friedrich Rainer arriva in città e – senza procedere a quelle annessioni o a quelle trasformazioni (secondo i piani concordati con A. Hitler e J.P. Goebbels), che il ritorno di B. Mussolini rende impossibili – inizia la costituzione di una regione autonoma, una specie di zona confinaria militare, della quale egli dovrebbe tenere il governo diretto (una preannessione quindi destinata però ad anticipare le sorti del futuro).
[Quando il governo repubblicano nominerà un prefetto per la provincia di Trieste, questo non sarà ammesso ad assumere la sua carica. Se ne dovrà scegliere uno tra i giuliani perché la Venezia Giulia comincerà la sua trasformazione in Litorale Adriatico (Adriatisches Küstenland] che sembra una rinascita dell'antico Litorale austriaco. Le sarà annessa anche Lubiana e, oltre ad alcune parti dell'Istria perdute a Rapallo, Sussak e Buccari.
I triestini che avvertono subito la pericolosa minaccia e la necessitò di preparare le difese, ritornano all'antico sistema della difesa legale. I migliori si accordano e scelgono come prefetto Bruno Coceani; nelle altre province giuliane i cittadini negozieranno coi tedeschi per la nomina dei prefetti.]

30, Gorizia, stabiliti gli "accordi" con le autorità tedesche, viene nominato prefetto il conte Marino Pace.

SLOVENIA
1943
Settembre
Lubiana, all'inizio del mese, nella sola provincia si contano 33.000 persone deportate per periodi più o meno lunghi (pari al 10% della popolazione), quasi 13.000 edifici distrutti e 9.000 danneggiati, ed un numero di fucilati, caduti in combattimento e morti nei campi non quantificato, ma dell'ordine di qualche migliaio.
[Complessivamente i morti sloveni nella lotta di liberazione saranno circa 22.000 comprensivi però anche dei caduti negli scontri contro le forze tedesche. Nei campi di sterminio italiani, secondo i dati riportati da Alberto Buvoli, ci saranno 7000 morti.]
La violenza occupazionale italiana si intreccia con quella partigiana jugoslava, che a sua volta assume spesso tratti di ferocia inquietante, aggrovigliandosi in una spirale di sangue dove per ogni singolo episodio non è possibile distinguere ciò che rappresenta la provocazione da ciò che rappresenta la risposta.
[Gianni Oliva, Foibe, Le Scie-Mondadori, Milano 2002.]



ISTRIA

1943
Settembre
13
, Pisino, ["Dichiarazione di Pisino"], il Comitato popolare per la liberazione dell'Istria adotta una deliberazione che pone fine alla sovranità italiana e annette alla Croazia la città di Fiume e l'Istria.
[Esistono due versioni originarie di questa dichiarazione, del tutto simili nel contenuto, l'una firmata "Comitato popolare di liberazione per l'Istria", l'altra "Comitato distrettuale di liberazione popolare dell'Istria". Si tratta di differenze più formali che sostanziali ma che riconducono al clima di mobilitazione nel quale matura la dichiarazione.

Immediata è la proclamazione dell’annessione della regione istriana, di Fiume, Zara e della Dalmazia alla “madrepatria” jugoslava (13-20 settembre) da parte degli antifascisti croati (ZAVNOH), mentre lo stesso proclama emette l’organo di liberazione sloveno circa l’annessione di Trieste, Gorizia e del litorale (16 settembre). Si scatena contemporaneamente la rabbia della popolazione slovena e croata.
Gli italiani membri dell’apparato amministrativo fascista in Istria, squadristi, gerarchi locali, collaboratori del regime, rappresentanti dello stato (podestà, segretari comunali, carabinieri, esattori delle tasse, operatori postali e via dicendo) ma anche semplici civili (in particolare possidenti terrieri, dirigenti, impiegati, insegnanti, farmacisti, medici, levatrici, insieme a sloveni e croati sospettati di collaborazionismo o coinvolti a qualche titolo) sono immediatamente arrestati dalle unità partigiane del Movimento di
liberazione jugoslavo (AVNOJ) e in parte uccisi e gettati nelle foibe dell’entroterra istriano.
Finisce sotto tiro l’intera classe dirigente italiana, bersaglio di un antagonismo che risale all’epoca asburgica ed è stato esasperato dalle recenti misure fasciste. Si intende – secondo le fonti coeve – “ripulire” il territorio dai “nemici del popolo”, racchiudendo in questa definizione piuttosto elastica tutti coloro che non collaborano attivamente con il Movimento di liberazione jugoslavo.
Le nuove autorità organizzano gli arresti, la concentrazione dei prigionieri in alcune località specifiche, come Pisino, i processi sommari e le conseguenti fucilazioni collettive, seguite dall’occultamento dei cadaveri nelle foibe o nelle cavità minerarie. La violenza è peraltro gestita in un clima di grande confusione, segnato da forme di ribellismo dei nazionalisti croati, nel quale trovano spazio estremismo nazionale, conflitti d’interesse locali,
motivazioni personali e criminali, esplosioni di rancore anti-italiano e antifascista degli insorti.
Rilevante è il peso delle foibe istriane sul breve e sul lungo periodo, la cui eco viene rilanciata dalla stessa propaganda tedesca e repubblichina fin da subito al fine di irrobustire la diffidenza dei giuliani dal movimento di liberazione partigiano.
Si diffonde inoltre la convinzione di una continuità di comportamento terroristico e persecutorio nei confronti degli italiani da parte dei poteri che si susseguono sul territorio della Venezia
Giulia.
[In questo modo le morti del ’45 saranno lette come un episodio di violenza annunciata.
Le stime calcolate secondo i documenti a disposizione vanno da circa 350 a 400 morti in Istria nel 1943. Ma si parlerà anche di 700 vittime.
[Essere terra di confine, Le "foibe" tra Storia e Politiche della Memoria (Fano 2019, 11-12 febbraio, Consiglio Comunale Straordinario).]


26, in una riunione del "Comitato provvisorio di liberazione dell'Istria" (un'ulteriore denominazione dell'organismo dirigente del movimento partigiano in Istria), la dichiarazione del 13 viene riconfermata e diffusa attraverso un manifesto indirizzato «Al popolo istriano» affisso in tutti i centri della penisola.

Fiume
1943
Settembre

10, giunge il col. Kaspar Völcker che, ricevuto l'ordine di occupare Fiume, chiede che ciò avvenga senza spargimento di sangue; ai soldati italiani, disarmati, si promette il ritorno a casa;
il gen. Gastone Gambara, preso tra due minacce (quella dei partigiani jugoslavi addensatisi nel frattempo intorno alla città e questa dei tedeschi) accetta le proposte tedesche chiedendo soltanto che i soldati vengano disarmati dai propri ufficiali; dà quindi la sua parola d'onore che difenderà Fiume contro i partigiani finché non arriveranno i tedeschi.

14, il gen. G. Gambara, conclude un accordo con il col. Kaspar Völcker e abbandona le truppe poste al suo comando alla deportazione in Germania; raggiunge poi Roma.
Riccardo Gigante accetta la carica di prefetto ma i tedeschi gli mettono a fianco un commissario croato;

 




1943
Settembre

FRIULI-VENEZIA GIULIA,
ISTRIA, Fiume e Zara
VENEZIA GIULIA
Trattato di Rapallo: 12 novembre 1920.
- il confine fra l'Italia e lo stato S.H.S. è stabilito al Monte Nevoso in Carniola, con l'Istria, Zara e un perimetro di circa 7 km intorno a questa città, le isole di Cherso, Lussin, Lagosta e Pelagosa con gli isolati adiacenti attribuiti all'Italia.

1943
Settembre

Il clima di guerra totale nel quale tra poco sarà immersa tutta l'Italia settentrionale, in Venezia Giulia si diffonde già con largo anticipo, esasperato da un groviglio di tensioni etniche, politiche e sociali che riempiono il quadro regionale di contraddizioni dirompenti e complicano la definizione di uno schieramento antifascista. Ci sono vari problemi:
- di opposizione al regime, che tende ad unire tutte le forze che ad esso sono contrarie;
- di appartenenza nazionale, che tende all'opposto a dividere;
- sociale, che si sovrappone a quello nazionale, creando divisioni ulteriori;
- una popolazione di confine in fermento nella quale si sono sedimentati in forme contrapposte i messaggi del Ventennio con la combinazione esplosiva di attacco all'identità nazionale da un lato, di demonizzazione della minaccia slava dall'altro.
[Gianni Oliva, Foibe, Le Scie-Mondadori, Milano 2002.]

9, all'VIII Armata, comandata dal gen. Italo Gariboldi, dalla quale dipendono il XXIII C.d'A. e il XXIV C.d'A., dislocati in Friuli e nella Venezia Giulia, la "Memoria operativa n. 44" gli assegna il compito prioritario di tagliare le comunicazioni tra la Germania e l'Alto Adige e, sul confine orientale, di agire in sostegno («interrompere le comunicazioni dei tedeschi dal Tarvisio al mare») alla II Armata.
In quest'ultimo settore i tedeschi premono con la 71ª div.ne di fanteria lungo la linea Tarvisio-Tolmino-Caporetto, ma si giovano soprattutto di inserimenti entro il confine italiano che sono stati possibili nelle settimane precedenti con la giustificazione ufficiale di contribuire alla difesa degli impianti.
Le forze tedesche sono presenti, in particolare, a Opicina, frazione del comune di Trieste, da cui si dominano la città e il porto.
Lo stesso giorno (9) il gen. Italo Gariboldi firma gli accordi di resa dell'VIII Armata che prevedono la consegna dei soldati nelle caserme e degli ufficiali nei rispettivi alloggi.

Di fronte al rapido sgretolarsi della presenza militare italiana, la Wehrmacht occupa i centri nevralgici della Venezia Giulia, le città portuali di Trieste, Pola, Fiume, l'area industriale di Monfalcone, Gorizia: i comandi lasciano temporaneamente libero il resto del territorio, in attesa di disporre delle forze necessarie per assicurarsi il controllo capillare di tutta la regione. In particolare, non ci sono presenze tedesche significative nell'Istria interna: i reparti del XVI C.d'A. hanno raggiunto Fiume da Postumia e Pola da Trieste, ma non hanno lasciato distaccamenti lungo le strade di collegamento.
È in questo improvviso vuoto di potere, dove non c'è più riferimento ad alcuna autorità costituita civile o militare, che si inserisce il fenomeno inquietante delle "foibe istriane" dell'autunno 1943, L'elimnazione totale di diverse centinaia di italiani bollati come «nemici del popolo», fucilati dopo processi farsa, o più sbrigativamente massacrati e fatti sparire nelle grandi voragini carsiche.


Gorizia, il comandante della div.ne Torino, uno dei pochi a rifiutare l'adesione alla Germania, finisce prigioniero come la maggior parte dei suoi ufficiali e soldati.

Trieste, gli elementi tedeschi si impadroniscono di una batteria della Milizia schierata sul molo, catturano i piroscafi nel porto e affondano la corvetta Berenice che tenta di prendere il largo.
Al mattino, in un primo momento, il gen. Ferrero, al comando del XXIII C.d'A., dichiara al gen. Giovanni Esposito, comandante della div.ne Territoriale di Trieste, che intende rimanere lì con i suoi soldati e difendersi fino alla morte…
Nel pomeriggio, il col. Barnbeck, comandante le truppe tedesche vicine alla città, chiede al gen. Ferrero di lasciarle entrare per difendere il porto contro eventuali tentativi di sbarco anglosassoni: gli viene concesso.

Il cap. Giovanni Downie, ex centurione della Milizia ed ex comandante del 134° Btg. d'assalto delle Camicie Nere, riunisce alcuni volontari che partecipano alle operazioni di riconquista dell'Istria: il successivo afflusso di volontari trasforma questo gruppo originario nel 1° Rgt. Trieste, con sede del Comando nella città giuliana e inquadrato nel MDT (Milizia per la Difesa Territoriale).

10, il triestino Luigi Frausin sale sulle doline del Carso con alcune decine di operai dei cantieri di Muggia, costituendo il Btg Trieste. A questo si affianca il btg formato a Doberdò da operai dei cantieri di Monfalcone.
L'elemento operaio che proviene per gran parte dai cantieri di Monfalcone è predominante nella prima banda comunista, forte di circa duecento uomini, che al comando di Giacinto Calligaris [Enrico], commissario Mario Lizzero [Andrea] si attesta a Canebola, sopra Faedis, sulle Prealpi carniche.
Il gruppo formatosi attorno all'ing. Fermo Solari [Somma] del P. d'Azione si porta contemporaneamente con una settantina di volontari a Subît, sopra Attimis, dando vita a una formazione che viene posta al comando di Carlo Comesatti [Spartaco], un ex ufficiale di complemento. Le due formazioni stabiliscono quasi immediatamente un accordo operativo riunendo le proprie forze nella valle del Natisone.
Oltre a queste due formazioni nettamente politicizzate, è presente nella zona di Attimis quella autonoma delle cosiddette "bande patriottiche" formata in larga parte da ex militari e comandata dal cap. Manlio Cencigh [Mario] che verso la fine di settembre raggiungerà una consistenza di circa 200 uomini.


Il col. Robolotti viene mandato dal col. Barnbeck sui Carsi con alcuni battaglioni che ancora gli ubbidiscono; quando ritorna in città, il gen. Ferrero è già fuggito abbandonando tutto e tutti. Sdegnatosi della cosa, il col. Barnbeck ne approfitta per occupare subito Trieste assoggettandola alla più dura legge marziale.
Lo stesso giorno i gauleiter del Tirolo e della Carinzia, Franz Hofer e F. Rainer, si presentano ad A. Hitler reclamando l'uno l'Alto Adige, il secondo l'antico "Litorale Austriaco, cioè Trieste e la Venezia Giulia.
[Sembra che siano stati visti uscire, dall'udienza con il Führer, rassicurati!.]
Trieste viene subito occupata dalle truppe tedesche e sottoposta alla legge marziale.

Carnia
, si segnalano piccoli gruppi ma si tratta per lo più di ex alpini della div.ne Julia o di sbandati dei reparti di stanza nel Friuli o ripiegati dalla Jugoslavia che tentano di sottrarsi alla deportazione in Germania e ai bandi di reclutamento.

CARNIA, dopo l'armistizio italiano si formano i Domobranci o Domobrani [Difensori della patria], una milizia anticomunista slovena.
Tutti volontari, li guida Leon Rupnik, un generale dell'esercito jugoslavo, ex ufficiale austriaco, nominato dai tedeschi presidente della provincia di Lubiana. Il nucleo dei miliziani viene dalla "Legione della morte" composta dai migliori distaccamenti delle Guardie civiche slovene. Il loro impegno principale è la caccia ai partigiani comunisti. Ma i capi parteggiano per gli inglesi e gli americani. convinti che, dopo la fine della guerra, l'alleanza innaturale dell'Occidente con l'Unione Sovietica si dissolverà.
Il gen. Leon Rupnik è in contatto con il governo monarchico jugoslavo in esilio a Londra ed è sicuro che, insieme al governo inglese guidato da Winston Churchill, approvi la guerriglia dei suoi uomini contro i comunisti.
[Bogdan C. Novak, Trieste 1941-1954, Mursia 1996.]

[Nella seconda guerra mondiale i cosacchi combattono validamente contro i tedeschi ma la propaganda nazista, facendo leva sui loro sentimenti di autonomia, riesce a organizzare formazioni cosacche collaborazioniste, in parte inquadrate nell'armata del gen. A.A. Vlasov, che vengono anche impiegate in Carnia contro i partigiani italiani.]

11, Trieste, mentre le vie della città sono percorse da mandrie di soldati italiani, malvestiti, spesso scalzi, sempre verdi dalla fame, si ricostituisce il fascio al nome di Ettore Muti.
[Essendone stata decisa la ricostituzione la sera del giorno 10, questa sarebbe anteriore a quella del fascio di Verona, considerato primo tra i risorti.]
Gorizia, invece, è sul punto di cadere in mano agli slavi comunisti la cui sfrenata ferocia si fa sentire a Prevacina, a Idria, a San Pietro del Carso, nel Collio; mentre infatti le truppe della div.ne Torino stanno cercando di contrastare l'entrata dei tedeschi presso l'Isonzo, i partigiani di Tito, impossessatisi della stazione centrale, stanno per entrare in città; i goriziani, scesi nelle piazze contro i comunisti slavi, vistisi in pericolo di essere inghiottiti dai loro veri nemici nazionali e privi di ogni difesa italiana, considerano allora i tedeschi come liberatori.

Il gen. G. Gambara comunica al comando della II Armata che «vista impossibilità imporre nostra volontà, dato stato morale truppe particolarmente grave per pressione migliaia di partigiani» ha concesso «ingresso truppe germaniche per occupazione Litorale fiumano».
Lo stesso giorno il gen. M. Robotti ritenendo impraticabile la difesa decide di trasferire il proprio Comando a Venezia (dove giungerà nelle prime ore del giorno 12.

ISTRIA
1943
Settembre
9
, al mattino, il Comando della div.ne Sforzesca, che presidia l'Istria, viene circondato e costretto alla resa.
Pola, la corvetta Baionetta lascia il porto; arriverà in serata a Pescara… per imbarcare i fuggitivi!
10, Quarnero, i partigiani di Tito riescono a impadronirsi di tutti i centri fuorché di Lussinpiccolo nel cui porto (già il giorno 10) si concentra un numero grandissimo di piccole navi, motovelieri, imbarcazioni, motoscafi, trabaccoli, topi, gremiti di ufficiali e di soldati fuggiti dalla Croazia e dalla Dalmazia.
[Fa bella mostra in mezzo un panfilo bianco, nel quale un comandante d'Armata fuggiasco si cura assai più dei suoi cani che della situazione militare.]

Rozzo, alcuni alpini del 524° Btg Monte Nero si oppongono a formazioni croate per poi lasciare il campo il giorno successivo.

11, assieme ai comunisti slavi infuriano anche i comunisti italiani; i primi si gettano sulla provincia con maggiore brutalità, affermando di voler spiantarvi i fascisti (anche se è difficile trovare chi non lo sia!).
[Nel ventennio la politica fascista, pur avendo tolto la scuola slava, non ha attuato una violenta snazionalizzazione, sicché ora sono tutti slavi e altrettanto slavi quelli che sono stati i centri o i distretti slavi del 1922. La minoranza slava, aderente prima ai nazionalisti dell'irredentismo borghese e dopo il 1942 al comunismo imperialsita di Tito, conosce questa verità: sa che ci sono battaglioni di Camicie Nere tutte slave e che a centiania gli slavi servono nei Carabinieri. Perciò la loro reazione è violenta non solo contro gli italiani, ma anche contro gli slavi italianizzati.]
Nei primi giorni, occupate le borgate e le città italiane, i partigiani di Tito prelevano uomini, giovani e ragazzi per le loro bande, disorganizzano completamente i servizi, vuotano tutti i magazzini, asportano tutte le scorte di viveri, svaligiano le banche e le farmacie, depredano la Manifattura Tabacchi e il conservificio Ampelesa di Rovigno, bruciano gli archivi, poi incominciano gli arresti in massa (favoriti dalla miseria morale di alcuni ufficiali italiani!).
Ad Albona ci sono uomini e armi sufficienti per tenere la forte posizione contro l'assalto dei partigiani comunisti ma il col. Bonisconti le accoglie amichevolmente, le passa addirittura in rivista, poi se ne fugge seguito dai suoi soldati, lasciando la bella cittadina veneta in mano ai croati.
A Pisino il col. Scrùfani consegna le armi a una massa di contadini e di minutaglia croata e se ne va. Subito dopo viene istituito un tribunale "del popolo" (che naturalmente con il popolo istriano non ha nulla a che fare) composto di tre individui, quasi analfabeti, con un consigliere giuridico tal Mohorovich (uno dei giudici che avevano condannato a morte N. Sauro).
Liberati i galeotti, rei di delitti comuni, vi fanno entrare i prigionieri italiani: i primi diventano quindi i carcerieri dei secondi.
I comunisti italiani si impadroniscono di Antignana, di Visinada e d'altri centri dove con i tribunali "del popolo" cercano di gareggiare in crudeltà con i loro compagni slavi.

Pisino
diventa così il centro organizzativo di tutte le operazioni militari, politiche e di polizia e sede del Comando operativo dell'Istria: altri Comandi militari si installano a Gimino, a Pinguente, sulle pendici del Monte Maggiore.
Pola, quando i partigiani intendono impadronirsi della città, i carabinieri fanno fuoco lasciando morti e feriti sul terreno; lo stesso giorno arrivano i tedeschi.
Pirano, una sezione aeronautica tedesca tiene lontano i partigiani dalla città.

14, a fianco del prefetto i tedeschi mettono un viceprefetto croato;
Tutta l'area è occupata, ad eccezione di Pola, Fiume, Trieste, e alcuni villaggi vicini come Pirano, Fasano, Dignana, Portorose, Muggia.
Pisino, per dirigere le attività della zona libera dell'Istria, vi giungono alcuni esponenti di rilievo del Pcs (Partito comunista sloveno) e del Pcc (Partito comunista croato), tra cui:
. Jakob Blazevic, membro dello ZAVNOH (Consiglio territoriale antifascista di liberazione della Croazia),
. France Rozman [Stane] del Pcs;
. Savo Vukelic del Pcc,
. Arthur Turkulin, commissario politico della 13ª div.ne.
L'occupazione dell'Istria da parte delle formazioni partigiane si intreccia con unadinamica: l'insorgenza dei contadini croati che nel crollo della presenza italiiana vedono l'occasione per vendicare i torti subit nel Ventennio.
Più che di insurrezione (come affermerà la storiografia ufficiale jugoslava) si dovrebbe piuttosto parlare (visto il vuoto di potere che si è venuto a creare) di un movimento spontaneo.

Gli arrestati dell'Alta Istria vengono concentrati a Pinguente, quelli dell'Istria meridionale nell'ex caserma della guardia di finanza di Santa Maria di Albona, ma la maggior parte viene portata a Pisino e rinchiusa nei sotterranei del massiccio castello cinquecentesco che domina la città, già feudo dei Montecuccoli.
Tra i giudici dei tribunali di Pisino ci sono personaggi oscuri:
. Tonca Surian, una lattivendola di un vicino villaggio;
. Gioacchino Rakivac, maestro elementare del borgo di Rapavel;
ma anche gente destinata a coprire posizioni di prestigio come:
. Ivan Motika, futuro deputato al Parlamento di Belgrado;
. Ciro Raner, che entrerà nella segreteria particolare del ministro degli esteri Edward Kardelj;
. Lea Raner, sorella del precedente, che giungerà al grado di capitano dell'OZNA, la polizia segreta jugoslava.

26, Santa Domenica di Visnada (Parenzo), la 24enne Norma Cossetto, figlia di Giuseppe (ex segretario del fascio locale), laureanda, allieva di Concetto Marchesi all'Università di Padova, sta lavorando ad una tesi sulla storia istriana.
Viene prelevata in casa assieme al padre e rinchiusa prima nella ex caserma dei carabinieri di Visignano, poi ad Antignana, in una scuolla trasformata in prigione.

30,
Attività diplomatica: S. Leonardo del Natisone, al convegno svoltosi alla fine di settembre, partecipano gli italiani ing. Fermo Solari [Somma] del P. d'Azione e Mario Lizzero [Andrea] del Pci, ai quali il commissario di zona jugoslavo chiede che le loro formazioni si trasferiscano nella Carnia per consentire a quelle jugoslave la occupazione delle Prealpi tra il Natisone e il Fella. La risposta dei due commissari italiani è pacata ma decisa: «Portarci dove voi ci consigliate significherebbe sfuggire alla lotta, allontanarci dagli obbiettivi di attacco e di sabotaggio. Ma, ciò che più conta, i monti che noi occupiamo sono nel nostro Friuli e noi intendiamo rimanervi».
L'incontro si conclude con un accordo per un servizio di pattuglie e di reciproche informazioni.
[F. Solari, Le origini della resistenza friulana, in Il Movimento di liberazione in Italia, Milano gen-mar 1955, p. 13.]

Pisino, nelle carceri si trovano alcune centinaia di italiani;
Parenzo, vengono portati via 42 cittadini;
Rovigno, sotto il comando del commissario politico Janko, viene portato via un centinaio persone (tra cui l'80enne Angelo Rocco);
Albona, le carceri sono piene di prigionieri, in gran pan parte lavoratori e piccoli impiegati italiani delle miniere d'Arsia;

Fine settembre: convegno di S. Leonardo del Natisone.

Tra settembre e ottobre, gruppi e bande formate da elementi di varia provenienza si costituiscono e operano anche nella Val Nure, nella Val Tidonello (Banda Remigio, al lago Santo e al lago Ben nell'Appennino piacentino e parmense, la Banda Lupo e quella Buozzi a Marzabotto e Castiglione de' Pepoli nell'Appennino bolognese), e altre minori.
[F. Cipriani, Guerra partigiana, ANPI, Parma s.d.;
R. Giorgio, Marzabotto parla, Edizioni Avanti!, Milano-Roma1955.]

Fiume
Con questi accordi (Roma 23 ott 1922, gen 1924, feb 1925 e Nettuno 20 lug 1925) lo stato libero di Fiume scompare per essere assorbito nel Regno d'Italia.
[In seguito si avranno vivaci controversie tra l'Italia e la Jugoslavia perché la sistemazione è tutt'altro che esauriente, ma non ci saranno ulteriori modifiche territoriali.]
1943
Settembre
9
, appena arrivato, il gen. G. Gambara, ormai deciso a non applicare la "Memoria operativa n. 44", si mette a disposizione del gen. M. Robotti, comandante della II Armata, il quale dopo avergli detto invece che gli ordini vanno eseguiti, gli passa il comando e la sera stessa se ne va.
Seguendo l'esempio del superiore se ne vanno anche altri Comandi e pure quello della Marina. Il gen. Antonio Scuero se n'è già andato.
[Lo troveranno due giorni dopo a Lussinpiccolo, affatto ignaro della sorte toccata ai suoi soldati nel litorale della Croazia).]
Il gen. G. Gambara inquadra rapidamente fuggiaschi e sbandati della div.ne Genova, della div.ne Bergamo e della Guardia della frontiera e ordina alle Div.ni Murge e Macerata di ripiegare sulla costa.
[Arriveranno più tardi a Fiume ancora in buone condizioni, accolte con esultanza dalla popolazione, anche se per sfaldarsi, subito dopo, rapidamente.]

Nello stesso tempo, impadronitisi rapidamente dell'interno dell'Istria, i partigiani di Tito hanno formato una giunta di governo a Pisino, proclamando l'annessione delll'Istria alla Jugoslavia comunista;
il tentativo da parte italiana di tenere Lubiana fallisce poiché i tedeschi vi hanno portato subito una div.ne fresca e occupato la linea ferroviaria fino a Trieste; qualche Comando conta sui partigiani di Tito ma questi, a un primo momento fingendosi alleati, poi chiedono la consegna delle armi e infine attaccano le truppe italiane con l'idea di spingerle non solo fuori dalla Croazia ma anche dalla Venezia Giulia, sulla quale intanto si rovesciano a ondate continue i branchi degli sbandati provenienti dalle terre d'oltre confine, mentre i partigiani jugoslavi s'impadroniscono, specie tra Fiume e la Dalmazia e nei grandi depositi di Cerqueniza, d'ingenti quantità d'armi, di viveri e di materiali d'equipaggiamento.
Nella notte gungono notizie che i partigiani dei Carsi, non più trattenuti dalle truppe italiane (la Div,ne Sforzesca dopo qualche scontro con i tedeschi a Divaccia e a Basovizza, s'è squagliata), commettono eccidi e vendette sull'altipiano.

Le forze partigiane provenienti dalla Croazia, dipendenti dalla 13ª div.ne del NOVJ (l'esercito di liberazione nazionale della Jugoslavia) congiungendosi con i nuclei del ribellismo locale e con unità slovene, occupano magazzini, depositi e casrme del regio esercito ormai sguarniti di difese, asportano armamenti e materiali bellici di ogni tipo.

Alla mezzanotte si presentano due parlamentari, uno tedesco e uno croato (ustaša): si accetta di trattare.
Zara [in Dalmazia]
Con questi accordi (Roma 23 ott 1922, gen 1924, feb 1925 e Nettuno 20 lug 1925) la Jugoslavia viene a comprendere tutta la Dalmazia meno Zara.
1943
Settembre


1943
Settembre
- dal 1918: unificazione di serbi, croati, sloveni, macedoni, montenegrini; regno privo del litorale dalmata (rimasto all'Italia in seguito al trattato di pace) e della Carinzia (rimasta all'Austria);
- dal 1921 monarchia parlamentare ereditaria;
- dal 1929 è sospesa la costituzione del 1921.

Pietro II Karagjorgjevic
Albero genealogico

( Belgrado 6 settembre 1923 – Denver, USA 3 novembre 1970)
figlio di Alessandro I e della p.ssa Maria di Romania;
1934 9 ott-29 nov 1945, re di Jugoslavia;
- dal 6 aprile 1941 è in esilio a Londra con il suo governo, con a capo il gen. D. Simovic; il più forte appoggio del governo in esilio si è creato attorno a un gruppo di ufficiali dell'ex esercito jugoslavo con a capo il col. D. Mihajlovic;
- alla fine del 1942, a causa della guerra nel Mediterraneo alla quale è direttamente interessata la Gran Bretagna avverte il governo jugoslavo a Londra sul ruolo del suo movimento in patria e chiede al col. D. Mihajlovic di smettere le azioni contro i partigiani e di cominciare con le azioni contro gli occupanti.
- da giugno 1942 gli alleati fanno mancare il loro appoggio ai cetnici del gen. D. Mihajlovic;

SLOVENIA
-
dal 1918 è entrata a far parte del regno con un proprio governo locale;
- dal 1941 l'invasione nazista ha portato alla divisione del paese:
. la parte settentrionale è stata annessa al Reich tedesco,
. la parte meridionale all'Italia che l'ha eretta in provincia con capitale Lubiana; è sorto tuttavia anche il movimento di resistenza sloveno, comprendente tra le sue file comunisti, cristiano socialisti e molti progressisti;
- il 26 novembre 1942 Tito (Josip Broz) ha convocato a Bihac la prima assemblea dell'AVNOJ (Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia);
Alto Commissario
Riccardo Moizo
(1943 12 ago - 9 set 1943)
Capo della Provincia  
Leon Rupnik *
(1943 9 set - 5 mag 1945)

1943
Settembre



8 SETTEMBRE 1943, [vedi Italia]
[l'8 settembre coglie di sorpresa gli Italiani ma non i Tedeschi!!!]

Nei Balcani, come del resto in tutti i territori occupati dalle forze italiane e nell’Italia metropolitana, la reazione tedesca è immediata e coordinata da un piano d’azione messo a punto da tempo: il "Fall Achse" (Ipotesi Asse).
L’obbiettivo è disarmare tutte le unità italiane, compresa la Milizia, ed acquisire al più presto il controllo della massima parte del territorio italiano. La priorità deve essere data al controllo delle coste e delle zone di prossimità al nemico. Ogni resistenza deve essere stroncata con la forza lì dove ciò sia possibile. Dove il rapporto di forze gioca a favore degli italiani troppo nettamente si deve prendere tempo: trattare in attesa dei rinforzi o dell’ordine di sganciarsi. Ovunque sia realizzabile, marina e aviazione tedesca devono attaccare le unità navali italiane in
navigazione. Ai prigionieri deve essere posta la scelta fra la collaborazione, caso in cui li si sarebbe destinati ai reparti ausiliari, o il rimanere prigionieri, caso in cui si sarebbero dovuti avviare ai campi di lavoro in Germania.
Gli ufficiali dei reparti che hanno opposto resistenza o hanno ceduto le armi ai partigiani vanno giudicati da un tribunale militare sommario e fucilati.
Che un tale piano esista è noto anche dagli italiani.
Lo rendono evidente tanto il comportamento dei tedeschi che le indiscrezioni arrivate dagli stessi vertici militari di Berlino.
In un incontro a Venezia, il capo del servizio segreto militare tedesco, l’ammiraglio Whilehlm Canaris, ha anticipato al gen. Amè ciò che è in realtà già noto: i tedeschi hanno un piano per sopraffare gli italiani all’atto stesso della capitolazione.
In effetti, già alcune predisposizioni sono state prese dai comandi italiani già a partire dalla metà di agosto, ma con scarsissimi risultati.

 

 

9, i Comandi dell'XI C.d'A. a Lubiana e della div.ne Lombardia a Karlovac vengono sopraffatti.

VEDI "Zona di operazioni del litorale adriatico"

16, l'OF, il Fronte di liberazione sloveno, adotta una deliberazione (analoga a quella croata di questi giorni) in cui si proclama l'annessione alla «libera Slovenia nella Jugoslavia democratica» di tutto il Litorale sloveno e si fissano unilateralmente i confini orientali dell'Italia ad ovest dell'Isonzo.


* Emilio Grazioli (nominato dal Governo della Repubblica Sociale Italiana il 1º ottobre 1943, non si è mai insediato per il veto tedesco); al suo posto si insedia ora Leon Rupnik come Capo della Provincia nominato dal Gauleiter F. Rainer.

SERBIA
- 1941, fine aprile, la Serbia occupata – vale a dire la Serbia nei vecchi confini del 1912 - viene affidata all’amministrazione del locale Comando militare tedesco, mentre le popolazioni serbe dei restanti territori ex jugoslavi si ritrovano divise all’interno di sei differenti regimi politici e amministrativi, dove diventano minoranze nazionali esposte al rischio di subire la pulizia etnica attuata dalle nuove maggioranze nazionali, come nel caso dei serbi della Croazia, della Bosnia e del Kosovo.
Capo del governo
gen. Milan Nedic
(1941 29 ago - 4 ott 1944)

1943
Settembre
7
, Tito (Josip Broz) accoglie i suggerimenti espressi da Edvard Kardelj e Zreten Zujovic che urgono di allargare le competenze e i poteri dell’AVNOJ;
Tito (Josip Broz) teme gli sviluppi in Croazia dove su iniziativa di Hebrang si è costituito lo ZAVNOH, di fatto un governo rivoluzionario croato;

 

8, viene proclamata la resa dell'Italia [vedi Italia];
i cetnik vedono sottrarsi in tal modo un alleato assai più convinto di quello tedesco nella comune lotta ai partigiani, perdendo un sostegno strategico fondamentale ed entrando pertanto in una crisi militare che ne pregiudica definitivamente il ruolo nello scenario bellico;

il NOV (Esercito popolare di liberazione) controlla la maggioranza del territorio jugoslavo; è ormai cresciuto in una forza di ca 300.000 combattenti organizzati in:
- 9 C.d'A. con:
. 27 Div.ni,
. 95 brigate,
. 20 battaglioni indipendenti,
. 99 reparti.
Ora, dopo la capitolazione dell'Italia che in Jugoslavia tiene un esercito di occupazione (da 14 fino a 19 Div.ni), la posizione dell'occupante tedesco peggiora e così la Germania è costretta ad aumentare la sua presenza che comprende:
- 19 Div.ni tedesche,
- 10 Div.ni bulgare, e ungheresi,
con ca 530.000 soldati.

lo stesso mese, Tito (Josip Broz) dispone il disarmo e l’inquadramento delle unità italiane passate ai partigiani nella nuova div.ne "Garibaldi" sottoposta al suo comando;

21, Tito (Josip Broz) dà disposizioni chiare a Svetozar Vucmanovic [Tempo] di abbandonare il piano di costituire uno "Stato Maggiore balcanico", caldeggiato in precedenza, in quanto questo potrebbe fornire pretesti per un intervento inglese;
[Le vere motivazioni dietro la mossa e il dietrofront di Tito (Josip Broz) resteranno da chiarire ma ad ogni modo lo "Stato Maggiore balcanico" serviva a subordinare la resistenza albanese.
Per coagulare la resistenza albanese viene fondato un National Committee for Salvation of Albania appoggiato dagli inglesi che però addotta il concetto dell’Albania etnica.
È per questo motivo che Tito (Josip Broz) spedisce in Albania
Svetozar Vucmanovic [Tempo] col compito di fondare lo stato maggiore balcanico accusando nel contempo i vertici del Pca (Partito comunista di Albania) [Enver Hoxha] di opportunismo a causa della loro collaborazione con il il BK (Balli Kombëtar - Fronte nazionale) [Midhet Frashëri].]

 

24, si aggiunge ora la missione britannica al quartier generale cetnico, dove arriva un altro senior officer, il brigadiere generale C.D. Armstrong;
con una compagine di questo tipo, ogni disinvolta manovra pare rischiosa;

30, Tito (Josip Broz) spedisce la sua unità d’elite la 1° divisione proletaria in Croazia, motivando ufficialmente la su ascelta con la necessità di impedire qualsiasi tentativo da parte della resistenza croata di «sottoporsi al servizio dello straniero».
La risposta di Tito (Josip Broz) alla minaccia dello sbarco angloamericano è tempestiva: nell’area interessata bisogna immediatamente creare un apparato amministrativo completo di tutte le funzioni per l’esercizio dei poteri civili su tutto il territorio coperto dalle sue unità.
Nel contempo egli spedisce anche ordine a tutti i comandi operativi NOVJ a tutti i livelli di permettere la permanenza di ufficiali delle missioni alleate ma solo in prima linea, mai nei comandi.

 

MACEDONIA

1943
Settembre
dal 1941 la parte jugoslava [dopo la seconda guerra balcanica (1913) il paese era stato diviso tra Serbia e Grecia, a danno della Bulgaria cui era stata riservata una parte minima del territorio] è stata divisa tra Albania, Bulgaria e Serbia ma nello stesso tempo si sono organizzati i primi gruppi partigiani, divisi in correnti filojugoslave e filobulgare;

 



1943
Settembre
REGNO di CROAZIA
[NDH (Nezavisna Drzava Hrvatska - Stato Indipendente di Croazia)]
Tomislav
Albero genealogico

Aimone di Savoia-Aosta [Boby] (Torino 9.3.1900 -Buenos Aires 29.1.1948)
secondogenito di Emanuele Filiberto di Savoia (2° duca d'Aosta) e di Helene d’Orléans;
1904-48, duca di Spoleto;
- 1939, sposa Irene p.ssa di Grecia e Danimarca;
1941-43, re di Croazia;
[1940, designato da re Vittorio Emanuele III luogotenente della corona nel nuovo regno croato, preferisce rimanere in Italia;
lascia poi l’Italia all’avvento della repubblica]
4° duca d’Aosta (1942-48) dal 4 marzo 1942;
1943
Settembre

Dittatore
Ante Pavelic
(1941 10 apr-8 mag 1945)
commissario generale
amministrativo
David Sincic
(1943 feb - set 1943)
 
CROAZIA
dal 1941 gli ustaša hanno ottenuto la costituzione di uno stato croato indipendente, in realtà vassallo dei nazifascisti, sotto Aimone di Savoia-Aosta [Tomislav] lasciando però il potere effettivo nelle mani di Ante Pavelic;
il popolo croato tuttavia non ha accettato l'occupazione e si è schierato in maggioranza con i partigiani organizzati dal Partito comunista jugoslavo;
la lotta è accanita fino alla fine della guerra;

1943
Settembre
2
, alla sera il gen. M. Robotti, comandante della 2ª Armata dislocata in Slovenia, Croazia e Dalmazia, riceve la "Memoria operativa n. 44" dalle mani del ten.col. Giovanni Biffoli e, secondo le istruzioni, brucia il testo dopo averlo letto e averne preso nota.
Il compito è quello di interrompere le comunicazioni dei tedeschi dal Tarvisio al mare, obiettivo per il quale il gen. M. Robotti decide di arretrare le sue truppe verso l'Italia, spostando il comando da Susak (in Croazia) a Trieste e limitando i presidi dalmati alle piazze di Spalato, Sebenico e Zara.
3, sulla rotabile Zara-Sebenico, per l'esattezza in località Scardona, viene attaccata un'autocolonna scortata dalla BAC del battaglione ortodosso: la compagnia riesce a disimpegnarsi al prezzo di 4 morti ed alcuni feriti e procurando agli assalitori 13 morti e 7 prigionieri congiuntamente alla perdita di una mitragliatrice e di due fucili mitragliatori.

5, come precauzione, in vista dell'eventuale messa in atto del piano "Fall Achse" – segreto ma in linea di massima già conosciuto – da parte dei tedeschi, gli italiani dopo aver spostato in Italia le divisioni "Sassari" e "Re", creano ora un nuovo comando di armata che raggruppa sotto il gen. G. Gambara tutte le truppe italiane in Slovenia e Italia orientale.
Con tale decisione, che sottrae alla 2ª Armata, già indebolita dalla perdita della divisione "Sassari" e della divisione "Re", anche l’XI C. d'A, cui è aggiunta la logoratissima divisione "Murge", si cerca di creare un grosso raggruppamento di 10 divisioni a difesa del triangolo Fiume-Lubiana-Bolzano, riducendo la responsabilità del gen. M. Robotti, comandante dell’Armata, al Carnaro, alla Dalmazia e all’Erzegovina, quest’ultima già de facto nelle mani dei tedeschi fin dal termine dell’ "Operazione Weiss".

8, le forze italiane in Croazia settentrionale sono costituite dal V
C. d'A., costituito da due divisioni, "Macerata" e "Murge", dal V Raggruppamento G.a.F. e da una brigata costiera, la XIV.
In Dalmazia e nel suo entroterra sta il XVIII C. d'A., divisioni "Bergamo" e "Zara", quest’ultima una divisone eterogenea con ufficiali per oltre metà italiani di Dalmazia.
L’Erzegovina è presidiata dalle divisioni "Marche" e "Messina" e dalla XXVII Brigata costiera, appartenenti al VI C. d'A..
Un’altra brigata costiera, la XVI, oltre al 4° Reggimento bersaglieri e alla divisione "Emanuele Filiberto" sono a disposizione del comando di Armata fra Fiume e Zara.

Le forze tedesche cui è affidato il compito di sopraffare le unità della 2ª Armata sono:
- 114^ divisione cacciatori e divisione SS Prinz Eugen, del XV C. d'A. schierato ai confini della Dalmazia;
- 173^ divisione di fanteria, 187^ divisione di fanteria del XLIX C. d'A. di riserva schierato in Bosnia;
- 11^ divisione meccanizzata SS del III C. d'A. dislocata attorno a Zagabria;
- 1^ divisione cacciatori, di stanza in Slovenia.
Di queste forze, la 114^ divisione cacciatori occuperà Zara e la Krajna, la divisione SS Prinz Eugen e la 373ª divisione croata Spalato e Ragusa, mentre elementi della 11^ divisione meccanizzata SS punteranno sul porto di Senj nel Carnaro rastrellando tutto il territorio tra Karlovac e il mare assieme alla 369ª divisione croata, congiungendosi alle spalle di Fiume con la
1^ divisione cacciatori proveniente dalla Slovenia; le divisioni 173^, 187^ rimarranno a tenere a bada i partigiani nella Bosnia occidentale.
[Nel complesso le operazioni si svolgeranno secondo i piani predisposti dai tedeschi.]

In questo clima di assedio, l'8 settembre coglie alla sprovvista solamente gli italiani che ne sono direttamente interessati, laddove i tedeschi (esortati da Pietro Badoglio stesso ad affiancarsi alle truppe italiane in tutti gli scacchieri per fare fronte comune) hanno già pronti da tempo i piani operativi per disarmare le grandi unità italiane, gli ustaša vedono imminente
la conquista della Dalmazia, mentre partigiani e cetnik, avendo contatto diretto, benché da prospettive differenti, con la debolezza e lo scoramento diffusi fra le truppe occupanti, aspettano il momento buono per accaparrarsi armi, munizioni e vettovagliamenti accatastati nei magazzini del Regio Esercito, senza contare che lo sbarco alleato in Dalmazia di cui si
parla da mesi sembra oramai imminente ed entrambe le fazioni di irregolari sono pronte ad affiancarsi agli inglesi.

[Truppe e comandi italiani non sanno che pesci pigliare: tacciono sia il Comando Supremo, da cui dipende la Dalmazia meridionale attraverso il VI C. d'A., sia lo S.M. dell'Esercito, cui afferisce il resto della regione in quanto 2ª Armata.]

 


9
, Susak, ore 12:00, solo ora il gen. G. Gambara raggiunge il Comando della 2ª Armata e il gen. M. Robotti prende atto con dispetto dell'ordine di costituire il nuovo raggruppamento che rappresenta una menomazione per il suo Comando e si risente per non essere neppure stato informato della convocazione a Roma del gen. G. Gambara.

Lo stesso giorno A. Pavelic dichiara guerra all'Italia e rivendica per la Croazia tutte le regioni della "costa croata".
[In pratica, con il consenso dei nazisti, rende pubblica una dichiarazione di annessione di Fiume e dell'Istria allo Stato indipendente di Croazia.]
Nella Croazia e nella Carniola lo sbandamento delle truppe italiane si fa quindi più rapido; catturati i Comandi della div.ne Isonzo e della div.ne Lombardia, le due div.ni si disperdono;
lo stesso giorno A. Hitler autorizza A. Pavelic a dichiarare tutta la Dalmazia, Zara compresa, annessa alla Croazia: il poglavnik fa subito la proclamazione.
[Gli ustaša hanno però poca parte nell'eliminazione dei soldati italiani dalle città dalmate, opera quasi esclusiva dei tedeschi.
Infatti, nello stesso tempo, la Wehrmacht annichilisce i focolai di resistenza imbastiti dai reparti più motivati della 2ª Armata, la quale, per sommi capi:
- all'80% si arrende avviandosi sulla strada dei lager;
- al 15% accetta di continuare a combattere a fianco
dell'alleato (in molti casi è un espediente per ottenere un rientro in Italia);
- al 5% sceglie di entrare nella resistenza jugoslava.]


9, le unità maggiori del V C. d'A., divisioni "Macerata" e "Murge", composta la prima per lo più da siciliani, obbediscono all’ordine giunto ora di considerare i partigiani come “forze Alleate”, contro le quali le ostilità devono cessare in osservanza dello stato armistiziale. Le due unità consegnano quindi i depositi e le armi pesanti ai titini rifluendo poi in crescente confusione verso il confine italiano, dove infine si sbanda.
Destino non diverso ha la XIV brigata costiera, mentre una parte consistente della G.a.F. sceglie di continuare la lotta al fianco dei tedeschi.
La divisione "Emanuele Filiberto" viene sorpresa dagli venti armistiziali mentre è in fase di trasferimento verso l’Istria. Concentratasi a Fiume, i tedeschi ne ottengono il disarmo l’11 settembre promettendo in cambio il rimpatrio in Italia, che si
traduce presto nella scelta fra collaborazione e deportazione, opzione scelta da quasi tutti i militari.
Il XVIII C. d'A., unica unità oltre alla riserva d’Armata sulla quale il gen. M. Robotti abbia ormai effettivo controllo, è sorpreso dall’avanzata tedesca sul nodo di Knin già nelle prime ore del 9 settembre. Dopo alcune ore i reparti italiani della "Zara" posti a difesa della cintura esterna accettano di ripiegare verso Zara dove rimangono nei due giorni successivi in attesa di ordini.
La divisione italiana, composta per lo più di unità che hanno duramente combattuto contro i partigiani e inquadrata in gran parte da ufficiali zaratini, considera nel complesso inaccettabile cedere le armi agli jugoslavi. Mentre le milizie serbe
della Krajna accettano già di cooperare con i tedeschi il comando italiano decide infine di consentire l’ingresso in città ad una colonna tedesca proveniente da Bencovazzo. Alcuni reparti, fra cui le bande MVAC, scelgono di combattere con i tedeschi, altri accettano l’ingresso nei battaglioni di lavoratori, pochissimi si uniscono ai partigiani, mentre la maggior parte viene deportata in Germania.

10, Zara e Sebenico: coerentemente con quanto pianificato nell' Operazione "Leander" dal gen. Karl Egsler, comandante della 114ª Divisione Jiiger, le colonne germaniche (reggimenti di fanteria 721° e 741°, 661° reggimento di artiglieria più un battaglione di pionieri) entrano a Zara e l'indomani a Sebenico, ove la banda della Marina, agli ordini di Piero Scotton, ha respinto i partigiani, aiutata anche dal fatto che, essendo prevalentemente costituita da greco-ortodossi, ha ricevuto supporto dalle formazioni cetniche;
11, Lussino, veniva evacuata dalle truppe ivi di stanza, le quali hanno scambiato per un tentativo di sbarco tedesco l'arrivo di una flottiglia in realtà costituita da cetnik bene armati e con le loro famiglie al seguito (per un totale di circa 700 persone) in fuga dai comunisti che stanno setacciando i presidi italiani sulla costa: trovata l'isola incustodita, i nuovi arrivati ne prendono possesso, issando la bandiera jugoslava;
[Questa sventolerà fino al 29 settembre.]

Spalato, se a Zara l’indirizzo è stato dunque di preferire la resa ai tedeschi a quella ai partigiani, a Spalato, città in prevalenza croata, la divisione "Bergamo" si orienta in modo diverso.
[La città è già da tempo quasi assediata dai partigiani, pressoché padroni della campagna circostante, ed i collegamenti con Zara e Cattaro avvengono quasi solo per via aerea.
- 8, già la sera stessa la città è in pieno fermento, e si moltiplicano le notizie di bande partigiane che si approssimano all'abitato.
Come altrove, l’ordine di considerare i partigiani alla stregua di forze regolari appartenenti agli eserciti alleati provoca una spaccatura nei comandi italiani fra quanti propendono per una cessione della città ai titini e quanti rifiutaono di trattare con un nemico col quale non si era avuto quartiere fino al giorno prima. Le forze tedesche intanto, impegnate a disarmare le divisioni "Messina" e "Marche", sono ancora distanti dalla città.]

Sebenico (occupata l'11), le truppe italiane assistono passive alla penetrazione dei partigiani comunisti che, nel giro di poche ore, riescono a far fucilare dal tribunale "del popolo" dieci persone (tra le quali il parroco ortodosso e un giudice ustaša) poco prima che arrivino i tedeschi.

Spalato [vi è concentrata la div.ne corazzata SS Prinz Eugen], qui si trova ancora buona parte della div.ne Bergamo (gen. Becuzzi); la piazza sottosta al gen. Alfonso Cigala Fulgosi e ospita altri due gen.li, Salvatore Pelligra e Raffaele Policardi, in attesa di destinazione;
il gen. Becuzzi ondeggia tra il voler trattare con i partigiani o obbedire agli ordini del gen. Spigo (comandante del XVIII C.d'A.) che ingiunge la resa ai tedeschi;
10, i croati della città organizzano una grande manifestazione in favore dei partigiani, alla quale partecipano molti soldati e molti ufficiali italiani, in testa a tutti il gen. Pelligra (sin dal 1942 sospettato di connivenza con i titini);
11, aerei tedeschi bombardano la città e, nel pomeriggio, incomincia la resa delle armi italiane ai partigiani;

12, gli eventi forzano la mano ai comandanti italiani prima che una precisa linea di condotta venga trasmessa dal Comando di Corpo d’Armata;
il gen. Becuzzi, comandante la la divisione "Bergamo", accetta nel corso di un incontro con i rappresentanti della resistenza di consegnare la città di Spalato ai partigiani e di iniziare l’evacuazione dei reparti verso l’Italia, accordo cui addiviene suo malgrado anche il comandante della piazzaforte, gen. Alfonso Cigala Fulgosi.
Priva di qualsiasi comando, la città viene lasciata libera al saccheggio (anche del Magazzino bagagli del porto dove sono depositate le valigie degli italiani che stanno per partire);
i partigiani croati si impadroniscono di tutti gli uffici della città instaurandovi un governo sovietico capeggiato da un certo Krstulich.
Il tribunale "del popolo" pronuncia quotidiane condanne a morte; da un elenco in possesso di un certo Papo (barbiere ebreo) risultano 105 le persone assassinate, tra le quali un vescovo ortodosso, qualche ustaša ma la massima parte italiani;
Rapidamente la città viene occupata da reparti partigiani che disarmano parte delle truppe italiane e provvedono
immediatamente all’espugnazione della Questura, centro della repressione italiana in città, i cui occupanti sono tutti uccisi.
Tale episodio, unitamente all’arresto e all’esecuzione di numerosi italiani accusati di fascismo, raffredda molto la volontà degli italiani di proseguire oltre la collaborazione con i partigiani, che pure ha già avuto il suo battesimo del fuoco.
Presso Spalato tedeschi avevano in precedenza occupato una vecchia fortezza, Clissa, tramutata in breve in un solido contrafforte.
Reparti partigiani, unitamente ad alcuni carabinieri, tentano ripetutamente di prenderla d’assalto nei giorni 12 e 13, mentre reparti della divisione SS "Prinz Eugen" già si approssimano.

18, Cattaro, dopo una settimana di violenti combattimenti fra le truppe della "Emilia" ed aliquote della "Divisione SS Prinz Eugen"
sostenute considerevolmente da artiglieria e stukas, la città cade in mano tedesca: nonostante il progetto iniziale prevedesse una collaborazione antitedesca con i cetnik del cap. Branko Dekich, quanti non riescono a rimpatriare a Bari tramite piroscafi seguono altre strade.
Una piccola parte resta fedele al vecchio alleato, 500 costituiscono il battaglione "Bjela Gora";
[Darà battaglia ai tedeschi fino a sciogliersi a metà ottobre, quasi 3.000 si consegneranno prigionieri seguendo le disposizioni germaniche e nuclei di sbandati verranno disarmati e spogliati da bande cetniche.]

19, monte Mariano, 300 uccisi e 600 feriti sono il bilancio del mitragliamento aereo subito dai resti del XVIII C.d'A. mentre stavano attendendo l'imbarco per l'Italia.

20, la presidenza dello ZAVNOH, il Consiglio territoriale antifascista di liberazione popolare della Croazia, fa proprio il documento, dichiarando decaduti tutti gli accordi e le convenzioni con l'Italia e proclamando l'annessione alla Croazia e alla futura "nuova" Jugoslavia di Zara e della Dalmazia, delle isole del Quarnaro, di Fiume e dell'Istria: nella stessa occasione Aldo Negri e Pino Budicin vengono cooptati nello ZAVNOH in rappresentanza delle popolazioni italiane dell'Istria.

23 settembre, nasce la RSI (Repubblica Sociale Italiana) [o Repubblica di Salò];
Zara, viene riconosciuta dai tedeschi come facente parte della RSIi, però il resto della Dalmazia costiera ed insulare diviene appannaggio dello Stato Indipendente Croato, finalmente liberatosi dal giogo italiano.
[Questi "alleati", infatti, sono visti – e lo saranno anche in futuro dalla storiografia croata – come persecutori di croati, responsabili di eccidi e di avere autorizzato quelli perpetrati dai cetnik, invasori delle loro terre e causa della debolezza dello Stato croato, privato della Dalmazia e visto solamente come spazio vitale italiano,
pertanto privo di qualsivoglia possibilità di sviluppo autonomo.]

25, appreso l'imminente arrivo dei tedeschi, le autorità slave si allontanano mentre la città viene difesa dai partigiani slavi del gen. Brosovich affiancati da numerosi elementi della div.ne Bergamo;
27, aiutati anche dal fuoco di alcune batterie italiane che hanno rifiutato di arrendersi ai partigiani, i tedeschi si aprono la strada verso la città, preceduti da un violento bombardamento aereo;
i tedeschi prendono d'assalto la città e la consegnano ai croati del ploglavnik fucilando tre generali fatti prigionieri: Salvatore Pelligra, Raffaele Policardi, Alfonso Cigala Fulgosi, e 46 altri ufficiali tra i quali cinque colonnelli.
[discordanze di date tra le varie fonti!!]
[Nei giorni precedenti circa 4.000 uomini hanno lasciato la città verso l’Italia.
Dei rimanenti 9.000 caduti prigionieri dei tedeschi, tutti gli ufficiali sono sottoposti a giudizio sommario, e 49 di essi vengono fucilati nella vicina località di Trilj, fra cui il gen. Alfonso Cigala Fulgosi, comandante della Piazza ed i gen. Salvatore Pelligra e Raffaele Policardi, comandanti l’artiglieria ed il genio d’Armata.]

27, Spalato, i tedeschi, vinta la resistenza incontrata a Clissa da parte di un battaglione della "Bergamo", solo ora giungono in città, imponendo come governatore il gerarca ustaša Edo Bulat e
facendo prigionieri i soldati italiani, abbandonati dai loro comandanti frettolosamente rimpatriati: in precedenza i cetnik del magg. Pavasovich, che pur avevano offerto la loro collaborazione per tenere alla larga i partigiani, non hanno ottenuto le armi richieste ed i comandi militari hanno preferito cedere al termine di trattative diplomatiche l'autorità sulla città al gen. Koca Popovich, comandante della Prima Divisione Proletaria ed inviato da Tito col preciso compito di fare incetta delle armi italiane e di colpire gli elementi più in vista della comunità italiana, mansioni che svolge con zelo per 16 giorni prima di ripiegare all'approssimarsi
dei tedeschi.

Zara, viene riconosciuta dai tedeschi come facente parte della Repubblica Sociale Italiana nel frattempo costituitasi, però il resto della Dalmazia
costiera ed insulare divenne appannaggio dello Stato Indipendente
Croato, finalmente liberatosi dal giogo italiano. Questi "alleati", infatti,
furono (e sono tuttora visti dalla storiografia croata) come persecutori di
croati, responsabili di eccidi e di avere autorizzato quelli perpetrati dai
cetnici, invasori delle loro terre e causa della debolezza dello Stato croato,
privato della Dalmazia e visto solamente come spazio vitale italiano,
pertanto privo di qualsivoglia possibilità di sviluppo autonomo81 .

ERZEGOVINA, i reparti della divisione SS "Prinz Eugen" hanno già occupato nei giorni precedenti l’intera regione, sopraffacendo le truppe italiane del VI C. d'A. entro il 13 dicembre.
[Dapprima l’operazione non aveva presentato difficoltà, ma la presa di Ragusa ha richiesto ai tedeschi una manovra più difficoltosa che altrove. La città era presidiata dalla divisione "Marche", comandata da un energico ufficiale, il gen. Giuseppe Amico. Quest’ultimo era assai inviso ai tedeschi per essersi opposto alla deportazione degli ebrei rifugiatisi in Erzegovina. In occasione di un ricevimento alcuni mesi prima, iegli era stato chiarissimo con croati e tedeschi: nella zona italiana non si uccidevano né ebrei né serbi. La cosa è stata riferita a Zagabria, e di lì a Berlino dal direttore dell’Accademia tedesca di Ragusa Arnold.

Ragusa, il Comando del VI C.d'A. si fa subito catturare; i tedeschi arrestano anche il gen. G. Amico, comandante la div.ne Marche, il quale chiesto e ottenuto da due ufficiali tedeschi di poter recarsi agli alloggiamenti del 56° Rgt fanteria parla ai suoi soldati contro i tedeschi;
infervorati, i soldati italiani, fatti prigionieri i due ufficiali tedeschi, seguono il gen. G. Amico e impegnano un combattimento nelle strade di Ragusa; sopraffatti dai carri armati tedeschi devono però mollare; il gen. G. Amico, ripreso dai tedeschi, viene fucilato.
Vicino a Ragusa, la resistenza della div.ne Messina (gen. Guglielmo Spicacci) opposta ai tedeschi dura ben quattro giorni ma poi crolla.

Ragusa, è fra i primissimi obbiettivi dei tedeschi, e per occuparla è stato messo a punto un piano in più fasi.
[9, la cintura di avamposti della divisione "Messina", schierata attorno alla città, viene attaccata dalle avanguardie tedesche
della divisione SS "Prinz Eugen".
Ecco come un ufficiale italiano ricorderà nelle sue memorie una
delle operazioni di disarmo effettuata lo stesso giorno da parte tedesca:
Il colonnello italiano comandante di quel presidio aveva ricevuto già da qualche giorno l’ordine di consegnare la piazzaforte ai tedeschi: una cessione fra truppe alleate che si sarebbe potuta credere di ordinaria amministrazione. Praticamente gran parte delle consegne era già stata fatta. Erano a colloquio in una stanza del comando il colonnello italiano e un maggiore tedesco. Bussarono alla porta: il piantone italiano tratteneva un motociclista tedesco che parlava fitto fitto nella sua lingua e mostrava un dispaccio. Il colonnello fece cenno di farlo entrare. Il maggiore tedesco chiese il permesso di leggere. Come ebbe letto abbozzò un sorriso, puntò la pistola sul colonnello e disse: «La città è nelle nostre mani, non potete farmi resistenza. D’ordine del Comando Supremo germanico siete mio prigioniero».
Dopo alcuni incerti combattimenti, l’avanzata tedesca si arresta.
10, aerei tedeschi bombardano i dintorni della città, affondando la torpediniera italiana T-8. Sprovvista di difese contraeree, Ragusa non può reggere a lungo. Iniziano le trattative fra le due parti.
11, viene raggiunto un accordo fra il comandante del VI C. d'A. Piazzoni, dal quale dipendono sia la divisione "Messina" che la divisione "Marche", ed il col. Schmidthuber, comandante del reggimento tedesco. Il 94° Reggimento della divisione "Messina" avrebbe abbandonato gli avamposti ripiegando in città, mentre il resto delle unità sarebbe stato imbarcato per l’isola di Curzola e di qui in Italia. Le unità della divisione "Marche" si sarebbero imbarcate a propria volta nei giorni successivi e la città sarebbe stata consegnata ai tedeschi. Una unità della divisione SS "Prinz Eugen" si sarebbe intanto stabilita a Ragusa per prevenire colpi di mano partigiani.
La sera stessa tuttavia i tedeschi tentano nuovamente di prendere il controllo della città.
Il gen. G. Amico viene catturato di sorpresa nella sua abitazione mentre altre unità tedesche provenienti da Mostar e da Ragusa Vecchia cercano di forzare gli ingressi dell’abitato. Tuttavia la resistenza italiana si rivela più coriacea del previsto.
12, al mattino il gen. G. Amico viene liberato dall’edificio in cui si trova prigioniero da una colonna di soldati messa assieme dagli ufficiali del suo comando.
Il presidio tedesco dentro la città viene costretto alla resa mentre nella zona del porto un piroscafo tedesco carico di soldati della Luftwaffe subisce la stessa sorte.
13, raggiunti dai rinforzi e con la minaccia di un bombardamento
aereo sulla città, i tedeschi impongono nuovamente un negoziato agli italiani, dei quali alcune migliaia sono intanto riusciti a raggiungere i partigiani o ad imbarcarsi.
Nei termini del nuovo “accordo”, tutti i soldati italiani dipendenti dal VI C. d'A. dovranno convergere in città e qui, sotto la direzione dei propri ufficiali, dovranno optare per la collaborazione o la prigionia.
Il gen. G. Amico resta in città fino al termine di questa operazione; lo stesso gioro viene quindi tradotto in macchina alla volta di Mostar. Durante il percorso viene ucciso in circostanze mai accertate con un colpo di pistola alla testa, che i tedeschi cercheranno di attribuire ad una vendetta tra italiani.
[Sospettati della sua morte saranno un maresciallo tedesco, tale Kirk, ed un milite italiano, sui quali tuttavia non sarà possibile acquisire elementi certi.]
Il gen. Guglielmo Spicacci, comandante della divisione "Messina", viene tradotto in Germania.
[Detenuto dapprima nel campo di Shokken e poi nelle carceri di Posen, sarà trasferito nel Konzentration Lager di Bergen-Belsen dove morirà di malattia nel marzo 1945.]

12, tutta la Dalmazia è nelle mani dei tedeschi e degli slavi.

Nelle Bocche di Cattaro, con aspri combattimenti in cui perde quasi duemila uomini, la div.ne Emilia riesce ad assicurarsi l'imbarco e viene quasi tutta salvata.
Fidando su questa resistenza una parte della div.ne Taurinense dal Montenegro tenta tenere la strada per Danilovgrad e arrivare al mare, ma non riesce. L'altra parte si dirige per la valle della Zeta verso Podgorica.
La div.ne Venezia che sta nella zona di Berane, si trova chiusa la strada dagli albanesi, dai tedeschi e dai partigiani; potrebbe aprirsi un varco verso Scutari ma si troverebbe poi nella medesima situazione. Preferisce quindi accordarsi con i partigiani del II C.d'A. del gen. Dapcevich stringendo con esso un'alleanza pur non entrando a far parte del loro C.d'A..
Delle due Div.ni Taurinense e Venezia, che hanno subito già gravissime perdite, i battaglioni Exilles e Fenestrelle cessano presto di esistere.

29, Lussino, i partigiani, dopo duri combattimenti, conquistano l'isola massacrandone gli occupanti;

La e la BAC confluiscono a tutti gli effetti nel movimento cetnik, nel frattempo accordatosi con la Wehrmacht, la quale, trovatasi a controllare le regioni che erano state di pertinenza dell'ex alleato, ne eredita anche quegli stessi fiancheggiatori che in precedenza aveva aspramente avversato poiché li aveva considerati quinte colonne degli angloamericani.
[Per dirla tutta, già da agosto i tedeschi hanno mutato atteggiamento, poiché temono la propaganda comunista (che ora usa anche slogan nazionalistici) e puntano al controllo delle risorse bosniaco-erzegovesi collocate proprio nei distretti in cui sono più radicati i cetnik, molti dei quali sono però passati nelle file partigiane pur di non farsi disarmare: con la distribuzione di armi, cibo e denaro si cercano addirittura volontari per la costituzione di una Divisione SS serbo-ortodossa.]

La divisione "Dinara", pertanto, riacquista piena efficienza e collabora attivamente anche con i tedeschi contro i partigiani, [Seguirà poi il progressivo ripiegamento germanico verso nord, fino a giungere alle porte di Gorizia a fine aprile 1945.]

Respinta dai carabinieri del capoluogo isontino sostenuti dai volonta-

BOSNIA - inclusa nel Regno di Croazia.

1943
Settembre

i cetnici del gen. D. Mihajlovic, che prima operavano d'intesa con i comunisti di Tito (Josip Broz), per avversare quest'ultimi hanno finito per collaborare con i tedeschi operando in una ristretta zona della Serbia;
da giugno gli alleati fanno loro mancare il loro appoggio;



1943
Settembre
Governatorato del Montenegro
[da ottobre 1941, il Montenegro occupato è diventato protettorato italiano;
da giugno 1943, il Governatorato del Montenegro è stato inserito nel Gruppo armate Est e al governatore non restano che le funzioni amministrative.]
Governatore
(1943 20 lug - 8 set 1943)
 

1943
Settembre

Montenegro
Il XIV C.d'A. (gen. Ercole Roncaglia):
. div.ne alpina Taurinense (gen. Lorenzo Vivalda) presidia Nikšic,
. div.ne alpina Venezia (gen. Giovanni Battista Oxilia) presidia Berane: si staccano,
. div.ne Ferrara (gen. Antonio Franceschini) presidia la valle del fiume Zeta con Podgorica e Cettigne,
. div.ne Emilia (gen. Ugo Buttà) presidia le Bocche di Cattaro,
. div.ne Bergamo (gen. Becuzzi),
segue le sorti del Gruppo d'Armate dell'Est;
. div.ne Aosta (gen. ),

8, la definitiva capitolazione italiana spegne per sempre le velleità fasciste di esercitare un ruolo imperiale nei Balcani;

La questione degli internati viene invece ereditata dalla Repubblica sociale italiana. A occuparsen è anche l'ex Commissario civile Serafino Mazzolini, divenuto sottosegretario agli Affari esteri del Governo di Salò.
Si legge in un interessante informativa a sua firma:
"Il Delegato per l’Italia della Croce Rossa Internazionale ha inviato a questo Ministero la nota in data 17 aprile u.s. che si acclude in copia, mirante ad ottenere dal Governo Italiano la liberazione ed il rimpatrio degli ex jugoslavi (sloveni, montenegrini e serbi) detenuti, confinati e internati in Italia per ragioni politiche. Questo Ministero considerando:
1) Che entro certi limiti e per i casi non gravi, è forse nostra convenienza disfarci di tali stranieri indesiderabili;
2) Che, dietro le pressioni esercitate dalle Autorità militari tedesche, numerosi di essi sono già stati liberati e rimpatriati;
3) Che effettivamente per molti di di essi sarebbe difficile stabilire quale sia l'Autorità internazionale competente a chiedere al Governo Italiano la liberazione; sarebbe del parere di accogliere la richiesta della Croce Rossa Internazionale e di procedere alla graduale liberazione ed al rimpatrio degli stessi in tutti i casi in cui ragioni gravi non vi si oppongano a giudizio delle competenti Autorità Italiane.
A tale riguardo ed allo scopo di evitare ulteriori interferenze delle Autorità militari tedesche, questo Ministero ha ritenuto opportuno inviare all'Ambasciata l'appunto […] che per ora impegna il Governo Italiano solo in linea generale e di principio. I particolari relativi all’attuazione pratica di tale decisione e le decisioni da prendere caso per caso dovrebbero essere lasciati al giudizio esclusivo delle Autorità italiane […].
Si fa infine presente che la questione della liberazione e del rimpatrio dei serbi, montenegrini e sloveni non è da confondere con quella analoga relativa ai croati, che ha un’aspetto
(sic) molto diverso e per la quale sono tuttora in corso trattative con i Governi croato e germanico".

[Una testimonianza di scrittura popolare riassume lucidamente la drammatica impreparazione di chi pagherà un caro prezzo sulla via del ritorno:
"In poco più di due mesi avevamo combattuto per tre bandiere: fino all'8 settembre, per l’esercito italiano alleato dei tedeschi e contro tutti gli altri, dal 9 settembre all’8 ottobre per l'esercito badogliano alleato con gli anglo americani e contro i tedeschi ed infine dall’8 ottobre al 13 novembre per i Cetnici serbi che combattevano per il ritorno al trono di Re Pietro di Serbia, contro ustascia croati, partigiani comunisti, mussulmani e non so quanti altri".].

 

9, i soldati del Gruppo di artiglieria alpina “Aosta”, comandate da Carlo Ravnich, sparano cannonate alla colonna tedesca che tenta di raggiungere Nikšic;

12, un appello dei tedeschi invita i soldati italiani a non andare alla montagna con i nazionalisti e i partigiani serbi ma di unirsi a loro;
13, Podgorica, c'è l’ultima riunione dei comandanti del Corpo d’Armata che decide di prendere tempo;
14, una colonna di 8.000 soldati della div.ne Taurinense cerca di dirigersi dall’interno del Montenegro verso le Bocche del Cattaro perché la div.ne Emilia ha, unilateralmente, dovuto combattere i tedeschi portandola però all’annientamento;
la colonna della div.ne Taurinense è però respinta dall’esercito tedesco vicino a Cettigne, attaccata a Ledenice, accerchiata nei pressi di Grahovo;
[verso la fine del mese, dopo aver perso nei combattimenti circa 6.000 uomini, tutte le armi pesanti e tutti i viveri, riprenderà la via delle montagne e il suo comando prenderà contatti con gli ex nemici del comando partigiano.]
15, Podgorica viene arrestato il gen. Ercole Roncaglia;


dalla div.ne Venezia e dalle altre si staccano i battaglioni di antiche Camicie Nere che passano ai tedeschi;
dalla Div. Venezia si stacca anche il battaglione alpino Ivrea che tenta di raggiungere il mare ma, dopo una marcia eroica, rimane sopraffatto.
La maggioranza della div.ne Venezia e della div.ne Taurinense si ritirano sui monti.
[I superstiti delle due Div.ni daranno vita alla div.ne partigiana Garibaldi che accanto all'altra div.ne partigiana Italia – composta essa pure da italiani – proseguirà la lotta a fianco dell'esercito di Liberazione Jugoslavo.
Dalla div.ne Taurinense, sono costituite, su base volontaria, le prime due brigate di 800 uomini ciascuna che si aggregano alla div.ne Venezia, ancora unita e composta da 15 000 uomini.
La div.ne Venezia, che è stata fortunata di essere accampata a Berane e che si è difesa dagli attacchi tedeschi, ha anche la possibilità di ricevere, dopo diverse traversie, un piccolo aereo delle Forze armate italiane, dipendenti dal Governo del gen. Pietro Badoglio, con i codici cifrati che permettono di mantenere i collegamenti con i Comandi Militari dislocati nel Sud d’Italia.
Queste due ultime Div.ni passeranno in pratica a fianco del mar.llo Tito che in questi giorni annuncia di aver catturato decine di migliaia di italiani in terre di Serbia e di Bosnia (dove non sono mai stati, né si trovano ora!!)].

Con l’armistizio:
- il campo di Prevlaka viene occupato da formazioni tedesche, che sostituiscono i militari italiani sino alla chiusura defiinitiva del 1° ottobre ‘43;
- il campo di Mamula viene smantellato nei giorni immediatamente successivi alla capitolazione italiana.



Federico Goddi, L’occupazione italiana in Montenegro. Forme di guerriglia e dinamiche politiche del collaborazionismo cetnico (2015, in Qualestoria 2);
[Federico Goddi, Un'isola di internamento: il campo fascista di Forte Mamula (2019].


1943
Settembre
REGNO di ALBANIA
- dal 16 aprile 1939 il paese è stato unito al Regno d'Italia -
Luogotenente Regio
gen. A. Pariani
(18 mar - 8 set)
 
Comandante delle truppe italiane di presidio
-
 
Primo ministro
Eqrem Libohova
(1943 12 mag - 9 set 1943)
[Partito fascista albanese]
 
1941, 8-14 nov, nasce il Pca (Partito comunista di Albania) [Enver Hoxha;
1942,
- set, nasce il Lnc (Lufta nacional clirimtare - Movimento di liberazione nazionale) [];
- nov, nasce il BK (Balli Kombëtar - Fronte nazionale) [Midhet Frashëri];

1943
Settembre
2
, con una lettera il gen. A. Pariani programma quello che si rivelerà tra poco l’ultimo tentativo di por mano alle istituzioni albanesi, attraverso un comitato di studio per le opportune modifiche allo Statuto d'Albania, al fine di metterlo in armonia con la soppressione del Partito fascista e accogliere negli articoli le aspirazioni nazionali albanesi.
Nulla può essere svolto.
[della storia albanese e italiana, cogliendo impreparate le nostre truppe, per di più in
assenza del luogotenente, richiamato in quei giorni a Roma per conversazioni su una sua
nomina ad addetto militare a Berlino

8, ad esso aderiscono, dopo l'armistizio dell'Italia e l'occupazione tedesca, anche reparti italiani;

9ª ARMATA ITALIANA in Albania (gen. L. Dalmazzo):
- IV C.d'A., con sede a Durazzo, con:
. div.ne Parma (normale) a Vlore (Valona)
[non ha quadrupedi sufficienti per trasportare le proprie artiglierie],
il reggimento “Monferrato” a Berat;
. div.ne Perugia (gen. E. Chiminello) (d'occupazione a forza ridotta)
[senza artiglierie, senza automezzi e senza salmerie; ha dato il cambio alla div.ne Ferrara],
. div.ne Brennero (motorizzata) a Kruja (nei pressi di Tirana)
[proveniente dalla Grecia, è ancora in movimento con i gruppi disseminati tra il confine greco e Durazzo];
il reggimento “Guide” a Tirana,
- XXV C.d'A., con sede ad Elbasan, con:
. div.ne Firenze (gen. A. Azzi) (normale) a Dibër,
. div.ne Arezzo (normale) a Korça.

Settore Scutari-Kossovo (per il 65% albanesi)
. div.ne Puglie (normale) tra Shkodra (Scutari) e Kosovë,
. 2 Rgt albanesi,
. bande albanesi;

Forza presente: ca 100.000 uomini ma…
- nessuna div.ne supera il 60% dell'organico per cui nessuna raggiunge i 7.000 uomini;
- le forze combattenti sono ca 40.000 uomini in tutta l'Albania, mentre gli altri 60.000 sono rappresentati dai Carabinieri Regi CC.RR., dalle GG.FF. (italiani e albanesi), da reparti minori e dalle truppe di servizi.
Niente artiglierie di Armata, niente di C.d'A..

Tuttavia, risulta difficile avere una stima che corrisponda con precisione al numero dei militari, giacché la truppa è in costante movimento. Per esempio, la div.ne Ferrara, sostituita dalla div.ne Perugia, lascia un reparto di artiglieria, passato al comando di quest’ultima. La stessa div.ne Perugia perde un reparto, nello spostamento tra Montenegro e Albania.

ore 17:45, il capo del Servizio Informazioni dà notizia al gen. Carlo Tucci, capo di S.M. della 9ª Armata, che «radio Ankara» ha comunicato che un armistizio è stato concluso tra l'Italia e le potenze alleate; informatone immediatamente il comandante della 9ª Armata riceve da quest'ultimo l'ordine di prendere collegamento telefonico con Roma per avere conferma e le direttive del caso;
ore 18:45 ca, il col. di S.M. Petitti (vice capo di gabinetto al Ministero della Guerra) interpellato dal gen. Carlo Tucci nega in perfetta buona fede l'avvenuto armistizio e analoga comunicazione ripete poco dopo al sotttocapo di S.M. del Comando Gruppo Armate Est;
informato della risposta di Roma, il comandante della 9ª Arnata ordina al col. Carlo Tucci di prendere contatto con il Ministero albanese della Propaganda perché a «radio Tirana» smentisca l'armistizio, evidente e pericolosa manifestazione della propaganda nemica;
ore 19:45, «radio Tirana» emana un sobrio e serio comunicato per smentire l'armistizio ma, subito dopo, senza cioè interrompere la trsmissione, la stessa radio collegatasi con Roma dirama il proclama del mar.llo P. Badoglio:

…«conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.
…«Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza»…

dopo questo proclama giungono al Comando Gruppo Armate Est due telegrammi del Comando Supremo; il primo parafrasa in pratica il proclama del capo del governo italiano, il secondo prescrive agli ufficiali italiani:
- di raccogliere le truppe in modo da assicurare il possesso dei porti adriatici di Durazzo e Cattaro;
- di dare preavviso dei movimenti italiani ai tedeschi;
- di non farsi iniziatori di atti di ostilità contro i tedeschi.

[a.f.: il gen. Henry Maitland Wilson, comandante interalleato per il teatro bellico del Mar Mediterraneo, ordina alle unità italiane di consegnare le armi ai partigiani albanesi; tuttavia il gen. L. Dalmazzo comandante la IX Armata preferisce negoziare con i tedeschi la resa delle truppe italiane e la loro evacuazione ferroviaria dopo il trasferimento al nodo di Bitola, in Bulgaria.]

8/9, la notte, al comandante della 9ª Armata (gen. L. Dalmazzo si presenta il gen. Gnamm (comandante delle truppe tedesche dislocate nei campi di aviazione d'Albania) chiedendo la consegna immediata dei campi di aviazione; al no deciso e inquivocabile del comandante italiano segue pure da parte di questi un collegamento con Monte Mario a Roma ma il Comando Supremo tace;
a notte avanzata, giungono intanto le prime notizie che le truppe tedesche si sono attestate al confine albanese; i Comandi di confine inviano ufficiali italiani ai tedeschi perché chiariscano le loro intenzioni; il Comando di Armata ne informa il Comando Gruppo Armate Est precisando le forze italiane, addirittuta ridicole, che possono per il momento opporsi ad una avanzata tedesca; il Comando Gruppo Armate Est approva i contatti presi con i tedeschi e precisa che, data la enorme sperequazione delle forze, non deve considerarsi atto ostile il semplice passaggio delle truppe tedesche in territorio albanese; non appena le truppe tedesche oltre confine passano la frontiera, il Comando Gruppo Armate Est avoca a sé ogni rapporto e ogni trattativa con l'Alto Comando tedesco;

Mentre il destino dell’altra truppa si decide in fretta, la div.ne Perugia deve ancora vivere le sue incredibili vicende.
Al comando del gen. E. Chiminello, è dislocata nella zona che comprende Gjirokastër (Argirocastro), Tepelenë, Përmet, Delvinë e Kelcyre, cioè, l’estremo sud dell’Albania.
Ora, in mancanza di ordini, si decide lo spostamento verso porto Edda.
[Il porto si trova a Saranda (Santi Quaranta) e porta questo nome in onore della figlia del Duce, la moglie di G. Ciano, l’ideatore dell’occupazione dell’Albania.]

9, la notte stessa, le truppe tedesche del gen. Paul Bader, precedute dai loro mezzi motorizzati e corazzati, iniziano con velocità travolgente il movimento verso l'interno dell'Albania:
ore 12:00,
- una colonna per Struga e Libratsh raggiunge Elbassan;
- una colonna raggiunge Dibra, festosamente accolta dalla popolazione e dai partigiani;
- due colonne occupano Pristina e Pec. e Pritzen, mentre i due reggimenti albanesi e i quattromila uomini delle bande del Kossovo (già al servizio degli italiani) passano ai tedeschi dando la caccia agli italiani, specialmente ufficiali;
ore 16:00,
- una colonna proveniente dalla zona dei laghi raggiunge Korcia;
- una colonna proveniente da Ianina per Tepeleni e Argirocastro occupa Santi Quaranta e Valona.
Intanto, mentre i deboli e sparsi distaccamenti italiani vengono via via accerchiati e disarmati dai tedeschi, arriva a Tirana da Belgrado il gen. Bessel (ufficiale tedesco di collegamento presso il Comando Gruppo Armate Est) e, come prima cosa, si reca dal gen. L. Dalmazzo per chiedergli, d'ordine del suo Comando, se aderisce all'armistizio ordinato dal mar.llo P. Badoglio o se è disposto a passare con tutta la 9ª Armata alle dipendenze del Reich per continuare la guerra; poiché l'interpellato prende ordini solo dal proprio Comando Supremo, il gen. Bessel prende contatti con il comandante del Gruppo Armate Est (gen. E. Rosi) e chiede:
1) di trattare per la pronta occupazione da parte delle truppe tedesche dell'Albania, regione che gli Italiani non possono più difendere;
2) di trattare per il successivo rimpatrio delle truppe italiane;
3) di attuare un parziale disarmo delle truppe italiane.
Il gen. E. Rosi dice che darà una risposta entro cinque giorni (il 13) e si accinge a chiamare Roma per chiedere urgenti istruzioni in base alla nuova richiesta dei tedeschi… ma il Comando Supremo non risponde.
Contemporaneamente il Comando Gruppo Armate Est prende contatto con il Comando della 11ª Armata italiana dislocata ad Atene e accerta che questo ha avuto da Roma una relativa libertà di azione per attuare l'armistizio e che le sue truppe, disarmate, si apprestano a partire per l'Italia;
lo stesso giorno, il gen. L. Dalmazzo, cui lo svolgersi degli avvenimenti comincia a non persuadere, dà ordini segreti al capo del suo Servizio informazioni perché:
- cerchi di ottenere tramite servizi informazione del Kossovo e del Montenegro la garanzia che i partigiani montenegrini consentiranno e faciliteranno a truppe della 9ª Armata di transitare per il Montenegro per recarsi in Bosnia e unirsi ai partigiani jugoslavi;
- cerchi di prendere immediato contatto con gli ufficiali inglesi che si sanno dislocati presso i partigiani albanesi.
Un modo, da parte del gen. L. Dalmazzo, per tenersi in misura e in condizione (se gli eventi lo consiglieranno) di reagire contro le forze tedesche.

10, provenienti da Elbassan, le truppe tedesche, superata Tirana (nella cui sede è il loro Comando di div.ne), puntano su Durazzo dove imbastiscono un tentativo di attacco; accolte con il fuoco le truppe tedesche, si hanno perdite da ambo le parti; alla fine, la preponderanza delle forze tedesche consiglia la sospensione delle ostilità e di risolvere la situazione locale con un compromesso;
intanto, come da ordini ricevuti dal Comando Supremo, l'Ufficio informazioni prende contatto con il magg. inglese Seymour e lo invita a nome del proprio comandante a telegrafare al Comando alleato del Cairo per rivelargli gli intendimenti; lo si invita altresì a svolgere azione persuasiva presso i partigiani perché la smettano di attaccare i soldati italiani.
Il Comando Gruppo Armate Est e quello della 9ª Armata persistono intanto nel chiedere angosciosamente alla Stazione radio di Monte Mario (Roma) di collegarsi con il Comando Supremo ma la risposta è immutabile, non c'è nessuno!
ore 11:00, Monte Mario, un ignoto anonimo radiotelgrafista risponde: «La guerra è giunta sin qui. Non posso più collegarmi con voi. Viva l'Italia».
ore 22:00, un fatto nuovo precipita gli avvenimenti; il gen. Bessel si reca dal gen. E. Rosi per ottenere subito la risposta alle sue richieste formulate il giorno precedente; questi decide di aderire alla richiesta e ordina sia di concretizzare le modalità per il rimpatrio delle truppe italiane sia di compilare l'ordine per il loro disarmo parziale.
[Su questo "disarmo beffa" molto si discuterà in futuro.]

11, Scutari, nella notte, proveniente da Podgorica (Montenegro), arriva una colonna tedesca che sorprende le truppe italiane nel sonno e le disarma (la 72ª legione dei carabinieri passa dalla loro parte); nella stessa notte truppe tedesche occupano un po' dappertutto centri di collegamento, magazzini, depositi, campi di aviazione ecc.;
sin dall'alba numerosi aerei si avvicendano nell'aeroporto di Tirana per scaricarvi un battaglione di paracadutisti tedeschi;
ore 11:00, Tirana, giunge in aereo il gen. Rendulic; mentre il gen. E. Rosi e tutto il suo S.M. lo sta attendendo per la definizione e la firma dei noti accordi, arriva sul posto il gen. Gnamm seguito e preceduto da carri armati e scortato da un reparto di paracadutisti; il Comando viene invaso, la truppa che sta mangiando il rancio isolata, il gen. E. Rosi e il suo capo di S.M. arrestati e, entro tre ore, inviati in aereo a Belgrado; nella sede della Legazione vengono chiusi il ministro Silenzi, tutto il personale diplomatico e gli impiegati;
poco dopo il gen. L. Dalmazzo, il suo capo di S.M. e l'intendente sono convocati all'Albergo Daiti per conferire; qui il gen. Rendulic comunica subito al gen. L. Dalmazzo la cattura del gen. E. Rosi che, a suo dire, non è stato sincero nel trattare la cessione delle armi pesanti ed enuncia la richiesta che le di lui funzioni siano assunte dal gen. L. Dalmazzo;
al rifiuto del generale italiano, il gen. Rendulic legge un ordine portato da Belgrado in base al quale:
- la 9ª Armata e le altre truppe del Gruppo Armate Est sono prigioniere di guerra;
- tali truppe devono essere avviate alle stazioni di carico della linea ferroviaria bulgara che corre parallela al confine con l'Albania;
- tali truppe devono essere avvertite delle gravissime sanzioni penali fissate per i vari casi di inadempienza.
L'ordine dovrà essere subito comunicato a tutti i reparti della 9ª Armata e anche ai C.d'A. VI e XIV dislocati in Dalmazia e nel Montenegro.
Il gen. L. Dalmazzo avanza ferme ma inutili proteste e il gen. Rendulic non fa altro che consegnargli l'ordine ricevuto, richiedendone l'esecuzione immediata.
Mentre viene inviata a Belgrado una effimera protesta scritta contro la Violazione delle norme di diritto internazionale attuata dal Comando tedesco nel dichiarare la prigionia della 9ª Armata, viene pure dato l'ordine: "Movimento verso nord-est".
12, l'ordine viene consegnato brevi manu personalmente ai comandanti del IV, XXV C.d'A., del settore Scutari-Kossovo, e al capo di S.M. del XIV C.d'A. (Montenegro);
intanto viene inviata a Belgrado una seconda protesta scritta, inutile come la prima (ma che mette in evidenza almeno il punto di vista del gen. L. Dalmazzo, contro la violazione delle norme di diritto internazionale.
[Le terribili sanzioni penali previste in caso di inadempienza (ad esempio:
«per ogni automezzo reso inutilizzabile saranno fucilati un ufficiale e dieci uomini» (e così di seguito), non saranno mai applicate.]
Arriva intanto dal Cairo il magg. Seymour il quale comunica all'Ufficio informazioni italiano che: «Non una nave, non un aereo, non un uomo degli alleati sarà impiegato in Albania».

14, poco prima della partenza, le postazioni della guarnigione di Grahot (Gjirokastër) vengono attaccate dai nazionalisti albanesi. La reazione degli italiani è durissima; i nazionalisti lasciano sul campo decine di morti, compreso il capo, Hysni Lepenica;

un altro agguato è riservato a due battaglioni della div.ne Perugia, di stanza a Këlcyra e a Përmet, ad opera dei nazionalisti di Ali bej Këlcyra, nello spostamento verso Tepelenë (già nelle mani dei tedeschi). La perdita è di 50 uomini circa. Chi si salva rimane prigioniero dei tedeschi e viene inviato a Drashovicë in un campo provvisorio di concentramento dove già si trovano i militari della div.ne Parma di stanza a Vlorë.
Un altro campo si trova a Mavrovë.
Entrambi i campi vengono ripetutamente attaccati dai partigiani, e gli italiani liberati possono proseguire tra mille peripezie la marcia verso Saranda.
Nel frattempo arriva l’ordine dall’Italia di difendere Saranda dall’occupazione tedesca, in vista dell’arrivo dall’Italia delle navi che avrebbero portato via la truppa.
Le navi arrivano ma non riescono a portare via tutta la truppa.

16, gli attacchi dei partigiani albanesi contro le truppe italiane (dal 9 al 16) è dimostrato da vari fatti tra cui i più gravi:
- massacro dell'intero Comando della div.ne Perugia [vedi sotto];
- massacro di un centinaio di soldati italiani che, disarmati dai tedeschi, erano stati rinchiusi in un piccolo campo di concentramento presso Drakovica;
- incendio ed esplosione della polveriera italiana di Pzaros con conseguente fine dei militari di quel Presidio;
- uccisione del cap. A. Pirzio Biroli e del ten.col. Goltre passati ai partigiani presso Tirana il 14 settembre;
ecc. ;
17, un manifestino tedesco diffuso tra le truppe italiane così si esprime «… i vostri Comandanti responsabili con a capo il comandante della 9ª Armata non hanno ubbidito agli ordini di Badoglio…»;
sentendosi insultato all'estremo, il gen. L. Dalmazzo comunica al Comando tedesco di cessare da ogni attività e di lasciare il Comando; un tentativo del gen. Paul Bader per staccare la propria responsabilità da quella degli autori del manifestino incriminato e per indurre il comandante l'Armata a rimanere ottiene dal gen. L. Dalmazzo un netto e irrevocabile rifiuto;
19, dopo essergli stato imposto il fermo nella sua abitazione dal Comando tedesco, il gen. L. Dalmazzo viene allontanato in aereo dall'Albania;
lo stesso giorno viene emesso un decreto dal governo provvisorio albanese in base al quale si salvano dalla deportazione solamente i soldati italiani di origine albanese e i tecnici e operai specializzati i quali però devono munirsi del titolo di soggiorno rilasciato dalle autorità albanesi;
il col. Giulio Gamucci è il comandante della Legione Carabinieri di Tirana; presumibilmente lo stesso giorno la colonna sotto il suo comando, che include carabinieri e anche soldati di altre formazioni, lascia Tirana sotto scorta tedesca e marcia verso Elbasan passando attraverso il Passo Krrabbes (Qafa e Krrabes in lingua albanese): gli ufficiali, che viaggiano su veicoli motorizzati, attendono a Elbasan il resto degli uomini che procede a piedi. Elbasan è diventata il punto di raccolta delle truppe italiane dirette verso Bitola, attraverso la strada che seguendo il decorso del fiume Shkumbini passa da Librazhd, Qukes e Struga;
22-24, la maggior parte dei soldati italiani che qui si sono uniti ai partigiani comunisti, sostiene a Kruja, presso le bande di Axhi Lleski (ufficiale dello S.M. partigiano, futuro presidente dell’Albania) e di Abaz Kupi, l'attacco delle colonne tedesche inviate a catturarli; mentre gli italiani combattono, nelle vicinanze gli albanesi uccidono 27 operai di una fabbrica italiana.
24, riunitasi, la colonna del col. Giulio Gamucci parte da Elbasan ma viene bloccata dai partigiani che hanno fatto rotolare sulla strada, dopo il bivio di Qukes, alcuni massi: le truppe italiane, benché dotate di armi leggere, non oppongono resistenza. Gli automezzi vengono incanalati per una ripida strada laterale che conDuce a una cava di pietra e lì abbandonati, quindi il comando della colonna viene assunto da Kadri Hoxha;
[La banda di partigiani (çeta) che ha catturato la "colonna Gamucci" composta da 110 carabinieri con 10 ufficiali e il XXVI Battaglione delle Camicie Nere (circa 450 uomini), è comandata da Kadri Hoxha – nessuna parentela con Enver Hoxha – leader dell'LNC (Lëvizja Nacional Çlirimtare = Movimento di Liberazione Nazionale) nel Distretto di Elbasan. Per evitare incontri con colonne tedesche Kadri Hoxha ordina il trasferimento di tutti i prigionieri (circa 600 uomini) attraverso le montagne del Shebenikut, fino a raggiungere la base della resistenza sita sull'altopiano di Çermenikë, in prossimità di Orenjë.]
la marcia riprende per un sentiero che lascia a destra Pishkash e prosegue fino a Skorska, un piccolo paese di montagna;
25, a Skorska gli italiani possono riposare;
26, ha inizio una dura marcia in territorio montuoso attraverso il Perroi Bishtric, salendo la sommità del Guri Stafes, guadando il torrente Zalli Qarishtes, attraversando la strada Librazhd-Dibra a nord di Fushe Studen;
lo stesso giorno, al porto di Saranda, in attesa delle altre navi che non arriveranno mai, viene respinto il tentativo dei tedeschi di occupare il porto. [L’occupazione di Corfù (24 settembre) da parte dei tedeschi, ha compromesso l’arrivo delle navi italiane giacché l’isola si trova di fronte al porto di Saranda.]
Si decide allora lo spostamento verso nord, a Porto Palermo (Vlorë) e nell’attraversamento, il gen. E. Chiminello, sotto la pressione dei partigiani, ordina la consegna delle armi. Si evita così di ingaggiare un’altra battaglia, poiché si è quasi certi della partenza verso l’Italia.
Una parte della truppa ha deciso di rimanere a Saranda, per difendere la città assieme ai partigiani.
Le navi non arrivano neanche a Porto Palermo, e così la sorte dei militari italiani è segnata. Si trovano in una zona di accesi combattimenti tra partigiani e tedeschi, disarmati e senza viveri. Chi non riesce a spingersi molto in alto, verso i monti, cade nelle mani dei tedeschi. Il comando tedesco decide la fucilazione degli ufficiali.

28, frazionate quindi le forze e stretto ad Arbana (un piccolo paesino nei pressi di Tirana) dal gen. A. Azzi (comandante della div.ne Firenze di stanza a Dibër) un nuovo accordo coi comunisti Spiro Moisi e Enver Hoxha, gli italiani vengono divisi in sei battaglioni presso cinque comandi albanesi dando vita al “Comando truppe della montagna”: restano con essi anche qualche batteria e alcuni plotoni di mortai della Div. Firenze.
Ciò nonostante i partigiani albanesi continuano ad assassinare soldati italiani sia dove li trovano isolati sia dove in colonna.

- nella valle della Vojussa rimangono quasi completamente distrutti dai partigiani schipetari due battaglioni del 130° fanteria;
- alcuni reparti di sbandati comunisti del 226° e del 127° fanteria con due batterie della div.ne Firenze si salvano nella zona meridionale del paese e costituiscono l'unità partigiana Antonio Gramsci o "battaglione Gramsci" (che può conservare la sua formazione originaria); sempre in prima linea, è il più sacrificato, il più glorioso; decimato e ricostruito infligge gravi perdite ai tedeschi e ne subisce altrettante. Tra i suoi caduti, c'è lo stesso comandante, il sergente Terzilio Cardinali, comandante del battaglione; il battaglione rientrerà in Italia armato e in uniforme.]

Le unità dipendenti dal gen. A. Azzi sono invece a poco a poco dissolte e i sopravvissuti si aggregano ai gruppi isolati degli albanesi.
Altri, spintisi ancor di più verso oriente, in case di pastori e di contadini, finiscono col diventarne "schiavi".

Saranno diverse le unità che entreranno a far parte nelle formazioni partigiane per loro iniziativa. Tuttavia, c’è qualche episodio in cui i militari italiani sono obbligati, soprattutto quando si tratta di artiglieri, giacché i partigiani non sono in grado di maneggiare l’artiglieria. Una sorte simile tocca a qualche militare del reparto di artiglieria pesante della div.ne Ferrara, rimasta in Albania al comando del ten.col. Costadura.

 

_______________

Non arrivano più ordini, gli ufficiali non sanno quali decisioni prendere. Alla cessazione delle ostilità i militari Italiani in
Albania sono circa sessantamila, notevolmente superiori in numero alle truppe tedesche.
Purtroppo, trascorso un breve periodo d’incertezza ed approfittando del disorientamento del nostro
esercito, i Tedeschi disarmano tutti i soldati italiani. La maggioranza di essi si rifiuta di collaborare e sono fatti prigionieri. Circa un migliaio raggiungono i partigiani albanesi e
combattono con loro riuniti nella "brigata Gramsci".
Gli ufficiali di alcuni reparti che si sono ribellati vengono fucilati.

In pochi giorni, tutta l’Albania passa sotto il comando dei vari reparti tedeschi. Il giacimento petrolifero di Devoli [A.I.P.A-A.G.I.P.] diventa per loro l’unica fonte di rifornimento carburanti: molti dei prigionieri italiani sono costretti a scavare grandi gallerie sotto le colline per installare nuove raffinerie al riparo dai bombardamenti. Gli scarti di raffinazione che non possono essere utilizzati in loco, li scaricano in un’enorme e profonda buca, scavata nella campagna.

È creata una nuova società, (Albania Oil Company con direzione austriaca). Gruppi di soldati specializzati hanno il compito di controllare i vari reparti del cantiere. Tutti gli operai militarizzati
prima dell'armistizio sono raggruppati dai Tedeschi in un reparto denominato “Quinta Compagnia”.
[Arnaldo Canciani, Crema 19 novembre 2001 – http://www.pionierieni.it/]


Giovanni Villari, Repressione e resistenze in Albania (in Qualestoria 2, 2015)


1943
Settembre
REGNO di GRECIA
(1935 - 1947)
Giorgio II
Albero genealogico
(Tatoi, Atene 1890 - Atene 1947)
primogenito di Costantino I re di Grecia e di Sofia di Hohenzollern;
1922-24, 1935-47, re di Grecia;


dall'Aprile 1941 il re ha lasciato ancora la Grecia ed è riparato dapprima a Creta e poi al Cairo e a Londra, dove ha formato un governo in esilio;


Dittatura militare
[filofascista]
-

1943
Settembre

all'interno del paese la resistenza antifascista si sta organizzando intorno all'ELAS (Esercito di liberazione nazionale) a maggioranza comunista, cui i filomonarchici contrappongono la formazione minore dell'EAM;

8
, il XXVI C.d'A. nell'Epiro e la div.ne Piemonte nel Peloponneso gettano le armi mettendosi subito nelle mani dei tedeschi;
quando il gen. Gyldenfeldt chiede alle Div.ni italiane la consegna delle artiglierie pesanti, si deve constatare che sono già di proprietà tedesca e quindi basta solo restituirle!
10, la div.ne Pinerolo (gen. Infante), la cui metà è ancora in piedi a nord, nella Tessaglia, dopo l'aggiunta del reggimento lancieri Aosta e altri gruppi minori, si scontra a Larissa con i tedeschi ritirandosi poi sulle montagne a Trikkala;
lo stesso giorno il gen. Infante stringe un patto di collaborazione con il col. inglese Chriss e coi gen.li greci Sorogiu e Raptopulos degli "andartes" [i partigiani dell'ELAS] che però accettano soltanto la metà dei soldati portati dal comandante italiano; i rimanenti finiscono nei campi di concentramento greci;
[Un esempio è il campo di Karpenision, detto "della fame", comandato dal magg. Labus.]
11, senza i mezzi navali il gen. Vecchiarelli, comandante dell'ex armata italo-tedesca, non può nemmeno portare in Italia le sue truppe; inutili i tentati accordi con il gen. Gyldenfeldt e poi con il gen. Lanz; dell'armata non resta peraltro più nulla…
. div.ne Casale: sparita senza lasciar traccia nella cronaca;
. div.ne Forlì : idem c.s.;
. div.ne Pinerolo (gen. Infante) [v.s.].
Si conclude così l'impresa italiana in Grecia.

ISOLE GRECHE

CRETA

tra i circa 23.000 soldati italiani e i 50.000 soldati tedeschi l'accordo è rapido; per quanto riguarda i primi infatti, si tratta di militari assenti dall'Italia chi tre e chi cinque anni, perché provenienti dall'Albania o dall'Egeo, rimasti ora senza alcun collegamento col mondo! A loro i comandi tedeschi offrono il ritorno in Italia.

CORFU'

qui, dove lo spirito delle truppe è alto, prevale la resistenza ad ogni costo (anche perché ordinato da Brindisi) e il col. Lusignani la organizza valorosamente;
arrivano da Brindisi anche due C.T., lo Stocco e il Sirtori, ma subito sono il primo affondato e l'altro paralizzato dall'aviazione tedesca;
i soccorsi promessi da un ufficiale inglese purtroppo non arrivano anche se sarebbe facile per gli anglo-americani bombardare i porti di Igominiza e di Prevesa dove si sta preparando l'attacco all'isola;
l'impresa si fa dunque disperata e inutile;
gli italiani infatti, vogliono far partecipi all'impresa anche i partigiani di Papas Spiru (finora perseguitati da loro stessi) e le conseguenze non si fanno attendere: l'isola viene bombardata e la città ridotta un campo di macerie e quasi tutta incendiata;
[In effetti i tedeschi, dopo inutili negoziati, inviano un colonnello italiano affinché traduca direttamente l'ordine della 11ª Armata, che accetta il disarmo, ma il messo, consegnando la lettera, dice sottovoce al gen. Lusignano che il generale ha dovuto inviargliela sotto minaccia di morte; lo consiglia quindi di resistere… si tratta poi solo di un'isola!?]
15-16, a nulla servono gli interventi del mar.llo P. Badoglio; non viene proprio ascoltato;
24, i tedeschi iniziano lo sbarco travolgendo subito alcuni caposaldi;
25, cadono quelli di Coriza e di Stavro, poi tutti gli altri;
il col. Lusignano e il suo aiutante maggiore cap. Ferrera sono fucilati.
[D. D'Agata, Diario della Resistenza italiana a Corfù (8-26 settembre 1943), in Rivista Militare, Roma, ottobre 1945.]

CEFALONIA

Settembre
9
, nell'isola, dove il morale delle truppe italiane è ancora alto, ci sono circa 12.000 uomini (div.ne Acqui, al comando del gen. Antonio Gandin) e circa 1800 militari tedeschi (1 battaglione con alcune batterie, al comando del col. Barge) chiamati e ottenuti questi ultimi proprio dal generale italiano per rinforzare l'isola;
10, arriva anche al gen. Antonio Gandin l'ordine (ritenuto apocrifo) della 11ª Armata che ha accettato di consegnare le armi ai tedeschi;
quando il col. Barge chiede il disarmo completo, il gen. Antonio Gandin cerca di guadagnare tempo;
11, il gen. Antonio Gandin riceve dal col. Barge l'invito categorico a scegliere fra schierarsi a fianco o contro i tedeschi o cedere le armi.
[Tra i suoi ufficiali: il col. Siervo del 3° battaglione, il cap. di artiglieria Renzo Apollonio, il cap. Pampaloni, il ten. Ambrosini,…]
il movimento di rivolta parte dalle batterie del 33° Rgt artiglieria (col. Romagnoli - il cap. Renzo Apollonio comanda la terza batteria ) e dalla Marina; aderisce qualche ufficiale superiore e il colonnello del reggimento pensa come i suoi ufficiali, ma la massima parte degli attivisti sono capitani e tenenti tra i quali, più vicini al cap. Renzo Apollonio sono il cap. Pampaloni e il ten. Ambrosini;
le trattative con i tedeschi continuano ancora per poco;
il gen. dà disposizioni per preparare la cessione delle armi e per radunare le truppe nell'interno dell'isola; alcuni reparti si rifiutano di eseguire gli ordini; al col. Romagnoli che consiglia di obbedire (sono soldati) il cap. Renzo Apollonio risponde che è impossibile: egli e i suoi sono convinti che dopo la cattura delle due batterie di Lixuri, il gen. Antonio Gandin attaccherà senz'altro i tedeschi; il col. Romagnoli conDuce allora il cap. Renzo Apollonio e i suoi collaboratori dal gen. Antonio Gandin, ne nasce una discussione; fuori è un tumulto;
un carabiniere getta una bomba contro la vettura del gen. Antonio Gandin; gli artiglieri, credendo che i loro ufficiali siano stati arrestati puntano i cannoni contro il Comando e vogliono arrestare il gen. Antonio Gandin; ufficiali e truppa, sempre aizzati dai greci, gridano per le strade che il comandante la div.ne Acqui è un traditore;
12/13, tutta la notte il cap. Renzo Apollonio e i suoi collaboratori trattano con gli altri artiglieri e la fanteria;
13, avvistati due zatteroni tedeschi che portano armi e soldati ad Argostopoli, le batterie del 33°, su comando del cap. Renzo Apollonio, aprono il fuoco; quelle della Marina come d'accordo le seguono e i tedeschi rispondono ma perdono due natanti; invitato dal gen. Antonio Gandin a smettere, il cap. Renzo Apollonio dice che prima lo devono fare i tedeschi; il ten. Ambrosini a sua volta interpellato risponde al generale che egli esegue soltanto gli ordini del suo capitano.
Mentre la rivolta giunge al massimo della crisi, la fanteria non segue il movimento.
Quando il gen. Antonio Gandin annuncia che i tedeschi intendono trattare su altre basi, le batterie cessano il duello. Il cap. Renzo Apollonio però non sta fermo e con pochi uomini attacca un Comando tedesco, occupandolo;
intanto assieme all'ufficiale tedesco è venuto anche un rappresentante del Comando dell'11ª Armata il quale raccomanda di non resistere che sarebbe una pazzia; un radiogramma captato dal Comando Supremo ordina però la resistenza;
14, al mattino, mentre le condizioni sono ancora incerte e la rivolta continua, un sottotenente dei carabinieri con venti uomini vuole arrestare il gen. Antonio Gandin e un gruppo di soldati tenta di uccidere il col. Ricci che viene salvato da un cappellano; ma si viene a sapere che il Comando ha consegnato ai tedeschi la risposta che la div.ne Acqui cederà le armi e che il comando tedesco, sulla base di questa decisione, è pregato di presentare una risposta definitiva entro le ore 09:00 del giorno successivo;
all'intimazione tedesca il gen. Antonio Gandin, dopo aver sentito il parere dei comandanti di corpo e pure dei cappellani militari, risponde che la div.ne non cede le armi ma neppure prenderà alcuna iniziativa;
15, i tedeschi chiedono una dilazione e l'ottengono ma non si fanno più vedere;
nel pomeriggio iniziano un terribile bombardamento con gli stukas e così inizia la battaglia nella quale tutto andrà come deve andare un'azione nella quale gli inferiori hanno comandato e i superiori obbedito;
nella prima giornata è facile eliminare i pochi tedeschi che stanno nella penisola di Argostoli, benché oppongano resistenza e ci sia bisogno di duri scontri; ma l'assoluto e incontrastato dominio dell'aria e l'incessante attività delle squadriglie di bombardieri che vengono dai vicini campi di Prevesa, di Agrinon e di Patrasso, decidono la sorte dell'intera div.ne Acqui;
[Non si sa (essendo anche il più alto in grado dei soldati tedeschi un maggiore) se sono stati due o cinque i battaglioni venuti in aiuto dei tedeschi, altri diranno non più d'uno; rappresentano comunque quell'afflusso dal continente previsto del gen. Antonio Gandin;
16, Argostoli viene completamente distrutta;
17, i bombardamenti si fanno più intensi; il gen. Antonio Gandin chiede aiuto a Brindisi; il Comando Supremo non vuole o non sa Violare i divieti alleati e non lo tenta nemmeno; radiotelegrafa elogi;
nella Marina invece qualche tentativo viene fatto; l'amm. Galati, impressionato dai disperati appelli, propone al ministro amm. R. De Courten di agire senza dire nulla agli inglesi, che condurrà egli stesso una nave a Cefalonia; il ministro si dichiara d'accordo e l'amm. Galati riempie la torpediniera Clio di viveri, di medicinali e di munizioni, ne assume il comando e parte; poco dopo però un radiogramma gli ingiunge di ritornare immediatamente alla base; il gen. inglese Frank Mason Mac Farlane ha imposto quest'ordine e il ministro ha ceduto.
Il gen. Antonio Gandin per tenere alto il morale dei soldati dice loro che Odessa e Kiew sono cadute in mano ai russi e che l'aviazione inglese ha distrutto gli aerodromi in Grecia, quindi, di tenere duro in attesa degli immancabili rinforzi e che la vittoria non mancherà;
18, le truppe del 317° Rgt sono portate all'attacco di Kandakata, la chiave strategica dell'isola, imprudentemente sguarnita solo una settimana prima; i soldati italiani sono sgominati dagli stukas;
21, rinnovato lo stesso attacco, viene annullato dal sucsessivo contrattacco dei tedeschi che, sbarcati i rinforzi, prendono le unità italiane alle spalle; alcuni dei reparti del 3° battaglione del 317° Rgt danno prova di altrettanto coraggio ma sono schiacciati dall'inesorabile aviazione tedesca e alzano bandera bianca;
gli altri battaglioni del 317°, premuti sui fianchi e dietro, gettano le armi dandosi alla fuga; il gen. Antonio Gandin si salva a stento; vengono quindi poste subito misure dal gen. Gherzi per una disperata difesa schierando i battaglioni del 17°, già provati, su una linea dal Faraklata al mare;
22, anche questa linea, specie per una vasta marcia di aggiramento attuata dai tedeschi, dopo breve resistenza viene rovesciata quindi abbandonata;dopo che su 11.000 combattenti italiani si contano ca 2000 morti, compresi 78 ufficiali, il gen. Antonio Gandin chiede allora la resa che viene concessa senza condizioni.
La rappresaglia tedesca è micidiale: il magg. Hirschfeld, comandante delle truppe tedesche (un maggiore contro due generali!), ordina di trucidare quanti si sono arresi o sono stati altrimenti catturati; i tedeschi si accaniscono sui superstiti, abbandonandosi a una vera e propria caccia all'uomo: circa 600 vengono massacrati a Troianato e circa 300 a Frangata; altri ancora, a centinaia e centinaia, a Dilinata, a Procopato, a Lakitra;
23-24, in un posto detto della "casa rossa" circa 200 ufficiali vengono uccisi; 170 hanno la stessa sorte presso S. Teodoro.
Ad un certo momento, alla "casa rossa" essendo stati finalmente ascoltati il Console (intervenuto presso il maggiore tedesco) e il cappellano (supplicante gli esecutori), la strage viene sospesa.
I tedeschi hanno fucilato circa cinquemila uomini csi gli ufficiali (se ne salvano 37 su 400 tra cui i gen.li Antonio Gandin e Ghersi).
Della div.ne Acqui restano ancora dai 6 ai 7000 uomini; quando li trasportano sul continente, due navi saltano sulle mine facendone affogare oltre settecento.

[D.D. Eisenhoover, Crociata in Europa, Mondadori, Milano 1949.
G. Moscardelli, Cefalonia, Ufficio Storico dello S.M. dell'Esercito, Poligrafico dello Stato, Roma 1945.]

Rodi, di fronte alla div.ne Regina, alla legione ex Camicie Nere dell'Egeo e ad altre truppe, per un totale di ca 35.000 uomini dispersi un po' per tutta l'isola, stanno circa 6.000 tedeschi della div.ne motorizzata Rhodos che hanno preso però una posizione strategica superiore proprio al centro dell'isola;
9, dopo le solite intimazioni al disarmo e i consecutivi rifiuti, la div.ne Rhodos, accompagnata nelle sue operazioni dagli aerei, attacca tutti i settori italiani meno quello della città;
10, mentre i settori italiani cadono uno dopo l'altro (135 morti italiani) e l'attacco tedesco si estende su Rodi, l'amm. Campioni, governatore dell'Egeo, sospende le ostilità;
11, l'amm. Campioni, si incontra con il gen. Kleeman e accetta le condizioni offertegli:
- l'ammiraglio rimane come governatore civile dell'isola;
- i soldati, disarmati, sono trattenuti nell'isola,
- gli ufficiali, armati, hanno facoltà di circolarvi liberamente.
Con Rodi, su ordine dell'amm. Campioni, si arrende Scarpanto, invece Coo, Lero [cadrà a novembre» e altre isole minori si preparano a sostenere l'atteso attacco tedesco.
[Un telegramma dell'International Information Bureau di Berlino, in data 11 settembre, afferma che in Italia e nei Balcani sono passati con armi e bagagli dalla parte dei tedeschi, entrando nella Wehrmacht, complessivamente da 25 a 30 battaglioni italiani, comprendenti paracadutisti, controaerea e formazioni motorizzate.
Non ci sono comunque documenti per appurare questa cifra.]
[L'amm. Campioni sarà fucilato dal governo fascista di Salò.]



1943
Settembre
REPUBBLICA di TURCHIA
(novembre 1923)
[dal 1925 la shari'a (vecchia legge religiosa islamica) è stata sostituita dai moderni codici, modellati su quelli europei.]
Presidente
della Repubblica
Ismet Inönü
(1938 - 1950)
Primo ministro
?
(1938 - ?)
-
Partito repubblicano del popolo
[partito unico]
1943
Settembre

seconda guerra mondiale (1939-45): la Turchia sposta un po' per volta le proprie simpatie verso gli alleati;




1943
Settembre
U.R.S.S.

(Unione delle repubbliche sovietiche: Russia, Ucraina, Bielorussia e Transcaucasia)
Segretario generale del PCUS
Stalin
(1922 apr - 1953)

[Il PCUS (Partito comunista dell'Unione Sovietica), partito unico, ha un ruolo dirigente.] - dal 21 giugno 1941 è sotto l'attacco tedesco - Solo nel giugno 1941, dopo l'attacco di A. Hitler all'Unione sovietica, è iniziato il dialogo tra Chiesa ortodossa e Stato.

Stalin premia la Chiesa ortodossa per l'aiuto prestato sciogliendo la "Lega dei senza Dio" e mettendo fine ad ogni propaganda ostile alla religione; il metropolita Sergej organizza anche una colletta a favore dell'Armata Rossa e trasmette al governo la notevole somma raccolta come contributo della Chiesa; inizia così il dialogo tra Chiesa e Stato.

NKVD
(Narodnyi Komissariat Vnutrennic Del)
[Commissariato del popolo per gli affari interni]
Presidente
L.P. Berija
(1938 dic - gen 1946)
vice-presidente
Mekhlis
(1938 dic - gen 1946)
[Dal 3 febbraio 1941, l'NKVD (ex polizia politica sovietica), è stato sdoppiato e al suo fianco opera ora l'NKGB»
NKGB
(Narodnyi Komissariat Gosudarstvennoi Bezopasnosti)
[Commissariato del popolo per la sicurezza dello stato]
Commissario politico
V.N. Merkulov
(1941 feb - ?)
[con funzioni specifiche di polizia politica]
RUSSIA
(Repubblica Socialista Federativa Sovietica)
(capitale: Mosca)
1943
Settembre
4
, Stalin riceve i metropoliti russi Sergej (metropolita di Novgorod), Alessio (metropolita di Leningrado) e Nicola;
in seguito a questo incontro viene permessa l'elezione di Sergej a patriarca, carica vacante dal 1925;
12, il sobor (18 prelati) della Chiesa ortodossa russa elegge patriarca all'unanimità il 76enne metropolita Sergej che si insedia nella sua carica a Mosca;
14, il governo sovietico crea un "Consiglio per gli Affari della Chiesa ortodossa russa" mettendolo alle dipendenze del "Consiglio dei Commissari del popolo dell'URSS".
Tale Consiglio ha ufficialmentne lo scopo di incaricarsi delle relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e il govenro sovietico, ma, in realtà, è, e sarà, un organo governativo di controllo preposto all'attività della Chiesa stessa.
Significativa è anche la nomina dell'uomo scelto a presiederlo: Gueorgui G. Karpov, ex funzionario della polizia segreta, specializzato nello studio della teologia e del rito ortodosso, ma anche grande esperto di attività antireligiose.
[Gueorgui G. Karpov sarà il presidente del "Consiglio per gli Affari della Chiesa ortodossa" ancora nel 1960.]

Repubblica della Ceceno-Inguscezia
(repubblica autonoma all'interno della Repubblica Russa)
1943
Settembre
-

BIELORUSSIA
(Repubblica Socialista Federativa Sovietica)
(Beloruskaja SSR - capitale: Minsk)

presidente della repubblica

-

1943
Settembre
-

UCRAINA
(Repubblica Socialista Federativa Sovietica)
(capitale: Kijev)

presidente della repubblica

-

1943
Settembre
-

TRANSCAUCASIA
(Repubblica Socialista Federativa Sovietica)
Azerbaigian
(Repubblica federativa - capitale: Baku)

presidente della repubblica

-

1943
Settembre
-

- Nagorno-Karabah (provincia autonoma)

- Nahicevan (repubblica autonoma)

Repubblica Socialista Georgiana
(Repubblica federativa - capitale: Tbilisi)

presidente della repubblica

Noé Jordania
(1918 - ?)
1943
Settembre
-

- Adzaristan (repubblica autonoma)

- Abhasia (repubblica autonoma)

- Ossezia Meridionale (provincia autonoma)

Repubblica autonoma di Armenia
(Repubblica socialista - capitale: Jerevan)

presidente della repubblica

-

1943
Settembre
-



1943
Settembre
REPUBBLICA POPOLARE d'UNGHERIA
(dal 16 novembre 1918)

Dopo il "patto di Monaco l'Ungheria ha ottenuto i distretti meridionali della Slovacchia e della Rutenia.
Dal 1938 ha sempre più peso il partito di estrema destra delle "croci frecciate" diretto da F. Szálasi che ha rivendicato le frontiere storiche anteriori al 1918 ed è vicino alla Germania hitleriana.
Il paese è retto da governi più o meno apertamente reazionari.

Reggente

Miklós Horthy von Nagybánya
(1920 mar - ott 1944)
[dal 1937 ha istituito di fatto una autocrazia conservatrice.]

Primo ministro

Miklos Kallay
(1942 mar - mar 1944)

Ministro degli Esteri

Miklos Kallay
(1942 mar - mar 1944)

1943
Settembre

seconda guerra mondiale (1941-45): alleata con le potenze dell'Asse, è entrata nel conflitto.
-



1943
Settembre
REGNO di ROMANIA
Michele I
Albero genealogico
(Sinaia, Valacchia 1921 - ?)
figlio del principe ereditario Carlo e di Elena di Grecia;
1927-30, re di Romania;
dal 1930 è ridiventato principe ereditario;
1940-47, re di Romania;


Conducator
Jon Antonescu
(1940 4 set - 23 ago 1944)

1943
Settembre
seconda guerra mondiale (1939-45):



1943
Settembre
REGNO di BULGARIA
Simeon II
Albero genealogico
(16.06.1937 - ?)
secondogenito di Boris III di Sassonia-Coburgo-Saalfeld-Koháry e di Giovanna di Savoia (1907-2000);
1943-45, zar dei bulgari;
[sotto un consiglio di reggenti]
Primo ministro
Bogdan Filov
(? - ?)

1943
Settembre
seconda guerra mondiale (1939-45):





 

1943
Settembre
STATO FRANCESE
-
[detto]
Regime di Vichy

(dal 10 Luglio 1940)
[nella zona della Francia non occupata]
Capo di Stato

mar.llo Ph. Pétain
(1940 11 lug - 19 ago 1944)

[Legge costituzionale del 1940]
Presidente del Senato
Jules Jeanneney
(1932 3 giu - 10 lug 1942)
Presidente della Camera
Presidente dell'Assemblea nazionale
(Senato+Camera)
Capo del Governo
P. Laval
V
(1942 18 apr - 19 ago 1944)
Interni
Affari Esteri
Informazione
segretario generale
per gli Affari di polizia
[Ministero dell'Interno]
René Bousquet
(1942 mag - 31 dic 1943)
Colonie
Jules Brévié
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Guerra
Eugène Bridoux
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Marina
Gabriel Auphan
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Aviazione
Jean-François Jannekeyn
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Finanze ed Economia nazionale
Pierre Cathala
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Agricoltura
Jacques Le Roy Ladurie
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Produzione industriale
Jean Bichelonne
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Approvigionamento
Max Bonnafous
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Lavoro
Hubert Lagardelle
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Educazione nazionale
Abel Bonnard
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Giustizia
Maurice Gabolde
(1943 26 mar - 20 ago 1944)
Famiglia e Sanità
Raymond Grasset
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Comunicazioni
Robert Gibrat
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
Ministro di Stato
Lucien Romier
(1942 18 apr - 20 ago 1944)
 

Zone d'occupazione:

Inizialmente il paese era diviso in quattro zone:
1 - zona occupata,
2 - zona libera (separata da una linea di demarcazione),
3 - Alsace-Moselle annessa dal Reich,
4 - due dipartimenti del Nord, sotto l'amministrazione militare tedesca di Bruxelles;

la zona occupata tedesca si estende:
- alla zona iniziale (detta "Zona nord") si aggiunge la maggior parte della zona libera (detta "Zona sud" a partire dal nov 1942);
simultaneamente l'Italia occupa la maggior parte dei territori ad est del Reno e la Corsica;

 

1943
Settembre
-

lo stesso mese, a Instanbul, Gaston Bergery, ambasciatore francese in Turchia, dice all'ambasciatore tedesco Franz von Papen che la posizione del mar.llo Ph. Pétain si sta rafforzando;

 

FRANCIA LIBERA
[Comitato Nazionale Francese]
Commissario
André Philip
(1942 28 lug - 9 nov 1943)
Ministro degli Esteri
René Massigli
(1943 5 feb - 10 set 1944)
Commissario alle Finanze, Comitato Francese di Liberazione Nazionale
Maurice Couve de Murville
(1943 7 giu - 9 nov 1943)
Commissario alla Giustizia
[a Londra]
Jules Abadie
(1943 7 giu - 4 set)
François de Menthon
(4 set - 20 ago 1944)

1943
Settembre
3
, Algeri, il CFLN (Comité français de libération nationale) emana un decreto che dichiara traditori i ministri di VichY, promette processi dopo la Liberazioone e ordina a tutti i dipendenti pubblici di non obbedire agli ordini ricevuti;
[Il primo ad essere processato in base a questo decreto sarà Pierre Pucheu, poi fucilato il 20 marzo 1944.]

 

Fonti:
. Francois-Georges Dreyfus, Histoire de Vichy (Paris 1990, Perrin);
. R.O. Paxton, Vichy (Milano 1999, Il Saggiatore);



1943
Settembre
REGNO dei PAESI BASSI

Guglielmina

Albero genealogico

(l'Aia 1880 - castello di Het Loo, presso Apeldoorn 1962)
figlia di Guglielmo III re d'Olanda e della sua seconda moglie Emma di Waldeck-Pyrmont;
1890-1948, regina dei Paesi Bassi;
[dal maggio 1940 il paese è occupato dai tedeschi, e la regina e i suoi ministri si sono trasferiti in Inghilterra.
Con la conquista dell'Indonesia da parte dei giapponesi l'impero coliniale è stato annientato.]

Gauleiter
A.A. Mussert
(1942 - 1945)

1943
Settembre
II guerra mondiale:



1943
Settembre
REGNO del BELGIO

Leopoldo III

Albero genealogico

(1901 - ?)
figlio di Alberto I e di Elisabetta di Baviera;
1934-51, re dei belgi;
[dal maggio 1940 il paese è occupato dai tedeschi e il re è deportato in Germania; dal novembre 1941 l'unità paramilitare di L. Degrelle, "Legion Wallonie" che ha giurato fedeltà ad A. Hitler, svolge la sua attività contro i partigiani.]


1943
Settembre
II guerra mondiale:
-



1943
Settembre
Granducato di Lussemburgo

Charlotte di Nassau-Weilburg

Albero genealogico

(1896 - ?)
figlia di Guglielmo IV e di Maria Anna di Portogallo;
1919-64, duchessa di Nassau;
1919-64, granduchessa di Lussemburgo;
[dal maggio 1940 il paese è occupato dai tedeschi, e la sovrana e i ministri si sono rifugiati presso gli Alleati.]


1943
Settembre
II guerra mondiale:
avviato l'arruolamento dei giovani lussemburghesi nell'esercito tedesco, si sviluppa un forte movimento di resistenza;





1943
Settembre
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda
Giorgio VI
Albero genealogico

(† 5.2.1952)
secondogenito di Giorgio V e della p.ssa Vittoria Maria von Teck;
1936-52, re di Gran Bretagna e Irlanda, imperatore delle Indie;

Primo ministro,
Primo lord del Tesoro
[Prime Minister, First Lord of the Treasury]

W. Churchill
conservatore
governo di coalizione
(1940 10 mag - 26 lug 1945)

Cancelliere dello Scacchiere
[Chancellor
of the Exchequer
]

sir Kingsley Wood
(1940 12 mag - 24 set 1943)
sir John Anderson
(24 set - 26 lug 1945)
Segretari di Stato
-

Affari Esteri e Commonwealth

A.R. Eden
(1940 dic - lug 1945)
Dominions

Guerra

Produzione aeronautica
R.S. Cripps
(1942 - 1945)

Affari Interni

Informazioni
-
Lavoro
Ernest Bevin
(1940 - 1945)

Giustizia

-

Colonie

Commercio

Sanità

GRAN BRETAGNA

1943
Settembre

-

IRLANDA

Irlanda del Nord

1943
Settembre

-

Eire

1943
Settembre

, -



1943
Settembre
DANIMARCA e ISLANDA
Cristiano X
Albero genealogico

(Charlottenlund 1870 - Copenaghen 1947)
figlio di Federico VIII e di Luisa di Svezia;
1912-47, re di Danimarca;
continua a favorire l'evoluzione democratica del paese;
1919-44, re d'Islanda;
[rimane re dell'isola (fino alla proclamazione della repubblica nel 1944) anche se, staccatasi dalla Danimarca, si è costituita in stato sovrano.]

REGNO di DANIMARCA
1943
Settembre

dal 1915 il paese ha una nuova costituzione che istituisce, fra l'altro, il nuovo sistema bicamerale ed estende il diritto di voto alle donne;
REGNO d'ISLANDA
1943
Settembre

-


1943
Settembre
REGNO DI NORVEGIA
[dal 1905]
Haakon VII
Albero genealogico

principe Carlo (? - ?)
figlio di Federico VIII re di Danimarca e di Luisa di Svezia;
1905-57
, re di Norvegia;

Presidente dei ministri

V. Quisling
(1943 feb - mag 1945)

Reichskommissar

Josef Terboven
(1943 feb - mag 1945)
1943
Settembre
-


1943
Settembre
REGNO di SVEZIA
Gustavo V
Albero genealogico

(Stoccolma, castello di Drottningholm 16 giugno 1858 – Stoccolma, 29 ottobre 1950)
figlio di Oscar II e di Sofia di Nassau;
1907-50, re di Svezia;
osserva correttamente le regole del sistema parlamentare;

1943
Settembre

-


1943
Settembre
FINLANDIA
[Repubblica parlamentare]
1943
Settembre
-




1943
Settembre
REPUBLICA PORTÚGUESA
[Estado Novo]
Presidente
del consiglio
Antonio de Oliveira Salazar
(1932-68)
[unico detentore del potere reale]

unico partito legalmente funzionante: Unione nazionale

1943
Settembre
legato al regime di F. Franco Bahamonde [el Caudillo] con il cosiddetto "patto iberico", nonostante le sue simpatie per le potenze dell'asse tiene il paese fuori dalla II guerra mondiale;



1943
Settembre
SPAGNA
Presidente
del Consiglio
F. Franco Bahamonde
[el Caudillo]
(1938 30 gen - 9 giu 1973)
Ministro de la Gubernación
(ex Ordine Pubblico e Interno)
-
Ministro degli Esteri
-
(? - ?)
Ministro del Lavoro
José Antonio Giròn de Velasco
(1941 gen - gen 1957)
1943
Settembre
-
don Juan
Albero genealogico

(1913 - ?)
terzogenito di Alfonso XIII di Borbone e di Vittoria Eugenia di Battenberg;
conte di Barcellona
dal 1931 pretendente al trono di Spagna;

1943
Settembre





Regno d'Italia
Fascismo
1943
Settembre
- dal 10 Giugno 1940 l'Italia è entrata in guerra -
Vittorio Emanuele III
Albero genealogico
(Napoli 1869-Alessandria d'Egitto 1947)
figlio di Umberto I e di Margherita di Savoia;
1878-1900, principe di Piemonte;
1900-46, re d'Italia;
dal 1922, è esautorato da qualsiasi esercizio del potere dalla dittatura fascista;
1936-43, imperatore d'Etiopia;
1939-43, re d'Albania;
1940-45, II guerra mondiale;
1943
Settembre
8
, dopo l'armistizio decide, assieme a P. Badoglio, il rovesciamento di fronte; abbandona quindi Roma con il governo e si rifugia a Brindisi rifiutando il consiglio, ormai unanime, di abdicare;
Umberto di Savoia
Albero genealogico

(Racconigi 1904-Ginevra 1983)
unico figlio maschio e terzogenito di Vittorio Emanuele III e di Elena di Montenegro;
1930, sposa la principessa Maria José, figlia del re Alberto I del Belgio, dalla quale avrà quattro figli;
1936, generale di corpo d'armata;
1938, generale d'armata;
1940-45, II guerra mondiale:
all'atto di dichiarazione di guerra alla Francia (10 giugno 1940) ha assunto il comando del gruppo di armate dell'ovest;
1943
Settembre
8
, al comando dal 1942 del gruppo di armate del sud, dopo la resa dell'Italia agli alleati gli anglo-americani non gli consentono di assumere il comando del CIL (Corpo Italiano di Liberazione) che combatte contro i tedeschi;


1946, re d'Italia (Umberto II);

  Periodo costituzionale transitorio
(1943 3 ago - 1° gen 1948)
Presidente del Senato Paolo Thaon di Revel
(1943 6 ago 1943 - 20 lug 1944)
   
 
Capo del governo
primo ministro
segretario di Stato

mar.llo P. Badoglio
(1943 25 lug - 17 apr 1944)
I

Sottosegretario
alla Presidenza

Pietro Baratono
(1943 27 lug - 17 apr 1944)
[ex alto commissario fascista a Napoli]

Interno

Umberto Ricci
(1943 28 lug - 11 feb 1944)

Affari Esteri

R. Guariglia
(1943 28 lug - 11 feb 1944)
[già rappresentante dell'Italia fascista a Parigi]

Africa Italiana
gen. M. Gabba
(1943 27 lug - 24 feb 1944)
[senatore di nomina fascista]
Guerra

A. Sorice
(1943 26 lug - 11 feb 1944)
[da molti anni stretto collaboratore del Duce]

Marina

amm. R. De Courten
(1943 27 lug - 14 lug 1946)

Sottosegretari amm. Pietro Barone
(1943 16 nov - 17 apr 1944)
[del. Marina Mercantile]
Aeronautica

gen. R. Sandalli
(1943 27 lug - 18 giu 1944)
[distintosi molto nella guerra etiopica]

Produzione bellica

gen. C. Favagrossa
(1943 27 luglio - 27 gen 1944)
[capo dello stesso dicastero nell'ultimo gabinetto mussoliniano]

Scambi e valute G. Acanfora
(1943 26 lug - 24 feb 1944)
[dir.gen. Banca d'Italia]
Finanze

D. Bartolini
(1943 27 lug - 11 feb 1944)
[tipico esponente del regime fascista, porta i segni di una ferita al volto infertagli il giorno prima, 26 lug.]

Industria, Commercio e Lavoro

dr. L. Piccardi
(1943 27 lug - 16 nov 1943)
[consigliere di Stato di nomina fascista]

Agricoltura e foreste

prof. A. Brizzi
(1943 27 lug - 11 feb 1944)
[senatore di nomina fascista e capo gabinetto di Giacomo Acerbo]

Lavori Pubblici

D. Romano
(1943 27 lug - 11 feb 1944)
[capo di gabinetto del suo predecessore fascista]

Grazia e Giustizia

G. Azzariti
(1943 26 lug - 15 feb 1944)
[alto magistrato ignoto]

Cultura di massa

Carlo Galli
(1943 15 ago - 24 feb 1944)

Comunicazioni

gen. F. Amoroso
(1943 27 lug - 11 feb 1944)

Educazione nazionale

dr. L. Severi
(1943 27 lug - 11 feb 1944)
[funzionario devoto all'ex regime o "doppiogiochista" insigne!]

 

* Dopo l'8 settembre 1943 le Forze Armate Regie cessano di esistere come forze libere nazionali essendosi arrese tutte senza condizioni per l'atto di resa firmato da P. Badoglio il 29 settembre a Malta. I ministri delle forze armate successivi - scelti dagli anglo-americani - dopo la costituzione del ministero Bonomi non giurano fedeltà al re.

I comunisti prigionieri di Ventotene (il cosiddetto "partito o governo dii Ventotene", liberati assieme agli altri dopo il 25 luglio 1943) a cui si sono aggiunti i comunisti rinchiusi nei vari penitenziari sparsi nella penisola, si sono già organizzati in scaglioni di confinati in ogni provincia italiana, composti soprattuto di elementi originari della zona. Lo scaglione è costituito da dirigenti, da quadri intermedi e da attivisti con esperienza militare, a cominciare da chi è stato in Spagna nelle Brigate internazionali. Il primo livello dovrà assumere la guida del Pci nella provincia designata. Gli altri si metteranno al lavoro con loro.
All'inizio di settembre, il Pci può contare su circa tremila militanti pronti a riprendere l'attività politica e a iniziare quella militare se le circostanze lo imporranno.
[Secondo altre fonti (Renzo De Felice) l'organizzazione clandestina del Pci dispone tra i 4 mila e i 6 mila uomini.]
In seguito, in ogni capoluogo di regione viene costituito un Triumvirato insurrezionale, incaricato di impostare e di guidare l'attività militare dei comunisti.
 

1943
Settembre
, si tiene una riunione "allargata" del Consiglio della Corona, cui partecipano:
. mar.llo P. Badoglio, capo del Governo,
. Raffaele Guariglia, ministro degli Esteri,
. gen. V. Ambrosio, capo di S.M. Generale,
. gen. G. Castellano,
. gen. M. Roatta,
. gen. G. Carboni,
. Pietro d'Acquarone, ministro della Real Casa, in rappresentanza del re Vittorio Emanuele III che, inspiegabilmente, è assente.

Nonostante le obiezioni del gen. G. Carboni, il governo italiano decide di accettare formalmente la proposta degli anglo-americani ("armistizio corto”) e telegrafa l'accettazione a Cassibile (vicino a Siracusa).

2, il gen. Aldo Castellano parte per Cassibile, via Termini Imerese, con l'interprete Franco Montanari e col magg. Luigi Marchesi ma poiché non è stato munito di poteri di firma si verifica un ritardo e la firma della resa è rinviata per il giorno successivo;

3, Cassibile (Sicilia)firma dell'armistizio.
[Short Military Armistice: già trattato a Lisbona il 19 agosto, viene ora firmato dal gen. G. Castellano; ad esso seguirà il Long Armistice - 44 articoli, firmato il 9 settembre a Malta dal mar.llo P. Badoglio.]
[G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile. Mondadori, Milano 1945.]

[Lo stesso giorno l'incaricato d'affari tedesco R. von Rahn (poi nominato ambasciatore al posto di von Mackensen, destituito) è ricevuto dal mar.llo P. Badoglio il quale gli assicura che l'Italia non capitolerà mai.
Tale assicurazione sarà ribadita qualche giorno dopo, sempre dal maresciallo, con parole categoriche, impegnando il suo onore di soldato, quando già l'atto di resa incondizionata è stato firmato.]

5, gli Alleati rimandano a Roma i due accompagnatori del gen. G. Castellano, il magg. Luigi Marchesi e il pilota Vassallo, senza comunicare la data esatta in cui dovrà essere reso noto l'armistizio stesso;
il gen. G. Castellano, tuttavia, dà loro una lettera per il gen. V. Ambrosio con l'erronea indicazione – da riferire al mar.llo P. Badoglio – che tale data sarebbe caduta tra i giorni 10 e 15 settembre, probabilmente il 12.
I due emissari italiani, inoltre, hanno con loro dei documenti dove si comunica che gli Alleati, il giorno della dichiarazione dell'armistizio, avrebbero proceduto all'attuazione di uno sbarco aeronavale di una divisione aviotrasportata, in quattro aeroporti nei pressi della Capitale (Operazione Giant 2).
Presa visione di tali documenti, il Capo di S.M. Generale gen. V. Ambrosio dirama un primo promemoria di attuazione della circolare op. 44, per mantenere il saldo possesso degli aeroporti romani di Cerveteri, Furbara, Centocelle e Guidonia.

 

6, al mattino si tiene una riunione alla quale partecipano:
. Vittorio Emanuele III,
. mar.llo P. Badoglio,
. gen. V. Ambrosio,
. ministro della Real Casa Pietro d'Acquarone;
dopo tale riunione, il gen. V. Ambrosio dirama un'ulteriore promemoria alla Marina e ai comandanti delle truppe di stanza in Grecia e in Jugoslavia, di tenersi allertati, per il ricevimento di ordini “a viva voce”;



7, massiccio bombardamento degli anglo-americani su Frascati (grazie alle "soffiate" del gen. Aldo Castellano), dove perdono la vita 6.000 civili italiani… e nessun tedesco);
Roma, dopo essere sbarcati a Gaeta, verso sera giungono a Roma, a cura del Sim (Servizio informazioni militari) della Marina, il gen. americano Maxwell Taylor (comandante) e il col. W.T. Gardiner per concordare i particolari dell' "Operazione Giant 2";
i due ufficiali americani, ambedue della div.ne paracadutisti che deve sbarcare nei dintorni della capitale, secondo la promessa del magg.gen. Walter Bedell Smith, annunciano che il lancio delle sue truppe e anche lo sbarco cosiddetto principale (il secondario è quello del giorno 3, dalla Sicilia alla Calabria, effettuato dal gen. B.L. Montgomery) da effettuarsi a Salerno avverrà la sera del giorno seguente; essi comunicano ufficialmente che, l'indomani, alle 18.30, dovrà essere resa nota l'avvenuta sottoscrizione dell'armistizio;
[In questo momento particolare, il comandante supremo gen. V. Ambrosio, rassicurato dalle precedenti informazioni, che individuano il giorno 12 quale data di comunicazione, egli si trova a Torino per motivi familiari.]
ore 23:00, i due ufficiali americani sono ricevuti dal gen. G. Carboni, il quale è preso dal panico e, contrariamente a quanto assicurato al gen. V. Ambrosio il giorno prima, sostiene con forza che lo schieramento italiano non potrà resistere più di sei ore alle truppe tedesche.
Il colloquio si trasferisce quindi nella residenza del mar.llo P. Badoglio che, data l'ora tarda, viene appositamente svegliato, e dove il comandante dei servizi segreti riesce a convincere il Capo del governo del suo punto di vista.

l'8 settembre coglie di sorpresa gli Italiani ma non i Tedeschi!!!

8 SETTEMBRE 1943
all'alba il mar.llo P. Badoglio fa telegrafare (o detta un radiogramma) al gen. D.D. Eisenhower in cui si chiede l'annullamento dell' "Operazione Giant 2" in quanto gli aeroporti di Roma sono dominati dai tedeschi e che egli comunque non sarebbe pronto prima del giorno 12;
al mattino, per tutta risposta, il gen. D.D. Eisenhower detta un radiogramma ultimativo al mar.llo P. Badoglio e richiede il ritorno dei due ufficiali americani;
inoltre, dopo aver annullato – come richiesto - l' "Operazione Giant 2", rende nota la stipula dell'armistizio tra l'Italia e le forze alleate, dalle onde di «Radio Algeri», all'ora prevista.
In mattinata il gen. V. Ambrosio rientra a Roma.


nel pomeriggio l'ambasciatore tedesco R. von Rahn presenta al re Vittorio Emanuele III le proprie credenziali; il re gli ribadisce, rassicurandolo, che l'Italia non capitolerà mai… che non ci devono essere dubbi in proposito… e l'ambasciatore telegrafa a Berlino per riferire sul colloquio;
i paracadutisti che a Tunisi stanno salendo sugli aeroplani vengono intanto fermati ma il gen. D.D. Eisenhower telegrafa inferocito la sera stessa che non può rinviare l'operazione di sbarco e che questa deve svolgersi come previsto e che il mar.llo P. Badoglio, a costo di gravissime rappresaglie, deve mantenere l'impegno di annunciare l'armistizio all'ora dovuta;

ore 18:45, si riunisce il Consiglio della Corona;

Consiglio della Corona
. Vittorio Emanuele III
Re
. Pietro d'Acquarone
Ministro della Real Casa
. gen. Puntoni
(aiutante di campo)
. mar.llo P. Badoglio
Capo del Governo
Primo Ministro
. R. Guariglia
Ministro degli Esteri
. A. Sorice
Ministro della Guerra
. gen. V. Ambrosio
capo di S.M. Generale
. amm. R. De Courten
Ministro della Marina
. gen. R. Sandalli
Ministro dell'Aeronautica
. gen. G. Carboni
-
. gen. De Stefanis
(p/gen. M. Roatta)
capo di S.M. Esercito
. magg. Luigi Marchesi
(p/gen. Aldo Castellano)
-

Qualcuno cerca di opporsi alla resa, ma viene soverchiato dalla decisione del mar.llo P. Badoglio e del re.


nonostante la contrarietà del gen. G. Carboni, i presenti decidono di accettare lo stato di fatto e il Capo del governo è incaricato di comunicare alla nazione la conclusione della resa.
Subito dopo l'accettazione, il mar.llo P. Badoglio si reca alla radio e fa incidere un disco con l'annuncio di resa.
ore 19:45, le stazioni radio dell'E.I.A.R. trasmettono per tutta la notte la capitolazione dell'Italia di fronte agli Alleati.

Nel pomeriggio, in una casa di via d'Adda, sotto la presidenza di I. Bonomi, si riuniscono:
. Mauro Scoccimarro e G. Amendola (per i comunisti),
. P. Nenni e G. Romita (per i socialisti),
. U. La Malfa e Fenoaltea (per gli "azionisti"),
. B. Ruini [Meuccio] (per la democrazia del lavoro),
. A. de Gasperi (per la Democrazia cristiana),
. A. Casati (per il liberali),
i quali, su proposta di B. Ruini [Meuccio], decidono di costituirsi in Comitato di liberazione nazionale (CLN)
[Costituito su deliberata imitazione del precedente di Algeri, è il primo dei vari organi che si costituiranno poi in tutta Italia.]

I Fronti Nazionali, le Intese Antifasciste e i Comitati delle Opposizioni che si sono venuti a creare costituendo un po' dovunque in Italia, come espressione colletttiva dei partiti democratici e antifascisti (il Fronte Nazionale di Torino, è stato uno dei primi a costituirsi, risale al 1942), si trasformano in Comitati di Liberazione Nazionale.
NeL C.L.N. centrale appare preminente la funzione politica, ed esso tende a considerarsi un vero e proprio Governo di diritto.
Tuttavia pesa suL CLN centrale la singolarità della sua composizione, per cui, oltre ad avervi posto e voto su un piede di perfetta parità con gli altri partiti, quella Democrazia del Lavoro intorno alla quale gravitano soltanto alcune clientele personali del Sud, c'è un presidente, I. Bonomi, che è tale solo in virtù della sua qualità di ex presidente del Consiglio e di autorevole esponente dell'Italia liberale prefascista.
In Toscana invece, e nell'Italia del Nord, i CLN assumono subito una forma costituzionale ben precisa. In essi hanno diritto di rappresentanza e di voto solo i delegati delle correnti politiche nelle quali si divide l'antifascismo militante. Ciò determina un netto distacco dalle vecchie strutture prefasciste e pone i Comitati in condizione di assumere la direzione della lotta di liberazione con funzioni, oltre che politiche, anche militari, sindacali e amminsitrative.
In ragione di questa accentuazione di compiti e della difficoltà delle comunicazioni, che rendono non solo oneroso, ma praticamente impossibile il collegamento tra il comitato centrale di Roma e quelli regionali dell'Italia del Nord, si pone con urgenza il problema della creazione di un centro direttivo delegato al Nord. I socialisti propongono Milano. L'accordo non è scevro di qualche difficoltà, soprattutto per le tendenze autonomistiche del CLN piemontese.
Si deciderà in gennaio.

Milano, accanto al CLN, organo politico dei partiti, sorge un Comitato militare la cui presidenza è assunta da F. Parri in qualità di rappresentante del CLN stesso.
Di questo primo Comitato militare fanno inoltre parte:
. L. Basso (Psiup),
. Citterio [Diomede] (Pci),
. Poldo Gasparotto (Partito d'Azione),
. Meda (Dc).
Anche il Pci partecipa a questo comitato, ma crea per le proprie bande un organo di direzione separato dal quale esse dipendono formalmente.

Formazioni partigiane
all'atto della smobilitazione - sett 1943
 

Il problema dei rapporti con il Comando alleato viene affrontato e parzialmente attuato dalla "missione Law" (la prima in ordine di tempo delle missioni alleate), sbarcata presso Lavagna (Riviera di Levante) nel settembre 1943.
Capeggiata da un nipote di G. Matteotti, Guglielmo Steiner [Mino] e con un operatore radio, Giuseppe Cirillo, proveniente dai quadri della Marina italiana, essa si mette in contatto, a mezzo di Piero Caleffi (sarà arrestato con la moglie nell'agosto 1944), con i dirigenti del Partito d'Azione.


Fin dalla tarda sera (e il giorno successivo) la gran massa di generali si rende irreperibile.
Durante la stessa notte il mar.llo P. Badoglio decide di fuggire da Roma, non fidandosi delle 6 Div.ni agli ordini del gen. G. Carboni e portandosi appresso, per scudo personale, la famiglia del re.
Il transatlantico Conte di Savoia viene incendiato dai tedeschi nel porto di Venezia.

La MVSN (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) ha ancora 130.000 uomini: 30.000 nei battaglioni d'assalto, gli altri centomila distribuiti nelle milizie speciali: contraerea, stradale, forestale, confinaria, portuale, postelegrafonica, ferroviaria.
Dopo l'armistizio i reparti della MVSN vengono divisi e dispersi, molti ufficiali sono mandati in congedo; dell'antica MVSN quasi non esiste più traccia.
Gli 80.000 uomini dell'Arma dei carabinieri ricevono l'ordine dal loro comandante, il gen. Angelo Cerica, di "restare al proprio posto". Ma lo sfascio dell'armistizio travolge anche la Benemerita. Circa diecimila carabinieri sono catturati dai tedeschi nei Balcani. Altri vengono presi in Italia.

La div.ne Pusteria, una delle poche grandi unità alpine di cui potrebbe disporre lo SM italiano, è ancora accantonata a Grenoble, dove il Comando dà istruzioni ai reparti perché si pongano a contatto con il più vicino Comando tedesco per gli accordi del caso.
[Fonte: informazioni verbali di G. Pirelli, già ufficiale della div.ne.]

Richiamato a Roma, il gen. G. Gambara, comandante l'XI C.d'A., riceve l'ordine scritto (già anticipatogli verbalmente dal gen. M. Roatta) solo alle ore 19:00 (si è dovuto attendere il consenso del comandante supremo gen. V. Ambrosio assentatosi il giorno prima dalla capitale).
Viene fatto ripartire la sera stessa per Lubiana con l'ordine di raggruppare le Div.ni mobili della II Armata a Fiume e della 8ª Armata a Padova per costituire un'armata mobile che dovrebbe fare massa di manovra tra il meridiano di Padova e quello di Fiume;
a metà strada, appresa la notizia dell'armistizio, il gen. G. Gambara, che porta con sé l'ordine di non applicare la "Memoria operativa n. 44", telefona al gen. M. Roatta di ritenere non solo superato dagli avvenimenti l'ordine ricevuto, ma anche impossibile il suo ritorno a Lubiana; la risposta del suo superiore è: «Fai quello che puoi».

Milano, i lavoratori milanesi provvedono a designare i dirigenti di quella Unione dei Lavoratori dell'Industria che dovrebbe preparare il ritorno all'antica organizzazione territoriale delle Camere del Lavoro. I prescelti sono:
. Umberto Recalcati (già organizzatore e deputato socialista) per il Psiup;
. Giovanni Nicola per il Pci;
. Gaetano Carcano per la Dc.
Gli eletti non sono ancora insediati nel loro ufficio, presso la sede delle ex Corporazioni fasciste in corso di Porta Vittoria, che debbono subito affrontare la nuova situazione creatasi dopo l'annuncio dell'armistizio.

Asti, si svolge un Convegno regionale clandestino del Psiup con la partecipazione di Renato Martorelli, dei F.lli Passoni e di altri esponenti del socialismo piemontese. Colti dall'annuncio dell'armistizio, essi sospendono i lavori del convegno per chiedere al Comando militare della zona la distribuzione di armi e la immediata costituzione di reparti volontari. Dopo il rifiuto del comandante militare, con armi sottratte grazie alla complicità di qualche sottufficiale, Renato Martorelli organizza alcuni gruppi di armati, nucleo delle future formazioni "Matteotti" piemontesi.

Da Cavour ex militari seguono sull'Appennino ligure-piemontese il ten. Pompeo Colajanni [Barbato], siciliano come molti dei suoi compagni.
Altre piccole bande vengono segnalate nell'Alessandrino, e precisamente a Pian Castagna, tra la Val d'Orba e la Valle dell'Ezzo; sulle falde del Monte Porale, nella Val di Lemme, formata da ex prigionieri russi cui si sono aggregati alcuni italiani; e presso i laghi della Lavagnina.
[G.P. Pansa, Appunti per una storia della Resistenza nella provincia di Alessandria, in Il Movimento di liberazione in Italia, 55, aprile-giugno 1959, p. 7.]
Anche nella Valle del Chisone, che da Pinerolo si snoda per oltre 50 km sino al Sestriere, si formano piccole bande di ex alpini e civili (a San Bartolomeo, a Perosa Argentina e al Sestriere) che si riforniscono di armi e munizioni nei fortini militari abbandonati.

Fra le montagne del Sesia e dell'Ossola si costituisce un importante centro partigiano. Nell'Ossola la valle del Toce penetra come un cuneo nella vicina Confederazione Elvetica, tra il massiccio del Rosa e le Prealpi Lepontine, e offre un terreno ideale per una guerriglia di tipo partigiano. In questa regione bisogna distinguere due tipi di popolazione: quella autoctona e montanara che abita prevalentemente nelle alte valli, e quella operaia, immigrata, degli stabilimenti del fondo valle. Né sull'una né sull'altra il fascismo ha potuto fare larga presa. L'8 settembre coglie l'Ossola di sorpresa.

Valtellina, subito dopo la proclamazione dell'armistizio il comitato antifascista della valle lancia un manifesto alla popolazione e organizza un ufficio di reclutamento a Sondrio: ma anche le migliaia di sbandati e di perseguitati politici e razziali che affluiscono nella valle, facendo capo agli improvvisati comitati locali, cercano, più del combattimento, un rifugio nella vicina Svizzera.
[I. Cannella, La prima divisione alpina nella resistenza in Valtellina, in Il Movimento di liberazione in Italia Milano gen 1956, pp. 3-4]
Brescia, l'appello lanciato dal comitato dei partiti antifascisti (poi CLN) per la costituzione di una Guardia civile è rapidamente superato dagli avvenimenti e dalla occupazione della città da parte delle truppe germaniche.
Val Camonica, sorge uno dei primi e più attivi centri della resistenza bresciana: quello che fa capo all'arciprete di Cividate, don Comensoli, e che organizza in Val Grigna, con il geom. Ercoli di Brenno, uno dei primi distaccamenti partigiani.

Il CLN di Milano nomina una commissione in cui, a fianco dell'avv. Veratti, socialista, sono chiamati alcuni esponenti degli ambienti finanziari e industriali: il dr. Pizzoni, dirigente bancario, e l'industriale Enrico Falck.
Nel settembre-ottobre questa commissione raccoglie circa 8 milioni di lire assorbiti in gran parte dal complesso e costoso servizio di trasferimento in Svizzera di diverse migliaia di israeliti e di ex prigionieri alleati liberati dai campi di concentramento.
[A. Pizzoni, Il finanziamento della Resistenza, in Il Movimento di liberazione in Italia, Milano, maggio 1953, pp. 49 e segg.]
Una seconda e ben più rilevante fonte di finanziamento è costituita dal fondo di cassa della disciolta IV Amata, della quale era Intendente generale il gen. Operti. Dopo lunghe trattative, e con con la contropartita della sua nomina a comandate militare della regione (nomina che, in questa fase piuttosto fluida del movimento partigiano, si rivelerà ben presto poco più che formale), il gen. Operti consegna al CLN piemontese, a Torino, 200 milioni di lire. Una parte, 50 milioni, viene passata al CLN di Milano che poi li ripartisce con le altre regioni.
Alcune decine di milioni sono recuperate in Svizzera attraverso una accorta incetta del denaro italiano in biglietti di grosso taglio che vi era stato imboscato in previsione della guerra, e che le successive vicende politiche e belliche avevano reso pressoché inutilizzabile.
[Si avrà in seguito l'intervento di un importante istituto bancario, con un anticipo di 35 milioni di lire, e infine (luglio 1944) il diretto intervento dei Comandi alleati (gli inglesi prima, e gli americani poi) con anticipi in valuta svizzera garantiti dal Governo del Sud.]
La grossa borghesia agraria e industriale che aveva finanziato e sostenuto il fascismo ai suoi inizi e che pare l'abbia abbandonato al suo destino quando si è profilata la crisi che ha portato al 25 luglio, inizia, dopo l'8 settembre, la tattica del doppio gioco: la tattica cioè di collaborare di buon grado (e le poche eccezioni non valgono ad alterare la regola) con l'invasore tedesco e, in misura minore, con lo pseudo Governo fascista, elargendo poi sottomano, e se possibile sotto forma di anticipi, sovvenzioni alle organizzazioni della Resistenza per capitalizzare benemerenze politiche presso gli Alleati e presso un possibile futuro Governo democratico italiano.

Nascono subito i GAP (Gruppi di Azione Patriottica).
Già in questo mese il Pci può contare su quadri sicuri: Ilio Barontini [Dario], Ateo Garemi, Egisto Rubini, ecc..
Ogni GAP è composto di tre, quattro uomini il cui comandante è allacciato al Comando generale dei 5, 10, 15 GAP esistenti in città.
Ogni GAP ha la sua staffetta esclusiva: presa, torturata, può confessare un solo recapito. Il deposito degli esplosivi è sconosciuto ai GAP; così i nomi degli artificieri. Se il Comando decide l'azione, indica al GAP il luogo e l'ora in cui troverà il necessario: le bombe, le biciclette, a volte anche le armi.
[L. Longo, Un popolo alla macchia, Mondadori, Milano 1947;
M. De Michelis, op. cit.;
G. Pesce, Soldati senza uniforme, Edizioni di Cultura Sociale, Roma 1950;
I. Busetto, Brigate Garibaldi baciate dalla gloria, le prime nella lotta, le prime nella vittoria, a cura della Federazione milanese del PCI, Lonotipografica, Milano, s.d.;
F. Onofri, GAP di zona, in Rinascita, Roma, aprile 1945, p. 117.]

L'attività dei GAP, la quale prepara quella delle SAP (Squadre di Azione Patriottica) che dei primi costituiranno una specie di milizia territoriale, è solo un aspetto della Resistenza cittadina. Questa, pur mobilitando larghi strati di popolazione appartenenti a ogni categoria e classe sociale, trova nella classe operaia il suo elemento di proplusione e di guida, e nelle officine la sua naturale trincea.

Torino, subito dopo l'8 settembre, Ateo Garemi, un valoroso militante comunista che in Francia ha fatto parte dei Francs Tireurs Partisans, si pone a capo dei primi GAP torinesi.
[Sarà arrestato e fucilato il 30 novembre.]
Superata la crisi seguita a questa uccisione, ad assumere il comando dei gruppi sarà un altro militante comunista reduce dalle esperienze spagnola e francese, Giovanni Pesce [Visone].

Genova, i GAP sono guidati da Giacomo Buranello.

Milano, sotto il comando militare di Egisto Rubini, a cui si affianca presto l'intellligenza organizzativa di Italo Busetto, i GAP sono subito più numerosi, potendo contare su una trentina di persone, quante bastano per tenere una squadra di riserva e per la rotazione fra le altre. Tra di loro c'è una donna, Ida Balli.

Bologna, il Pci affida il coordinamento della Resistenza in Emilia e Romagna a Ilio Barontini [Dario], che viene dalle esperienze rivoluzionarie della Spagna, dell'Etiopia, della Cina, della Francia.
[A Firenze abitano le sue figlie: sono diciassette anni che non le vede, ma non arrischia una visita, forse la casa è sorvegliata.]

Roma, il gappismo romano ha un reclutamento studentesco, quasi tutti i gappisti sono universitari.
[Roma non è comunque luogo favorevole alla resistenza armata. Roma vuol dire:
- la Santa Sede che chiede il rispetto della "città sacra";
- i concentramenti della borghesia burocratica che chiedono il rispetto della "capitale".]
La Resistenza è divisa, parte obbedisce al CLN e parte all'organizzazione militare del col. Giuseppe Lanza Cordero di Montezemolo.
Anche questi è per il rispetto di Roma: le sue bande fuori città possono a volte passare all'azione in campo aperto, collaborare con i GAP di campagna di cui si occupa Giorgio Amendola, ma dentro non si spara. Egli è un uomo di coraggio, i suoi più stretti collaboratori anche; ma, sotto, l'organizzazione attesistica si adatta al doppio gioco, anche al più indecoroso:
- gli ufficiali della Pia Unione di Sant'Uberto, sorta per aiutare gli sbandati, si mettono il cuore in pace giurando fedeltà alla repubblica fascista su un tricolore che nasconde, sotto una toppa, uno scudetto dei Savoia;
- alcuni ufficiali della guardia di finanza spingono il doppio gioco al punto intollerabile di partecipare a una fucilazione di antifascisti.
I gappisti romani sono guidati da Antonello Trombadori e Carlo Salinari.
Fra i più attivi ci sono:
. Rosario Bentivegna,
. Franco Calamandrei,
. Fabrizio Onofri,
. Giorgio Labò, l'artificiere,
. Valentino Gerratana,
e le studentesse:
. Carla Capponi,
. Lucia Ottobrini,
. Marisa Musi,
. Maria Teresa Régard.


L'azione della Democrazia cristiana (il nuovo partito che raccogliendo l'eredità del Partito Popolare organizza e rappresenta le forze cattoliche italiane) per il momento è prevalentemente politica e più cauto è il suo atteggiamento nei confronti della lotta di liberazione. Comunque, dove non giunge l'azione del partito sopperisce l'iniziativa dei gruppi cattolici locali e dei religiosi, soprattutto del basso clero.
Tra questi gruppi sono quello bresciano de «Il Ribelle», che fa capo al foglio clandestino omonimo e che partecipa largamente alla formazione delle Fiamme Verdi nelle vallate bresciane e quello milanese de «L'Uomo» che si raccoglie presso i Padri Serviti di S. Carlo nel convento che ospiterà in seguito il Fronte della Gioventù e anche, per un certo periodo, il Comando generale del CVL.
[Solo negli ultimi mesi del 1944 e la primavera del 1945 inizierà ad organizzare formazioni differenziate: le Brigate del Popolo.]
[L. Valiani, Tutte le strade conducono a Roma, La Nuova Italia, Firenze 1947, pp. 78-84;
G. Rovero, Il clero piemontese nella Resistenza, in Aspetti della Resistenza in Piemonte, Istituto Storico della Resistenza, Torino 1950, pp. 41-76.
Relazione svolta dall'on. Mattei al 1° Congresso Nazionale della Dc a Roma (seduta del 24 aprile 1946) cui attinge anche F. Magri nella sua La Democrazia cristiana in Italia, La Fiaccola, Milano 1955, pp. 242-247 (estremamente sommaria).]

La presenza politica dei cattolici non è assicurata dalla sola Dc, ma anche da altri raggruppamenti minoritari (con le loro pubblicazioni clandestine) quali:
- il movimento – poi partito – cristiano sociale, presente soprattutto nell'Italia centrale;
«l'Azione» e «l'Azione dei lavoratori» (Lazio).
- il movimento dei cattolici comunisti – poi movimento dei lavoratori cristiani – teso a una conciliazione del marxismo con il cistianesimo e operante in Piemonte, nella Lombardia e nel Lazio;
«La Voce del lavoratore» (edizione piemontese e lombarda).
- il gruppo liberale cristiano;
«Gruppo liberale cristiano - Verità fondamentali»
[Durante il periodo della Resistenza e anche nei primi mesi seguiti alla Liberazione, il Vaticano e le gerarchie ecclesiastiche non impongono la unità organizzativa dei cattolici nella Dc; obbligo che condannerà, in seguito, a brevissima e travagliata vita il partito della sinistra cristiana, che ha raccolto nelle sue file i movimenti cattolici che si pongono alla sinistra della Dc.]

Più modesta e di natura esclusivamente politica è invece l'azione dei Gruppi di Ricostruzione Liberale che daranno vita al Partito Liberale Italiano (PLI). Pur tuttavia è soprattutto grazie alla mediazione liberale che confluiscono temporaneamente nella Resistenza anche taluni esponenti e gruppi della grossa borghesia: uomini come Alfredo Pizzoni, Cesare Merzagora, Enrico Falck e Aldo Borletti non solo finanziano la lotta, ma partecipano direttamente al moto cospirativo. Uno di essi, Roberto Lepetit, pagherà con la vita la sua adesione alla Resistenza.

Anche il Partito repubblicano, pur non facendo formalmente parte né della gerarchia del CLN centrale di Roma, né della pentarchia di quello che a Milano diverrà il CLN Alta Italia, è presente nella lotta di liberazione. Anche i gruppi anarchici e liberatari sono presenti nelle Marche, nella Lunigiana e in Lombardia.
Fin dall'autunno i repubblicani danno vita ai Gruppi d'Azione Repubblicani Antifascisti Lombardi (GARAL) e a raggruppamenti simili in altre regioni dai quali avranno poi origine le Brigate Mazzini.


In serata i tedeschi disarmano già alcuni distaccamenti sul Carso
.

Emilia, ex prigionieri di guerra concorrono in misura notevole anche alla nascita del partigianato emiliano. Fuggiti dai campi di concentramento della pianura, essi si riversano nelle vallate appenniniche, accolti, protetti e nascosti dalla popolazione. La maggior parte di loro viene convogliata verso la Svizzera ma molti entreranno a far parte dei nuclei ribelli.
Attorno a Pontremoli e nella Vallte dell'Alto Taro, tra le province di Parma e di La Spezia, opera la Banda Internazionale del maggiore inglese Gordon; gli ex prigionieri russi del gruppo Crevarolo e quelli che si sono uniti ai F.lli Cervi a Campegine, in provincia di Reggio Emilia.

Principali fogli clandestini
di carattere sindacale
Torino «Il Grido di Spartaco»
PCI

Milano

«La Fabbrica»
PCI
-
«L'Operaio»
poi «Il Lavoratore»
PSIUP
Alta Italia
Milano
e Torino
«Voci di officina»
P. d'Azione
-
«Conquiste sindacali»
Dc
La Resistenza in Italia - 25 luglio 1943 - 25 aprile 1945 - 2357 giornali e 2623 manifesti ed opuscoli stampati alla macchia, curato per l'Istituto G.G. Feltrinelli di Milano (1961) da L. Conti.

I militari italiani (ufficiali e soldati) catturati dopo l'8 settembre sul territorio nazionale e all'estero e internati in Germania sono 615.000.
[Ad essi, subito dopo la costituzione della Repubblica Sociale fascista sono promessi la libertà e il ritorno in patria se aderiscono al nuovo regime fascista, accettando l'arruolametno nelle sue Forze Armate: solo poche migliaia, esattamente l'1,03% accetteranno di vestire la divisa fascista.]
[E. Scala, La riscossa dell'Esercito, a cura dell'Ufficio Storico dello S.M. dell'Esercito, Poligrafico dello Stato, Roma 1948, pp. 319 e segg.;
M.B., Voci della Resistenza nei campi di concentramento militari in Germania, in Il Movimento di Liberazione in Italia, Milano, gennaio 1951, pp. 5 e segg.]

Nei giorni dell'armistizio il ministro della Produzione bellica A. Speer manda in Italia come suo missus il gen. Hans Leyers; il capo Ufficio per l'impiego della manodopera, Kurt Sauckel, risponde con il Generalarbeitsführer Kretschmann; il Comando militare d'Italia nomina per conto suo un certo col. Aschoff senza darne avviso al gen. Eduard Wagner, quartiermastro generale della Wehrmacht.
Chi riunirà nelle sue mani l'amministrazione?
A. Speer ha un suo candidato di nome Keyser, ma H. Himmler sostiene il gen. SS Kannstein. La confusione è grande:
- il Generalarbeitsführer Kretschmann, delegato di Kurt Sauckel, vorrebbe deportare tutti gli italiani in grado di lavorare;
- il gen. Hans Leyers, delegato di A. Speer, difende gli impiegati nelle industrie;
- la Todt, addetta alle fortificazioni, recluta all'insaputa dell'uno e dell'altro;
- l'aeronautica di Hermann Göring cerca ausiliari.
E il governo fascista osserva impotente.
Solo B. Mussolini, fidando nel suo prestigio personale, osa qualche protesta, ricorda a R. von Rahn che «i provvedimenti dei militari tedeschi negli affari politici e amministrativi stanno distruggendo ogni possibilità di un sforzo comune coordinarto».
Le lamentele cadono nel vuoto, il comandante di un qualsiasi presidio germanico può emanare ordini che annullano quelli del capo fascista della provincia. Certi prefetti sono stati nominati direttamente dall'occupante, i fascisti sono dei servi.
[Perciò ha rapida fortuna in Italia il diminutivo ironico di «repubblichini» usato da Umberto Calosso a «Radio Londra».
Il più basso dei servi è il razzista Preziosi.
Intervistato da Giorgio Schroeder della «Transocean», egli dichiara: «Le statistiche italiane registrano 40.000 ebrei contando solo quelli di religione ebraica. Ma gli ebrei di razza sono almeno 100.000. Bisogna emanare un deceto che li privi della cittadinanza italiana».

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, a seguito della chiamata alle armi della neonata Repubblica Sociale Italiana, anche Dario Fo (futuro Premio Nobel) si arruola giovanissimo volontario nelle file dell'esercito fascista, prima nel ruolo di addetto alla contraerea a Varese e successivamente come paracadutista nelle file del "Battaglione Azzurro" di Tradate.
[La scoperta di questa militanza, che emergerà per la prima volta negli anni settanta, scatenerà polemiche, querele e processi da parte di Dario Fo – all'epoca attivo rappresentante in campo artistico della cultura della sinistra italiana – che si trascineranno per alcuni decenni.
Egli ammetterà e parlerà poi (2015) di questa parentesi, affermando anche che si è arruolato volontario nell'unico esercito esistente, ma in quanto "italiano" e non in quanto fascista, per non essere deportato in Germania come lavoratore o come militare di leva, e dopo essere stato spostato in numerosi luoghi di addestramento, venne quindi arruolato nei parà.]

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G. Schreiber calcola il numero degli I.M.I. (Internati militari italiani) in circa 800 000. Marco Palmieri e Mario Avagliano forniscono dati più dettagliati:
In pochi giorni i tedeschi disarmano e catturano 1.007.000 militari italiani, su un totale approssimativo di circa 2.000.000 effettivamente sotto le armi.
Di questi, 196.000 scampano alla deportazione dandosi alla fuga o grazie agli accordi presi al momento della capitolazione di Roma. Dei rimanenti 810.000 circa (di cui 58.000 catturati in Francia, 321.000 in Italia e 430.000 nei Balcani), oltre 13.000 perdono la vita durante il brutale trasporto dalle isole greche alla terraferma. Altri 94.000, tra cui la quasi totalità delle Camicie Nere della MVSN, decidono immediatamente di accettare l’offerta di passare con i tedeschi.
Al netto delle vittime, dei fuggiaschi e degli aderenti della prima ora, nei campi di concentramento del Terzo Reich vengono dunque deportati circa:
- 710.000 militari italiani con lo status di I.M.I.,
- 20.000 con quello di prigionieri di guerra.
Entro la primavera del 1944, altri 103.000 si dichiareranno disponibili a prestare servizio per la Germania o la RSI, come combattenti o come ausiliari lavoratori.
In totale, quindi, tra i 600.000 e i 650.000 militari rifiuteranno di continuare la guerra al fianco dei tedeschi »

Non sarà stabilito ufficialmente il numero degli I.M.I. deceduti durante la prigionia. Gli studi in proposito stimeranno cifre che oscillano tra 37 000 e 50 000. Fra le cause dei decessi vi saranno:
- la durezza e pericolosità del lavoro coatto nei lager (circa 10.000 deceduti);
- le malattie e la malnutrizione, specialmente negli ultimi mesi di guerra (circa 23.000);
- le esecuzioni capitali all'interno dei campi (circa 4.600);
- i bombardamenti alleati sulle installazioni dove gli internati lavorano e sulle città dove prestano servizio antincendio (2.700);
- altri 5-7000 periranno sul fronte orientale.

Navi affondate mentre trasportano prigionieri italiani
- Donizetti, 23 settembre 1943, Rodi, 1.796 morti.
- Ardena, 27 settembre 1943, Cefalonia, 779 morti.
- Mario Roselli, 11 ottobre 1943, Corfù, 1.302 morti.
- Maria Amalia, 13 ottobre 1943, Cefalonia, 550 morti.
- Sinfra (nave francese), 20 ottobre 1943, Creta, 2.098 morti.
- Petrella (nave tedesca), 8 febbraio 1944, Creta, 2.670 morti.
- Oria (piroscafo norvegese), 12 febbraio 1944, Capo Sounion, 4.074 morti.

La Spezia, la X Flottiglia MAS, 1.300 uomini, è sempre al comando (dal 1° maggio) di J.V. Borghese al quale nessun superiore, diretto o indiretto, ha dato comunicazione dell'armistizio;
[Dall'inizio del conflitto ha affondato 32 navi nemiche per un totale di 264.792 tonnellate, tra cui le corazzate inglesi Queen Elizabeth e Valiant, l'incrociatore York, due caccia, quattro cisterne, tre motonavi e diciassette piroscafi; dal 10 giugno 1940 all'8 settembre 1943, ventisei marinai della X MAS sono stati decorati di medaglia d'oro: dieci di quelle medaglie sono state assegnate alla memoria. Anche lo stendardo della formazione ha avuto la medaglia d'oro, e così pure la bandiera del sommergibile Sciré, al comando del quale J.V. Borghese ha compiuto la maggior parte delle sue imprese.
Sono in preparazione due imprese clamorose:
1. - grazie al nuovo sommergibile d'assalto CA a lunga crociera, un attacco contro il porto di New York, risalendo l'Hudson fin nel cuore della metropoli americana;
2. - una spedizione contro la piazzaforte inglese di Freetown, sede della squadra navale del Sud Atlantico.
Già ci sono uomini della X MAS nei paesi neutrali, a stabilire le coperture necessarie, e il comando dei sommergibili atlantici italiani a Bordeaux è stato assunto dal noto cap. di vascello Enzo Grossi. Contro New York si muoverà in dicembre. Intanto si ripeterà l'assalto, già tentato varie vole con successo, a Gibilterra. Forzeranno il porto il ten. vascello Augusto Jacobacci e il serg. Forni. Il ten. pilota Elio Scardamaglia partirà in aereo il 9 settembre per la Spagna per un ultimo sopralluogo nel territorio di Algesiras. L'attacco è previsto per il 2 ottobre.]
Nella notte 8/9 J.V. Borghese, che dipende dal duca Aimone d'Aosta, si reca nella villa Carnevali, a Bitelli (sopra La Spezia), dove ha sede il comando, per prendere contatti con Supermarina, a Roma. Dopo varie chiamate risponde l'amm. Ruselle dicendo: «Niente di nuovo. Dalle ore venti siamo in stato di armistizio».
Tutto qui, poi cade la linea.
Così afferma J.V. Borghese ma in realtà – come dimostrerà l'avv. Ozzo, parte civile al processo contro il principe dopo la fine della guerra – le cose vanno invece diversamente:
il pomeriggio dell'8 settembre Supermarina trasmette telefonicamente gli ordini sulla condotta dei reparti a tutti i comandi periferici. Nelle prime ore del 9 settembre queste comunicazioni telefoniche sono completate dal seguente telegramma-radio:
«Truppe tedesche marciano su Roma. Fra poco Supermarina potrebbe essere nell'impossibilità di comunicare. Per ordine del Re eseguite lealmente le clausole dell'armistizio. Con questa leale esecuzione la Marina renderà un altissimo servizio al paese».
Le clausole che riguardano la Marina sono già note:
- lasciare gli ormeggi con tutte le unità in grado di muovere e dirigersi verso Malta;
- distruggere navi e mezzi se si trovano nell'impossibilità di partire.
Obbediscono tutti, tanto è vero che alle ore 10:15 del 9 settembre il comandante in capo del Dipartimento Alto Tirreno avverte Roma: «Unità Bergamini tutte partite, tutte navi minori partite… navi in condizioni di non muovere affondate… al di fuori della piazza truppe tedesche in grande quantità. Decima Flottiglia Mas distrugge materiale. Da Genova quasi nessun mercantile ha potuto partire»
Bergamini è l'ammiraglio in capo ed è imbarcato sulla Roma. Morirà nell'affondamento della portaerei, con i suoi 1.800 marinai, quando i tedeschi centreranno con gli aerosiluranti la nave in navigazione.
La verità è questa: e l'unico punto errato nel comunicato del comandante l'Alto Tirreno riguarda la X Mas, che non sta affatto distruggendo i propri mezzi, cioè non sta obbedendo.
Del resto, già il 7 settembre, agli ammiragli convocati a Roma dal capo di SM della Marina, tra i quali era l'amm. Maraghini, comandante in capo del Dipartimento dell'Alto Tirreno, gli ordini erano stati precisati ed erano quelli di raggiungere i porti della Sardegna, della Corsica e dell'Elba e, ove ciò non fosse possibile, di autoaffondarsi: le unità navali germaniche dovevano essere distrutte, i reparti della marina germanica catturati o eliminati.]

Lo stesso giorno si svuotano le redazioni. Tutti i direttori di giornali nominati il 25 luglio, dopo i 45 giorni del "governo Badoglio" scompaiono.

Direttori di giornali
[nominati il 25 luglio]

. Filippo Sacchi,
. Ettore Janni,
. Giulio De Benedetti,
. Cesare Fanti, amm.re de «La Stampa»,
.

fanno in tempo a passare in Svizzera, seppure in extremis;
. altri nascosti presso amici e in fidati rifugi
Arrestati  
. Alberto Bergamini «Giornale d'Italia» portato a Regina Coeli riuscirà fortunosamente ad evadere;
. Tommaso Smith «Messaggero» portato a Regina Coeli riuscirà fortunosamente ad evadere;
. Giuseppe Silvestri «Arena» portato agli Scazi di Verona per venti mesi;
. Mario Crespi «Corriere della Sera» uno dei proprietari, verrà subito dopo liberato su ordine di B. Mussolini;
. Domenico Bartoli «Corriere della Sera» redattore che sta a Roma
Se ne vanno dal «Corriere della Sera»
. Luigi Eunaudi    
. Raffaele Calzini    
. Marise Ferro    
. Gaetano Afeltra    
. Virgilio Lilli    
. Indro Montanelli   entrato nella Resistenza, sarà poi catturato e condananto a morte dai tedeschi;
. Curzio Malaparte   al sud nelle forze di liberazione
. Paolo Monelli   al sud nelle forze di liberazione
. Luigi Barzini jr.    
. Emilio Cecchi    
Chi rimane si limita al lavoro di ordinaria amministrazione, tagliare la «Agenzia Stefani» e incollarla, fare i titoli più anodini possibili, registrare le trasmissioni della radio, raccogliere le telefonate dei corrispondenti.
Numerose le firme che giorno per giorno spariranno dalle pagine dei quotidiani, poche le nuove che affronteranno l'alea della testimonianza.
Nuove firme del «Corriere della Sera»
. Vittorio Rolandi Ricci   ex ambasciatore
. Paul Gentizon   scrittore fascista svizzero
. Pericle Ducati    
. Goffredo Coppola    
. Ardengo Soffici   dopo il litigio con Mezzasoma si rifugia nella sua villa Poggi a Caiano
. Luigi Romersa   nuovo inviato di punta, scrive servizi sulle nuove armi tedesche, da lui viste in esclusiva
Di rado compaiono gli articoli di tradizionali "colonne" del giornale, come Renato Rimoni, Orio Vergani, Cesco Tomaselli e sempre più su argomenti di pura evasione.

Rielaborazione da:
Silvio Bertoldi, Salò, (1976, Rizzoli Editore).

 

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9 SETTEMBRE 1943

mentre l'esercito regio ha un solo proposito fermo: rifiutare le armi ai civili che vogliono combattere…

NORD

Scioperi e sospensioni del lavoro sono segnalati a Forlì, Padova, Genova e in varie località della Liguria.

ore 03:00, La Spezia, la squadra di battaglia della Marina lascia il porto per andare verso sud; deve dirigersi su Malta e consegnarsi agli inglesi. Queste le condizioni dell'armistizio.
[Nel pomeriggio, senza alcuna protezione aerea, la flotta viene attaccata da bombardieri tedeschi che dispongono di un nuovo tipo di bombe radiocomandate che possono essere sganciate da grande altezza. La nave ammiraglia, la corazzata "Roma" viene colpita e affondata. Muore il comandante, l'ammiraglio Carlo Bergamini, 55enne, una vita trascorsa nella Marina militare. Con lui muoiono 1253 dei 1800 uomini dell'equipaggio. Molti erano ragazzi di leva della provincia di La Spezia e di altre zone della Liguria.]

Genova, i comandanti militari sono scomparsi; i civili disarmano i pochi tedeschi che sono in città, ma torna il gen. Emilio Bancale a ordinarne la liberazione; però dimentica di far liberare i prigionieri di guerra anglo-americani che si trovano nei campi di Mignanego e Calvari.

Sanremo, i civili guidati da Domenico Simi chiedono armi ma finisce a botte e il giorno successivo sono cercati dai carabinieri.

Torino, durante tutta la giornata è un febbrile susseguirsi di riunioni, mentre nelle fabbriche si raccolgono arruolamenti per un Fronte Italiano della Resistenza che si propone l'organizzazione di una specie di guardia nazionale denominata dei Volontari della Nazione Armata.
I tentativi degli operai di organizzare una guardia nazionale e un Fronte italiano della resistenza falliscono: mancano le armi, l'esercito rifiuta di fornirle.
I rappresentanti del Fronte interpartitico:
. Livio Pivano,
. Franco Antonicelli,
. Aurrelio Peccei,
. Luigi Capriolo,
. Filippo Burzio,
cercano un colloquio con il gen. Enrico Adami Rossi, comandante della piazza di Torino, ma non vengono ricevuti.

Menasseno (Genova), all'intimazione di resa dei tedeschi, i fanti di un reparto del 43° rispondono col fuoco dei loro vecchi fucili per poi ritirarsi tra i monti della Val Polcevera dando vita così a una delle prime bande partigiane.
[R. Baccino, Contributo alla storia della Resistenza di Genova, Comune di Genova, Genova 1955, pp. 25-27.]

Boves (Cuneo) – allo sbocco delle Valli di Gesso e Vermenagna –
qui si concentrano, ribellandosi agli ordini di resa dei superiori, un migliaio di militari della disciolta IV Armata, fra i quali sono numerosi ufficiali inferiori e subalterni, effettivi e di complemento.

Cuneo, nel pomeriggio l'avv. Duccio Galimberti si presenta al generale comandante la zona chiedendo insistentemente per sé e per i suoi amici politici l'immediato arruolamento volontario negli alpini per raggiungere, nella serata stessa, i reparti della div.ne Pusteria schierati (così almeno si crede) sul Col di Tenda.
La proposta viene respinta.

Milano, al mattino l'allarme causato dal susseguirsi di notizie disastrose provoca una spontanea astensione dal lavoro;
ore 10:00, nel corso di una affollata riunione in corso di Porta Vittoria, parlano Umberto Recalcati (già organizzatore e deputato socialista) per il Psiup e altri. Più tardi, nella giornata, viene tenuto un comizio in Piazza del Duomo. Gli operai chiedono armi e propongono di costituire dei battaglioni volontari per combattere accanto ai soldati.
Comandante della piazza è il gen. Vittorio Ruggero. Da lui dipendono i presidi della Lombardia e dell'Emilia, da Piacenza a Reggio. Antifascista, riceve da amico i delegati dei partiti:
. Gasparotto,
. Li Causi,
. Grilli,
. Pizzoni,
e dà loro le armi: un centinatio di fucili e molte mitragliatrici, purtroppo inusabili, mancando i treppiedi di appoggio.
Il gen. Vittorio Ruggero, mentre ha schierato le truppe attorno alla città ordinando di resistere agli attacchi tedeschi, tratta con il col. Holbein e il col. Frey della div.ne SS "Adolf Hitler".

Modena, il gen. Matteo Negro dice no agli antifascisti e abbandona i suoi soldati.

Parma, un sergente, posto con pochi uomini alla guardia del Palazzo delle Poste, risponde con scariche di fucileria e bombe a mano alle intimazioni di resa, immobilizzando un carro armato pesante delle SS.
[Testimone oculare: Renato Carli Ballola.]
Il gen. Marco Mora dice no agli antifascisti e abbandona i suoi soldati.

Padova, al mattino il gen. G. Gambara arriva in città ma è troppo tardi, non c'è più nulla da fare; riparte subito per Fiume ma, prima che ci arrivi, tutto il dispositivo dallo Stelvio a Tarvisio e da Tarvisio in giù è sommerso dai tedeschi ai quali solo pochissimi reparti hanno posto resistenza.
[A partire da questo momento nella Bassa padovana cominciano a costituirsi, dapprima come formazioni autonome poi con sempre più marcati riferimenti politici, delle bande di partigiani che daranno vita (mag-giu 1944) al 3° battaglione dipendente dalla brigata "Garibaldi" di Padova.

Venezia, centinia di persone si riuniscono davanti al Comando piazza, ma la loro delegazione non può essere ricevuta dal duca di Genova, già fuggito. Gli operai dei cantieri sabotano i siluri, prima che cadano nelle mani dei tedeschi.

Ravenna, il gen. Carabba dice no agli antifascisti e abbandona i suoi soldati.

Bologna, uno sciopero generale (protrattosi per tre giorni) induce il Comando tedesco a ordinare la chiusura delle fabbriche.
Lo stesso giorno, ore 10:30, Franz Pagliani e il prof. Goffredo Coppola riaprono la federazione: il gagliardetto nero della X Legio sul balcone.







CENTRO

9, ore 0:20, il gen. V. Ambrosio decide di diramare un dispaccio radio con il quale si prescrive alle forze armate di non aprire il fuoco sulle truppe tedesche, se non in caso di attacco di quest'ultime e di permettere comunque il loro transito inoffensivo;
[Più tardi, egli ritiene che l'ordine alle Forze Armate di attuazione della circolare op. 44 debba essere firmato dal mar.llo P. Badoglio, ma non riesce a rintracciarlo.]

ore 00:50, un ordine del Comando del Corpo d'A. smembra la più forte unità italiana, la div.ne Ariete, togliendole il Rgt. appiedato Montebello e un gruppo semovente (la richiesta iniziale è per l'intero reggimento) del 135° Artiglieria, spostati a sud di Roma, a rinforzo dei Granatieri.

ore 02:00/03:00, Vittorio Emanuele III e il mar.llo P. Badoglio, con un improvvisato seguito (una parte del governo e alcuni capi militari), fuggono da Roma;
a loro si aggiungono:
. gen. V. Ambrosio,
. gen. M. Roatta,
. amm. R. De Courten,
. gen. R. Sandalli,
e tutto lo S.M..

I fuggitivi si accingono a partire clandestinamente per raggiungere il Sud, via Pescara, percorrendo proprio la Via Tiburtina, ove il gen. M. Roatta ha disposto il ripiegamento di un corpo d'armata motorizzato, inizialmente previsto a difesa di Roma.
[Partendo dal Ministero della Guerra, fatta una breve sosta per la colazione al castello di Crecchio (Chieti) dei duchi di Bovino, arrivano a Pescara nelle prime ore del pomeriggio, diretti al campo di aviazione; il progetto di raggiungere Brindisi via aerea viene scartato all'ultimo momento e le macchine ripartono subito, mentre intorno al campo si verificano dimostrazioni ostili da parte di gruppi di cittadini; i fuggitivi si imbarcano sulla nave Baionetta, per trasferirsi nel sud del paese, che le truppe alleate stanno occupando.]

[All'alba – secondo Indro Montanelli e Mario Cervi – la superiorità germanica è incontestabile nell'Italia settentrionale, ma il rapporto è rovesciato nell'Italia centrale e nell'Italia meridionale, poiché le divisioni tedesche sono alle prese con gli anglo-americani che, dopo lo sbarco presso Reggio Calabria risalgono dal fondo lo stivale, e stanno per stabilire una testa di ponte a Salerno.
In particolare a Roma, la situazione – sulla carta – è abbastanza favorevole all'esercito italiano (sei divisioni schierate, più altre due che stanno arrivando, per un totale di 50.000 uomini e 200 mezzi corazzati, a fronte di due divisioni tedesche, per soli 30.000 uomini, sia pur dotati di 600 mezzi corazzati).
Con il controllo degli aeroporti garantito dall' "Operazione Giant 2" e il conseguente controllo dello spazio aereo, si potrebbe oggettivamente resistere, per i giorni necessari ad attendere l'arrivo delle truppe alleate dal meridione.
Di avviso contrario è il Capo di S.M. dell'Esercito Italiano gen. M. Roatta che, in queste ore, consegna al gen. G. Carboni un ordine scritto con il quale lo si nomina Comandante di tutte le truppe dislocate in Roma, escludendo, però, la difesa della capitale.]

ore 05:00, un fonogramma de comando del Corpo d'A. ingiunge al comandante della Div. Piave, gen. Tabellini, di abbandonare la zona di Monterotondo e di ripiegare su Tivoli. Ma il gen. Tabellini esige un ordine scritto; intanto affronta un reparto di paracadutisti tedeschi che tentano un'azione di sorpresa e, con il concorso dei contadini della zona, lo annienta facendo prigioneri i superstiti.

ore 05:30, il comandante della div. Ariete, gen. Raffaele Cadorna, al quale viene ordinato telefonicamente di abbandonare con le truppe ancora ai suoi ordini i due sbarramenti di Monterosi e di Manziana, presso il lago di Bracciano, rifiuta di eseguire l'ordine mentre il nemico sta per attaccarlo.
Contro la div.ne Ariete è schierata in questo settore la più forte unità tedesca dell'Italia centro-meridionale, la 3ª Panzergrenadieren che, attaccata dai reparti del Lucca e del Vittorio e dalle batterie del 135° Rgt. Artiglieria, è duramente battuta in entrambe le località e perde una settantina di carri, un centinaio di automezzi e oltre cinquecento uomini tra morti e feriti.
[Il colpo è così duro che anche quando (ore 15:00 e ore 17:00) due successive comunicazioni del Comando confermano per la div.ne Ariete l'ordine di ritirarsi su Tivoli, e a guardare gli sbarramenti restano solo due battaglioni della Re, i tedeschi non oseranno più muoversi in attesa che si concludano le trattative in corso per la capitolazione della città.
Meno fortunati i combattimenti che, per tutta la giornata del 9 e fino alle prime ore del 10, impegnano, attorno al ponte e alla borgata della Magliana, sulla via Ostiense, la div.ne Granatieri e il Rgt. Montebello, contro i paracadutisti germanici della 2ª div.ne. Le due Div.ni Piave e Ariete, le più efficienti e sicure dello schieramento italiano sono fatte ripiegare su Tivoli.]

ore 07:30, poco dopo, indossati abiti civili e presa con sé la cassa del servizio, il gen. G. Carboni si reca a Tivoli per organizzare il nuovo schieramento di truppe e ricevere gli ulteriori ordini; non riuscendo a rintracciare il gen. M. Roatta prosegue sino ad Arsoli dove apprende che la colonna dei sovrani e del mar.llo P. Badoglio è ormai lontana;
rimane alcune ore ospite del produttore Carlo Ponti, sino a quando il suo aiutante di campo non gli comunica che l'ordine del gen. M. Roatta delle ore 5:15 è stato confermato e, pertanto, provvede a riportarsi a Tivoli, dove insedia il suo comando;
nel frattempo, a Roma, in virtù del grado gerarchicamente più elevato, il mar.llo Enrico Caviglia ha assunto autonomamente il ruolo di capo del governo, d'intesa con il ministro della Guerra Antonio Sorice e sta procedendo a contattare i tedeschi per la cessazione del fuoco;
ore 14:00, a Tivoli, il gen. G. Carboni incontra il gen. Giuseppe di Montezemolo, inviato dal mar.llo Enrico Caviglia, mentre le due Div.ni Piave e Ariete stanno iniziando il ripiegamento previsto;
non sembra che il gen. Giuseppe di Montezemolo sia stato particolarmente esplicito nel comunicare al gen. G. Carboni le intenzioni del mar.llo Enrico Caviglia di trattare con i tedeschi;
nel primo pomeriggio il gen. G. Carboni dà ordine alla Divisione Granatieri di Sardegna, che sta combattendo la 2ª Divisione Paracadutisti tedesca al Ponte della Magliana, di resistere ad oltranza e alle due Div.ni Piave e Ariete di predisporsi, a sud, per prendere alle spalle la "paracadutisti" e a nord, per tagliare la strada alla 3ª Divisione Panzergrenadieren che sta sopraggiungendo dalla Via Cassia.
Mentre ciò avviene, il gen. Giuseppe di Montezemolo e il gen. Giorgio Carlo Calvi di Bergolo, a Frascati, incontrano il comandante tedesco feldmar.llo A. Kesselring che chiede, quali condizioni per il prosieguo delle trattative, la resa dell'intero Corpo d'Armata Motocorazzato italiano.
ore 16:00-17:00, contatti tra gli alti comandi italiano e tedesco;
in seguito a questi contatti, da Roma è verbalmente ordinato alla Granatieri di Sardegna di lasciare il conteso ponte della Magliana per un concordato transito delle truppe germaniche verso il nord.
In serata, le nuove posizioni su cui si sono attestati i granatieri sono nuovamente investite dalla divisione tedesca che continua a procedere verso il centro di Roma.

Roma, all’indomani dell’annuncio dell’armistizio, si riunisce, in una casa di via Adda, il “Comitato Centrale” del concentramento antifascista, presieduto da Ivanoe Bonomi.
Sono presenti: Scoccimarro e Amendola, per i comunisti; Nenni
e Romita per i socialisti; La Malfa e Fenoaltea per il Partito d’Azione; Ruiniper i democratici del lavoro; De Gasperi per i democristiani; Casati per i liberali.
Nella riunione, si discutono le mosse da compiere dopo l’armistizio;
questo Comitato Nazionale delle Opposizioni si costituisce in Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) di cui viene steso anche il proclama.


La Democrazia del Lavoro che raccoglie a Roma e nel Sud, attorno all'ex residente del Consiglio Ivanoe Bonomi, alcuni esponenti del parlamentarismo prefascista è praticamente assente dalla lotta di liberazione vera e propria.
[Il movimento è costituito per iniziativa di Ivanoe Bonomi
e Meuccio Ruini dopo il “cambio della marea”. Vi confluiscono personaggi della politica prefascista di ispirazione radicale e socialriformista. Nel 1944 assumerà il nome di partito democratico del Lavoro.]

Firenze, il gen. Chiappi Armellini assicura che l'esercito si batterà; intanto guadagna tempo e lascia entrare i tedeschi in città.
Del gen. Caracciolo, comandante dell'armata, non ci sono notizie.

Arezzo, il col. Manlio Chiari dice no agli antifascisti e abbandona i suoi soldati.

Massa, i civili vanno alla "caserma Dogali", chiedono del col. Laurei: non c'è; allora si fanno attorno all'ufficiale di picchetto, lo scongiurano di aprire le porte dell'armeria, gli dicono che i tedeschi stanno per arrivare. E lui «E je che ce pozzo fa'».

SUD

Napoli, nei giorni dell'armistizio il col. Scholl fa aprire a cannonate il portone dell'Università, fucilare decine di persone.

Nelle Puglie è presente una formazione tedesca, la XVI div.ne corazzata granatieri che occupa e presidia solidamente le più importanti posizioni strategiche.
Taranto, sbarcano le truppe inglesi;
Bari, in attesa che le truppe inglesi completino l'occupazione delle Puglie, la difesa del porto e della città è organizzata e attuata dal gen. Bellomo con l'aiuto della popolazione.
[Il gen. Bellomo verrà poi fucilato dagli inglesi, sopraggiunti a occupare la città, sotto l'accusa di aver permesso l'uccisione di un prigioniero inglese.
[Nella settimana che intercorre fra la proclamazione dell'armistizio e l'arrivo delle prime avanguardie alleate a Gioia del Colle, il 14 settembre, nella quasi totale dissoluzione dei reparti italiani di stanza nella zona (dalla quale si salveranno soltanto i fanti della Legnano e poche aliquote della Piceno e dei reparti di difesa costiera), è solo dalla iniziativa di alcuni comandanti e dal concorso della popolazione che si sviluppa l'azione contro i tedeschi.]

Matera, all'annuncio dell'armistizio, dopo una riunione burrascosa gli ufficiali del piccolo presidio con un Comando di sottozona e un battaglione allievi avieri si dividono:
- alcuni partono per il Nord dietro il comandante Meloni, ex seniore della milizia;
- i rimanenti, la maggioranza, restano in città dove, al comando della sottozona, c'è il prof. Francesco Nitti, ufficiale di complemento, che ha nascosto armi e munizioni.
I tedeschi bruciano i carri-merci dela ferrovia lucana e due automotrici.

10 SETTEMBRE 1943


[Intanto – quando non si sa ancora se si riuscirà a liberare B. Mussolini e cosa accadrà ai fascisti – A. Hitler nomina un plenipotenziario civile (R. von Rahn) e uno militare (A. Kesselring) per l'Italia, mette E. Rommel ai confini settentrionali al comando del gruppo di armate B, destina K. Wolff, capo di SM generale delle SS di H. Himmler, all'ordine e alla sicurezza, dà carta bianca al ministro A. Speer per quanto riguarda l'industria e la mano d'opera, delega il gen. Rudolph Toussaint al comando del retrofronte e fa dipendere da lui i "consiglieri" tedeschi stanziati presso ogni prefettura.
A. Hitler forma insomma un vero e proprio governo di occupazione, indipendentemente da ciò che diventerà poi la RSI. Su queste basi instaura i rapporti con gli ex alleati e non li cambierà mai nemmeno in futuro, quali che siano gli sviluppi politici della situazione.]

 

NORD


Torino, al mattino la delegazione della neocostituita organizzazione Volontari della Nazione Armata torna dal gen. Enrico Adami Rossi (filo-fascista, si fregia di una decorazione nazista) ma è subito congedata con l'appello alla calma e all'ordine pubblico.
Uscendo dall'ufficio, i componenti della delegazione antifascista incontrano il gen. Bernardo Cetroni; questi assicura che l'ordine di resistere è stato dato ai reparti e autorizza una piccola consegna di armi.
Nelle prime ore del pomeriggio si tiene un comizio presso l'antica sede della Camera del Lavoro mentre la comprensione di alcuni Comandi minori permette un modesto rastrellamento di armi che vengono nascoste in depositi cittadini.
[G. Vaccarino, Il movimento operaio a Torino nei primi mesi della crisi italiana, Comitato Onoranze Caduti per la Libertà, Milano 1953, pp. 53 e segg.]
Il gen. Enrico Adami Rossi consegna, senza colpo-ferire, la città ai tedeschi.

Cuneo, gli inviati del Comitato interpartitico di Torino scendono nella provincia a cercare il comandante della IV armata rientrato dalla Francia. Non lo trovano, il gen. Vercellino è fuggito. I soldati del presidio, chiusi nella caserma, attendono di conoscere il loro destino. Il col. Boccolari, comandante del 2° Rgt alpini, non ha ordini e non sa che cosa ordinare; nell'attesa fa mettere in salvo, su un camion, i suoi vasi di fiori.
Nelle strade è cominciato il caotico passaggio dei reparti della IV armata che rientra per sciogliersi.
Negli stessi giorni il dottor Dino Ronza, un funzionario delle Corporazioni, riapre la federazione fascista. Gli è vicino Leo Sclocchini, un ammalato di elefantiasi: pesa centocinquanta chili, è noto come una innocua persona che si occupa di calcio e di filodrammatica.

Ossola, un giornale locale «Il Popolo dell'Ossola» pubblica un appello dei partiti per la lotta «a fianco dei fratelli in armi» per «difendere l'armistizio». Ma gli ossolani in grigioverde stanno già tornando alle loro case e con loro molti commiitoni che cercano rifugio nella vicina Svizzera.
[Si calcola che non meno di trentamila siano stati gli appartenenti alla disciolta IV Armata affluiti in questi giorni nella valle.]
[A. Azzari, L'Ossola nella resistenza italiana. Domodossola, Ediz. Domese, 1954, p. 6.]

Sulle Alpi liguri e piemontesi la IV Armata del gen. Vercellino, colta di sorpresa dall'annuncio di armistizio all'inizio della sua marcia di trasferimento dalla Francia meridionale all'Italia, e con la maggior parte dei reparti e dei Comandi ancora accantonati nelle località di occupazione, si dissolve ancora prima di aver potuto schierarsi in linea e di aver preparato un piano di difesa.

Poco dopo l'8 settembre piccole bande si accantonano – forse più per la speranza di poter valicare la vicina frontiera elvetica che per sincero desiderio di lotta – sulla sponda occidentale del Lario e in particolare sui monti che sovrastano Dongo, dove lo stabilimento della Falk diviene il naturale centro cospirativo della zona.
[U. Buonafina, Note sulla Resistenza a Dongo, in Il Movimento di liberazione in Italia, Milano sett-nov 1955.]
Altri gruppi sono segnalati nella Valle d'Intelvi e nella zona del Monte Bisbino, ma di essi ben presto si perdono le tracce. Una banda di una quarantina di uomini è presente a Suello, nella Brianza orientale.
[M. De Micheli, Uomini sui monti, Editori Riuniti, Roma 1953, pp. 42-44.]


Milano, i tedeschi nominano Carlo Riva prefetto di Milano;
[Sarà sostituito più tardi da Piero Parini.]
Ermanno Amicucci entra al «Corriere della Sera» quale nuovo direttore, con a fianco il vicedirettore Ugo Manunta.
Lo stesso giorno, in piazza Duomo, si svolge un comizio antifascista; un gruppo di cittadini disarma dei tedeschi scesi da un treno alla stazione centrale. Ma la radio ripete ogni dieci minuti un avviso del Comando militare: «Attenzione, attenzione, fra poco trasmetteremo un comunicato importante».
Il comunicato, letto a sera, è la resa ai tedeschi presentata come la costituzione di una città "aperta". I tedeschi, secondo i patti, dovrebbero star fuori Milano e lasciare l'ordine pubblico alle truppe italiane. Perciò il gen. Vittorio Ruggero firma questo proclama:
«Chiunque userà lea rmi contro chiunque sarà senz'altro passato per le armi, sul posto. Da questo momento sono proibite le riunioni anche nei luoghi chiusi salvo quelll del culto nelle chiese. All'aperto non potranno aver luogo riunioni di più di tre persone. Contro gruppi di più di tre persone verrà aperto il fuoco senza intimazione».
[Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, G. Laterza & Figli, Bari 1980.]

a.f.: il gen. Vittorio Ruggero firma un accordo analogo, anche se mitigato nella forma, per la sua città. Nel comunicato con cui dà notizia ai cittadini degli accordi conclusi con il Comando germanico afferma tra l'altro: «Il Comando germanico rinuncia a pretendere di disarmare le truppe italiane ancora ai miei ordini. Io rimango ad occupare Milano con le mie truppe e ad assicurare l'ordine pubblico».
[È noto come il comando tedesco rispetterà questi impegni…]

Treviso, gli appelli al Comando del 14° Corpo d'A. restano senza eco e viene respinta la proposta del col. Pegoraro di un piano di difesa sulla rotabile Mestre e fascia lagunare.



Da questo momento la situazione generale nelle province venete orientali, nel Bellunese e nel Trentino, è caratterizzata dal distacco dal territorio nazionale delle province stesse che concorrono a costituire dei veri e propri "lands" germanici.
VEDI SOPRA:
- Zona di operazioni del litorale adriatico.
- Zona di operazioni delle Prealpi (Alpen Vorland).




Piombino, un forte contingente di truppe tedesche provenienti dalla Corsica si presenta davanti alla città per tentarvi uno sbarco. Subito, accanto ai marinai delle batterie costiere e ai soldati del presidio si mobilitano gli operai delle fabbriche e dopo una giornata di combattimento la colonna nemica viene quasi totalmente distrutta. Due corvette e numerosi zatteroni da sbarco sono affondati. I morti sono circa mezzo migliaio e i prigioneiri duecento. Ma il gen. Cesare Maria De Vecchi, comandante della div.ne costiera, fa liberare i prigionieri tedeschi mentre i loro commilitoni, ritornati in forze dal mare, possono finalmente due giorni dopo mettere finalmente piede nella città.

CENTRO

10, al mattino il gen. V. Ambrosio compie un timido tentativo, senza alcun esito.
[Il mar.llo P. Badoglio – secondo Ruggero Zangrandi – avrebbe posto un veto assoluto a questa diramazione, anche se, successivamente, il maresciallo escluderà che gli sia mai stata chiesta alcuna autorizzazione.]
mentre i sovrani e gli altri componenti della spedizione si imbarcano dal porto di Ortona, con la corvetta Baionetta (classe Gabbiano, serie Scimitarra), diretti a Brindisi, le due Div.ni Piave e Ariete sono appena state fatte ripiegare su Tivoli;
al mattino, rientrato nella Capitale ormai assediata, il gen. G. Carboni decide di richiamare le due Div.ni Piave e Ariete per un ultimo tentativo di difesa della capitale e installando il suo personale Comando in un appartamento di Piazzale delle Muse;
trova le strade tappezzate di manifesti, fatti stampare dal mar.llo Enrico Caviglia, che avvertono la popolazione che le trattative con i tedeschi sono a buon punto;


mentre i fuggiaschi giungono a Brindisi, dove si stabilisce la sede del governo, i tedeschi occupano Roma;
nel pomeriggio (con la data dell'11) vede la luce «Il Lavoro Italiano», organo della concentrazione antifascista;
[Richiamandosi a G. Garibaldi evocando il ricordo della difesa di Roma del 1849, incita il popolo a combattere, mentre i tedeschi sono già padroni della situazione.]

ore 16:00, Roma si arrende ai tedeschi;
l'accordo di resa è firmato al Ministero della Guerra, tra:
. ten.col. Leandro Giaccone, capo di S.M. della div.ne Leg. Cr. Centauro, per conto del gen. Giorgio Carlo Calvi di Bergolo,
. gen. Siegrid Westphal, capo di S.M. del comandante superiore del sud, per conto del feldmaresciallo A. Kesselring.
Nell'accordo è stabilito che le truppe tedesche devono sostare ai margini della città aperta di Roma, salvo l'occupazione della sede dell'ambasciata tedesca, della stazione radio di Roma e della centrale telefonica tedesca.
Dopo la resa, il gen. G. Carboni fa distruggere buona parte degli archivi del SIM, custoditi nelle due sedi di Forte Braschi e Palazzo Pulcinelli, occultandone una parte superstite nelle catacombe di San Callisto.
In seguito agli accordi presi tra il comando italiano e il feldmar.llo A. Kesselring, il col. G. Cordero di Montezemolo informa il Comando della Div. Sassari che le truppe tedesche non devono entrare in Roma (Città aperta);
[Le truppe che, pertanto, dalla via Cassia vogliono recarsi a sud di Roma devono transitare all'esterno del perimetro della città e possono quindi percorrere la via Trionfale e quindi la via lungo i Fossi S. Spirito-Maglianello e Magliana, passando il Tevere al ponte della stazione Magliana-Ostiense o più a valle.]

ore 17:00, mentre i reparti delle due Div.ni Piave e Ariete stanno spiegandosi attorno a Settecamini, verso l'Appia, giunge la conferma della conclusione delle trattative di armistizio con la proclamazione di Roma città aperta (il cui comando viene affidato al gen. Calvi di Bergolo) e con lo scioglimento dei reparti.

Verso sera, in seguito all'ultimatum del feldmar.llo A. Kesselring, il C.L.N. approva la resa di Roma, facendo così il suo debutto nella vita politica italiana.

Fuggito il mar.llo P. Badoglio, la situazione cambia.
Il capo della PS Carmine Senise parla con Ricci e i due si convincono che sarebbe pericoloso assassinare B. Mussolini in quanto tedeschi e fascisti ne trarrebbero orrende rappresaglie. Telefonano quindi al questore Gueli, che ha nelle proprie mani le sorti di B. Mussolini, dicendogli di «regolarsi con prudenza» (in gergo: non uccidere).

Combattimenti a Porta S. Paolo, all'Hotel Continental e nei sobborghi di Roma.

Roma, attorno al col. Montezemolo si forma un gruppo di ufficiali che cerca di organizzare un servizio di informazioni a favore del Comando alleato. Parallelamente, sull'esempio di quanto ha fatto il gen. De Gaulle in Francia, il col. Montezemolo tenta di organizzare, attorno a ufficiali in funzione di capi-nucleo, dei gruppi di combattimento reclutati tra i sottufficiali e i soldati della guarnigione di Roma, ancora assai numerosi nella capitale. Ma le difficoltà appaiono presto insormontabili. La più grave consiste nella necessità di dare una disciplina cospirativa a un personale che ne ignora le più elementari norme e spesso, anzi, ostenta la propria attività.

Roma, nel risveglio fascista si prepara la gestione delinquenziale di Bardi e di Pollastrini.

SUD

i fuggiaschi giungono a Brindisi;

Nola, mentre tenendosi in contatto con gli antifascisti il sottotenente dei carabinieri Giuseppe Pecorari nasconde le armi e don Angelo D'Alessio lega alla rivolta gli studenti, avvengono i primi scontri con i tedeschi.
Accesasi una sparatoria fra soldati italiani e una pattuglia tedesca prima nel centro, dinanzi al palazzo Mottola, e poi sulla strada di Avellino, subito i civili si uniscono ai militari trovando un capopopolo in Umberto Mercogliano.

11 SETTEMBRE 1943

NORD

Cuneo, viste inascoltate le richieste di arruolamento formulate per sé e i suoi amici politici (Partito d'Azione) dall'avv. Duccio Galimberti al generale comandante la zona, nel pomeriggio una dozzina di civili, in gran parte vecchi militanti antifascisti, parte da Cuneo alla volta di Valdieri, si impadronisce delle armi abbandonate nella caserma della GAF e sale alla Madonna del Colletto, tra le Valli del Gesso e dello Stura.
Questa banda, che assume il nome di Italia Libera e che sarà la matrice delle future formazioni GL del Cuneese, è uno dei pochi esempi di un reparto partigiano formato non solo da volontari "civili", ma organizzato, equipaggiato e armato in città prima del trasferimento sui monti.
I due estremi del particolarismo azionista sono dati in questo periodo:
- da un lato, dal gruppo romano dominato da preoccupazioni politiche e dalle lotte di corrente tra il gruppo socialista dei vecchi giellisti, che fa capo (dopo l'assassinio in Francia dei F.lli Rosselli) a Emilio Lussu, e quello dei liberalradicali di nuova acquisizione che si riconosce soprattutto in Ugo La Malfa;
- dall'altro, da quello piemontese.
È nel Piemonte infatti, dominato in questi mesi dalla figura di Duccio Galimeberti, che il P. d'Azione spinge maggiormente a fondo, sull'esempio comunista, una sua organizzazione militare differenziata che, sul nucleo iniziale della Banda Italia Libera, porterà alla costituzione nei primi mesi del 1944 dell'imponente gruppo delle Brigate (poi Div.ni) alpine Giustizia e Libertà.
Fra i due etremi di Roma e di Torino sta l'azione mediatrice di Milano e di F. Parri.
[Anche gli azionisti, nel contraddistinguere le loro formazioni con il nome di Giustizia e Libertà, oltre a richiamarsi alle origini del movimento dei F.lli Rosselli e di Emilio Lussu, hanno voluto stabilire un legame ideale con la "colonna" omonima, nelle cui file si erano battuti i primi volontari antifascisti italiani nella guerra di Spagna. Sull'esempio comunista anche il P. d'Azione costituirà a Milano, agli inizi del 1944, un suo Comando generale differenziato.]

Lo stesso giorno il magg. SS Joachim Peiper occupa Cuneo con 500 SS dotate di carri armati e autoblindo.

Borgo S. Dalmazzo, parallelamente al precedente agisce questo gruppo comunista, costituiitosi attorno ai due Barale, padre e figlio, ambedue caduti in seguito nel corso del rastrellamento del 1944.
Una prima banda raccolta nella Val Vermenagna, si dissolve; uguale sorte incontrano quella di Caraglio e una terza formata sopra Borgo S. Dalmazzo; solo tra il dicembre e il gennaio 1944 anche i comunisti organizzeranno una serie di bande dotate di maggiore vitalità e non sottoposte a continue crisi logistiche.]

[A Borgo San Dalmazzo (Piemonte), in una ex caserma degli alpini, comincia ora ad operare (1943 set- feb 1944) un campo di concentramento in cui vengono raccolti soprattutto gli ebrei profughi, di varie nazionalità, che hanno seguito in Italia la IV Armata al rientro dalla Francia meridionale, e gli ebrei piemontesi, in tutto circa 500 persone, 349 delle quali avviate ad Auschwitz il 21 novembre 1943.]

Sestri, soldati italiani tengono testa ai reparti tedeschi respingendone per ben due volte gli attacchi.
[R.Baccino, Contributo alla storia della Resistenza di Genova, Comune di Genova 1955, pp. 25-27.]

11, Venezia, mentre la città e l'intera costa veneta sono già occupate dai tedeschi, la regia marina riesce a mettere in salvo una parte delle proprie navi, che prendono il largo dirette a Malta (tra queste anche la Baionetta, che si fermerà a Pescara…)
ore 13:00, giunto in città nelle prime ore del giorno (12), mentre migliaia di soldati della II Armata sono stati disarmati e imprigionati e altre migliaia stanno confusamente cercando di raggiungere Fiume o Trieste, il gen. M. Robotti ordina lo scioglimento del Comando.

Una trentina di squadristi partono, come ai tempi della gioventù, su un camion, camicia nera, pistole e pugnali: fanno un giro per il Veneto fino a Verona per aiutare i camerati che rioccupano le sedi.
Verona, in serata i fascisti della città si ritrovano alla "Colomba d'Oro":
. Asvero Gravelli,
. Carlo Manzini, giornalista, direttore dell'«Arena»,
. Luigi Grancelli,
. Piero Cosmin, un superstite del fascismo "eroico", grande invalido della guerra di Spagna, tubercolotico capitato a Verona per l'amministrazione controllata di un'azienda.
Quest'ultimo, dopo aver telefonato a Roma senza ricevere risposta da qualcuno al partito o nei ministeri, decide – naturalmente previo permesso del gen. SS K. Wolff che ha stabilito il suo comando all'Hotel S. Lorenzo – di riaprire la federazione facendo quindi le prime nomine, riservandosi per sè la prefettura:
. Giovanni Bocchio, questore;
. Emo Bressan, preside della provincia;
. Luigi Grancelli, podestà.

 

CENTRO

11, mentre i ministri rimangono in carica per il normale funzionamento dei rispettivi dicasteri, il gen. Calvi di Bergolo, quale comandante della città aperta di Roma, ha alle proprie dipendenze una div.ne di fanteria per il mantenimento dell'ordine pubblico, oltre a tutte le forze di polizia;
in un comunicato egli dispone che:
- tutti i militari di qualunque grado che si trovano a Roma, appartenenti ai depositi, forti, enti militari vari, devono presentarsi al più presto alla rispettiva caserma con l'armamento individuale e con i mezzi che hanno in consegna: tempo 24 ore, trascorse le quali saranno denunciati al Tribunale Militare di Roma che siederà in permanenza;
- tutti coloro che detengono armi devono consegnarle ai Commissariati di P.S. del rispettivo rione: i tragressori saranno immediatamente tradotti al Tribunale di Guerra;
- valgono le disposizioni di ordine pubblico già in vigore (pubblicate con il manifesto dal Comando di C.d'A. di Roma);
- il coprifuoco è alle ore 21:30.
Lo stesso giorno viene emanata un'ordinanza del feldmar.llo A. Kesselring e un ultimo comunicato del gen. Calvi di Bergolo.
ore 18:00, all'ultimo consiglio dei ministri, sotto la presidenza del più anziano, constatato che la situazione è affidata all'Autorità Militare, si sono accordati per il normale funzionamento delle rispettive amministrazioni.

In serata l'occupazione dell'Italia da parte dei tedeschi è un fatto compiuto. E incominciano la spoliazione, la deportazione, l'inventario del bottino. Le cifre – come si leggeranno nel rapporto del gen. A. Jodl – sono le seguenti:
- 1.255.660 fucili;
- 38.383 mitragliatrici;
- 9.986 pezzi di artiglieria;
- 15.500 automezzi;
- 67.600 fra muli e cavalli,
- vestiario per 500.000 uomini.
[Nel compiacimento per la vendetta fulminea si accettano per buone anche cifre evidentemente false: per esempio 4.553 aerei e 970 mezzi corazzati, quando all'8 settembre restano all'Italia poche centinaia di aerei e forse 300 carri.]
In poche ore seicentomila soldati italiani sono avviati ai campi di concentramento.
[Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, G. Laterza & Figli, Bari 1980.

Siena, il prof. Giovanni Brugi, che ha la cattedra di Anatomia all'Università, diventa commissario federale responsabile politico del Fascio.

SUD

Nola, i tedeschi rispondono con un eccidio: dieci ufficiali del 48° artiglieria vengono fucilati contro il muro della caserma, davanti alla truppa che assiste all'esecuzione in ginocchio. Un contadino, Giuseppe Napoletano, viene finito a pugnalate e lasciato esposto per tre giorni.

Bari, la sera, i pochi che possono captare le deboli onde di «Radio Bari» ricevono conferma della fuga del re da lui stesso…
«Per il supremo bene della Patria, che è sempre stato il mio primo pensiero e lo scopo della mia vita, è nell'intento di evitare più gravi sofferenze e maggiori sacrifici, ho autorizzato la richiesta di armistizio. Italiani, per la salvezza della capitale e per potere pienamente assolvere i miei doveri di re, col Governo e colle autorità militari mi sono trasferito in altro punto del sacro e libero suolo nazionale…».
[A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud, Migliaresi, Roma 1946 (ristampa, Parenti, Firenze 1955, pp. 40-41.]

12 SETTEMBRE 1943

NORD

Casale Monferrato, dell'XI Legione della MVSN è rimasto soltanto il comando: nove ufficiali e ventidue fra sottufficiali, graduati e militi, in tutto trentuno uomini (secondo un rapporto del comandante Luciano Imerico).
Mentre il giorno precedente il direttore di polizia Senise (illusosi di una possibile ritirata dei tedeschi), si è disdetto con l'ispettore Gueli, ora, consultatosi con Calvi di Bergolo radiotelegrafa di nuovo all'ispettore Gueli: «massima prudenza».
Con ciò l'ordine sanguinario del mar.llo P. Badoglio è revocato.

Como, gli uomini di Carlo Porta riesumano il vecchio stile: sfilano per le vie della città con gagliardetto nero e prendono a schiaffi, a randellate, i passanti che non alzano il braccio nel saluto romano.


Milano, duro colpo all'organizzazione del Partito del Nord (socialista): un gruppo di 42 dirigenti e militanti del Centro milanese viene arrestato.

La Spezia, arriva il cap. vascello Berlinghaus che si fa ricevere da J.V. Borghese; tra i due un accordo in 5 punti:
1. - La Decima Flottiglia Mas appartiene alla Marina italiana, dipende dalla Marina italiana, veste la divisa italiana, i suoi uomini – se dovessero presentarsene le circostanze saranno giudicati da tribunali militari italiani;
2. - La Decima Flottiglia Mas batte bandiera italiana;
3. - tutte le unità navali già in possesso della Decima Flottiglia Mas l'otto settembre, tornano da questo momento in possesso dell'unità;
4. - la Decima Flottiglia Mas è alleata del Reich tedesco e dipende operativamente dal comando militare tedesco;
5. - il capitano di fregata Junio Valerio Borghese è riconosciuto comandante della Decima Flottiglia Mas.

[In particolare, in riferimento al punto 3. c'è da notare che se i mezzi devono essere restituiti significa che tra l'8 e il 12 settembre i tedeschi hanno portato via i battelli…]

Padova, riapre la federazione fascista; gli squadristi:
. Nullo Toderini,
. Alfredo Allegra,
. Dumas Sogli,
formano il primo triumvirato.


CENTRO
Con un colpo di mano ("operazione Eiche") B. Mussolini è liberato da una task force tedesca, al comando del cap. Heinrich Gerlach, e trasportato in Germania.
[In pratica 8 alianti, partiti da Pratica di Mare trainati da alcuni trimotori, sbarcano in una giornata d'estate negli ampi spazi di Campo Imperatore sul Gran Sasso.
Su uno degli aerei è presente anche il maggiore o col. delle SS Otto Skorzeny che non è stato comunque l'organizzatore della spedizione, come in altre parti affermato, studiata invece dal ten.gen. K. Student cui A. Hitler ha affidato l'organizzazione del piano. Con loro c'è anche il gen. Soleti, capo del Corpo di polizia, portato con sé dai tedeschi.
Uscito dall'albergo, B. Mussolini sale su un minuscolo aereo-aliante, un Fieseler-Storch, che riesce a decollare solo grazie al valoroso pilota cap. Heinrich Gerlach, e portato a Pratica di Mare.
Secondo alcune fonti sarebbe stato sufficiente scendere a valle con la funicolare, la cui stazione di partenza, come quella di arrivo, è nelle mani dei tedeschi del magg. Hans Mors.
In ogni caso, da Pratica di Mare il duce, dopo un breve sosta, con un aeroplano speciale prosegue fino a Vienna dove trascorre la prima notte all'Hotel Continental.
La commozione dell'Italia è immensa, anche se qualcuno avrebbe preferito fossero stati i fascisti a liberare il Duce e non i tedeschi.]

Sono usciti intanto da Regina Coeli:
. Nicolò De Cesare, ex segretario personale del duce, assieme a lui al momento dell'arresto,
. Attilio Teruzzi,
. Raffaello Riccardi,
. Cesare Mori,
. Umberto Guglielmotti,
. Nino D'Aroma;
da Fonte Boccea sono stati liberati:
. Ugo Cavallero (che i tedeschi suicideranno a Frascati dopo una cena con il feldmar.llo A. Kesselring),
. Guido Buffarini Guidi, sottosegretario agli Interni,
. gen. Ubaldo Soddu,
. Renzo Montagna, console,
. Telesio Interlandi, giornalista, che ha dirtto «La difesa delal razza»,
. Luigi Freddi, capo della cinematografia fascista,
. Asvero Gravelli,
. Guiglelmo Pollastrini, squadrista,
. Enrico Varenna, amico di Farinacci,
. Raffaello Manganiello, prefetto.
Caricati in aereo, vengono ora trasferiti a Monaco.
I generali, tranne quelli presi dai tedeschi o taluni fascistissimi, se appena possono se la squagliano. Ad aderire alla RSI non ci sono che scartine, tranne naturalmente il mar.llo Rodolfo Graziani intrappolato abilmente dai tedeschi tra adulazione e minacce.
La lista nera dei perseguibili è lunga:
- tra i generali:
. Robotti,
. Vercellino,
. Caracciolo,
. Gariboldi,
. Rosi,
. Vecchiarelli,
. Malaguti,
. Moizo,
. Dalmasso;
tra gli ammiragli:
. Campioni,
. Mascherpa,
. Zannoni,
. Matteucci,
. Leonardi,
. Pavesi.
Qualcuno pagherà con la vita, altri subiranno dure condanne. ]

Roma, un ordine del giorno votato dal C.L.N. viene portato subito a Brindisi:

Il Comitato di Liberazione Nazionale constata dolorosamente che nell'ora più angosciante della Patria il monarca e il capo del governo non sono rimasti al loro posto di direzione e di comando e che, in conseguenza di questa carenza, ogni possibilità di difesa e di resistenza è stata profondamente scossa e vulnerata e si propone di continuare la sua azione, perché il popolo ritrovi le vie della dignità e della riscossa.

Castel Gandolfo (a sud di Roma): le autorità tedesche rilasciano l'autorizzazione alla circolazione dei mezzi del Collegio di Propaganda Fide (confinante con la villa pontificia) per il trasporto dei rifornimenti.

SUD

Napoli, il col. Scholl ordina una colossale retata: seimila cittadini spinti dai soldati sul rettifilo, sono costretti a vedere la fucilazione di un marinaio, colpevole di aver gettato una bomba mano sui tedeschi. Dopo l'esecuzione tutti devono camminare fino ad Aversa.
Qui i cinquecento che vengono trattenuti devono assistere a un'altra fucilazione, di quattordici carabinieri che hanno sparato qualche colpo prima di arrendersi.

Barletta (Bari) – una delle rare città dove l'esercito ha saputo battersi (34 morti) prima della resa – i tedeschi fucilano 11 vigili urbani e 2 spazzini. Uno degli spazzini, Francesco Paolo Falcinelli, ferito gravemente, riesce a sopravvivere.

ISOLE

12 (09) Liberazione della Maddalena (Sardegna).

[A. Basso, L'armistizio del settembre 1943 in Sardegna, Rispoli, Napoli s.d.]

13 SETTEMBRE 1943

NORD

Viene istituita la sezione italiana del RUK (Rüstung und Kriegsproduktion), il ministero tedesco guidato da Albert Speer;
[Si articola per comitati corrispondenti ciascuno a un settore produttivo; ed è guidato da alti ufficiali tedeschi che per lo più nella vita civile avevano esercitato funzioni dirigenti nel settore industriale.
L’articolazione dell’amministrazione tedesca nell’Italia occupata, come ha illustrato ampiamente Lutz Klinkhammer, è complessa e condizionata dalle molte frizioni e rivalità tra i diversi poteri. Malgrado tali inciampi, la strategia tedesca nei confronti della struttura industriale italiana è sostanzialmente lineare: dopo aver divisato l’asportazione di tutte le strutture produttive italiane in Germania, i tedeschi devono constatare l’impossibilità di procedere all’attuazione del loro piano per le difficoltà insormontabili derivanti dalla carenza dei mezzi di trasporto e dai bombardamenti dell'aviazione degli Alleati sulle vie di transito.
Ai primi del 1944 sceglieranno, quindi, la strada di far funzionare le industrie italiane, ai fini del rifornimento della loro macchina bellica, secondo la linea sostenuta da Albert Speer, ministro del Reich per gli armamenti e la produzione bellica.

A fianco della sezione del RUK il ministro dell'Economia della RSI Angelo Tarchi dà vita, con il benestare tedesco, a una struttura parallela, i Comitati industriali in cui siedono rappresentanti degli imprenditori e funzionari ministeriali; ma ci sono pure i delegati tedeschi del RUK a ogni livello della struttura italiana, e l’assenso tedesco è indispensabile per ogni decisione di qualche rilievo.
I Comitati industriali sono uno dei luoghi più appariscenti del collaborazionismo italiano. La minaccia tedesca, giustificazione ed alibi per tutti i personaggi coinvolti, è forse meno greve di quanto essi non abbiano voluto far credere.
[Ci sono sintonie tra i funzionari dell’occupazione tedesca e gli imprenditori italiani che non di rado provocano un’inversione di ruoli tra fascisti e occupanti, come quando – il 18 marzo 1945 – il capo della Polizia della RSI avvertirà i questori che le autorità tedesche hanno protestato per gli arresti di dirigenti di aziende «protette»,
effettuati dalla polizia italiana senza darne notizia allo Hochester und Polizeifuehrer Italien.]

[Milano (data ?), il capoprovincia e podestà Piero Parini lancia con successo un prestito di un miliardo a favore non del fascismo ma della città di Milano.
Bollata immediatamente dal CLN come atto di collaborazione, il prestito nel dopoguerra sarà riconosciuto come legittimo della prima amministrazione democraticamente eletta.]

Genova, il gen. Coppi, ricomparso in città, va dal prefetto Guido Letta a lamentarsi perché i tedeschi dimostrano «poca fiducia in lui».

CENTRO
la notte, dopo aver trascorso la serata ospite del feldmar.llo A. Kesselring, il mar.llo U. Cavallero sparisce in modo misterioso.

Lo stesso giorno, l'agenzia ufficiale tedesca di notizie, «Deutsches Nachrichten Bureau», comunica:
«Dal Quartier Generale del Führer, 12 settembre. Reparti di paracadutisti e di truppe di sicurezza germanici, unitamente ad alcuni elementi delle SS, hanno oggi condotto a termine un'operazione per liberare il Duce che era tenuto prigioniero dalla cricca di traditori. L'impresa è riuscita. Il Duce si trova in libertà. In tal modo è stata sventata la sua progettata consegna agli anglo-americani da parte del governo di Badoglio.».

[Intanto, a mezzogiorno, da Vienna B. Mussolini viene portato a Monaco, dove nel frattempo sono giunti sua moglie e i due bambini più piccoli. La famiglia ritrovata alloggia all' "Albergo Vierjahreszeiten".
Sempre a Monaco B. Mussolini vede brevemente Buffarini Guidi e gli altri gerarchi appena portati lì da Roma.]

SUD
Napoli, divenuta zona di operazioni, la città è soggetta alle leggi di guerra tedesche; comanda la piazza il col. Scholl, ligio all'ordine (befehl) secondo il quale, Napoli intera vale meno di un soldato tedesco;
l'unico rimasto a tentare di proteggere la città (tra quanti hanno ricoperto alte cariche) è il prefetto Soprano;
dopo 4 giorni di rivolta popolare, la folla caccia i tedeschi dalla città;

Brindisi, si installa la Missione Militare Alleata, composta da:
. ten.gen. Frank Mason Mac Farlane, (già governatore di Gibilterra),
. gen. Taylor;
all'amministrazione partecipano organi italiani ma ciò non rappresenta ancora un riconoscimento del governo badogliano poiché la missione costituisce un vero e proprio governo di cui l'italiano diventa un puro organo esecutivo [l'uomo di paglia, il servitore che può risparmiare molte noie, ecc.].


14 SETTEMBRE 1943

[Intanto, al mattino, B. Mussolini e i suoi familiari che hanno trascorso la notte all' "Albergo Vierjahreszeiten", sono in viaggio verso Rastenburg, al quartier generale di A. Hitler che lo sta attendendo il duce assieme a Vittorio Mussolini, suo figlio.
Subito inizia con il Führer un lungo colloquio che deciderà il suo destino e quello del fascismo.
Alla fine incontra i fedelissimi, arrivati in Germania più o meno clandestinamente come altri gerarchi dopo il 25 luglio:
. A. Pavolini, (ha preso il nome di conte Pini);
. R. Farinacci, (giunto il 26 luglio, grazie all'aiuto dell'ambasciatore tedesco a Roma, Hans Georg von Mackensen e di sua moglie, ha preso il nome di avv. Silva);
. G. Preziosi, prete spretato e fanatico propugnatore della crociata razzista;
. R. Ricci, capo dell'Opera Balilla;
. Vittorio Mussolini, assieme al cognato Orio Ruberti;
. Cesare Rivelli, corrispondente dell' «Agenzia Stefani» e dell'Eiar da Berlino;
. Angelo Vecchio Verderame, giornalista che vive da vent'anni in Germania;
. Valla.
Alcuni di loro danno vita a una rudimentale stazione radio che trasmette dalla Prussia soprattutto slogan, preceduti dalle note di Giovinezza. Da «radio Monaco» B. Mussolini rivolge il suo primo discorso dopo la prigionia al Gran Sasso.]

NORD

Domodossola, attorno al prof. Ettore Tibaldi, socialista, si è intanto costituito un centro cospirativo che raccoglie armi e viveri per le bande e cerca di mettersi in contatto con i centri cospirativi sorti a Pallanza e a Omegna e soprattutto con Milano, Torino e Novara.

Valsesia, all'Alpe Piana di Cervarolo Vincenzo Moscatelli [Cino] ha già radunato una banda di "ribelli", nucleo delle future formazioni garibaldine.
A P. Secchia, tornato da Roma dopo le giornate del 9-10 settembre, con le direttive del PCI per la costituzione dei distaccamenti d'assalto Garibaldi, si uniscono Cino Moscatelli ed Eraldo Gastone [Ciro], un ex ufficiale della Aeronautica che diverrà poi il comandante delle formazioni garibaldine valsesiane.
Borgosesia, oltre al reperimento e all'occultamento delle armi e del materiale di equipaggiamento abbandonati nelle caserme e nei depositi, si costituisce un primo comitato d'intendenza che organizza l'arrivo nella Valle della maggior quantità possibile di viveri, scorte e indumenti.

Convegno di Arona, vi partecipano, fra gli altri:
. F.lli Mario e Corrado Bonfantini di Novara,
. prof. Ettore Tibaldi, sceso da Domodossola,
. Vincenzo Moscatelli [Cino], sceso dalla Valsesia,
. Aldo Berrini [o Denini] e Menotti per il Basso e l'Alto Verbano.
Dal convegno sorge quello che potrebbe considerarsi il primo tentativo di Comando unificato di zona mediante accordi stabiliti fra i diversi gruppi e l'impegno a periodiche riunioni.
Lo stesso mese, Jens Francis Jocumsen, un geniere australiano fuggito da un campo di prigionia italiano si unisce a Vincenzo Moscatelli [Cino].
[Rimarrà con lui fino al 7 dicembre 1944, quando sarà richiamato dal Som (Special Operations Mediterranean) in Svizzera per riferire.
Ecco quindi come il Som si è infiltrato capillarmente nelle bande partigiane comuniste. In particolare nelle formazioni biellesi, dove il predominio del Pci clandestino è pressoché totale. Ed ecco perché, quando il Soe chiede a quali formazioni garibaldine paracadutare gli aiuti, E. Sogno indica proprio la zona di Biella.]

Torino, solo ora viene dato il permesso di ritirare il denaro nelle banche, e con prudenza: 1.000 lire per i libretti di risparmio, 5.000 per i conti correnti, 50.000 per i conti di corrispondenza.

CENTRO
Frascati, al mattino, quando il secondo scaglione deve partire per la Germania, il mar.llo U. Cavallero risulta assente: dopo una breve ricerca, viene trovato seduto su una poltrona di vimini, nel giardino dell'albergo Belvedere di Frascati, con la tempia destra forata da un proiettile.
Si propaga subito il sospetto che sia stato ucciso dai tedeschi.
Roma, nei vari Ministeri vengono nominati i Commissari [che sostituiscono il titolare di diritto fino alla nomina del successore] nelle persone dei direttori generali più anziani, ma non dal Comando tedesco bensì dal comandante della città aperta di Roma, gen. Giorgio Carlo Calvi di Bergolo (marito di Jolanda e quindi genero del re);
[Essendo supplenti del governo assente, i commissari sono anche suoi provvisori rappresentanti, fatto questo trascurato o non avvertito dai tedeschi.]

Commissari
[14 set - ?]
Presidenza del Consiglio
dei Ministri
dr. Gian Giacomo Bellazzi
(14 set - ?)
Affari Esteri
dr. Augusto Rosso
(14 set - ?)
Interno
dr. Lorenzo La Via
(14 set - ?)
Africa Italiana
dr. Enrico Cerulli
(14 set - ?)
Grazia e Giustizia
dr. Giovanni Novelli
(14 set - ?)
Finanze
dr. Ettore Cambi
(14 set - ?)
Educazione Nazionale
dr. Giuseppe Giustini
(14 set - ?)
Lavori Pubblici
ing. Paolo Salatino
(14 set - ?)
Agricoltura
prof. Vittorio Ronchi
(14 set - ?)
Comunicazioni
ing. Luigi Velani
(14 set - ?)
Industria, Commercio e Lavoro
dr. Ernesto Santoro
(14 set - ?)
Cultura popolare
(Minculpop!)
dr. Amedeo Tosti
(14 set - ?)
Scambi e Valute
dr. Francesco Cremonese
(14 set - ?)
Produzione bellica
dr. Franco Liguori
(14 set - ?)

art. 3 - L'incarico di commissario non comporta alcun emolumento.




Castel Gandolfo: è ristabilito il contatto con Roma e il Vaticano e il camioncino, adibito a piccoli servizi, può nuovamente circolare.

SUD


15 SETTEMBRE 1943

NORD


[Intanto, al mattino, l' «Agenzia Stefani» dirama il seguente comunicato: «Benito Mussolini ha ripreso oggi la suprema direzione del fascismo in Italia».
Tornato a Monaco, B. Mussolini si stabilisce a Waldbichel, vicino a Weilheim (Baviera meridionale), nel castello di Hirschberg da dove detta le sue prime disposizioni.

Dal Quartier Generale tedesco, mediante l'agenzia ufficiosa tedesca «D.N.B.-Deutsches Nachrichten Bureau», B. Mussolini dirama cinque brevi "ordini del giorno":
1. annuncia che riprende la suprema direzione del fascismo;
2. al posto del Pnf, sciolto dal "governo Badoglio", nell'Italia settentrionale è costituito il Pfr (Partito fascista repubblicano) di struttura simile al Pnf;
ne è segretario A. Pavolini (fino al 25 aprile 1945), vice-segretario Giuseppe Pizzirani;
3. ordina a tutte le autorità militari e civili, anche agli "epurati", di riprendere immediatamente i loro posti;
4. dichiara ripristinate tutte le istituzioni del partito, col compito di appoggiare l'esercito germanico, di dare al popolo immediata assistenza morale e materiale e di punire esemplarmente i vili e i traditori;
5. ricostituisce la MVSN (Milizia volontaria per la Sicurezza dello Stato).]

Meina, sul lago Maggiore: alcune famiglie israelite hanno qui le loro ville; gli ebrei rimpatriati da Salonicco dopo l'occupazione tedesca abitano in albergo. Le famiglie Fernandez, Mosseri, Torres, Modiano all'Hotel Meina dove è arrivata da Milano la famiglia Pombas; in tutto 17 persone.
Già nei giorni dell'armistizio sono passate le punte motorizzate tedesche per andare a chiudere i valichi con la Svizzera.
Ora un reparto SS mette presidi nei centri rivieraschi e il Comando a Baveno. Sono SS reduci dal fronte russo, specializzate nella strage dell'ebreo. Un plotone viene diritto all'hotel, cattura gli ebrei.
[Su chi li abbia indirizzati si fanno diverse ipotesi:
- Petacci, per vendicarte le ironie e gli insulti del periodo badogliano;
- un cliente novarese: avendogli l'albergatore rifiutato una stanza lo avrebbe denunciato come ebreo che favorisce gli ebrei.
A fine guerra si racconterà di misteriosi giustizieri in divisa inglese (gli israeliani della VIII armata britannica?) venuti da Milano a regolare i conti.
Nulla c'è comunque di certo…]
Dopo la cattura i 17 ebrei sono riuniti in un salone al terzo piano. Sentinelle davanti alla porta, proibizione di avvicinarsi, unica eccezione per una signorina milanese "ariana" fidanzata di un Pombas. Trascorreranno 7 giorni sempre chiusi nel salone del terzo piano… [segue giorno 22]


Intanto si possono già contare alcuni gruppi di "ribelli":
- una trentina di "sbandati" a Campertogno all'imbocco della Val d'Artogne;
- un gruppo formato in maggioranza di ex prigionieri inglesi ad Agaria;
- un gruppo alle Piane di Cervarolo,
- un gruppo a Sabia dove viene pure stabilito un primo deposito di armi.
Gruppi più consistenti che già si possono chiamare partigiani, stabiliscono le loro basi a Borgosesia e a Varallo.
Quello di Varallo può già contare su una quarantina di uomini al comando di Attilio Musati di Valmaggia.
Distaccamenti minori vengono stabiliti a Grignasco e a Cavaglia di Rocca Pietra.
Piuttosto eterogenea (ex ufficiali, sbandati, operai, studenti) la composizione delle prime bande del Biellese che hanno le loro basi nella Valle dell'Elvo, presso il Santuario della Graglia, e presso il Santuario di Oropa al Mucrone.
[P. Secchia e C. Moscatelli, Il Monte Rosa è sceso a Milano. Ed. Einaudi, Torino, 1958, pp. 53-72.]

SUD

Bari, il mar.llo P. Badoglio pubblica un proclama agli italiani e alle forze armate ripetendo le consuete accuse contro i tedeschi e contro i capoccia fascisti, accumulatori d'oro e privi d'onore;


16 SETTEMBRE 1943

[Dopo i cinque precedenti, segue un altro "ordine del giorno" di B. Mussolini comunicato dall'agenzia ufficiosa tedesca «D.N.B.-Deutsches Nachrichten Bureau»:
6. B. Mussolini incarica il luogotenente generale R. Ricci del comando in capo della MVSN.
Manda quindi A. Pavolini a Roma con l'incarico di formare il nuovo governo e si trasferisce a Monaco dove incontra altri prigionieri italiani, addetti ai servizi, con la scritta "Italien" sul dorso.
Nella nuova residenza ha le prime notizie dirette sulla situazione italiana e si abbocca con i gerarchi liberati dal forte di Boccea, sin dal 13 e 14 trasportati da Roma in Germania:
. Guido Buffarini Guidi,
. gen. A. Teruzzi (Pnf)
lombardo,
. amm. Arturo Riccardi,
. Interlandi,
. Freddi,
. Gravelli,
. Varenna,
. altri,
tenuti sotto sorveglianza dai tedeschi a Oberaudorf.
Manca il mar.llo U. Cavallero, sparito in modo misterioso la notte del 13.]

NORD

Milano, nella seconda metà di settembre, quando le speranze di una rapida liberazione del Nord sono definitivamente tramontate, Umberto Recalcati (PSIUP) e i dirigenti dell'Unione Lavoratori decidono lo scioglimento. Uguale decisione prendono le Commissioni interne di fabbrica milanesi, costituite dopo l'accordo Mazzini-Buozzi, presto imitate da quelle di Torino, di Genova e dei centri industriali minori.
Alla sostituzione delle disciolte Commissioni interne e all'affiancamento di quelle mantenute in funzione, si provvede, in un primo tempo, con le Commissioni Sindacali Clandestine (solo a dicembre si trasformeranno in Comitati di Agitazione, acquistando nei primi mesi del 1944 carattere di permanenza e di organicità).

Liguria
, sull'Appennino ligure sono già presenti piccoli gruppi e bande a Voltri, Gorzente, Malvaro, nella Val Borbera e a Bovone, presso Gavazzano: nuclei delle future Div.ni Cichero, Coduri, GL, ecc..
In particolare la Cichero, una delle formazioni madri del partigianato ligure, nasce dall'unione di alcuni giovani operai di Chiavari con un gruppo di ex prigioneri di guerra e che, dopo aver vagabondato sulle montagne della zona, si accantona nel casone della "Stecca", presso Cichero, sotto la guida di Giobatta Canepa [Marzo] e di Mascarello [Libero]
[G.B. Canepa [Marzo], Storia della Cichero, Genova, ANPI, s.d. pp. 7-8.]

Venezia, Jona, il presidente della Comunità Ebraica di Venezia, si suicida per non consegnare la lista degli ebrei ai nazisti.
e se solo il 15% gli ebrei itaiani saranno dpeortati,graziea ad unavasta e diffusa solidarietà, dall'Italia e dai teritori italiani extrametropolitani saranno deportate 8369 persone: 6244 cittadini italiani, 1915 stranieri, 210 di cittadinanza sconsociuta. 82 ebrei sono sdeporati d paesi stranieri. In Italiani ne sarran uccisi
Ebrei deportati
[dall'Italia e dai tetritori italiani extrametropolitani]
- cittadini italiani
6.244
- cittadini stranieri
1.915
- cittadinanza sconosciuta
210
Totale
8.369
Ebrei italiani deportati da paesi stranieri
82
Ebrei uccisi in Italia
292
   

Dati forniti da Riccardo Calimani, p. 66, in:
Francesco Selmin, Da Este ad Auschwitz, Cooperativa Giordano Bruno Editrice, Este 1988.]

 

 

CENTRO

Roma, arrivato a Roma dalla Germania, A. Pavolini si reca a piazza Colonna per prendere possesso della vecchia sede del partito; qui lo attendono un centinaio di persone, un reparto della milizia della strada e della contraerea; sale al primo piano del palazzo Wedekind, ripare la sede, si affaccia alla terrazza per issare il gagliardetto, e provvede a sistemare a difesa il palazzo. Mitragliatrici sono fissate sulla terrazza e sul tetto, un piccolo carro armato staziona sulla piazza, alla porta sono poste delle sentinelle. Un plotone di carabinieri che ha assistito alla scena, trovandosi in piazza Colonna per misure di ordine pubblico, si ritira.
Così comincia la vita del partito fascista divenuto repubblicano.
Lo stesso giorno il gen. Giorgio Carlo Calvi di Bergolo nomina altri Commissari:

Commissari
[16 set - ?]
Guerra
gen. di C.d'A. nella riserva
Remo Gambelli
(16 set - ?)
Marina
amm. di div.ne
Emilio Ferreri
(16 set - ?)
Aeronautica
gen. A.A. r.n. pilota
Aldo Urbani
(14 set - ?)

art. 3 - L'incarico di commissario non comporta alcun emolumento.



SUD

Napoli, i tedeschi cominciano la distruzione sistematica e scientifica del porto e del poco ancora esistente degli impianti industriali;

Rionero in Vulture (Potenza), alcuni paesani si ribelllano ai tedeschi per fame; danno l'assalto ad un magazzino militare, rischiano la morte per una coperta, per un po' di cibo. Fra i tedeschi che cercano di allontanare la folla, che sparano, se ne trova anche uno che aiuta una contadina a portare via un sacco di farina.

17 SETTEMBRE 1943

[Dopo i sei precedenti, segue un altro "ordine del giorno" di B. Mussolini comunicato dall'agenzia ufficiosa tedesca «D.N.B.-Deutsches Nachrichten Bureau»:
7. il Pfr (Partito fascista repubblicano) libera gli ufficiali delle Forze Armate dal giuramento prestato al Re, accusato di aver consegnato la Nazione al nemico.]

NORD


Boves (Cuneo), due aerei tedeschi sorvolano le pendici della Bisalta e lanciano manifestini invitanti alla resa.
La marea degli sbandati, dei rifugiati, è già in calo, restano, nelle frazioni, forse cinquecento uomini.

Milano, il comando III Zona della MVSN ordina che tutti i legionari della città e della provincia si presentino "d'urgenza";

CENTRO

Firenze, si ricostituisce la famigerata 92ª legione della Milizia.

18 SETTEMBRE 1943

[Nel suo primo discorso da «Radio Monaco», B. Mussolini ribadisce l'impegno assunto nei confronti di R. Ricci aggiungendo inoltre che l'esercito nascerà attorno alla Milizia, anzi l'esercito sarà costituito dalla Milizia perché soltanto un esercito di partito può difendere la repubblica fascista da una replica del 25 luglio;
si annuncia che la MVSN riprende la sua vecchia caratteristica e ritorna al suo normale funzionamento;
si dispone la chiamata in servizio di tutti i militi e si ammonisce "Il presente bando ha valore di cartolina precetto";

NORD

Boves (Cuneo), al momento del combattimento c'è ora soltanto un centinaio di uomini, in maggioranza valligiani:
- alla sinistra, i bovesani Renato Aimo e Bartolomeo Giuliano, con i compaesani;
- al centro, Ignazio Vian, veneziano, con i suoi soldati della guardia di frontiera; ha in dotazione un cannone da 75 con un solo colpo da sparare;
- alla destra, il cuneese Gino Renaudo.
I ribelli sono armati di fucili 91, di mitragliatrici Breda, di mitragliatori.
Nel pomeriggio il magg. SS Joachim Peiper manda un avanguardia, cinquanta uomini con due pezzi da 88. Si fermano sul piazzale della fornace Regia e tirano sulle borgate, su Roccasetto, Moretto, Sant'Antonio, Castello, senza preavviso; poi entrano in Boves.
Alla popolazione fatta radunare in piazza, il comandante dice: «Se non volete che fuciliamo gli uomini andate in montagna e dite ai ribelli che hanno quarantott'ore di tempo per scendere. Se consegneranno le armi saranno lasciati liberi». Qualcuno sale sulla montagna a informare i ribelli che decidono di ricusare l'offerta.

Verona, il ten.col. Vittorio Facchin scrive alla federazione fascista della città: «Ho la gioia di informarvi che ho restituito alla caserma dell'8° bersaglieri il nome legittimo di Benito Mussolini, per il quale e nel cui nome questo battaglione SS in formazione è disposto a tutto osare in modo che il tradimento del Savoia e dell'innominabile marchese di Caporetto sia lavato con il sangue degli anglosassoni e di tutti i nemici del fascismo».

Stando ad una conta rigorosa – vedi Gruppi partigiani all'atto della smobilitazione nelle varie regioni italiane – che separa i ribelli armati dagli sbandati e dai rifugiati, la Resistenza italiana, a dieci giorni dall'armistizio, può contare su circa 1.500 uomini:
- 1.000, nell'Italia settentrionale, metà dei quali nel Piemonte,
- 500, in quella centrale e meridionale, più della metà dei quali nella zona di confine fra le Marche e l'Abruzzo.
Millecinquecento uomini in banda, pronti a combattere a dieci giorni dall'armistizio. Più le migliaia unitisi alle Resistenze straniere, più i seicentomila che vanno alla deportazione e alla non-collaborazione in Germania, più un popolo intero che non vuole saperne della guerra a fianco del tedesco.
In Europa solo la Jugoslavia sa fare di meglio.
I dieci giorni di settembre, sono anche i giorni in cui, senza vedersi e senza conoscersi, si schierano le forze nemiche: il tedesco occupante nelle città di pianura; e qua e là il nuovo fascismo che rinasce.
[Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, G. Laterza & Figli, Bari 1980.]

 

19 SETTEMBRE 1943

NORD

Boves (Cuneo), ore 10:00, due SS in automobile, inviate in paese dal magg. SS Joachim Peiper, restano in panne e vengono catturate da un camion di ribelli scesi per la corvée del pane. Non si spara neppure. I due prigionieri vengono portati in montagna.
ore 12:30, il magg. SS Joachim Peiper arriva in paese con il resto dei suoi uomini ed entra in municipio alla ricerca del podestà e del segretario comunale che sono già fuggiti in montagna.
Al comandante tedesco si presentano il parroco Giuseppe Bernardi e l'industriale Antonio Vassallo i quali, previa promessa che avrebbe risparmiato il paese se verranno liberati i prigionieri, si dirigono in montagna in automobile. Dopo quaranta minuti tornano con i prigionieri ma vengono fatti salire su una camionetta che percorre lentamente il paese in fiamme. Alla fine del giro il parroco e l'industriale vengono cosparsi di benzina, colpiti da raffiche, dati alle fiamme mentre agonizzano.

Prima e dopo il combattimento, per terrorizzare la popolazione e isolare i partigiani già numerosi e organizzati nelle valli del Cuneese, i tedeschi incendiano la cittadina e massacrano 45 civili.

[A.f.: prima di ritirarsi i tedeschi mettono a ferro e fuoco la cittadina dando alle fiamme 417 case e massacrando 24 civili, tra i quali il parroco e il commissario prefettizio, bruciati vivi nelle proprie abitazioni. Nel corso di successive azioni di rappresaglia il numero degli uccisi salirà a 132 e le case incendiate a 741 (dati forniti dal comune di Boves).
La massa originaria dei militari della disciolta IV Armata si assottiglia e si seleziona per assumere sempre più un carattere spiccatamente volontaristico e partigiano. In questa seconda fase un semplice subalterno, il sottoten. Ignazio Vian, assume il comando della Banda autopromuovendosi capitano.]
[Renato Carli Ballola, La Resistenza armata, 1943-1945, Edizione del Gallo SpA, già Edizioni Avanti! Milano 1965.]

Valcuvia, nei pressi di Varese, nella seconda quindicina del mese, sul Monte S. Martino sistemato a fortezza, il col. Carlo Croce ha raccolto circa centocinquanta sbandati che ha inquadrato in tre compagnie, sotto il nome di Gruppo Cinque Giornate dell'Esercito Italiano. Un serie di fortunati colpi di mano gli ha permesso di ammassare una notevole quantità di viveri, armi e munizioni.
Nonostante il divieto di attaccare i tedeschi nella zona, alcuni distaccamenti, nel corso di operazioni volanti, operano il fermo, sulla strada tra Cuvio e Mesenzana, di un'automobile tedesca: uccidono un capitano delle SS, un sottufficiale e l'autista, e fanno prigioniero l'unico superstite. In un successivo scontro con una camionetta tedesca, all'imbocco della Valle, restano uccisi o feriti cinque militari tedeschi. La reazione germanica non si farà attendere.

Nelle Prealpi lombarde il nucleo più importante di "ribelli" è comunque quello salito sulle montagne del Lecchese. Si tratta di qualche centinaio di uomini raccolti in gruppi e bande fra le quali spicca, per attività e consistenza bellica, quella accantonata sulla cima del Pizzo d'Erna. Qui al nucleo originario di sbandati si sono presto aggiunti giovani volontari affluiti da Milano e da Lecco: elementi politicamente qualificati che imprimono alla banda un ritmo aggressivo.
La dislocazione di queste formazioni in una zona che domina la linea ferroviaria della Valtellina e la strada più diretta che congiunge alla pianura padana, non può non preoccupare il Comando tedesco che in ottobre


Mantova, secondo la legge marziale in vigore, vengono fucilati dieci soldati italiani:
1. Binder Luigi,
2. Corradini Mario,
3. Pasconi Attilioi,
4. Rimoldi Francesco,
5. Arisi Giuseppe,
6. Bianchi Giuseppe,
7. Colombo Bruno,
8. Colombi Mario,
9. Carli Alessandro,
10. Peggenini Luigi,
«perché hanno sparato su di un reparto di soldati germanici in marcia. In tale occasione venivano feriti due soldati germanici».
[Dal manifesto/avviso del 20 settembre del Feldkommandantur Mantua.]

CENTRO

Castel Gandolfo: al cancello della zona extraterritoriale viene posto un picchetto di carabinieri. Lo stesso giorno si riesce a consegnare ad alcuni evasi inglesi, nascosti nella valle Suppentana, la somma di quarantamila lire, fatta pervenire dal ministro Osborne, rifugiato in Vaticano.

VALNERINA (Umbria): i campi di prigionia per militari alleati che insistono più direttamente sul territorio sono quelli di Colfiorito di Foligno e Pissignano presso Campello sul Clitunno, oltre al campo di lavoro di Morgnano nelle vicinanze di Spoleto e altri minori presso Marsciano, Papigno di Terni, Ruscio di Monteleone di Spoleto e Bastardo di Giano dell’Umbria.

19, VALNERINA: nei pressi della Forca di Cerro, tra Spoleto e la Valnerina, il cap. Ernesto Melis di Guido – capitano S.P.E. nei bersaglieri, nel periodo 8 settembre 1943 - 17 giugno 1944 – pluridecorato (in Spagna, dove aveva combattuto come volontario nel Regio esercito, e in Libia), al momento dell’armistizio istruttore presso la Regia Accademia militare di Modena), insieme ad altri ufficiali del Regio Esercito, costituisce nel paese montano di Gavelli (Sant’Anatolia di Narco), paese della Valnerina sul Monte Coscerno, la "I Banda Melis".
Ne fanno parte, tra gli altri:
. cap. Enrico Vecchi,
. Manlio Valentini, ufficiale,
. ten. Alberto Fortunati;
. ten. Giorgio Gatti,
. Marco Antonio Fiorani, (fratello maggiore)
. sten. Alessandro Fiorani, carrista,
. Pietro Gelio Fiorani,
[I tre f.lli Fiorani sono figli di Marco Antonio Fiorani, capitano di artiglieria, noto professionista spoletino, cattolico e antifascista.]
. sten. Alfonso Pucci della Genga,
. sten. Carlo Leonardi,
. sten. Francesco Franceschini,
. sten. Francesco Patrizi;
. Paolo Schiavetti Arcangeli, patriota, medaglia d'oro al valor militare;
[a.f.: all’inizio la formazione è composta di ottanta elementi tra cui due capitani, un tenente, cinque sottotenenti e tre allievi ufficiali di complemento.
Come recita lo statuto, «unica propaganda permessa e voluta
è quella anti-tedesca e anti-fascista
», e i suoi esponenti si definiscono “patrioti” piuttosto che partigiani.
Diversamente da altre formazioni partigiane umbre, si caratterizza per la sua natura apolitica e per il rispetto, da parte dei membri, dei codici e dei regolamenti del Regio Esercito Italiano, e fa capo al Fronte Militare Clandestino del col. Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo.
È una formazione, quindi, molto lontana dall’impostazione politico-ideologica della Brigata "Gramsci" e fra i due leader, Ernesto Melis e Filipponi, i rapporti sono fin dall’inizio molto difficili.
Ancora più difficili quelli con i partigiani jugoslavi di Svetozar Lakovic [Toso], che combattono una guerriglia dichiaratamente rivoluzionaria e di tipo comunista.
La banda arriverà a contare più di 150 elementi ai quali si aggiungerà a fine ottobre una componente slava e britannica, formata da ex prigionieri di guerra evasi dal carcere di Spoleto grazie anche all'aiuto del Direttore, padre dello stesso Ernesto Melis.
I primi scontri con reparti tedeschi sono alla fine del mese, e le azioni del cap. Ernesto Melis assumono grande risonanza popolare. La banda aiuta anche prigionieri Alleati a superare le linee.
Poi, in ottobre, i primi contatti con realtà minori della resistenza locale come ad esempio il piccolo gruppo di comunisti ternani di Alfredo Filipponi, le prime divergenze sulla conduzione della guerra e la rottura con un gruppo di slavi capeggiato da Svetozar Lakovic [Toso] che, insofferente alla disciplina militare, da comunista titino è contrario alla fedeltà del cap. Ernesto Melis allo Stato italiano, abbandona Gavelli.
Le ultime attività della Brigata "Melis" si concentreranno fra novembre e dicembre '43. A metà di novembre, infatti, il cap. Ernesto Melis sarà costretto a sciogliere la formazione a causa della cattura dei suoi familiari da parte delle autorità fasciste repubblicane del Prefetto Armando Rocchi.
I militari del gruppo continueranno però a battersi, chi in gruppi autonomi chi confluendo in nuove realtà quali, ad esempio, la Brigata "Gramsci" (che entrerà in piena operatività da marzo 1944) e nella 4ª Brigata Garibaldi di Foligno.
Composizione, direzione e posizionamento di queste formazioni muteranno più volte nel corso dei circa dieci mesi di lotta partigiana. Spesso, incalzate dalla repressione, dovranno sciogliersi per ricostituirsi altrove, sempre nei territori confinanti fra l’Umbria e le Marche.
[Fra il settembre e il 29 ottobre 1943, sono ristorati, nutriti ed equipaggiati secondo le possibilità della "I Banda Melis" circa
«250 inglesi evasi dai campi di lavoro».]

22, VALNERINA: Colfiorito, dal campo di prigionia (PG 64) oltre mille montenegrini prendono la via della montagna, mentre alcune centinaia rimangono nel campo;
[Il PG 64 era stato istituito nel 1939 per confinati politici albanesi e italiani. Per un breve periodo, tra il 1941 e il 1942, ospitò anche
un certo numero prigionieri inglesi, australiani e neozelandesi, ma dal gennaio 1943 fu destinato esclusivamente a internati civili montenegrini, tanto che, poco prima dell’armistizio, ve ne erano oltre millecinquecento.]

lo stesso mese, nei giorni successivi all’armistizio, il comandante
italiano del campo di lavoro (PG 115) di Morgnano (PG) favorisce l’evasione e la fuga di circa centocinquanta prigionieri alleati.
[Egli avrebbe addirittura aperto le celle e rifornito i prigionieri, prima di darsi egli stesso alla macchia.]
Nelle miniere di Morgnano Leonardo Penagini è interprete per i prigionieri al lavoro.
Nelle settimane successive, gruppi di prigionieri stazionano nei boschi alle pendici dei monti Martani, fra i villaggi di Uncinano, Terzo la Pieve e Roselli.
Alcuni raggiungono, la "Banda Melis" appena costituita; altri sono ricatturati e inviati al carcere di Spoleto: una decina fra il settembre e l’ottobre 1943, altri nella primavera successiva.
Un gruppo di sei prigionieri, alla macchia nei boschi vicino a Roselli, viene individuato dai tedeschi con l’appoggio di fascisti locali e, durante l’azione che porta alla loro ricattura, un prigioniero, il soldato britannico William Edwards del 5° Battalion, Green Howards,
viene freddato.
[Nonostante venga istruito dagli alleati un processo per crimini di guerra, i responsabili non saranno individuati.]

 

SUD
Napoli, il col. Scholli riceve l'ordine che proibisce ogni azione contro le proprietà civili ma in calce è scritto pure che le distruzioni dovranno farsi draconiane se la popolazione dimostra ostilità verso i soldati tedeschi.
quel poco che si riesce a salvare dalla furia del colonnello lo si deve al prefetto Soprano;
Bari, con un radiodiscorso il mar.llo P. Badoglio risponde immediatamente al quello pronunciato a Monaco da B. Mussolini, esponendo largamente le responsabilità anteriori al 25 luglio, ma tacendo quelle posteriori…
Egli è ancora convinto di rientrare a Roma in poche settimane.
In effetti alle quattro province di Taranto, Lecce, Brindisi e Bari viene riservato un trattamento diverso da quello delle altre invase (amministrate dall'AMGOT (Allied Military Government Occupied Territories): vengono cioè poste alle dirette dipendenze della Missione Militare Alleata che sceglie come sede l'Albergo Internazionale, dopo aver fatto sloggiare lo S.M. italiano.

20 SETTEMBRE 1943

NORD

Una ventina di giovani saliti a Quarna, sull'Alpe Fova, si raccoglie attorno all'architetto Filippo Beltrami, ufficiale di complemento del disciolto esercito, dando vita a una banda che dispiega un'intensa attività in tutta la zona dl Cusio.
[A. Marchetti, Ribelle, Tip. Toffaloni, Milano 1947, pp. 9 e segg.;
e G. Beltrami, Il capitano, Gentile, Milano 1946; rist. Milano, Edizioni Avanti!, 1964.]

Mentre un aiuto ai prigionieri di guerra fuggiti dai "campi" lo hanno subito prestato i contadini come i f.lli Cervi, e i parroci di campagna come il bergamasco don Gioppino, da questo momento, su iniziativa di F. Parri, l'ing. Giuseppe Bacciagaluppi crea un servizio apposito che regolerà con il passar dei mesi le iniziative regionali.
Le regioni partigiane si dividono i transiti per la Svizzera:
- al Piemonte spettano quelli della val d'Ossola e di Luino;
- alla Lombardia quelli di Varese;
- all'Emilia quelli del basso lago di Como;
- al Veneto (comprese le province lombarde di Bergamo e di Brescia) quelli dell'alto lago di Como;
- la Liguria fa direttamente capo a Milano.
Dapprima le spese sono completamente a carico dei CLN regionali.

CENTRO

Firenze, i tedeschi si portano via anche l'Istituto Geografico Militare della città obbligando i 200 ufficiali e i 10 funzionari a trasferirsi a Merano e a Innsbruck.

Roma, il magg. SS Herbert Kappler si fa ricevere da Vincenzo Azzolini, governatore della Banca d'Italia, e gli ingiunge di consegnare la riserva aurea; spedisce quindi le 120 tonnellate di oro a Milano.
I tedeschi si portano via anche l'Istituto Geografico MIlitare di Firenze obbligando i 200 ufficiali e i 10 funzionari a trasferirsi a Milerano e a Innsbruck.

SUD

solo ora, malgrado sia già stato consegnato ai delegati italiani inviati per la capitolazione e sia arrivato già dal giorno 5 al Comando supremo, il mar.llo P. Badoglio viene a conoscenza dell'armistizio "lungo" portatogli da H. Macmillan e dal ten.gen. Frank Mason Mac Farlane;

Matera, dal giorno 18 ad oggi i tedeschi hanno preso dodici ostaggi, li ha chiusi nella caserma della milizia fascista che è fuori città sulla strada per Potenza, e ha minato l'edificio. Due mitragliatrici sono piazzate davanti all'edificio.

21 SETTEMBRE 1943

NORD

Sestri, l'ultima domenica di settembre, i GAP liguri guidati da Giacomo Buranello (il primo comandante dei GAP liguri, uno dei più gloriosi caduti della Resistenza ligure) attaccano in pieno giorno una pattuglia fascista.
A questa azione faranno seguito l'eliminazione a Genova, in via 20 Settembre, di due ufficiali tedeschi e, sempre in via XX Settembre, in appoggio agli scioperi di dicembre, l'attacco a una colonna di soldati tedeschi.

CENTRO
-

SUD

nel suo discorso W. Churchill ha parole di lode per il mar.llo P. Badoglio e afferma la necessità che tutte le forze sopravviventi della vita nazionale italiana si raccolgano attorno al loro «legittimo governo» [pur dicendo «noi non conosciamo nulla di questo governo»] e che il re e il maresciallo siano sostenuti da tutti gli elementi liberali e di sinistra.
[La questione del riconoscimento è quindi rimandata e infatti la Commissione Militare tiene ancora il mar.llo P. Badoglio all'oscuro della sua vera posizione.
Nello stesso tempo anche anche i gruppi del Fronte nazionale d'azione (avendo egli respinto alcune loro richieste che non è in grado di realizzare) lo dichiarano antidemocratico e nemico dei partiti.]

Matera, ore 17:00, scoppia un'insurrezione;
[La miccia si è accesa in via S. Biagio, nella oreficeria Caione, dove, assente il titolare, sono presenti la signora Michelina e alcuni parenti. All'uscita di alcuni soldati tedeschi che si sono intascati anelli e orologi "per ricordo"… due italiani sparano contro di loro: uno tedesco cade ucciso nel negozio, l'altro ferito viene finito con una bomba a mano. All'accorrere di altri tedeschi, contro di loro iniziano a sparare anche gli ex militari e i civili.]
Si combatte attorno alla piazza grande, in via Cappelletti.
Emanuele Manicone, 44enne, padre di famiglia, esattore della Elettrica Lucana, corre per le vie del centro urlando la notizia: «Hanno ammazzato due tedeschi!», poi vede un maresciallo nazista da un barbiere, gli si getta contro con un coltello, lo ferisce, lo disarma; corre poi alla caserma delle guardie di finanza che è lì vicino, chiama i militi, li guida al combattimento ma muore tra le braccia degl amici subito dopo, colpito da una raffica di mitra.
I tedeschi vanno alla cabina della distribuzione dell'elettricità, minano gli impianti, fucilano due ingegneri della Elettrica Lucana.
ore 18:00, la caserma della milizia salta in aria con gli ostaggi chiusi li dentro nei tre giorni precedenti; solo uno dei dodici è riuscito a scampare.
Poco dopo, all'arrivo dei doldati canadesi tornano anche i reali carabinieri: uno arresta il contadino Di Cuia fra i più coraggiosi durante l'insurrezione, perché ha tenuto in casa delle bombe mano.
[a.f.: Matera, insurrezione. Massacrati dai tedeschi 16 ostaggi.]

22 SETTEMBRE 1943

NORD

nuovo appello-minaccia ai militi: chi non si presenta entro tre giorni sarà considerato disertore;

Meina, sul lago Maggiore: [segue dal giorno 15] da Baveno un giovane ufficiale tedesco di nome Krüger, riunisce gl "altri" e dice: «Vi avviso che stanotte trasporteremo gli ebrei in un campo di lavoro. Prego scusare se ci sarà un po' di disturbo». E agli ebrei tramite l'interprete, la signora Rosenberg: «Stanotte partite per un campo di lavoro che è a duecento chilometri. Restano, per il momento, nonno Fernandez e i suoi tre nipotini. Troveremo per loro un mezzo di trasporto più comodo».
Il viaggio notturno degli ebrei di Meina termina invece appena fuori paese… ognuno viene ucciso con un colpo alla nuca e gettato in acqua. Nella notte fra il 23 e il 24 saranno trucidati il nonno Fernandez e i tre nipotini.

CENTRO

Roma, qui e in altre città limitrofe, viene pubblicata (su ordine del feldmar.llo A. Kesselring e avallata dai Commissari dei Ministeri degli Interni e dell'Industria) un'ordinanza uguale a quella emanata a Napoli anche se in questo caso essa può essere discussa, fatta ritirare e sostituita con altri provvedimenti.

Lo stesso giorno le SS arrestano l'ex capo della PS Carmine Senise, che ha mantenuto il suo ufficio al Viminale, e il gen. Riccardo Maraffa della polizia coloniale che ha assunto le funzioni di capo della PS nella città aperta.
[Mentre il primo tornerà dalla Germania il secondo vi morirà in un campo di concentramento.]



Abruzzo, il tentativo di un gruppo di giovani aquilani di costituirsi in banda fallisce; partiti dall'Aquila per raggiungere le pendici del Gran Sasso, essi sono presto avvistati, inseguiti e dispersi il giorno seguente da un reparto germanico. Nove di essi cadono prigionieri e, malgrado l'intervento del vescovo, sono fucilati all'alba del 25 in località Casermette.

SUD

Napoli, il col. Scholli emana un'ordinanza secondo cui gli uomini di Napoli e altri comuni vicini, tra i 18 e i 33 anni devono presentarsi entro tre giorni per il servizio obbligatorio del lavoro; si minacciano l'uso della forza e sanzioni contro i renitenti.
Lo stesso giorno i popolani del Vomero si impadroniscono delle armi della 107ª batteria, nascoste da Ugo Russo.

23 SETTEMBRE 1943

NORD

Verona, mentre sa che a Roma si sta formando il nuovo governo, il gen. K. Wolff pubblica sui giornali della città un comunicato bilingue, in cui afferma che tutte le autorità politiche e amministrative devono dipendere soltanto da lui.

23
, ad una domanda precisa, posta da J.P. Goebbels ad A. Hitler, fin dove egli intenda espandere il territorio del Reich, il Führer risponde che dovrebbero avanzare fino al confine del Veneto e il Veneto stesso dovrà poi essere incluso nel Reich in forma autonoma… anche e soprattutto perché, dopo la guerra vittoriosa, il Reich stesso potrebbe fornire al Veneto il movimento turistico al quale Venezia attribuisce la massima importanza.
J.P. Goebbels annota inoltre sul suo diario: «La catastrofe italiana si è rivelata un buon affare per noi»; nelle circolari ai reparti si fa invece notare che «il governo fascista, dopo il riconoscimento da parte nostra come alleato, ha consegnato alla Germania quasi tutto l'oro italiano – anche se la consegna non è stata proprio spontanea –, quasi tutto il radio, grandi quantitià di mercurio, molto altro materiale prezioso».
Lo stesso giorno (e fino al 21 ottobre) i tedeschi usano il marco di occupazione, che è superiore di un terzo al cambio normale.
[Del resto il cambio non ha valore nelle compensazioni commerciali.]
Stato nazionale repubblicano
Presidente
del Consiglio
[Consiglio dei Ministri: Bogliaco, Villa Bettini]

B. Mussolini
(1943 23 set - 25 apr 1945)
[Risiede con la famiglia a Gargnano, Villa Feltrinelli;
ufficio e segreteria particolare: Gargnano, villa delle Orsoline]

Sottosegretario alla presidenza

F.M. Barracu
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Segretario particolare

Giovanni Dolfin
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Interno
[Maderno]

avv. G. Buffarini Guidi
(1943 23 set - 21 feb 1945)

Sottosegretario

Giorgio Pini
(1943 23 set - 25 apr 1945)>

Capo della Polizia

Tullio Tamburrini
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Prefetto di Milano

Mario Bassi
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Difesa
[fra Desenzano e Salò (villa Omodei) e a Cremona]

mar.llo R. Graziani
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Forze armate
-

Capo di gabinetto di Rodolfo Graziani

Vittorio Magno Bocca
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Capo della segreteria militare del Ministero

Rosario Sorrentino
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Esercito

Sottosegretario

Umberto Giglio
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Alfonso Ollearo
(1943 23 set - 25 giu 1944)

Segretario generale

Emilio Canevari
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Capo di stato maggiore

G. Gambara
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Capo di stato maggiore

Archimede Mischi
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Aeronautica

-

Sottosegretario

gen. Carlo Ernesto Botto
(1943 23 set - 7 mar 1944)

Marina
[Vicenza, Palazzo Thiene, fino al 14 mag 1944]

-

Sottosegretario

amm. Antonio Legnani
(1943 23 set - † 20 ott 1943)

Responsabile del CCIV Comando militare regionale (Trieste)

generale di corpo d'armata
Giovanni Esposito
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Responsabile del CCX Comando militare regionale (Alessandria)

generale di corpo d'armata
Luigi Jallà
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Responsabile del CC Comando militare regionale (Roma)

generale
Federico Macrì
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Capo di stato maggiore del CCI Comando militare regionale (Firenze)

maggiore
Giuseppe Magini
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Responsabile del XXIX Comando militare provinciale (Treviso)

colonnello
Giorgio Milazzo
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Responsabile del CCVI Comando militare regionale (Torino) e poi capo della polizia della RSI

generale di divisione
Renzo Montagna
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Affari Esteri
[Salò]

-

Sottosegretario

Serafino Mazzolini
(1943 23 set - 23 feb 1945)

Ambasciatore a Berlino

Filippo Anfuso
(1943 23 set - 26 mar 1945)

Economia Corporativa
[Verona]

ing. Silvio Gai
(1943 23 set - 31 dic 1943)

Finanze
scambi e valute
[?]

prof. D. Pellegrini-Giampietro
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Sottosegretario Carlo Fabrizi
(1943 23 set - 25 apr 1945)
[del. Prezzi]

Agricoltura e Foreste
[Treviso poi S. Pellegrino]

dr. Edoardo Moroni
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Lavori pubblici
[Venezia]

Ruggero Romano
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Giustizia
[Cremona poi Brescia]

avv. Antonio Tringali-Casanova
(1943 23 set - 4 nov 1943)

Cultura popolare
(Minculpop!)
[Salò, Villa Omodei]

dr. Fernando Mezzasoma
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Comunicazioni

ing. Giuseppe Peverelli
(1943 23 set - 5 ott 1943)

Educazione nazionale
[Padova]

prof. Carlo Alberto Biggini
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Lavoro
Giuseppe Spinelli
(1943 23 set - 25 apr 1945)
Attività Statali
Renato Ricci
(1943 23 set - 25 apr 1945)

Commissariato nazionale del lavoro della RSI

Ernesto Marchiandi
(1943 23 set - 25 apr 1945)
[responsabile, sindacalista fascista]

Altre nomine:
. Ezio Pizzi, commissario al Dopolavoro,
. Bruno Gemelli, commissario all'Associazione Combattenti,
. Carlo Borsani (cieco di guerra e medaglia d'oro) commissario all'Associazione Mutilati,
. dott Zappi Recordati, commissario alla Confederazione Agricoltori.
[Più tardi, il gen. Francesco Paladino sarà nominato al neo istituito Ispettorato militare del lavoro (una specie di "Organizzazione Todt" italiana).]

[Al suo posto, forse B. Mussolini non lo sa, A. Hitler avrebbe voluto Giuseppe Tassinari, ex ministro dell'Agricoltura, fatto portare a Berlino dal col. Dollmann per avere un'idea di che uomo fosse, mentre J.P. Goebbels avrebbe preferito Federzoni.
Ma ormai il compito spetta a B. Mussolini.]

Note:
Qualcuno aderisce, qualcuno no. Molti finiscono in prigione.
Cominciano gli Stati a schierarsi a fianco o contro.
Riconoscono la RSI:
- le nazioni su cui comanda il Reich,
- Ungheria (ambasciatore accreditato a Salò: gen. Ladislao Szabo)
- Giappone (ambasciatore accreditato a Salò: Sciurukuro Hidaka),
- Manciukuò (ambasciatore accreditato a Salò: Lo Chen Pang).
Non riconoscono la RSI (per restare sui neutri):
- Spagna, Portogallo, Svizzera, Svezia, Turchia, Argentina, Vaticano.
Rifiutano di aderire:
. Giacomo Paulucci de Calboli Barone, fascista della prima ora, ambasciatore di Madrid;
. Francesco Giorgio Mameli,
. Massimo Magistrati (cognato di G. Ciano),
. Renato Bova Scoppa,
. Emanuele Grazzi,
. col. Bodini, addetto militare a Bucarest;
. Luigi Barzini, giornalista,
. Marco Ramperi, giornalista,
. Luigi Romersa, giornalista,
. Arnaldo Cappellini, giornalista,
. Carlo Manzoni, giornalista,
. Alessandro Minardi, giornalista,
. Bruno Spampanato, giornalista,
. Mirko Giobbe, giornalista,
. Cesco Tommaselli, giornalista,
. Ather Cappelli, giornalista,
. Giorgio Pini, giornalista,
. Pietro Caporilli, giornalista,
. Concetto Pettinato, giornalista,
. Paolo Fabbri, giornalista,
. Umberto Guglielmotti, giornalista,
. Barna Occhini, giornalista,
. Rino Alessi, giornalista,
. Ezio Camuncoli, giornalista,
. Mario Rivoire, giornalista,
. Ugo Manunta, giornalista,
. Ermanno Amicucci, giornalista,
. Giulio Benedetti, giornalista,
. Giulio Cesco Baghino, giornalista.
[Mentre finiscono in carcere a Roma a San Giorgio al Celio Alberto Bergamini e Tomaso Smith (evaderanno nel gennaio 1944). Più tardi ne saranno imprigionati altri, tra cui Indro Montanelli.]
. Riccardo Bacchelli,
. Romano Romanelli, scultore (va con i partigiani),
. Mario Soldati, (da Roma passa a Sud),
. Leo Longanesi, (da Roma passa a Sud),
. Alberto Moravia ed Elsa Morante (sua moglie).

Restano fedeli:
. Filippo Anfuso, ambasciatore a Budapest;
. Claudio De Mohr, ambasciatore a Sofia;
. Raffaele Casertano, ambasciatore a Zagabria;
. Eugenio Morreale, console a Malaga, da sempre acceso antitedesco;
. conte Aldrovandi Marescotti, ambasciatore a Berlino;
. Giovanni Gentile (futuro presidente dell'Accademia d'Italia),
. Pericle Ducati,
. Ugo Ojetti,
. Guelfo Civinini,
. Ardengo Soffici,
. Giuseppe Villaroel (futuro caporedattore della «Nuova Antologia»),
. Guido Manacorda,
. Giotto Dainelli (futuro presidente dell'Accademia d'Italia, dopo la morte di Giovanni Gentile),
. Cipriano Efisio Oppo (futuro direttore dell'Accademia di Belle Arti trasferita a Venezia),
. Marino Moretti (premio Accademia d'Italia per il 1944),
. Leonida Tonelli (premio Accademia d'Italia per il 1944),
. Francesco Tommaso Marinetti,
. Francesco Ercole (futuro direttore del commissariato per il Vittoriale e della «Nuova Antologia»).

Rimangono neutri (nel senso di "Ni"):
. Ada Negri,
. Francesco Pastonchi,
. Giovanni Papini,
. Giorgio Pasquali,
. Renato Simoni,
. Francesco Vallauri.

 



Pfr (Partito fascista repubblicano)
[Partito unico, di struttura simile al Pnf (Partito nazionale fascista)]

- Segretario: A. Pavolini (1943 set - 25 aprile 1945);
- vice-segretario: Giuseppe Pizzirani (1943 set - ?);
- segretario al partito: Olio Nunzi;
- capo della MVSN (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale): R. Ricci (1943 set - nov 1945) con il gen. Niccolò Nicchiarelli capo di SM, Asvero Gravelli sottocapo e Tullio Tamburini capo della Polizia.
[In seguito: Asvero Gravelli passerà commissario dei beni della Real Casa Piero Acquarone, che ha le sue sotanze a Verona e provincia.]

Primo Direttorio del Pfr
[fino a marzo 1944]
 
Fasci
Altro
. Piero Asti Liguria  
. Fulvio Balisti
[eroe di Bir el Gobi]
   
. Carlo Borsani
  Associazione mutilati e invalidi
. prof. Alfredo Cucco
[siciliano]
  Istituto di cultura fascista e per le province invase
. Giuseppe Dorigo Piemonte  
. Franco Marina   Associazione famiglie dei caduti
. Giulio Gaj   Gruppi fascisti di azione giovanile
. Bruno Gemelli
  Associazione nazionale combattenti
. Carlo Giglio
all'estero  
. Gino Meschiari Toscana  
. Franz Pagliani Emila e Romagna  
. Alessandro Palladini
  Associazione nazionale famiglie caduti pe la Rivoluzione
. Giuseppe Pizzirani
Lazio e Abruzzi  
. Sergio Stroppiana   Associazione volontari di Guerra
. Leo Todeschini
[veronese, medaglia d'oro]
Tre Venezie  
. Agostino Vandini Marche  
. Aldo Vidussoni
[ex segretario del partito e medaglia d'oro]
  Istituto del Nastro Azzurro
. Luigi Ruzzier Trieste  
 
 

Brigate Nere
(braccio armato del Pfr) - Segretario del Pfr: A. Pavolini.
- Addetto al segretario: magg. Puccio Pucci
- Capo di S.M.: col. Eduardo Facdouelle.

n.
Sede
nome
com.te
note
I
Torino
"Ather Capelli"
Giuseppe Solaro

Ather Capelli, condirettore della «Gazzetta del popolo» (Torino) durante la RSI.

II
Alessandria
"Attilio Prato"
Carlo Valassina

Attilio Prato, segretario del Pfr di Sezzadio (Alessandria).

III
Aosta
"Emilio Picot"
ing. Giuseppe Berio
IV
Asti
"Luigi Viale"
Umberto Sacchero
V
VI
Novara
"Augusto Cristina"
Stefano Dongo

Augusto Cristina, mutilato fascista.

VII
Vercelli
"Bruno Ponzecchi"
Gaspare Bertozzi

Bruno Ponzecchi, segretario del Pfr di Ponzone Trivero (Vercelli).

VIII
Milano
"Aldo Resega"
Vincenzo Costa

Aldo Resega, commissario federale del Pfr di Milano.
Nato dal Reggimento federale "Carroccio" costituito all'inizio di giugno dal commissario federale Vincenzo Costa "per la difesa delle vite e delle case dei fascisti" dagli attacchi dei GAP milanesi.
Secondo il comandante Vincenzo Costa gli squadristi sono 1.500 divisi in due battaglioni, uno in città e uno in provincia. Le 11 sedi rionali di Milano e le dieci sedi capo-zona della provincia sono diventate "comandi di compagnia".

IX
Bergamo
"Giuseppe Cortesi"
Angelo Berizzi
X
XI
XII
Cremona
"Augusto Felisari"
? Cerchiari
XIII
Mantova
"Marcello Turchetti"
Stefano Motta
XIV
Pavia
"Alberto Alfieri"
Dante Cattaneo

Alberto Alfieri, colonnello dell'aeronautica, comandante del "Battaglione di Sicurezza" fascista della provincia di Pavia.
Il capo di stato maggiore è il tenente colonnello Arturo Bianchi, già squadrista.

XV
XVI
Varese
"Dante Gervasini"
Renzo Migliorini
XVII
Venezia
"Bartolomeo Az[z]ara"
Pio Leoni

Si verifica un serio contrasto fra il commissario federale Pio Leoni e il fiduciario del partito, Gay, degenerato in aspra discussione con vie di fatto.

XVIII
XIX
Rovigo
"Romolo Gori"
Anteo Zamboni
XX
Treviso
"Francesco Cappellini"
Romano Munari
XXI
Verona
"Stefano Rizzardi"
Luigi Sioli
XXII
XXIII
Bologna
"Eugenio Facchini"
Pietro Torri

Eugenio Facchini, commissario federale del Pfr di Bologna.

XXIV
Ferrara
"Igino Ghisellini"
Arnaldo Rosi

Igino Ghisellini, commissario federale del Pfr di Ferrara.

XXV
XXVI

XXVII
XXVIII
Piacenza
"Pippo Astorri"
Alberto Graziani
XXIX
Ravenna
ing. Pietro Montanari
XXX
Reggio Emilia
"Umberto Rosi"
Armando Wender
XXXI
Genova
"Silvio Parodi"
Livio Faloppa

Silvio Parodi, generale della GNR, commissario prefettizio al comune di Genova durante la RSI.

XXXII
Imperia
"Antonio Padoan"
Mario Massina

Antonio Padoan, sacerdote, appartenente al movimento fascista "Crociata italica" che, con decine di migliaia di tesserati, ha il suo settimanale omonimo «Crociata Italica» che raggiunge 150 mila copie ed è stampato da don Tullio Calcagno, già parroco di Terni.
[Quest'ultimo, essendo appoggiato da R. Farinacci la cui lotta contro il Vaticano e contro il clero nemico del fascismo e del nazismo dà sovente in eccessi sgraditi ai cattolici, viene prima sospeso a divinis e più tardi scomunicato.]
Altro giornale favorevole alla R.S.I. è «L'Italia cattolica» stampato a Milano.

XXXIII
La Spezia
"Tullio Bertoni"
Luigi Bertozzi
XXXIV
Savona
"Giovanni Briatore"
Mario D'Agostino

Giovanni Briatore, ispettore federale del Pfr di Savona.

Cappellano delle Brigate Nere: padre Eusebio [Eugenio Zappaterreni], dell'Ordine dei francescani minori conventuali di San Francesco.


CENTRO



Roma, quando viene annunciata la formazione del nuovo governo, fascisti e non fascisti rimangono impressionati dalla partecipazione come ministro della Difesa del mar.llo R. Graziani (con il sottosegretario alla Marina amm. Legnani e il sottosegretario dell'Aeronautica Carlo Ernesto Botto);
poco prima della proclamazione del nuovo governo, il feldmar.llo A. Kesselring fa arrestare il gen. Giorgio Carlo Calvi di Bergolo e il gen. Di Giorgio, comandante la piazza, (che poi moriranno in prigionia), Tabellini e Maraffa, e scioglie il neo governo; quando conosce il nuovo ministro degli Interni fa invadere il Viminale pigliando il capo della Polizia Senise con altri funzionari e mettendo sottosopra gli uffici; decide inoltre di sciogliere la div.ne Piave accampata a Villa Borghese (basteranno 20 paracadutisti tedeschi a disperderla);
lo stesso giorno R. von Rahn annuncia ai Commissari dei Ministeri la nomina del nuovo gabinetto ma il feldmar.llo A. Kesselring subito dopo manda agli stessi l'ingiunzione di restare ai loro posti.

27, Castel Gandolfo: un inserviente del collegio riesce a far entrare un ebreo, alcuni carabinieri sfuggiti ai tedeschi e qualche amico.
Comincia così l'arrivo di nuovi "ospiti". Costoro vengono invitati a restare; fra di loro si trova anche l'illustre orientalista e accademico prof. Levi della Via, nascosto sotto il nome di signor Bianchi.

Bosco della Martesa [in seguito Bosco Martese] (Teramo), attorno ai gruppi dei f.lli Rodomonte, di Armando Ammazzalorso e dei giellisti si sono radunati crica mille giovani. Alcuni sono giovanissimi, studenti fra i 14 e i 15 anni. Il cap. carabinieri Ettore Bianco, che ha il comando generale, li fa salire sugli autocarri e li rimanda in città; non vuole si ripeta l'eccidio dell'Aquila: i nove ragazzi catturati a Colle Brincioli e fucilati dal ten. Hassen, un pio cattolico renano, assiduo lettore della Sacra Scrittura…
Colle San Marco (Ascoli Piceno), Spartaco Perini, ufficiale di complemnento degli alpini, figlio di un comunsita ascolano, è stato eletto comandante del gruppo che qui si è riunito.
Lo stesso giorno il podestà Adamoli e il prefetto Bracali invitano a Teramo gli antifascisti a una riunione durante la quale consigliano prudenza.
[In entrambi i capoluohi di provincia i capi delle amministrazioni fasciste tengono rapporti con i ribelli.]

SUD

24 SETTEMBRE 1943

NORD

La Spezia, capo della provincia, nominato da B. Mussolini, è Franz Turchi, un dirigente fascista già federale in alcune province del Mezzogiorno.
[50enne napoletano, giornalista di professione e fascista convinto, uno della prima ora. Dal 1953 al 1968 sarà eletto senatore per quattro legislature; sarà capogruppo dell'Msi a palazzo Madama.]

Intanto, lo stesso giorno, la radio dà l'annuncio del "I governo Mussolini".

CENTRO

Teramo, nella notte 24/25, il console della milizia Aristide Castiglione telefona da Teramo al Comando nazista dell'Aquila: «Bisogna attaccare il Bosco Martese, lassù si sta formando una armata ribelle».

SUD

Bari, con un radiodiscorso (ripetuto da Algeri nei giorni successivi) al popolo italiano, il re dichiara vano tentativo di istituire un' «illegittima parvenza di governo, attorno a un passato regime» l'azione del gruppo mussoliniano e fomentatrice di guerra civile.

Rionero in Vulture (Potenza), diversamente da quanto successo il giorno 16, avviene una rappreseglia.
[Un tedesco e un paracadutista della "Nembo" passano davanti alla casa di un contadino, l'italiano ruba una gallina, una bimba si mette a gridare, il padre, Pasquale Sibilia, esce armato, spara un colpo di rivoltella, ferisce leggermente il paracadutista, viene ferito gravemente da due colpi. Scatta il meccanismo della rappresaglia: tedeschi e fascisti arrestano diciassette persone, le portano sulla piazza, ci trascinano anche il contadino ferito… e li fucilano tutti.]

25 SETTEMBRE 1943

[Intanto, lo stesso giorno, B. Mussolini lascia Monaco e rientra in Italia. Si fa portare alla Rocca delle Caminate e si sistema nel vecchio castello saccheggiato durante i 45 giorni. Qui firma qualche altro decreto di nomina per mettere in piedi bene o male questo benedetto stato.
18 capi di provincia
(non si chiamano più prefetti)

Milano

Oscar Uccelli
Firenze
Raffello Manganiello
Torino Paolo Zerbino Pavia Rodolfo Vecchini
Varese Pietro Giacone Asti Renato Celio
Venezia Luciano Celso Pisa Franco Adami
Bergamo Raffaele Radogna Piacenza Davide Fossa
Udine Giovanni Mosconi Belluno Gaspare Barbera
Alessandria Giovanni Alessandri Rovigo Federico Menna
Cuneo Guido Cortese Verona Cosmin*
Sondrio Rino Parenti Lubiana Emilio Grazioli
Imperia Francesco Bellini    
* Insediatosi da tempo, senza alcuna noina ufficiale, ha un'Alfa Romeo rossa a benzina.



NORD

Milano, ad opera delle SS cade la sede clandestina centrale del Partito del Nord (socialista) in via Borgonuovo; l'intero gruppo dirigente viene arrestato o è costretto a fuggire o a cercare rifugio in Svizzera.
La situazione si fa talmente critica che, morto anche Roberto Veratti, unico dirigente del partito ancora in libertà, viene chiamato da Genova Marcello Cirenei, il quale, fino all'arrivo di S. Pertini dal Sud (giugno 1944) reggerà la segreteria dell'Alta Italia e rappresenterà il PSIUP, con Giorgio Marzola negli organismi interpartitici.

CENTRO

Firenze, primo bombardamento aereo da parte degli americani: 218 civili uccisi;
[Ce ne saranno altri quattro: due nel marzo e due nel maggio 1944.
Alla fine del conflitto e in seguito alle incursioni aeree il conto delle vittime a Firenze e in provincia sarà pesante: 1496 morti, 689 feriti e 360 invalidi permanenti. Nel solo capoluogo i civili uccisi dalle bombe alleate risulteranno 479, mentre a Prato saranno 163, a Empoli 161, a Pistoia 144 e ad Arezzo un centinaio.
Leonardo Paggi, Il "popolo dei morti": La Repubblica italiana nata dalla guerra, Il Mulino 2009.]

Roma, il feldmar.llo A. Kesselring emana un proclama con un lungo elenco delle azioni proibite che termina con questo paragrafo:

«Ogni azione, punibile secondo il diritto germanico, che viene sottoposta al giudizio dei tribunali militari germanici, viene giudicata secondo le leggi germaniche».

I tedeschi mostrano ormai apertamente di avere perduto ogni stima del popolo italiano e non usano alcun riguardo per esso.

Roma, il mar.llo. R. Graziani pronuncia alla radio un'invettiva contro il mar.llo P. Badoglio imputandogli tutte le colpe e tutti gli inganni noti rilevando anche la grande responsbailità che ha per il triste andamento della guerra.

Roma, saputo dal diplomatico Möhlhausen che gli ebrei romani devono essere deportati, il gen. Stähel dice che è una «porcheria» e agisce d'accordo con lo stesso Möhlhausen, col feldmar.llo A. Kesselring e persino con Kappler, il famigerato capo delle SS e della polizia tedesca, per evitarla. Infatti il feldmar.llo A. Kesselring trova la formula che la rende però impossibile. Da Berlino il Comando delle SS reagisce con asprezza e Kappler ordina subito alla comunità ebraica di versare entro 36 ore 50 kg d'oro in lingotti: la Comunità, alla quale il Vaticano offre il suo soccorso, si piega e porta la taglia.

Bosco della Martesa [in seguito Bosco Martese] (Teramo), al mattino arriva un migliaio di tedeschi con autoblindo e camion.
Il Comando partigiano è subito avvisato; allora il cap. carabinieri Ettore Bianco informa quelli di Colle San Marco e gli chiede di far saltare la trada che sale da Ascoli in valle Castellana.

Teramo, arrivati in città i tedeschi indugiano, convocano le autorità, cercano informazioni.
Un uomo sui quarant'anni si ferma a conversare con due ufficiali nazisti… il linciaggio è fulmineo, l'uomo viene ucciso a colpi di zoccoli dalle donne che hanno marito o figli al Bosco Martese e il suo corpo rotola giù fino alle acque del Tordino. I tedeschi lasciano fare.
ore 11:00, chi comanda convoca il magg. Bologna, l'ufficiale effettivo di Teramo più elevato in grado;
ore 12:00, fatto salire su un camion il magg. Bologna viene condotto verso il Bosco Martese; un pattuglione di avanguardia piomba sul mulino De Jacobis, avamposto ribelle, effettuando un'oihazione di sorpresa: sette partigiani prigionieri, due morti, gli altri fuggiti.
Proseguendo verso iol Bosco Martese una mitragliartrice ribelle prende d'infilata gli autocarri in colonna; i nazisti saltano giù dai camion e avanzano a piedi spingendosi davanti il magg. Bologna e due ragazzi presi a Teramo come ostaggi, Giovanni Cordone e Berardo Bacchetta.
[I due, feriti dal fuoco partigiano, saranno ritrovati sanguinanti dopo la battaglia; il magg. Bologna, scampato per miracolo, fuggirà nella notte.]
I tedeschi non arrivano al bosco: i cannoni di Lorenzini colpiscono due camion, le mitraglie di Rodomonte fanno sbarramento; e il magg. Hartmann, spintosi troppo avanti, è fatto prigioniero.
Verso sera i tedeschi tornano a Teramo. Sulla strada fucilano i sette catturati al mulino. I ribelli a loro volta giustiziano il magg. Hartmann.
Nella notte c'è una riunione dei capi partigiani. Mentre gli italiani sono divisi fra la resistenza ad oltranza, sostentua da Armando Ammazzalorso, e la parziale smobilitazione proposta da cap. carabinieri Ettore Bianco, interviene il magg. Matiassevic, croato, ex prigioniero di guerra, il quale consiglia di fare il vuoto, ogni comandante prenda i suoi uomini e si allontani. Gli danno ascolto: gli uomini di Armando Ammazzalorso marciano verso Fornisco di valle Castellana; il gruppo di Rodomonte ridotto a una ventina di uomini dirige sul Cervaro; i giellisti preferiscono il maquis vicino a Teramo.

L'Aquila, massacro.


[Renato Carli Ballola, La Resistenza armata, 1943-1945, Edizione del Gallo SpA, già Edizioni Avanti! Milano 1965.]

SUD

Napoli, dei 30.000 uomini di Napoli e altri comuni vicini, tra i 18 e i 33 anni, che avrebbero dovuto presentarsi in base al proclama del col. Scholl, ne arrivano 157 che, annotati in un registro, vengono rimandati a casa; gli altri sono tutti fuggiti in ogni direzione.
Lo stesso giorno i ribelli recuperano 250 moschetti, chiusi dai tedeschi in un locale scolastico.

26 SETTEMBRE 1943

NORD

La Spezia, il nuovo segretario federale è Augusto Bertozzi;
[45enne, impiegato al comune, medaglia di bronzo nella guerra 1915-18, già legionario a Fiume con G. D'Annunzio e poi squadrista, uomo di buonsenso e avveduto.]
[Ricciotti Lazzero, Le Brigate Nere, Rizzoli 1983;
Riccardo Borrini, Il Tricolore insanguinato, Ma.Ro, Copiano (Pavia) 2005.]

CENTRO

SUD

Napoli, infuriato dai risultati ottenuti con il suo proclama, il col. Scholl invia le preannunciate ronde in giro per la città a rastrellare i renitenti con l'ordine di fucilare quanti oppongano resistenza.

Nola, all'alba Raffaele Santaniello 14enne, Costanzo Santaniello, 21 enne e Antonio Mercogliano, 28enne si avvicinano al Comando tedesco, nella stazione ferroviaria, e tagliano i fili del telefono.
Le sentinelle aprono il fuoco: Costanzo Santaniello e Antonio Mercogliano sono colpiti a morte, il ragazzo, riesce a fuggire, ferito.
Il sottoten. carabinieri Giuseppe Pecorari e don Angelo D'Alessio chiamano alle armi i settanta cittadini pronti a battersi, li dividono per squadre nelle postazioni di via Madonna delle Grazie, via Merliani alle Croci e di palazzo Mottola.

27 SETTEMBRE 1943

NORD

Emilia Romagna, Rocca delle Caminate (castello situato su una collina, a 356 metri di altitudine, nel comune di Meldola, a 4 km di distanza da Predappio e a 16 da Forlì), presente B. Mussolini, il neo governo mussoliniano [illegittimo per defectu tituli] tiene la sua prima seduta; nei suoi primi due articoli del comunicato pubblicato alla fine della stessa è scritto che a seguito della dichiarazione di Roma città aperta il governo fissa la propria sede in altra località presso il Quartier generale delle forze armate e che l'attuale Senato di nomina regia è disciolto e abolito.
[A dirla tutta, il neogoverno mussoliniano ha trovato la sua legittimità storica nella "vacanza" di fatto e di diritto formatasi nelle terre occupate dai tedeschi, nelle quali i governanti giunti al potere il 25 luglio hanno abbandonato i loro posti e sono materialmente incapaci di esercitare le proprie funzioni, mentre al re per un tempo di lunghezza imprevedibile, è impedito di recuperare l'esercizio della sovranità. Tra l'8 e il 23 Settembre da Napoli in su, divenuti invisibili per quelle popolazioni il re e il governo, la vacanza di potere è totale e il vuoto intorno alle autorità non minotre: la formazione di un governo di fatto non costituisce quindi un'usurpazione ma una necessità, dalla necessità stessa legittimata:
- J. de Maistre: «La légitimité du gouvernement de fait repose essentiellement sur la necessité… d'un certain ordre social»;
- Louis Blanc: «un gouvernement peut se légitimer per la seule nécessité… transitoriement surtout par la nécessité d'assumer le règne de la souvraineté nationale»;
- F.K. von Savigny dichiarava che se vi è rivolta contro un regime ritenuto incapace, il governo di fatto è subito, sia pur provvisoriamente, legittimo; anche più moderni autori democratici o liberali non esigono, per questa legittimazione, l'immediato consenso popolare.
D'altra parte, avendo deciso di convocare una Costituente, non avrebbe dovuto lui proclamare la repubblica. Trovandosi inoltre ancora in terra straniera (15 settembre) e privo quindi di alcun potere di fatto, non ha alcun diritto di dichiarare decaduta una dinastia.]
Lo stesso giorno escono le prime deliberazioni del Consiglio dei ministri:
01 - a seguito della conferma della dichiarazione di città aperta di Roma, il governo fissa la propria residenza in altra località, presso il Quartier generale delle forze armate (che per il momento non esiste);
02 - scioglimento del Senato regio;
03 - «Nella riorganizzazione in atto nelle Forze Armate, le forze terrestri, marittime e aeree vengono rispettivamente inquadrate nella Milizia, nella Marina e nell'Aeronautica dello Stato fascista repubblicano. Il reclutamento avviene per volontariato e per coscrizione. Per gli ufficiali e i sottufficiali, mentre sono rispettati i diritti acquisiti, il trattamento morale ed economico viene adeguato all'alto compito di un moderno organismo militare ed alle nuove esigenze della vita sociale»;
04 - viene istituita la "Confederazione generale del lavoro e della tecnica" al quale il partito "conferisce tutta la propria forza rivoluzionaria";
05 - viene mantenuta la commissione incaricata di indagare sugli illeciti arricchimenti istituita dal "governo Badoglio".
Nella stessa seduta viene decisa la nomina di un gruppo di direttori di giornali
Nuovi Direttori di giornali
[nominati il 27 settembre]
. Giorgio Pini «Resto del Carlino» redattore capo del «Popolo d'Italia (1939-43), redattore eccellente, uomo onesto; carissimo da sempre al Duce, mantiene coraggiosamente al giornale Aldo Luzzati, giornalista ebreo, con funzioni effettive di capo redattore;
. Ermanno Amicucci «Corriere della Sera» già direttore della «Gazzetta del Popolo», da lui portata alle massime tirature e all'avanguardia tecnologica della stampa nazionale: avrà per un paio di mesi come vice direttore Ugo Manunta, poi passato a dirigere «La Sera»
. Mirko Giobbe «Nazione» di Firenze moderato, sarà in seguito costretto a lasciare il posto e ritirarsi
. Enzo Pezzato «Piccolo» di Trieste rimandato indietro dai tedeschi che non vogliono direttori italiani sul Litorale Adriatico
. Carlo Manzini «Arena» di Verona già direttore del giornale, rientrato l'8 settembre incline a una politicia di distensione, rimane per un breve periodo; poi al suo posto va Giuseppe Castelletti noto corsivista del Popolo d'Italia
. Angelo Appiotti «Stampa»  
. Ather Capelli «Gazzetta del Popolo» a cui in seguito sarà affiancato Ezio Maria Gray
Nuova infornata a dicembre…

Rielaborazione da:
Silvio Bertoldi, Salò, (1976, Rizzoli Editore).

 

CENTRO

Bosco Martese (Teramo), la banda di milleseicento uomini (compresi un centinaio di ex prigionieri di guerra slavi e inglesi ed alcune centinaia di giovani volontari) che qui si è costituita, dopo tre giorni (25-27) di durissimi combattimenti viene sgominata e dispersa dai tedeschi.
E finito Bosco Martese comincia l'età delle bande.

SUD

Napoli, di prima mattina altri depositi di armi cadono in mano ai ribelli;
infuriato dai risultati ottenuti con il suo proclama, il col. Scholl invia le preannunciate ronde in giro per la città a rastrellare i renitenti con l'ordine di fucilare quanti oppongano resistenza;
quattro giornate di Napoli [1]
[Diversa la descrizione in base alle testimonianze storiche (pittore Pansini, Barbagallo, ecc.); le uniche fonti tedesche dicono che in questi giorni ci sono soltanto 250-300 soldati tedeschi presenti in città, paragonarle quindi alle "cinque giornate di Milano" è comunque un autentico "delitto storico".]
Un embrione di organizzazione viene fatto comunque in casa del magg. Amicarelli dove, visto il prossimo arrivo degli anglo-americani (le ultime notizie li danno a soli 32 km) si pensa a un moto insurrezionale contro i tedeschi. Armi vengono tolte a più riprese nel forte di S. Elmo, inoltre dalle caserme di Foria e di San Giovanni a Carbonara, ne vengono fornite dalla prefettura e anche ripescate dal mare dov'erano state gettate dai tedeschi e dagli sbandati. Altri organizzatori sarebbero il cap. Giuffoni, occupatosi specialmente dei renitenti, ai quali i tedeschi danno la caccia già dal giorno prima, il rag. Trippitelli e i comunisti prof. Antonino Tarsia (al Vomero) e Fadda (a Chiaia).
Alcuni giovani usciti armati da una masseria, dopo aver ucciso un paio di tedeschi scatenano la rappresaglia da parte di questi ultimi che ne uccidono cinque e ne portano una cinquantina nelle loro baracche del Campo Sportivo. Altri incidenti qua e la nella notte vengono segnalati da varie fonti non sempre certe e, sicuramente, non precise.

Lecce, viene costituito e mobilitato il Comando del I Raggruppamento Motorizzato;
[Vestiario: serie kaki con bustina senza elmo coloniale.]

28 SETTEMBRE 1943

NORD

giunge a B. Mussolini un telegramma di A. Hitler che comunica che il Reich riconosce il suo governo ed è deciso «in fedele cameratesca alleanza» di condurre la guerra al suo fianco sino alla vittoria. Subito dopo arrivano dichiarazioni analoghe del Giappone, della Romania, della Bulgaria, della Croazia e della Slovacchia;

Lo stesso giorno torna in edicola «Il Regime Fascista».

CENTRO

Roma, la Direzione del Psiup (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria), rappresentata dal suo segretario Pietro Nenni, oltre che da S. Pertini e G. Saragat, rinnova il Patto di Unità d'Azione con il Pci, rappresentato da Giorgio Amendola e Mauro Scoccimarro, rafforzandolo con la creazione di Comitati permanenti di intesa e di studio per la risoluzione dei problemi sindacali e dell'alleanza tra operai e contadini.

SUD
quattro giornate di Napoli [2]
Al mattino, viste le navi degli anglo-americani dalla parte di Capri e credendo imminente lo sbarco degli alleati, inizia al Vomero quella che, più che un'insurrezione, si può chiamare un desiderio di sfogare l'ira lungamente repressa dando addosso alle code della ritirata tedesca. Ci sono quindi tanti piccoli episodi:
- l'urto di pochi partigiani contro la "caserma Cuoco" dov'è asserragliato qualche tedesco con alcuni fascisti;
- l'attacco della banda del cap. Ingegno contro due tedeschi sorpresi in una camionetta;
- ecc.
più serie invece le scaramuccie in via Scarlatti, in via Giordano e in piazza Vanvitelli dove i tedeschi, pur pochi, sparano all'impazzata;
nella piazza il prof. Antonino Tarsia ha con sé circa una trentina di giovani che vogliono battersi ma non riesce a scacciare una ventina di nazisti chiusi nelle case e soccorsi in tempo da mezzi blindati…
Nel pomeriggio, una ventina di giovani ben appostati dal ten. Abate tengono chiusi nelle baracche del Campo Sportivo una cinquantina di tedeschi che hanno giovani ostaggi; alle 17:00 uno spaventoso uragano manda tutti a casa.
La sera i tedeschi hanno intanto distrutto la centrale elettrica, l'officina del gas e parte dell'acquedotto.

Teramo, insurrezione.

29 SETTEMBRE 1943

NORD

Un comunicato annuncia che inizia il funzionamento del nuovo Stato fascista repubblicano, che troverà nella Costituente di prossima convocazione i suoi definitivi ordinamenti costituzionali.
Il Duce assume intanto le funzioni di Capo dello Stato.

Il Vaticano, nonostante ogni pressione e allettamento, subisce ma non riconosce, nemmeno indirettamente, la Republica Sociale di Salò. Conseguente a questo atteggiamento, resasi vacante la sede vescovile di Novara, vi designa il nuovo vescovo, mons. Ossola, con il titolo di Amministratore Apostolico per evitare sia l'assenso governativo sulla persona, sia il prescritto giuramento di fedeltà allo Stato italiano, ossia, date le circostanze del momento, alla Repubblica Sociale.
Il Vaticano quindi, seppur con l'usata prudenza, non solo fa la sua scelta e punta sulla vittoria alleata, ma intuendo le favorevoli prospettive che questa può aprirgli in Italia svolge una politica attiva che mira a fare del partito cattolico (ricostituitosi sotto la vecchia insegna della Democrazia cristiana), il perno del nuovo Stato italiano. Così, mentre da un lato partecipa attraverso la Dc e il clero diocesano alla Resistenza in tutti i suoi settori, tende a indirizzare la Resistenza stessa verso fini di obiettiva conservazione politica e sociale, pur non escludendo determinate e «ragionevoli» aperture popolari.
Si tratta, in definitiva, della stessa politica che perseguono gli Alleati, e in particolare Churchill: dall'incontro di questi due atteggiamenti, con il concorso di una situazione generale di stanchezza e sfiducia, viene impedita l'insurrezione di Roma.

Il feldmar.llo E. Rommel, comandante superiore, pubblica un'ordinanza per tutto il territorio del Comandante Militare Germanico dell'Italia settentrionale in cui è previsto che chiunque commetta un'aggressione alla vita di un appartenente alle Forze armate germaniche, oppure appartenente a un Ufficio germanico [arti. 1], o contro le Forze armate germaniche, i loro impianti e istituzioni [art. 2], verrà punito con la pena di morte; nei casi meno gravi: ergastolo e reclusione.

CENTRO

Roma, "piazza Montecitorio" che da "piazza Costanzo Ciano" è stata battezzata durante i 45 giorni "piazza Matteotti", muta ancora denominazione: "piazza Ettore Muti".
Il numero clandestino de «l'Unità» titola:

SUD

quattro giornate di Napoli [3]
La ribellione è ancora caotica; non si hanno notizie dei notabili antifascisti che compongono il Comitato di liberazione – sorto a Napoli come a Roma con prevalenti funzioni politiche –, incapace, anche per l'età dei componenti di guidare la rivolta.
Mancano notizie anche del Fronte nazionale, formatosi nei giorni dell'armistizio, come un esecutivo del CLN.
Così ogni centro di ribellione, ogni quartiere, esprime, come nel passato, il suo capopopolo, di solito un borghese con un grado medio nell'esercito:
. cap. Mario Orbitello, a Monte Calvario;
. cap. medico Francesco Cibarelli, al settore Duomo;
. cap. medico Stefano Fadda, al rione Chiaia;
. prof. Antonino Tarsia, già comunista bordighiano, al Vomero;
[a.f.: Nel quartiere del Vomero si forma un vero comando con il prof. Antonino Tarsia, il pittore Pansini e Aldo Romano a capo, installati nel "liceo Sannazzaro".]
. Tito Murolo, impiegato, al rione Vasto;
. Raffaele Viglione, popolano, a Sant'Anastasio;
. Zennaro Zegna, in corso Garibaldi;
. ten.col. Bonomi, a Materdei.
I ribelli sono poco più di mille ma la rivolta resterà anarchica, ciascun gruppo avrà la sua battaglia.


I partigiani si mettono subito in movimento scambiando fucilate con camion di tedeschi che trasportano truppa in ritirata e con autoblinde, senza poterne imperdirne il passaggio ma scontando il tentativo con quattro morti; una scaramuccia tra via Scarlatti e piazza Vanvitelli rimane senza seguito; nel Vomero e in altri quartieri si alzano barricate, prima (con l'aiuto di ufficiali dell'esercito) alla salita di Santa Teresa, travolta presto da quattro carri armati, poi a Foria, in via Salvatore Rosa, tra via Costantinopoli e la rampa di S. Potito (dove però i carri tedeschi passano ugualmente) e in altri siti.
Lo scontro più sanguinosa avviene nel settore "Vincenzo Cuoco" dove gli uomini di don Matteo Lisa devono sopportare un attacco di carri armati Tigre: 80 combattenti del magg. Amicarelli hanno 12 morti e 32 feriti; molto meno gravi gli assaggi a Monte Calvario, nella zona di Chiaia e a piazza Vanvitelli (dove invano si tenta di distruggere un autocarro), nei pressi della piazza Medaglie d'oro, nei rioni del Vasto e di Materdei, nel settore Duomo, davanti al palazzo degli Uffici finanziari, inutilmente attaccati: ovunque pochi tedeschi dall'una e pochi napoletani dall'altra parte.
Nel pomeriggio il ten. Abate riprende con pochi uomini l'attacco contro le baracche del Campo Sportivo e, quando sta per ritirarsi, riceve rinforzi dalla banda di Enzo Stimolo. Riescono quindi a far dirottare una colonna di camionette tedesche in ritirata verso nord; in contrada della Pigna riescono a far loro cambiare strada non senza recarle danni.
Verso sera il maggiore che comanda le baracche chiede di trattare: non potendo accettare le condizioni postegli da Enzo Stimolo i due, dopo lunghe conversazioni, vanno dal col. Scholl e viene concluso che i tedeschi restituiranno gli ostaggi e usciranno dal Campo Sportivo con le loro armi e i loro automezzi. Partono infatti nella notte quasi conteporaneamente al col. Scholl e agli altri ufficiali del Comando tedesco che abbandonano Napoli. Nella ritirata generale rimane una rappresaglia: piantato un cannone allo Scudello di Capodimonte questo tira lo stesso giorno e il giorno seguente contro la città mietendo molte vittime tra i passanti e fra le donne che fanno la coda davanti alle pannetterie.
Continua la ricerca da parte dei partigiani dei fascisti arrestandone parecchi; alcuni vengono presi mentre dalle finestre o dalle terrazze sparano sugli insorti, talvolta appoggiando l'azione dei tedeschi. Contro altri si esercitano vendette da guerra civile.

Bari, presso la caserma "Bergia" si costituisce il Comando carabinieri Italia meridionale, gli sbandati affluiscono ai reparti di appartenenza;
il gen. Mario Arisio, comandante della VII Armata, pubblica un'ordinanza in base alla quale, entro due giorni, tutti i militari alle armi (R. Esercito, R. Marina, R. Aeronautica e MVSN), di qualsiasi grado, arma, corpo e specialità che attualmente si trovano in Puglia, Lucania e Calabria e che non hanno destinazione di servizio presso enti militari dislocati nei predetti territori, devono presentarsi portando con sé armi, munizioni e oggetti di corredo e di equipaggiamento di cui sono in possesso al più vicino Comando di presidio o stazione CC. RR.. Chi non si atterrà sarà sanzionato come previsto dal vigente codice penale militare in tempo di guerra. Malta, [Long Armistice, 44 articoli - segue al Short Military Armistice trattato il 19 agosto a Lisbona e firmato il 3 settembre a Cassibile (Sicilia) dal gen. Castellano.]
dall'incrociatore Scipione arriva il mar.llo P. Badoglio, accompagnato da:
. gen. V. Ambrosio,
. gen. M. Roatta,
. amm. R. De Courten,
. gen. R. Sandalli,
come da invito rivoltogli da gen. D.D. Eisenhower che lo riceve con gli onori militari a bordo della corazzata Nelson, assieme a:
. mar.llo lord Gorth,
. mar.llo dell'aria Tedder,
. ten.gen. Frank Mason Mac Farlane,
. gen. Alexander,
. amm. sir. Andrew Cunningham (cte in capo della Flotta alleata del Mediterraneo),
. magg.gen. Walter Bedell Smith,
e ad altri membri della Commissione alleata;
radunatosi subito con il gen. D.D. Eisenhower, il magg.gen. Walter Bedell Smith e il ten.gen. Frank Mason Mac Farlane, il mar.llo P. Badoglio, letto il documento, si rifiuta di firmarlo in quanto alterato (rispetto a quello del giorno 3) perché parla esplicitamente di resa senza condizioni: cosa non accettabile in quanto l'Italia ha adempiuto a tutte le clausole prescritte ecc.;
i tre ufficiali alleati si radunano quindi in disparte per ricomparire subito dopo e ammettere la differenza tra il vecchio (corto) e il nuovo (lungo) armistizio ma anche per dire che non sono stati loro i compilatori; dopo aver discusso brevemente sulle gravissime conseguenze che porterebbe la mancanza della firma, il gen. D.D. Eisenhower promette sulla parola che farà cambiare le frasi implicate e il mar.llo P. Badoglio firma l'atto di resa incondizionata per cui le forze armate italiane si arrendono interamente agli anglo-americani ai quali è devoluta la sovranità su tutta l'Italia.
[E non può far altro visto che l'art, 12 di Cassibile lo impegnava ad accettare senza discussione tutte le clausole aggiuntive, militari, politiche, economiche e finanzniarie che gli fossero presentate.]
Dopo la firma, il gen. D.D. Eisenhower consegna al mar.llo P. Badoglio una lettera in cui, a nome dei Governi delle Nazioni Unite, si afferma che il documento è basato sulla situazione esistente prima della cessazione delle ostilità e che gli sviluppi successivi hanno alterato lo status dell'Italia, diventata una cooperatrice degli alleati.

[L’art. 29 del "lungo armistizio" recita: «Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal Comando militare alleato o dal Governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle Forze delle Nazioni Unite. Tutti gli ordini impartiti dalle Nazioni Unite a questo riguardo verranno osservati».

Reagendo alle durissime accuse rivolte in particolare dalla Jugoslavia, il "governo Badoglio" inaugura fin dall’autunno una proficua attività diplomatica tesa da un lato a rivendicare il proprio diritto a procedere autonomamente all’accertamento (e all’eventuale punizione) dei crimini segnalati dai Paesi occupati durante il conflitto, dall’altro a dimostrare la sostanziale correttezza ed umanità delle truppe italiane, rilanciando nel contempo la palla nel campo degli accusatori – in primo luogo proprio gli jugoslavi – a loro volta indicati quali autori di indicibili violenze ed atrocità nei confronti degli ex-occupanti.
[Linee guida sostanzialmente confermate nei mesi successivi e destinate ad incidere profondamente sulla narrazione stessa della «guerra fascista», attraverso il consolidamento nella coscienza storica del Paese di un’immagine autoassolutoria coagulatasi attorno al mito del «bravo italiano», habitus paradossalmente osteggiato proprio dai vertici politico-militari durante le più cruente fasi dell’occupazione balcanica.
In tal senso, e pienamente consapevole «della gravità del comportamento […] in Jugoslavia» di molti esponenti militari di primo piano – in alcuni casi riconfermati in importanti posizioni di comando – il governo italiano cercherà altresì di sostenere «una ricostruzione dell’esperienza bellica […] che addebitava ogni responsabilità alla Germania e a Mussolini», dipingendo «il popolo […] e i soldati italiani come vittime innocenti» e scaricando le maggiori responsabilità sui reparti maggiormente ideologizzati e legati al passato regime.]

30 SETTEMBRE 1943

NORD

vengono inviate cartoline precetto:
- a tutti gli uomini della XXIV Legione della MVSN,
- si richiamano i militi della contraerea,
- si richiamano tutti i bersaglieri delle province di Milano e Como,
- si richiamano i fanti del VII e VIII Reggimento fanteria,
- si richiamano gli ufficiali, i sottufficiali e i militari in servizio presso il tribunale militare di Milano…
R. Ricci annuncia che la Milizia, inquadrata sulla base delle legioni, comprenderà due grandi branche:
- la Milizia Legionaria assorbirà tutti i giovani di leva e comprenderà le varie specialità già esistenti nell'esercito suddivise in Armi, Corpi e specialità;
- la Milizia Legionaria Giovanile, arruolerà tutti i ragazzi dai 18 ai 22 anni che si presenteranno volontari entro il 31 ottobre: la ferma sarà di 1 anno, valida come servizio di leva e rinnovabile su domanda.
Il gen. R. Graziani si oppone però alla tesi della Milizia come unica forza armata della RSI… bisogna invece, a suo parere, costituire un esercito a base nazionale, apolitico, con quadri esclusivamente volontari e truppe in gran parte volontarie, inquadrate in uno Stato il più possibile liberale e democratico.

Un rapporto dei carabinieri dà queste cifre di ebrei uccisi e gettati nel lago Maggiore: Arona 4, Meina 12, Stresa 4, Baveno 14.
Forse non è la cifra esatta, comunque l'ordine di uccidere è arrivato a Baveno da Milano, dal cap. Saewecke.

Nonostante i fatti di Meina, molti israeliti italiani, anche se ospitano dei correligionari austriaci, cecoslovacchi e francesi sfuggiti al massacro, sono ancora convinti che «qui non succederà». Alcuni si rivolgono direttamente al ministro dell'Interno G. Buffarini Guidi per sapere se è proprio vero.
Dal canto suo, la stessa guida politica della comunità ebraica italiana è ferma su posizioni di prudentissima rassegnazione.
Dopo Meina invece si dà la caccia all'ebreo in tutte le province d'Italia: sono 55.000 gli ebrei, fra locali e forestieri, che vi si trovano.
Negli stessi giorni si fa la retata degli israeliti francesi riparati nella valle Gesso, vicino a Cuneo, al seguito della IV armata. Sono circa 900, ne vengono catturati 493.
[Solo 25 sopravviveranno alla deportazione.]
Tra i tedeschi occupanti troviamo:
. gen. SS K. Wolff, che ha partecipato alla strage in Polonia;
. gen. Wilhelm Harster, braccio destro del precedente, che ha eliminato gli ebrei in Olanda;
. Odilo Globocnik, che opera a Trieste.

Intanto sopra Varese, alle vecchie fortificazioni del San Martino, dove è già salito da Luino il ten.col. Carlo Croce [Giustizia], bersagliere, assieme ad un gruppo di resistenti, si aggiungono ora civili milanesi e ufficiali di altri reparti, come il cap. Enrico Campodonico, artigliere, e il sacerdote Mario Rimonta che diviene il cappellano della formazione.
[La forza numerica del gruppo subisce oscillazioni notevoli: dai cento del 12 settembre si scende ai trenta di fine mese, per risalire ai centocinquanta dell'ottobre-novembre successivo, organizzati in tre compagnie. Quanti bastano perché nel Varesotto si parli di migliaia di uomini.]

Liguria, viene costituito un "Comando unificato" affidato ai militari, ma puramente formale. In questa regione l'unificazione avviene dentro il movimento garibaldino, è il Comando garibaldino il vero "Comando unificato".

 

CENTRO

Le zone collinari dei Castelli romani (Albano, Genzano, Ariccia, ecc:) offrono il terreno favorevole all'attività di numerose bande, nelle quali l'elemento contadino si mescola a operai e giovani intellettuali accorsi dalla città e a sbandati ed ex prigionieri di guerra alleati.
A Roma operano, ad iniziativa dei partiti socialista, comunista e d'azione, gruppi e centri organizzativi di azione partigiana i quali, dopo aver effettuato il battesimo del fuoco nelle due giornate della difesa della capitale, estendono la propria azione fino all'Umbria e all'Abruzzo.
Accanto all'organizzazione comunista diretta da Luigi Longo e dal pittore Antonello Trombadori, particolarmente efficiente è quella socialista che fa capo a S. Pertini, coadiuvato da Peppino Gracceva e Giuliano Vassalli. L'organizzazione socialista, la più forte numericamente fra le organizzazioni politiche militari, giunge a inquadrare 2500 uomini.
[P. Levi-Cavaglione, Guerriglia nei castelli romani., Einaudi, Roma 1945]

Abruzzo, dopo un aspro combattimento che costa ai tedeschi una decina di morti e una trentina di feriti, una piccola banda che si era accampata a San Cristoforo di Roccaspinalveti (Chieti), viene dispersa.
Nello stesso periodo opera la banda di Palomaro nella Majella.
Breve vita hanno due formazioni marsicane: la Patrioti Marsicani e la Trentino La Barba.

SUD
quattro giornate di Napoli [4] Napoli, il comando del Vomero si costituisce in "Fronte unico rivoluzionario", si raccoglie in "consiglio di guerra" e pubblica un manifestino dattilografato in cui il prof. Antonino Tarsia dichiara che assume temporaneamente i pieni poteri civili e militari anche se di tedeschi ormai non ce ne sono più; alla periferia di Posillipo sono rimasti solo alcuni tedeschi guastatori; nella località della Pigna invece appare un nucleo di tedeschi con tre mitralgiatrici che comincia con la cattura di alcuni giovani che poi uccidono nella località detta "Trombino". Alcuni di loro si fermano nella masseria "Pezzalunga". Il ten. Abate porta ancora la sua squadra all'attacco ma deve rinunciare all'impresa data la violenza del fuoco dei tedeschi; vengono mandati rinforzi dal comando del Vomero ma nemmeno loro riescono a farli sloggiare; solo la sera i tedeschi se ne vanno dopo aver ucciso per rappresaglia altri giovani; intanto il cannone di Capodimonte continua a sparare sulla città; la popolazione è senza viveri, la fame è dappertutto, non c'è più luce né acqua nulla si sa di quanto sta avvenendo fuori...
Nel frattempo episodi di guerra civile non mancano. I partigiani seguitano a rastrellare i fascisti accusandoli di aver collaborato con i tedeschi.
Nel pomeriggio si presenta al liceo Sannazzaro un colonnello dell'esercito regolare, dicendosi incaricato dal ministro L. Piccardi, rappresentante del mar.llo P. Badoglio, di assumere il comando della zona ma questa improvvisa apparizione di autorità, prima mai vista, suscita risentimento in tutta la popolazione.
I tedeschi intanto, in una villa di San Paolo Belsito distruggono col fuoco l'archivio storico di Napoli uno dei maggiori tesori del patrimonio civile italiano, ricco di oltre 50.000 pergamene, di 30.000 volumi di documenti e di raccolte preziosissime per la storia della città, per quella dell'Italia e per quella dell'Europa.
Epilogo secondo le varie testimonianze:
- Barbagallo: 50 combattenti caduti;
- prof. Antonino Tarsia: il Vomero ha avuto 66 morti (combattenti caduti con le armi in mano, caduti perché colpiti nelle vicinanze degli scontri e caduti per rappresaglia tedesca)
[la lapide commemorativa ne ricorda solo 11 come combattenti];
- Aversa: dal 9 settembre al 1° Ottobre a Napoli sono stati uccisi 448 cittadini (tra cui 111 donne) e feriti 1242.
[I tedeschi hanno avuto - dati del 1949 - 30 morti.]
Alla fine dunque, anche se la cinquantina di combattenti caduti merita il rispetto dovuto a chi muore per le sue idee, non è stato il popolo ad insorgere, né qualche centinaio di partigiani può dirsi "il popolo" quando questo comprende centinaia di migliaia di uomini.
L'episodio rimane comunque senza conseguenze politiche.
[Un certo Chaperman, americano, che presiedeva il comitato appena costituitosi dopo le giornate per distribuire medaglie e tessere di benemerenza ai partigiani distintisi in queste giornate, poco dopo dà le dimissioni scandalizzato dalla facilità con cui si regalano e si vendono le benemerenze.]

Intanto il feldmar.llo A. Kesselring non si trova in un'ottima situazione:

FORZE TEDESCHE in Italia:
Italia Meridionale
dispone dei resti di 4 Div.ni molto provate, provenienti dalla Sicilia che si stanno ritirando lentamente per l'unica strada della costiera calabra con alle spalle le due Div.ni inglesi che il gen. B.L. Montgomery ha fatto traghettare a Reggio Calabria. Vi sono inoltre , fra Napoli e Salerno, altre due Div.ni la 16ª e la 26ª corazzata; quest'ultima rappresentata da un semplice nucleo senza carri;
Italia centrale:
3ª div.ne panzergrenadiere dislocata a Viterbo, rafforzata da complementi della 26ª, e la 2ª Paracadutisti giunta recentemente a sud di Roma (Forze che devono tener conto delle 6 Div.ni del gen. G. Carboni e di circa 30.000 soldati di reparti vari dislocati a Roma e divenuti ormai nemici.
A Salerno stanno inoltre sbarcando 4 Div.ni anglo americane).
Italia settentrionale
l'Armata del feldmar.llo E. Rommel comprende vari gruppi di unità scaglionati da Lubiana a Bologna, da Parma a Savona per un totale di 8 Div.ni e 2 brigate da montagna, di cui 2 Div.ni SS (alcune con deboli effettivi).
Ma il feldmar.llo A. Kesselring non può disporre di queste truppe impiegate nel disarmo dell'esercito badogliano e che hanno ordine di non scendere nell'Italia centrale.
Egli attacca comunque le truppe alleate sbarcate a Salerno con la div.ne e mezza disponible poiché occorre contenere gli americani onde attendere lo sbocco delle Div.ni sfilanti in Calabria, che altrimenti andrebbero perdute.

Da una statistica della Congregazione del Sant'Uffizio risulta che i sacerdoti, i monaci e le suore uccisi dagli attacchi aerei in Italia ammontano (a tutto il mese di settembre), a 1347. Nel solo arcivescovado di Napoli si conta un totale di 381 vittime. Fra i morti vi sono i vescovi di Reggio Calabria e di Campobasso e, trai i feriti, l'arcivescovo di Palermo.
I danni subiti dalle chiese e dagli altri edifici religiosi (secondo calcoli dell'Ufficio tecnico della Città del Vaticano, ammontano a un minimo di dieci miliardi.

[La marina italiana nella guerra di liberazione, a cura del Ministero della Marina, Poligrafico dello Stato, Roma 1945;
F. Garofalo, Pennello Nero, Edizioni della Bussola, Roma 1945;
M.A. Bragadin, Che ha fatto la Marina? (1940-1945); Garzanti, Milano 1949.
O. Longobardi (O. Lizzadri), I partigiani, in «Rinascita», Roma gennaio 1944;
O. Longobardi (O. Lizzadri), Quel dannato marzo 1943, Edizioni Avanti!, Milano 1962;
A. Trombadori, Con Luigi Longo alla ricerca di moschetti e bombe a mano, in Vie Nuove, Roma, n. 35, 1952.]
EBREI
Dall'estate del 1943 fino alla fine della guerra, il numero di ebrei italiani e stranieri presenti in Italia scenderà da 46.600 a 40.157.
[Mayda, Storia della deportazione dall'Italia 1943-45, p.84.]
Alcuni tuttavia riusciranno a salvarsi grazie a nascondigli e a documenti falsi.
Il totale delle vittime, calcolato dagli storici della deportazione, fra il 16 settembre 1943 e il 24 febbraio 1945, ammonterà a 7.860 [7.680 ?]:
- 75 fucilati nelle Fosse Ardeatine,
- 303 uccisi nelle stragi in Italia,
- 54 uccisi sul Lago Maggiore.
Tra questi 7.680 morti vi sono cento anziani ultraottantenni e numerosi bambini e ragazzi.
La prima località, teatro della deportazione degli ebrei, è l'Alto Adige, dove 38 persone, tra Merano e Bolzano, sono catturate e fatte prigioniere.
Ci sono anche le prime stragi nel Cuneese che fanno 54 morti. A Saluzzo, cittadina situata nei pressi di Cuneo, risiede la comunità di ebrei più antica della zona; viene rastrellata dai tedeschi e viene considerata la più colpita poiché, su 45 prigionieri, 29 vengono deportati.
Oltre all'Alto Adige e a Saluzzo, ci sono stragi anche nei pressi del Lago Maggiore, dove 11 ebrei vengono uccisi nella zona tra Stresa, Mergozzo, Arona, Orta San Giulio e Pian Nava.
Di tutti questi avvenimenti (stragi, deportazioni, uccisioni) non è a conoscenza la gran parte degli ebrei a causa delle informazioni lente e scarse, dei racconti dei testimoni sminuiti e deformati dalla censura nazifascista. Anche in
Germania i cittadini tedeschi non sanno molto sul destino degli ebrei, tanto che i nazisti possono tentare di ingannare gli ebrei sulla loro destinazione, presentata come una “rosea vita” nella riserva ebraica.
Dalle comunità israelitiche in Italia vengono deportati anche i rabbini insieme alle loro mogli e anche gli hazanimi e pochi di loro si salveranno o quasi nessuno.
[Hazanim è un termine ebraico per indicare il cantore che usa la voce come strumento musicale per guidare la congregazione in preghiere cantate nella religione ebraica.]

Una certa responsabilità di questi accadimenti sarà attribuita alle autorità ebraiche, in quanto dovrebbero avvertite le proprie comunità di quanto sta accadendo.
Molti ebrei sono forse convinti che le leggi antisemite non
comportino atti di crudeltà.
A Roma oltre che dalle deportazioni, il periodo dal 26 al 28 settembre è caratterizzato, dall'imposizione dei nazisti alla Comunità Ebraica della consegna di una certa quantità di chili d'oro. Dal 29 settembre al 14 ottobre, sempre nella medesima città, vi sono rapine dalle casseforti degli ebrei. Infine dal 16 al 18 ottobre avviene un rastrellamento di 1.030 o 1.040 ebrei, tra cui donne, bimbi, malati, neonati, ragazze, che dalla Capitale, vengono deportati ad Auschwitz.
Il ruolo di B. Mussolini e della Repubblica di Salò in queste razzie e deportazioni è quello di collaborazione con la
Germania. Tuttavia il Duce rimane all'oscuro di alcuni fatti non di poco conto, come l'annessione di Bolzano, Trento, Belluno al Terzo Reich, probabilmente dovuto al caos organizzativo in cui versano le strutture di Salò. Ma il rastrellamento e le razzie a Roma non gli sono sfuggite, tanto che dopo aver esaminato la Carta Programmatica
della Costituente di Verona, vuole illustrare il punto 7 al Consiglio dei Ministri del 27 settembre, nel quale gli ebrei si dichiarano nemici. In seguito viene approvato.
Complessivamente gli ebrei romani deportati sono 2.091, sollevando indignazione e turbamento da parte dell'opinione pubblica.
Dopo Roma, tocca anche al Friuli Venezia-Giulia, dove i tedeschi attuano, un colpo che viene soprannominato "Samstagschlag" (sorpresa del sabato), in seguito al quale molti ebrei vengono catturati proprio nel giorno della settimana che, per tradizione religiosa, è dedicato alla preghiera e al riposo.
Dopo il Friuli i tedeschi colpiscono anche a Milano, deportando duecento persone grazie ad elenchi di ebrei italiani in possesso delle SS, con informazioni riguardanti i loro dati biografici e indirizzi. Proprio nel capoluogo
lombardo avviene la prima uccisione di un ebreo che ha tentato la fuga.
A Torino inizia la persecuzione con l'irruzione nella Comunità Israelitica di Via Sant'Anselmo, dove i tedeschi si impadroniscono dei libri della Biblioteca e li bruciano. In media al mese in questa città sono catturati 245 ebrei. Questo accade anche in altre città italiane come Genova, Firenze, Bologna.
Oltre alle liste con tutti i dati degli ebrei presenti nel territorio, i tedeschi utilizzano anche spie italiane, che aiutano sia la Polizia della Repubblica Sociale che i nazisti a dare la caccia ad ebrei, in cambio di premi in denaro. Queste spie provengono da categorie diverse: professionisti, commessi, impiegati, casalinghe, negozianti e concorrenti in affari. Spesso ci sono anche delatori che contribuiscono a fare arrestare gli ebrei, dopo averli ricattati,
estorcendo loro il denaro, con la minaccia. Purtroppo parecchie denunce non sono solo a scopo di lucro, ma anche ideologiche, perché l'antisemitismo si è diffuso grazie
alla propaganda che è riuscita a conquistare buona parte dei civili.
Incorre nello stesso pericolo anche chi tenta di varcare la frontiera Italia-Svizzera soprattutto via Luino, poiché i “passatori”, che impongono alte tariffe, possono consegnarli ai tedeschi o ai fascisti, oppure possono abbandonarli per la
strada, dopo aver incassato anticipi.
La stessa Svizzera, in un primo momento, blocca l'accesso agli ebrei italiani, eccezion fatta per profughi politici e minorenni. Però, dopo la grande razzia di Roma e le stragi di Meina, la Svizzera, consapevole del pericolo che
sta incombendo sugli ebrei italiani, muta atteggiamento e inizia ad accoglierli. Il governo di Berna ordina agli organi di frontiera di lasciar passare gli ebrei provenienti dall'Italia in base ad una norma del 3 dicembre 1943 che prevede la possibilità di asilo per “gli stranieri che possono verosimilmente correre grave pericolo per la vita”.
Da questo momento 4.000 ebrei italiani riescono ad entrare in Svizzera, anche se molti trovano difficile il viaggio a causa di perquisizioni e controlli soprattutto sui treni e sugli autobus, dove ogni passeggero deve esibire documenti validi e giustificazioni convincenti per poter proseguire.
Nel frattempo la situazione in Italia si è aggravata perché, il 3 dicembre 1943, viene emanato l'ordine di polizia numero 5, un provvedimento riguardante il “problema giudaico in Italia”, che consiste nella liquidazione degli ebrei, dei loro beni, che vengono confiscati e incamerati a favore di tedeschi o italiani coinvolti nei disastri provocati dai bombardamenti. I piani della RSI (Repubblica Sociale Italiana) per la deportazione prevedono, anche se non vengono mai ufficialmente svelati, la costruzione del campo di concentramento di Fossoli, inducendo a pensare che il governo di Salò voglia estendere ulteriormente, un vasto sistema concentrazionario, già progettato alla vigilia del crollo del fascismo.
Pare che la soluzione finale in Italia sia stata organizzata in segreto tra i vertici della RSI e l'ufficio centrale per la sicurezza del Reich o RSHA. Anche se ciò non è stato ancora
documentato a sufficienza, Però le ipotesi e analisi possono rendere ciò credibile, perché gli ebrei italiani catturati dai fascisti di Salò vengono detenuti nei campi di
concentramento provinciali e le SS li prelevano con azioni improvvise, come decisioni prese di iniziativa delle SS. Un'altra “prova” sarebbero i diversi momenti in cui le SS pretendono la consegna di ebrei da parte delle questure e i vertici della RSI, non vogliono chiarimenti. È sufficiente
comunque analizzare le carte che si scambiano gli uffici politici delle questure e la Direzione di demografia e della razza per dimostrare l'accordo tra la RSI e il Terzo
Reich
,
[Vedi il saggio: Laqueur, Il terribile segreto.]
«segue maggio 1944»


[Giuseppe Mayda, Storia della deportazione dall'Italia 1943-45.]

 

SICILIA

1943
Settembre
3, Cassibile (vicino a Siracusa), ore 17:15, sotto una tenda e su un rozzo tavolo da caserma, il gen. Aldo Castellano (per il mar.llo P. Badoglio) e il magg.gen. Walter Bedell Smith (per il gen. D.D. Eisenhower), firmano l'armistizio;
sono presenti:
. on. Harold MacMillan, ministro residente britannico presso il Quartier Generale delle Forze Alleate,
. Robert Mutphy, rappresentante personale del Presidente degli U.S.A.,
. Royer Dick, commodoro della Reale Marina britannica, capo di S.M. del comandante in capo del Mediterraneo,
. Lowell W. Rooks, magg.gen. dell'Esercito degli U.S.A., sottocapo di S.M., C-3 presso il Quartier Generale delle Forze Alleate,
. Franco Montanari, interprete ufficiale italiano,
. brig. Kenneth b, sottocapo di S.M., G-2 presso il Quartier Generale delle Forze Alleate.
Firmata la resa, il magg.gen. Walter Bedell Smith gli consegna le cosiddette "clausole aggiuntive" e cioè quelle economiche, politiche e militari, già accettate "al buio" per il paragrafo 12;
[Condizioni di resa schiaccianti che resteranno segrete per più di due anni onde evitare reazioni da parte del popolo italiano che viene così venduto senza che possa nemmeno conoscere il suo destino.
Lo stesso gen. D.D. Eisenhower considera la resa "a crooked deal" (uno sporco affare) tanto da doversi pubblicare, a suo parere, soltanto dopo dieci anni!
Il mar.llo P. Badoglio ha così ceduto tutto senza ottenere nulla. La promessa degli sbarchi aerei a Roma, sola àncora di salvezza per il governo, sarà poi annullata.]
Lo stesso giorno avviene il passaggio di due Div.ni del gen. B.L. Montgomery dalla Sicilia in Calabria, attraverso lo stretto di Messina.
L'amministrazione dell'AMGOT (Allied Military Government Occupied Territories) non è proprio corretta; un funzionario inglese dice:
«Noi abbiamo distrutto il fascismo e abbiamo di nuovo al potere la mafia».

 

 

 

1943
REPUBBLICA DI S. MARINO
[Repubblica del Titano]
Il più antico Stato indipendente d'Europa
Capitani reggenti
? (?-?)
? (?-?)
1943
«segue da marzo 1939»
Settembre
5
, alle elezioni politiche segue un governo social-comunista;

Da quest'anno la repubblica non batte più moneta e sul suo territorio hanno corso le valute italiane e della Città del Vaticano.
«segue 1945»



a

Partito comunista italiano
(Pci)

1943
Settembre
, Padova, esce, semiclandestino, il primo numero de «Il Lavoratore», organo della Federazione Comunista,
20, Padova, adattato il lavoro alle conduzioni della clandestinità totale, esce il secondo numero de «Il Lavoratore» che viene diffuso in quasi tutte le province del Veneto.
da questo momento il giornale esce con sufficiente regolarità ogni quindici giorni come organo delle Federazioni Comuniste Venete.
[De «Il Lavoratore» usciranno 16 numeri. L'ultimo numero sarà composto interamente a mano e stampato il giorno di Pasqua del 1944.]

[Stefano Schiapparelli, Ricordi di un fuoruscito, Edizioni del Calendario, Milano 1971; con prefazione di Giorgio Amendola.]

 

Intelligence e repressione politica in Italia

1943
Settembre

«segue da Agosto 1943»

2, alla sera, il barone Filippo Manfredi de Blasiis parte in macchina per la Puglia assieme all’avv. La Rocca, un suo amico;

9 o 10, il gen. Dr. W. Harster arriva a Bolzano accompagnando Karl Wolff, insieme ad un suo stretto collaboratore ed interprete, l’avv. sudtirolese Walter Segna;
[Un uomo del SD (Sicherheitsdienst - Servizio di Sicurezza) che nel 1944 e 1945 giocherà un ruolo nella creazione delle reti stay-behind tedesche).]
Il gen. Dr. W. Harster inizia subito la costruzione di una rete territoriale di comandi, composta di un ufficio centrale a Verona e di uffici distaccati (Aussenkommandos) nei capoluoghi di regione il cui numero durante l’occupazione sarà destinato a crescere sensibilmente. Ad essi sono affiancati comandi subordinati (Aussenposten) nelle città minori o in prossimità di zone
sensibili per l’attività partigiana.
Uno status particolare hanno le regioni di confine praticamente annesse al Reich: le due zone di operazione, OperationszoneAlpenvorland” e "Adriatisches Küstenland", le quali vengono dotate di proprie organizzazioni di polizia SS.
Mentre quella costituita nella zona delle Prealpi rispecchia nelle sue forme le strutture territoriali in uso nel Reich, nel Litorale adriatico viene creata una organizzazione simile a quella presente nel rimanente territorio italiano, ma sostanzialmente indipendente dai comandi di Karl Wolff e W. Harster.

10, Donne internate: solo ora il "governo Badoglio", quando già l’Italia sta per dividersi in due, dispone la liberazione degli internati stranieri con una circolare trasmessa agli organi competenti; di conseguenza questaa comunicazione, che non sempre raggiunge le varie
destinazioni, sortìsce esiti diversi, non solo sulla base delle differenze generate dai luoghi geografici cui è diretta, ma anche in relazione al comportamento del personale periferico.
È così che al campo di Petriolo le internate straniere hanno continuato ad arrivare per il tutto il mese di agosto. L’ultima è arrivata il 3 settembre, proveniente da Roma.
[Il "governo Badoglio", insediatosi all’indomani della
destituzione di Mussolini, si è occupato rilascio degli internati già dal 27 luglio. Ma la loro liberazione, attuata “con sorprendente lentezza e particolare cavillosità burocratica”, avviene con grave ritardo.]
11, Donne internate: campo di Vinchiaturo, sotto il pesante bombardamento aereo che colpisce il paese. avviene la liberazione delle donne in circostanze drammatiche; insieme agli abitanti, le internate lasciano il centro abitato e fuggono nelle campagne, dove si rifugiano presso dei contadini, trattenendosi ancora per qualche tempo sul posto fino all’arrivo degli Alleati –
il 15 ottobre i canadesi libereranno il paese – che le
destineranno a centri di raccolta pugliesi;

12, B. Mussolini viene liberato dalla prigionia sul Gran Sasso; subito dopo egli chiede espressamente ad A. Hitler la formazione di due divisioni della Milizia inquadrate sotto il comando della Waffen SS, da impegnare contro le forze alleate sul fronte italiano;

SiPo (Sicherheitspolizei - Polizia di sicurezza) e SD reclutano sul posto agenti e informatori.
Nel periodo iniziale essi vengono reclutati tra gli esponenti più vicini al nazionalsocialismo della comunità tedesca.
Spesso si tratta di persone con una buona posizione sociale e con buoni contatti all’interno della società italiana. Molti di essi sono commercianti, giornalisti, impiegati e funzionari diplomatici, impiegati delle sezioni italiane del partito nazionalsocialista, proprietari di alberghi e di ristoranti.
[In un documento interno del 1966, il servizio segreto cecoslovacco che ha sequestrato una parte molto significativa della documentazione della sezione del SD responsabile dello spionaggio in Italia tra il 1940 ed il 1943, sosterrà, dopo
aver analizzato quel materiale, che "quasi ogni tedesco che risiedeva in Italia o che la visitava come turista, giornalista, rappresentante di commercio, studente, borsista, studioso, artista ecc." era in realtà un attivo collaboratore del servizio segreto nazista. In un altro punto l’estensore del documento indica gli altoatesini tra i principali collaboratori dei servizi
tedeschi in Italia.]
I Südtiroler hanno tuttavia un ruolo veramente importante solo dopo l’8 settembre 1943, quando ne sono reclutate dozzine come interpreti, segretarie, impiegati d’amministrazione, tra i quali quasi l’intero personale dell’ADERST, l’organizzazione che
fino al 1943 organizza l’emigrazione nel Reich degli optanti.
Ma anche tra gli italiani non è difficile reclutare informatori.
Già nella prima fase, oltre ad una schiera di "informatori involontari" vi sono dei veri e propri collaboratori regolari reclutati tra i filo-nazisti.
Uno dei primi agenti al servizio dei tedeschi a Roma è il filosofo Julius Evola.

Anche l’Abwehr, il servizio dell’esercito, non esita ad inviare personale che possa organizzare anche in Italia la Prima e la Seconda sezione, rispettivamente avente compiti di spionaggio e sabotaggio. Allarga inoltre il suo raggio d’azione, espandendo in primo luogo la rete già presente nell’Italia settentrionale con sede a Milano, capeggiata dal magg. Hans Werner, e istituendo alcuni sottocentri a Genova, Torino e, per il controllo della frontiera italo-svizzera, a Domodossola e Chiasso.
Nelle due zone di operazioni Adriatisches Kustenland e Alpenvorland, direttamente annesse al Reich, vengono fondati tre sottocentri a Trento, Bolzano e Trieste che svolgono, oltre ad attività di controspionaggio, anche propaganda a favore della Germania.
I due nuovi settori aggiunti devono inoltre istituire delle scuole per addestrare i loro agenti.
Il Primo Abwehr sceglie Firenze e Milano, la prima per l’esercito e la marina e la seconda per l’aviazione, come sedi per il reclutamento e l’addestramento di agenti informatori da inviare nel territorio occupato dagli Alleati. Al personale viene insegnato come riconoscere gli stemmi e le armi alleate, oltre che individuare le loro navi mercantili e da guerra, gli aerei e aeroporti, nonché segnalarne la posizione. Al termine dell’addestramento, gli agenti vengono inviati in coppia, un informatore ed un radio-telegrafista, aventi rispettivamente il compito di raccogliere notizie e di trasmetterle. Essi devono attraversare le linee nemiche a piedi oppure vengono aviolanciati o fatti sbarcare sulla costa da imbarcazioni o sommergibili. Sono forniti di sistemi di riconoscimento, in particolare il Servizio provvede a dotarli di un fazzoletto bianco «con al centro, riportata con inchiostro simpatico la dicitura che l’agente fa[ceva] parte del servizio tedesco di informazione».
Il Secondo Abwehr, capeggiato dal conte di origine sudtirolese Thun von Hohenstein, istituisce invece inizialmente due scuole per sabotatori nell’isola di S.Andrea a Venezia e a Perugia.
I corsi durano solitamente dalle 6 alle 7 settimane e ciascun corso è seguito da un numero limitato di agenti. L’addestramento nell’uso degli esplosivi è meticoloso: le reclute devono fare molta pratica in allenamento prima che venga permesso loro di mettere in atto le capacità acquisite contro il nemico. Alla fine dell’addestramento gli agenti vengono paracadutati oltre le linee nemiche oppure abbandonati in caso di ritirata. Vengono impiegati individualmente o in gruppi e nel secondo caso, il capo del gruppo ha a disposizione un radio-telegrafista. È inoltre l’unico a conoscere dove poter rinvenire l’esplosivo nascosto dall’esercito tedesco in ritirata. Le loro azioni dovranno essere dirette principalmente contro linee ferroviarie, treni, magazzini, depositi di armi e carburante, centraline elettriche e telefoniche.
Agli agenti dell’Abwehr vengono assegnati un nome in codice (che differisce a seconda dell’unità di appartenenza), un nome e una storia di copertura. Solitamente – come riportato dall’intelligence italiana – gli agenti dovranno raccontare di essere scappati dal Nord per evitare di essere obbligati a lavorare nell’ "Organizzazione Todt". Sono inoltre provvisti di documenti falsi (carta d’identità e carta di appartenenza alla "Organizzazione Todt") che li aiuterebbe a supportare la loro storia nel caso venissero catturati. Prima della partenza viene anticipata una parte del compenso, il rimanente invece sarà riscosso nel momento del ritorno alla loro unità, una volta completata la missione.
Secondo lo stesso SIM, nonostante l’addestramento di alto livello, i risultati ottenuti dal Secondo Abwehr saranno però nettamente inferiori se comparati all’azione degli agenti del SD.
Anche il servizio segreto delle SS ha dovuto modificare ed incrementare la propria struttura in seguito all’apertura del fronte italiano.
Pertanto, anche le altre due polizie iniziano ad operare nel territorio italiano e, secondo i Servizi italiani, sono dirette inizialmente da Eugen Dollmann e H. Kappler.
L’Ausland-SD, diretto da Karl Hass, prima a Roma e poi a Verona, inizia ad interessarsi anche all’attività di sabotaggio sia materiale che morale, la cosiddetta attività di ‘‘quinta colonna’’, andando a scontrarsi e intralciarsi con il Secondo Abwehr.
Per operazioni di spionaggio e sabotaggio il Servizio recluta ed addestra agenti in una scuola situata a Bologna. Un’altra scuola per sabotatori è predisposta a Roma mentre inizialmente gli agenti vengono inviati per l’addestramento a L’Aia in Olanda.
Durante i corsi, di circa un mese, i sabotatori vengono istruiti nell’impiego di esplosivi, nell’uso di armi tedesche e alleate, nella tattica del sabotaggio e nell’uso di automezzi. Agli agenti del SD viene consegnato, oltre che materiale esplosivo, del cianuro per potersi suicidare in caso di cattura.

Ma chi sono questi agenti e da dove vengono?
Tra la seconda metà del 1943 e i primi mesi del 1944, Abwehr e SD arruolano principalmente tedeschi e sudtirolesi che conoscono la lingua italiana, in modo tale da permettere loro di operare più facilmente alle spalle della linea del fronte.

13, Donne internate: il direttore del campo di Petriolo dispone la liberazione di tutte le “suddite di stati già nemici”, ma non delle internate “per misure di polizia”, in tutto sei donne, rispetto alle quali chiede chiarimenti alla questura;

20, Cerignola (Foggia), nelle tenute del barone Filippo Manfredi de Blasiis arrivano due ufficiali del Sim. Uno di loro è il principe Raimondo Lanza di Trabia, siciliano e suo amico personale. I due provengono da Roma. Sono passati per Pescara, sono giunti a Cerignola con l’intenzione di attraversare le linee alleate. Il barone si unisce a loro con documenti falsi in cui risulta come sergente Renato Lima.
I tre a Bari si separano.
23, mentre il principe Raimondo Lanza di Trabia e l’altro vanno a Brindisi, il barone si reca a trovare il comandante dei Carabinieri di Bari e suo vecchio amico, il col. Geronazzo.
Nel frattempo gli Alleati avanzano e arrivano a Bari e Cerignola.
Il barone torna nelle sue tenute e le mette a disposizione delle truppe alleate. Torna a Bari ogni fine settimana.
[Ma scrivono gli Alleati: “dal momento che era noto tramite fonti segretissime che Manfredi era in contatto con i servizi segreti tedeschi e faceva parte della Rete Invasione, iniziammo a sorvegliarlo”.]

_____________________

Lo stesso giorno 8 settembre iniziano in Italia i veri e propri internamenti politici che proseguiranno fino alla fine della guerra. Gli arresti non sono segreti perché neanche le SS vogliono che lo siano, in quanto servono come azione intimidatoria ed "educativa" » nei confronti dei resistenti.
La Repubblica di Salò attua le minacce di deportazioni contro impiegati, tecnici, donne, dipendenti che hanno scioperato o non si sono presentati regolarmente al lavoro e anche contro coloro che hanno disatteso gli ordini tedeschi.
Le tipologie di deportazioni non sono differenziate: vi sono ebrei partigiani deportati come Primo Levi, Luciana Nissim e Giuseppe Diena, insieme ai correligionari. Tra i politici sono militari, rei di infrazioni disciplinari e criminali abituali. A questi sono aggiunti anche le donne e religiosi, sacerdoti cattolici, testimoni di Geova ed evangelici.
I primi 30.000 arrestati sono deportati tra il 20 settembre 1943 e l'8 ottobre 1945: sono carcerati di penitenziari militari o antifascisti.
Il primo trasporto è organizzato a Peschiera del Garda con ufficiali condannati per diserzione, a cui sono aggiunti altri militari da Roma che, condotti a Peschiera, sono poi caricati su un treno merci. Durante il percorso, quando il convoglio si ferma a Bolzano, sono fatti salire politici italiani. Il convoglio è diretto a Dachau.
Il secondo trasporto di migliaia di prigionieri lascia il campo di concentramento di Cairo Montenotte, destinati a Gusen, nei pressi di Mathausen.
L'8 ottobre parte un altro convoglio pieno di italiani, greci, partigiani slavi e albanesi da Sulmona, diretto sempre a Dachau, che fa tappa anche a Roma, Firenze e Verona.
Il numero dei trasporti, durante i venti mesi di occupazione nazista, sarà tra gli ottanta e novanta con un totale di deportati fra i 1.500 e 2.000 numero non confermato, in mancanza di riscontri e conferme.
Il numero dei politici deportati e superstiti rimarrà uno "dei grandi enigmi della galassia concentrazionaria", a causa delle istituzioni che, finita la guerra, non indagheranno né faranno censimenti dei reduci. In aggiunta i tedeschi cancelleranno tutte le prove e documenti con gli elenchi dei prigionieri. Grazie ad uno
studioso, Italo Tibaldi, che si era basato sulle liste dei trasporti e sui numeri d'ordine assegnati ai deportati, ovvero le matricole, si può avere una cifra approssimativa di 32.820 deportati, come Giuseppe Mayda ha riportato nel suo testo.
Secondo queste statistiche il campo di concentramento principale per i politici internati è Dachau. I deportati vengono assegnati in base a criteri di “pericolosità” dall'Ufficio IV-A della Gestapo, che si occupa dei nemici del Terzo Reich e delle "misure precauzionali contro asociali e delinquenti".


30, Donne internate: al campo di Petriolo risultano ancora 19 internate che, nella stessa data, sono trasferite dal comando germanico a Sforzacosta.
[Dagli elenchi disposti dagli occupanti, che gestiranno il campo a partire dal 23 ottobre 1943, risulterà che saranno trattenute tutte le ebree e le “ex jugoslave”, mentre delle inglesi, che pure sono presenti a Petriolo, negli elenchi non ci sarà traccia.
Le “ex jugoslave”, trattenute a Sforzacosta fino a febbraio del 1944, saranno trasferite a Fossoli tra il 2 e il 7 dello stesso mese.]


30, Donne internate: nelle Marche il comando tedesco chiude i campi di Urbisaglia, Petriolo e Pollenza, trasferendo gli internati nel campo di Sforzacosta. Questo luogo, che fino all’8 settembre è stato utilizzato per contenere i prigionieri di guerra, funzionerà anche da vero e proprio campo di internamento per civili fino alla
prima settimana di febbraio del 1944.
Campi per l’internamento civile
Dopo l’armistizio, mentre i campi istituiti nell’Italia meridionale vengono chiusi o liberati dagli Alleati, quelli che si trovano nell’Italia centrosettentrionale continuano a funzionare sotto l’occupazione tedesca e secondo le nuove norme della Repubblica Sociale Italiana.
Inoltre, verso la fine del 1943 e i primi mesi del 1944, vennero istituiti i seguenti campi:
Provincia Luogo Direttore Note
1) Alessandria S. Martino di Rosignano Monferrato, Commissario Prefettizio Giovanni Zanello donne straniere;
capienza: 40 posti;
2) Genova Pian di Coreglia, comune di Orero aiutante della GNR donne;
capienza: 300 posti;
3) Grosseto Roccatederighi (Roccastrada) Sig. Gaetano Rizziello ebrei italiani e stranieri;
capienza: 110 posti;
4) Imperia Vallecrosia Vice Commissario Aggiunto Curci misto;
capienza: 150 posti;
5) Mantova (periferia) Ragioniere della Prefettura Martiradone ebrei;
capienza: 70 posti;
6) Padova Vò Vecchio, Villa Venier   ebrei;
capienza: 200 posti;
7) Piacenza Cortemaggiore Capitano della GNR Albino Pastorelli capienza: 500 posti;
8) Savona "Istituto Morello", Spotano   croati e italiani;
capienza: 50 posti, ca;
[il 30 aprile 1944 venne dismesso e gli internati trasferiti nel campo di Cairo Montenotte;]
9) Savona Cairo Montenotte, Celle Ligure, "Colonia Bergamasca" Tenente della GNR croati e italiani;
capienza: 400 posti;
[già attivo dal febbraio 1943]

10) Teramo
caserma Mezzacapo; Commissario Aggiunto di P.S. della Guardia GNR Filiberto Di Raffaele italiani;
capienza: 300 posti;
Note: GNR (Guardia Nazionale Repubblicana).
Oltre a questi campi, che dipendono dal Ministero dell’interno, vengono utilizzati per internare i civili anche alcuni campi per prigionieri di guerra, che dipendono dalle autorità militari, come quelli di Servigliano (Ascoli Piceno), Sforzacosta (Macerata) e quelli di Fossoli di Carpi (Modena,) e la Risiera di San Sabba a Trieste.

 


«segue Ottobre 1943»






[. Carlo Gentile, Intelligence e repressione politica. Appunti per la storia del servizio di informazioni SD in Italia 1940-1945 (2010);
.
Nicola Tonietto, Le reti di spionaggio e sabotaggio nazifasciste nell’Italia occupata dagli Alleati (1943-1945) (2016).]
[Giuseppe Mayda, Storia della deportazione dall'Italia 1943-45.]

 

 

 




OVEST
-
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-
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1943
Settembre

-

 


 

DOMINION OF CANADA
[Aggiunta alle altre province britanniche nel 1763, include la regione sulle due rive del fiume San Lorenzo grossolanamente delimitate da Anticosti a est e il Lago Nipissing a ovest.
Dal 7 nov 1763 la provincia (ex Canada francese) è stata divisa formalmente in tre distretti: Québec, Trois-Rivières, Montréal.
Nel 1791 la provincia è stata separata in due parti:
Basso Canada (francofoni) e Alto Canada (lealisti).
Nel 1841, con l'Act of Union sono stati nominati due primi ministri ma Canada Est e Canada Ovest continuano ad andare ognuna per la sua strada. Il sistema dura ben 25 anni (1842-67).
Nel 1867, 1° luglio, nasce ufficialmente la confederazione: Dominion of Canada.]
Dal 1931, nonostante lo «statuto di Westminster», in pratica il Foreing Office britannico continua a rappresentare il Dominion in quasi tutte le nazioni del mondo e formalmente i canadesi continuano ad essere cittadini britannici, fino all'approvazione della legge sulla cittadinanza nel 1946.
Governatore generale
Alexander A.F.W.A.C.G. Athlone
conte di Athlone
(1940 - 1946)
Primo ministro
W.L. Mackenzie King
(1935 23 ott - 15 nov 1948)
[liberale]

1943
Settembre

-


 


QUÉBEC
Primo ministro
J.-A. Godbout
(1939 nov - ago 1944)
[liberale]
Sindaco di Montréal
Camillien Houde
(1928 - 1954)
[liberale di destra]
Arcivescovo di Montréal
-
Arcivescovo di Quèbec
-

1943
Settembre

-

 


 

 

ONTARIO
-
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1943
Settembre

-

 

 


NEW BRUNSWICK
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1943
Settembre

-

NOVA SCOTIA
-
-

1943
Settembre

-

MANITOBA [dal 1870]
-
-

1943
Settembre

-


BRITISH COLUMBIA [dal 1858]
[nel 1866 ha incorporato l'Isola di Vancouver e dal 1871 fa parte della confederazione.]
Primo ministro della provincia
-

1943
Settembre

-

 

ISOLA DEL PRINCIPE EDOARDO
[Dal 1873 fa parte della confederazione.]
Primo ministro della provincia
-

1943
Settembre

-

 

TERRITORIO DELLO YUKON [creato nel 1898]
   
1943
Settembre

-
ALBERTA [creata nel 1905]
   
1943
Settembre

-
SASKATCHEWAN [creata nel 1905]
   
1943
Settembre

-
[Luca Codignola-Luigi Bruti Liberati, Storia del Canada, Bompiani 1999.]

 

TERRANOVA
- 1867-1934, rimane Dominion autonomo.
- 1934, torna allo status di colonia dipendendo intieramente dalla Gran Bretagna sul piano politico ed economico.
Governatore
(1934 - 1949)
[governo commissariato]

1943
Settembre

-

 


UNIONE degli STATI UNITI d'AMERICA
Presidente degli Stati Uniti
F.D. Roosevelt [32°]
(1933 4 mar - 12 apr 1945)
[Pd]
Vicepresidente
H.A. Walface
(? - ott 1944)
Segretario di Stato
[Ministro degli Esteri]
-
Ministro del Tesoro
-
Ministro della Guerra
-
Presidente della Corte Suprema
H.F. Stone
(1941 3 lug - 22 apr 1946)

1943
Settembre

continua la grande offensiva americana iniziata in giugno nel sud Pacifico;
sbarco anglo-americano in Sicilia;

La Camera dei rappresentanti raccomanda con 360 voti a favore e 29 contrari che gli Stati Uniti si pongano alla guida nella creazione di un'Organizzzazione delle Nazioni Unite.

[Maldwyn A. Jones, Storia degli Stati Uniti, Bompiani 1984.]

 




FBI
(Federal Bureau of Investigation)
- Direttore: John Edgar Hoover (1924-72)

1943
Settembre

-

 

 

[01] DELAWARE [dal 7 dicembre 1787] - cap. Dover
[Primo stato a ratificare la Costituzione degli Stati Uniti d'America.
Non esistono collegamenti fra chiesa e stato e una grande libertà religiosa si è affermata sin dall'inizio.]
Governatore
-

1943
Settembre

-

 

[02] PENNSYLVANIA [dal 12 dicembre 1787] - cap. Harrisburg
[Non esistono collegamenti fra chiesa e stato e una grande libertà religiosa si è affermata sin dall'inizio.]
Governatore
-

1943
Settembre

-

 

[03] NEW JERSEY [dal 18 dicembre 1787] - cap. Trenton
[Non esistono collegamenti fra chiesa e stato e una grande libertà religiosa si è affermata sin dall'inizio.]
Governatore
-

1943
Settembre

-

 

[04] - [04] GEORGIA [dal 2 gennaio 1788] - cap. Atlanta
[Già ammesso nell'Unione nel 1780 ma ratificato solo il 2 gennaio 1788.
Riammesso al Congresso il 30 marzo 1870.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[05] CONNECTICUT [dal 4 gennaio 1788] - cap. Hartford
Governatore
-

1943
Settembre

-

[06] MASSACHUSETTS [dal 6 febbraio 1788] - cap. Boston
Governatore
-

1943
Settembre

-

[07] MARYLAND [dal 28 aprile 1788] - cap. Annapolis
Governatore
-

1943
Settembre

-

[08] - [01] SOUTH CAROLINA [dal 23 maggio 1788] - cap. Columbia
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[09] NEW HAMPSHIRE [dal21 giugno 1788] - cap. Concord
Governatore
-

1943
Settembre

-

[10] - [08] VIRGINIA [dal 26 giugno 1788]- cap. Richmond
[Riammesso al Congresso il 30 marzo 1870]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[11] NEW YORK [dal 26 luglio 1788] - cap. Albany
[L'anglicanesimo è la religione di stato in quattro contee.]
Governatore
-

1943
Settembre

-

[12] - [09] NORTH CAROLINA [dal 21 novembre 1789] - cap. Raleigh
[Tratto di terre immediatamente a sud della Virginia, attorno allo stretto di Albemarle.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[13] RHODE ISLAND [dal 29 maggio 1790] - cap. Providence
Governatore
-

1943
Settembre

-

[14] VERMONT [dal 4 marzo 1791] - cap. Montpelier
Governatore
-

1943
Settembre

-

[15] KENTUCKY [dal 1° giugno 1792] - cap. Frankfort
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[16] - [10] TENNESSEE [dal 1° giugno 1796] - cap. Nashville
[Riammesso all'Unione dall'aprile 1866.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-


[17] OHIO [dal 1° marzo 1803] - cap. Columbus
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[18] - [05] LOUISIANA [dal 30 aprile 1812] - cap. Baton Rouge
- 1819, Trattato Adams-Onís: stabilisce il confine con il MESSICO spagnolo: va dal fiume Sabine, nel TEXAS orientale, fino al 42° parallelo (futuro confine settentrionale della CALIFORNIA) e da quel punto, verso ovest, fino al Pacifico.
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[19] INDIANA [dal 11 dicembre 1816] - cap. Indianapolis
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[20] - [06] MISSISSIPPI [dal 10 dicembre 1817] cap. Jackson
[Riammesso al Congresso il 30 marzo 1870]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[21] ILLINOIS [dal 3 dicembre 1818] - cap. Springfield
-
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[22] ALABAMA [dal 14 dicembre 1819] - cap. Montgomery
[Dal 18 ottobre 1867 sotto la sovranità degli Stati Uniti.]
Governatore
-

1943
Settembre

-

[23] MAINE [dal 15 marzo 1820] - cap. Augusta
-
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[24] MISSOURI [dal 10 agosto 1821] - cap. Jefferson City
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[25] - [11] ARKANSAS [dal 15 giugno 1836] - cap. Little Rock
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[26] MICHIGAN [dal 26 gennaio 1837] - cap. Lansing
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[27] - [03] FLORIDA [dal 3 marzo 1845] - cap. Tallahassee
Tra il 1810 al 1813 gli Stati Uniti hanno inglobato la maggior parte della Florida occidentale, la scia costiera che corre da New Orleans a Mobile, ma una buona parte della colonia, unitamente a tutta la Florida orientale, cioè la penisola, resta ancora sotto il dominio spagnolo.
Nel 1819, con il Trattato Adams-Onís è stata completamente ceduta agli Stati Uniti dalla Spagna.
Nel 1868 è rientrata a far parte dell'Unione.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[28] - [07] TEXAS [dal 29 dicembre 1845] - cap. Austin
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[29] IOWA [dal 28 dicembre 1846] - cap. Des Moines
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[30] WISCONSIN [dal 29 maggio 1848] - cap. Madison
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[31] CALIFORNIA [dal 9 settembre 1850] - cap. Sacramento
Governatore
-

1943
Settembre

-

[32] MINNESOTA [dall'11 maggio 1858] cap. Saint Paul
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[33] OREGON [dal 14 febbraio 1859] - cap. Salem
- 1845, alla fine dell'anno i 5000 coloni americani dell'Oregon organizzano un governo provvisorio e chiedono la fine del regime di occupazione comune e l'esclusiva giurisdizione americana.
- 1848, diventa territorio autonomo.
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[34] KANSAS [dal 28 gennaio 1861] - cap. Topeka
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[35] WEST VIRGINIA [dal 19 giugno 1863] - cap. Charleston
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[36] NEVADA [dal 31 ottobre 1864] - cap. Carson City
[Il 2 marzo 1861 il suo territorio era stato separato da quello dell'UTAH.]
Governatore
-

1943
Settembre

-

[37] NEBRASKA [dal 1° marzo 1867] - cap. Lincoln
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[38] COLORADO [dal 1° agosto 1876] - cap. Denver
[Territorio autonomo dal 28 febbraio 1861.]
Governatore
-

1943
Settembre

-

[39] NORTH DAKOTA [dal 2 novembre 1889] - cap. Bismarck
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[40] SOUTH DAKOTA [dal 2 novembre 1889] - cap. Pierre
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[41] MONTANA [dall'8 novembre 1889] - cap. Helena
[cap.li: fino al 1865 Bannack, fino al 1875 Virginia City.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[42] WASHINGTON [dall'11 novembre 1889] - cap. Olympia
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[43] IDAHO [dal 3 luglio 1890] - cap. Boise
[Territorio autonomo dal 24 marzo 1863 con cap. Boise.
Inizialmente, fino al 7 dicembre 1864, la capitale era Lexinton.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[44] WYOMING [dal 10 luglio 1890] - cap. Cheyenne
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[45] UTAH [dal 4 gennaio 1896] - cap. Salt Lake City
[Territoro annesso nel 1850.
Dal 2 marzo 1861 si è staccato il Territorio del NEVADA.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[-] Territorio delle HAWAII [dal 7 luglio 1898] - cap. Honolulu
 
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[46] OKLAHOMA [dal 16 novembre 1907] - cap. Oklahoma City
[Territorio autonomo dal 2 maggio 1890.
Con l'annessione di questo nuovo stato gli indiani sono stati espropriati del loro territorio di riserva "permanente". ]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[47] NEW MEXICO [dal 6 gennaio 1912] - cap. Santa Fe
[Territorio autonomo dal 1846.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[-] Territorio dell'ALASKA [dal 1912] - cap. Juneau
[1867, 9 aprile, il senato ratifica l'atto d'acquisto del territorio dalla Russia per 7,2 Mni di dollari;
18 ottobre [Alaska day], avviene il passaggio di sovranità;
1884, diviene un distretto dell'Oregon;
1898, viene scoperto l'oro: questo fatto provoca una vera e propria invasione di cercatori d'oro; altro oro viene poi scoperto nel vicino Klondike, territorio canadese, e l'Alaska è utilizzata come base di partenza per i cercatori.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-

[48] ARIZONA [dal 14 febbraio 1912] - cap. Phoenix
[Territorio autonomo dal 1863, ma fino al 1886 non ci fu pace con gli Indiani.]
Governatore
-
-

1943
Settembre

-


a

 



1943
Settembre
GRANDI ANTILLE
- Presidente della repubblica
[mentre dal 1903 gli Stati Uniti hanno una loro base militare a Guantánamo, dal 1934 hanno rinunciato al diritto formale d'intervento stabilito dall'emendamento Platt»
1943
Settembre

-
Haiti
-
?
(? - ?)
1943
Settembre

-
- Presidente della repubblica
?
(? - ?)
1943
Settembre

-
- Governatore
?
(?-?)
[colonia britannica dal 1866]
1943
Settembre

-


1943
Settembre
Estados Unidos Mexicanos
(Stati Uniti del Messico)
[repubblica federale]
- Presidente della repubblica federale
Manuel Avila Camacho
(1940 - 1946)
[Partido de la revolución mexicana]

1943
Settembre

il paese, anche se solo nominalmente, è impegnato nel secondo conflitto mondiale a fianco degli alleati;



1943
Settembre
Repubblica dell'America centrale
(1921)
- Presidente
-
1943
Settembre

-



1943
Settembre
- Capo del governo
-
gen. Jorge Ubico
(1931 - 1944)
(formalmente indipendente dal 1847)
1943
Settembre

-


1943
Settembre
- Presidente
gen. Maximiliano Hernández Martínez
(1931 - ?)
1943
Settembre

nella seconda guerra mondiale il paese si mantiene rigorosamente neutrale;

1943
Settembre
Honduras
- Dittatore
T. Carias Andino
(1932 - 1949)
1943
Settembre

-


1943
Settembre
- Presidente
gen. Anastasio Somoza Debayle
(1937 - 1956)
[dal 1937 le forze guerrigliere si oppongono alla dittatura della famiglia Somoza]
1943
Settembre

-

1943
Settembre
- Presidente della repubblica
?
(? - ?)
[liberale]
1943
Settembre

ritorna ora il regime liberale;

1943
Settembre
República de Panamá
(indipendente dal 1903)
- Presidente della repubblica
?
(1903 - ?)
1943
Settembre

-




1943
Settembre
- Presidente
-
[presidenze di E. Olaya Herrera, di A. López Pumarejo e di altri]
1943
Settembre

ripristinato il regime di separazione fra stato e chiesa, i presidenti liberali tentano, con alterno successo, di avviare il paese verso un regime di democrazia rappresentativa, mentre in politica estera essi si allineano sempre più con gli Stati Uniti (la cui influenza nella vita economica del paese si va sempre più estendendo).

1943
Settembre

- Presidente della repubblica

?
(1936 - ?)
[dal 1903 fino al 1938 decine di migliaia di oppositori vengono incarcerati o esiliati.]
1943
Settembre

Una graduale trasformazione del regime militare condotta tra la fine degli anni Trenta e l'inizio degli anni Quaranta da due generali di origine andina (E.L. Contreras, poi, dal 1941, I. Medina Angarita) consentono un certo sviluppo del movimento sindacale e dell'opposizione non marxista, schierando il Venezuela accanto gli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale.



1943
Settembre
República del Ecuador

- Presidente della repubblica

J.M. Velasco Ibarra
(1934 - ?)
[velasquismo]
[deposto prima della scadenza del mandato]
1943
Settembre

il protocollo di Rio de Janeiro non ha delimitato con precisione la linea di confine, nella zona della cordigliera del Cóndor;
dalla conferenza di Rio de Janeiro il paese dipende sempre più dagli Stati Uniti che hanno ottenuto anche la cessione di basi militari;
tutto ciò ha contribuito al fallimento dell'esperienza populista;



1943
Settembre

- Presidente della repubblica

O.R. Benavides
(? - 1939)
(Repubblica indipendente dal 1827)
1943
Settembre

la crisi economica del 1929-31 ha causato la restaurazione militare e la messa fuori legge del partito radicalpopulista
APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana), fondato da V.R. Haya de la Torre;


1943
Settembre

- Presidente della repubblica

?
(?-?)
1943
Settembre

un nuovo blocco di forze della sinistra, raggruppando accanto alla piccola borghesia radicale strati di operai e di contadini, ha dato vita nel 1941 al MNR (Movimento nazionalista rivoluzionario) sotto la guida di V. Paz Estenssoro.

1943
Settembre

- Presidente della repubblica

J.A. Ríos Morales
(1941 - 1946)
[Frente Popular]
- Ministro della sanità
-
1943
Settembre

il presidente attua una politica di riforme sociali ed economiche che consentono una ripresa dello sviluppo a vantaggio specialmente dei ceti medi;

1943
Settembre
dal 1816 divise nelle tre colonie:
Guyana Britannica [dal 1928 ha un proprio governo rappresentativo]

- Governatore

?
(? - ?)
1943
Settembre

-
Suriname (olandese)

- Governatore

?
(? - ?)
1943
Settembre

-
Guyane Française
[già sede di una colonia penitenziaria e poi, dal 1852,
di un bagno penale (fino al 1945)]

- Governatore

?
(? - ?)
1943
Settembre

-


1943
Settembre

- Dittatore

Getulio Dornelles Vargas
(1937 - ott 1945)
[dal 1937 vige il cosiddetto Estado Nôvo, ispirato al modello corporativo-fascista portoghese]
1943
Settembre

rivolta contadina di Caldeirão (1936-38);



1943
Settembre

- Dittatore

gen. H. Morinigo
(1940 - 1948)
1943
Settembre

il generale H. Morinigo abolisce le riforme appoggiandosi ai ceti conservatori e favorendo così l'industrializzazione e l'espansione economica;


1943
Settembre

- Presidente della repubblica
[dittatore]

gen. P.P. Ramírez
(1943 giu - feb 1944)
[nazionalista]
1943
Settembre

Buenos Aires,

 



Patagonia
1943
Settembre

-

1943
Settembre
- capo militare
A. Baldomir
(1938 - 1943)
1943
Settembre

Montevideo, seconda guerra mondiale: il paese è entrato in guerra a fianco degli Stati Uniti d'America;



1943
Settembre
CINA
-
Repubblica Cinese

presidente della repubblica

Chiang Kai-shek
(1935 dic - gen 1949)

[i giapponesi hanno già occupato la Manciuria, Jehoi (provincia nordorientale della Cina), Chahar e Sui-yüan;
guerra cino-giapponese (1937-45): col pretesto della situazione bellica, Chiang Kai-shek riDuce al silenzio ogni forma di opposizione interna; il Kuomintang (KMT), di cui è ora diventato presidente, nel giro di un ventennio si è trasformato da forza progressista in baluardo della conservazione.]
1943
Settembre

-
Repubblica sovietica cinese
degli operai e dei contadini

(Repubblica di Kiangsi - Cina meridionale)
presidente del PCC (Partito comunista cinese)
Mao Tse-tung
(1935 - 1949)
1943
Settembre

-

a


1943
Settembre
DAE HAN
(Corea)
[lo stato coreano ha cessato di esistere come entità autonoma nel 1910 essendo stato annesso dal Giappone;
la dominazione di Tokyo è improntata a uno spietato regime poliziesco;
è attivo comunque un movimento di resistenza nazionale che dal 1931 organizza la guerriglia antigiapponese.]
1943
Settembre

la conferenza interalleata del Cairo decide di restaurare l'indipendenza e l'integrità territoriale della penisola all'indomani del conflitto;

a


1943
Settembre
Vietminh
Viet Nam Doc Lap Dong Minh
(Lega per l'indipendenza del Vietnam)
II Guerra Mondiale (1941-45)
1942
Dicembre
-

a





1943
Settembre
(periodo Showa: 1926-45)
Giappone

Hirohito

(Tokyo 1901-1989)
figlio di Yoshihito;
1921-26, reggente;
1926-45, imperatore del Giappone;



1942
Dicembre
II Guerra Mondiale (1941-45): da alcuni mesi gli Stati Uniti sono passati al contrattacco infliggendo gravi perdite ai giapponesi;

a





1943
Settembre
[colonia spagnola dal 1900, con capitale Villa Cisneros già protettorato dal 1884, le è stata annessa militarmente nel 1934 la regione di Saguia el Hamra]
-
-
1943
Settembre

-


1943
Settembre
MAROCCO
[dal 1912 il paese è un protettorato della Francia che ha riconosciuto alla Spagna una zona di sua spettanza (Rif, Ifni, Tarfaya);
con la convenzione di Parigi la città di Tangeri è stata internazionalizzata con un proprio statuto autonomo.]
mentre il paese continua ad opporre una strenua resistenza alla "pacificazione", egli si avvicina decisamente a quei movimenti che reclamano una maggiore autonomia del Marocco, non nascondendo le sue simpatie per l'Istiqlal o Partito dell'indipendenza attorno a cui si riunisce gran parte delle forze autonomistiche; dal canto suo la Francia ha creato una residenza militare che lascia insoddisfatta ogni istanza autonomista;
Maometto V
-

(Fez 1909 - Rabat 1961)
figlio di Mulay Yusuf;
1927-57, sultano del Marocco;
[alla morte del padre]

1957-61, re del Marocco;

1943
Settembre

seconda guerra mondiale (1940-45)
-


1943
Settembre
Algeria
-
-
1943
Settembre

mentre ad Algeri nel 1942 si è costituito il primo governo provvisorio della Francia libera, F. 'Abbas fonda l'Unione democratica del manifesto algerino;

1943
Settembre
TUNISIA
[protettorato francese dal 1883, anche se il bey conserva formalmente le sue prerogative]
il Neo-Destur (presidente: M. Matari; segretario generale: H. Bourghiba, in carcere 1934-36 e 1938-42), che dal 1934 si è posto come obiettivo la fine del protettorato, riceve come risposta una politica forte da parte delle autorità francesi che proibiscono i partiti nazionalisti, ne internano i principali dirigenti senza tuttavia arrestare la crescita del movimento;
H. Bourghiba, rientrato clandestinamente in patria dopo la liberazione dal carcere di Marsiglia, assume la direzione del Neo-Destur, divenendone segretario generale e poi presidente;
1943
Settembre

-

1943
Settembre
LIBIA
[nome romano riesumato durante il conflitto per indicare le due regioni della Tripolitania e della Cirenaica]
- da fine gennaio 1943 tutta la Libia è in mano agli inglesi -

1943
Settembre

seconda guerra mondiale (1940-45)
-

Muhammad Idris al-Mahdi al-Sanusi
-

(Giarabub 1890 - Il Cairo 1983)
1917-22, capo della confraternita dei Senussi;
1923-48, è costretto all'esilio;


1948, emiro di Cirenaica;
1950-69, re di Libia(Idris I);



1943
Settembre
Faruk  
(Il Cairo 1920 - Roma 1965)
figlio di re Fu'ad I;
1936-52, re d'Egitto;
con a fianco il primo ministro Nahhas Pascià, vecchio leader wafdista insediato dagli inglesi, dal 1942 è è costretto ad appoggiare apertamente gli Alleati;

1951-52, re d'Egitto e del Sudan;
1943
Settembre

-


1943
Settembre
Sudan
[dalla convenzione del 18 gennaio 1899, il paese è stato costituito in "condominio" anglo-egiziano, di fatto in possedimento britannico;
dal 1924 la White Flag League fondata da Ali Abd al-Latif (condannato a tre anni in carcere lo stesso anno) ha abbandonato il programma unitario della Valle del Nilo e adottato una nuova strategia orientata verso l'obiettivo di una nazione sudanese autonoma.]
-
?
(?-?)
1943
Settembre

-


1943
Settembre
Guinea-Bissau
[colonia autonoma portoghese dal 1879, i suoi confini (rettilinei e artificiosi di evidente origine coloniale) con l'Africa Occidentale Francese sono stati regolati nel 1896.]
-
?
(?-?)
1943
Settembre

-


1943
Settembre
Africa Occidentale Francese
(AOF – 1895-1958)

[possedimenti retti, dal 1895, da un governatore generale, dipendente dal ministero delle colonie, in forma accentuatamente centralizzata]

- Governatore generale
?
(? -?)
Senegal [sotto controllo francese dal 1817, sottomesso e pacificato dal 1865.] cap. Dakar.
1943
Settembre

-
Mauritania [protettorato francese dal 1904, il territorio vi è stato annesso dal 1920 ma le autorità coloniali non verranno mai completamente a capo dello spirito d'indipendenza mauro]
1943
Settembre

-
Sudan francese [ex Senegal-Niger dal 1904, nel 1921 è tornato al suo nome originario.]
1943
Settembre

-
Alto Volta [1932-47, la colonia è soppressa e smembrata tra Costa d'Avorio, Sudan Francese e Niger]
1943
Settembre

-
Niger [completamente colonizzato dal 1920] cap. Zinder.
1943
Settembre

-
Guinea Francese [protettorato francese dal 1889, è sorta la città di Conakry nel 1890; colonia francese dal 1891;
con l'acquisizione dell'isola di Los nel 1904 ha assunto il suo assetto territoriale definitivo.]
1943
Settembre

-
Costa d'Avorio [colonia francese dal 1893.]
1943
Settembre

-
Dahomey [annesso dal 1899 ma, completamente, dal 1916]
1943
Settembre

-
Nel gennaio 1943, truppe francesi "libere" hanno rioccupato tutte le colonie francesi nell'Africa occidentale e nel Madagascar.

1943
Settembre
Sierra Leone
[colonia inglese dal 1808.]
- Governatore
?
(?-?)
1943
Settembre

-

1943
Settembre
[ex Monrovia, è una repubblica indipendente dal 1847, con una costituzione modellata su quella statunitense ma con il predominio dell'elemento nero-americano su quello autoctono;
nel 1857 al paese si è unita l'ex colonia formatasi a capo delle Palme nel 1833.]
-
-
1943
Settembre

-


1943
Settembre
Costa d'Oro
[colonia della corona britannica dal 1874; nel 1922 si è ingrandita con l'annessione dell'ex Togo tedesco, la parte occidentale (Togoland) del territorio;]
- Governatore
-
1943
Settembre

-

1943
Settembre
Togo
[sotto mandato francese dalla fine della prima guerra mondiale, dal 1922 il territorio comprende solo la parte orientale dell'ex Togo tedesco e mantiene una distinta fisionomia giuridica.]
?
(?-?)
1943
Settembre

-


1943
Settembre
comprende i due ex protettorati britannici;
all'unità amministrativa della federazione non corrisponde tuttavia una reale integrazione etnico-culturale del paese;
Nigeria settentrionale [territori haussa, riuniti dal 1900]
-
-
1943
Settembre

-

Nigeria Meridionale [territori degli Oil Rivers (dal 1849), di Lagos (dal 1861) e Benin (dal 1897), riuniti dal 1906]
-
-
1943
Settembre

all'unità amministrativa della federazione non corrisponde tuttavia una reale integrazione etnico-culturale del paese, resa ora, nel primo dopoguerra, ancora più improbabile dall'accessione, sotto mandato britannico, di un quinto del Camerun tedesco;
ulteriori elementi di divisione si portano avanti dal 1922;






1943
Settembre
Camerun
[dal 1920 l'ex protettorato franco-britannico è diviso in due mandati coloniali previsti dal trattato di Versailles]
Njoya
-
(? - ?) c
1883-1933, re dei bantu;

Mandato (1) [alla Gran Bretagna, la porzione nordorientale, circa un quinto del paese]
1943
Settembre

-
Mandato (2) [alla Francia, il resto (ha recuperato anche i territori ceduti nel 1911)]
1943
Settembre

dal 27 agosto 1940 ha aderito alla Francia libera;

1943
Settembre
Africa Equatoriale Francese
(1910-1958)
1910, la Francia crea questa nuova unità amministrativa che, pur mantenendo a Brazzaville la sede del governatore generale, è divisa in quattro ripartizioni:
Medio Congo [ex Congo Francese»
-
1943
Settembre

André Matsua, fondatore nel 1925 della Société amicale des originaires de l'Afrique Equatoriale Française e finora sopravvissuta nella clandestinità, si trova ora arruolato nell'esercito francese;
nuovamente arrestato sotto l'imputazione di "intelligenza col nemico" è ricondotto a Brazaville. Qui tutti gli esponenti del movimeno amicale, divenuti fautori sempre più decisi delle rivendicazioni autonomiste delle popolazioni Bakongo, sono condannati a morte e fucilati.

Gabon [già assorbito dal Congo Francese nel 1888 e ora separato]
-
1943
Settembre

-
Ubangi Sciari (Oubangui-Chari) [ex Impero Centrafricano, diventato colonia francese dal 1905]
-
1943
Settembre

-
Ciad [pur annesso dalla Francia, la resistenza all'interno continuerà fino al 1917]
-
1943
Settembre

Durante la seconda guerra mondiale la colonia aderisce alla Francia libera.




1943
Settembre
Congo Belga
[colonia dello stato belga dal 1908]
(capitale: Lépoldville)
[il territorio dello Zaire, già sede (ancor prima dell'arrivo dei portoghesi) di importanti regni autoctoni quali quello del Congo, di Kuba, Luba, Lunda:
- nel 1880 è stato posto sotto il controllo dell'Associazione internazionale per il Congo, promossa da Leopoldo II re del Belgio;
- 1885-1908, sotto la sovranità (esercitata a titolo personale) di Leopoldo II re del Belgio.]
Governatore
-
1943
Settembre

Nel periodo tra le due guerre vengono estese le piantagioni ed avviato lo sfruttamento delle ricchissime risorse minerarie, senza che ciò comporti alcun miglioramento del livello di vita delle popolazioni indigene e delle condizioni igienico-sanitarie.
Katanga [regione sudorientale, annessa militarmente dai belgi nel 1891 sotto l'egida della Compagnie du Katanga istituita da re Leopoldo II.]
1942
Settembre

nella zona dell'attuale Jadotville, la Union Minière:
- nel 1917, a Likasi, ha aperto un'altra grande miniera di rame (dopo quella iniziale a Elisabethville);
- nel 1921, a Panda, ha installato un concentratore di minerale;
- nel 1928, a Shituru, ha inaugurato un nuovo complesso industriale, di gran lunga il maggiore del Congo e fra i più imponenti dell'intera Africa.
ll complesso industriale [intitolato a Jean Jadot] forma una delle capitali mondiali del rame.
Ruanda-Urundi [dal 1919 sotto amministrazione belga, nel 1925 è stato annesso alla colonia.]
1943
Settembre

-
Ruanda: capitale Nyanza. Il mwami=re Mutara III [Charles, Léon, Pierre Rudahigwa], re dei vatussi, lascia il paganesimo per convertirsi al cattolicesimo.
[Più tardi si recherà a Roma in visita a Pio XII].







1943
Settembre
-
ETIOPIA
[Abissinia: con il termine si intende indicare la regione etiopica (comprendente il Tigré, lo Scioà, l'Amara e il Goggiam) che si estende a Nord del fiume Auasc e dello spartiacque tra l'Omo e l'Abbai]
-

(Harar 1891 - † 1975)
Tafari Makonnen, figlio del principe Makonnen e nipote di Menelik II;
1930-75, imperatore di Etiopia;
negus neghesti
(re dei re);
1943
Settembre

da maggio 1941 è rientrato insieme alle truppe inglesi ad Addis Abeba;

ERITREA

1943
Settembre

dopo lo sfaldamento coloniale italiano, dal 1941 segue le sorti dell'Etiopia;





1943
Settembre
SOMALIA
1943
Settembre

L'integrazione amministrativa da parte degli inglesi dei due territori ex Somalia Britannica ed ex Somalia Italiana, favorisce l'aggregazione delle forze nazionaliste nel partito Somali Youth League (Lega dei Giovani Somali) avviando il movimento indipendentista;
Somalia Francese [colonia francese dal 1896]
il porto di Gibuti (1888) è collegato per ferrovia alla capitale etiopica Addis Abeba (1897-1917);
[situata in territorio dancalo e non propriamente somalo]
1943
Settembre

-

1943
Settembre
Africa Orientale Britannica
(IBEAImperial British East Africa)
Uganda [protettorato britannico dal 1894]
-
-
1943
Settembre

formalmente diviso in quattro regni federati, è uno dei possedimenti più prosperi della Gran Bretagna in Africa;

Kenya [nome ufficiale solo dal 1920]
-
-
1943
Settembre

sono appena arrivate in Kenia la II e la V brigata sudafricana e il gen. Cunningham comincia a costituire la 1ª div.ne sudafricana (gen. Brink);



1943
Settembre
Africa Orientale Tedesca
(Deutsch-Ost-Afrika)
Ruanda-Urundi
-
-
1943
Settembre

[dal 1919 il Burundi con il contiguo regno del Ruanda sono sotto l'amministrazione belga [Mandato B].
il territorio viene annesso al Congo Belga;
Tanganica [dalla fine del primo conflitto mondiale (novembre 1918) il territorio è attribuito dalla Società delle Nazioni in mandato [Mandato B] alla Gran Bretagna che concede una relativa autonomia interna.]
-
-
1943
Settembre

-

1943
Settembre
Zanzibar
[protettorato (assieme all'isola di Pemba) dal 1890 e colonia dal 1913 della corona britannica]
-
-
1943
Settembre

-


1943
Settembre
Angola
- Governatore
?
(? - ?)

1943
Settembre

-


1943
Settembre
Rhodesia
1943
Settembre

ribattezzato Rhodesia dal 1895 in onore di Cecil J. Rhodes;
dal 1890 la British South Africa Chartered Co., società fondata da Cecil J. Rhodes, ha ottenuto da re LoBenguella la concessione esclusiva di sfruttamento venticinquennale del territorio del protettorato sui maTabele;
Rhodesia del Nord-Ovest [protettorato dal 1899, dal 1914, è uno dei più poveri possedimenti britannici]
-
-
1943
Settembre

passata ora sotto il controllo statale, mantiene lo status di protettorato, dipendendo dal Foreign Office e restando in gran parte sotto il controllo della Compagnia ; [vedi 1948»

Rhodesia del Sud [protettorato dal 1911]
-
-
1943
Settembre

passata sotto il controllo statale nel 1923, si è rifiutata d'integrarsi nell'Unione Sudafricana divenendo colonia autonoma della corona e godendo così di maggiore libertà amministrativa; a forte immigrazione bianca, adotta una legislazione razziale analoga a quella sudafricana (apartheid) sancendo la completa esclusione dell'elemento indigeno dalla vita politica del paese;
[la situazione rimarrà così fino al secondo dopoguerra: vedi 1953]


1943
Settembre
[l'ex territorio Malawi, protettorato britannico dal 1891, che aveva assunto formalmente il nome British Central Africa
nel 1893, ha assunto questo nuovo nome nel 1907]
-
-
1943
Settembre

sin dall'inizio del secolo fermenti antibritannici sono già sorti e ora si diffondono a causa dell'indiscriminata diffusione delle piantagioni coloniali a scapito delle colture alimentari per il fabbisogno della popolazione (in costante aumento);
gli inglesi devono far fronte ad una sollevazione popolare guidata dal pastore protestante nero John Chilembwe;
[vedi 1944]


1943
Settembre
Mozambico
[già nel 1891 il Portogallo completava la conquista delle regioni interne ma solo nel 1915 è riuscito a pacificarle;
nel 1923 ha integrato il triangolo di Kionga, già possedimento tedesco sino alla fine della prima guerra mondiale.]
-
?
(? - ?)
1943
Settembre

-


1943
Settembre
Madagascar
(Imérina)
[annesso alla Francia dal 1896]
- Governatore
Cayla
(? - ?)
1943
Settembre

il paese è annesso alla Francia dal 1896 mentre il VVS di J. Ralaimongo lotta per l'indipendenza;




1943
Settembre
Unione Sudafricana
[dominion britannico a struttura federativa dal 1910 ma indipendente sul piano internazionale (statuto di Westminster, 1931)]
- Primo ministro
J.C. Smuts
(1939 - 1948)
[Partito afrikaner (unionista)]
dal 1912 si è costituito il SANNC (South African Native National Congress) – dal 1925 mutato in ANC (African National Congress) – formazione politica nera;
dal 1913 è in vigore il Native Land Act che consente al primo ministro di coinvolgere l'elemento boero nella prima guerra mondiale a fianco dell'Inghilterra;
dal 1914 è abolita l'imposta discriminatoria nei confronti degli indiani del Natal;
dal 1918 si è annessa con una serie di decisioni unilaterali l'ex colonia tedesca dell'Africa del Sud-Ovest, ricevuta invece in amministr azione fiduciaria dalla Lega delle Nazioni; nel tentativo di diminuire il costo del lavoro nell'industria mineraria colpita da recessione in conseguenza del declino del gold standard, il primo ministro fa ricorso alla manodopera africana semispecializzata;
mentre dal 1925 l'afrikaans ha rimpiazzato l'olandese come seconda lingua ufficiale dell'Unione, sono in vigore: Native Land Act (dal 1913) e Colour Bar Act (dal 1926);
dal 1934 il Partito afrikaner (unionista) di J.C. Smuts e il Nationalist Party (nazionalista) di J.B.M. Hertzog si sono fusi nell'United Party favorendo così l'aggregazione in partito politico della destra ultrarazzista e apertamente filonazista di D.F. Malan (Purified Nationalist Party) a cui nel 1936 Hertzog e Smuts hanno dovuto concedere il Representation of Natives Act che sospende i diritti politici della comunità nera;
grazie alla posizione favorevole all'ingresso del paese nel congflitto a fianco degli alleati (80 voti contro 67)

1943
Settembre

-





1943
Settembre
Regno Arabo Saudita
[dal 27 set 1932]
'Abd al-'Aziz III o ibn Sa'ud
Albero genealogico
(Riyadh 1887-Taif 1953)
discendente della dinastia wahhabita dei Banu Sa'ud;
1891, la dinastia viene scalzata dalla capitale Riyadh a opera dei rivali Banu Rashid del Gebel Shammar;
1902-13, ristabilisce con una serie di campagne l'unità del Neged, intraprendendo dopo il crollo dell'impero ottomano l'unificazione della penisola arabica;
1915-18, prima guerra mondiale: pur avendo stipulato un accordo di alleanza con la Gran Bretagna (1915), si mantiene neutrale dedicandosi al consolidamento interno dello stato, da lui organizzato sulla base di colonie agricolo-militari di contadini soldati legati al sovrano da un patto ("fratelli fedeli");
1918, approfitta dei contrasti anglo-francesi nel Vicino Oriente per sviluppare una tempestiva politica di annessioni;
1919, si annette il Gebel Shammar;
1924, si annette la Mecca;
1925, si annette Gidda;
1926, re del Higiaz;
1927-32, re del Higiaz e del Neged;
[… e dipendenze];
riconosciuto al congresso musulmano universale della Mecca, ottiene anche il riconoscimento della Gran Bretagna (trattato di Gidda);
1932 (27 settembre) procede alla piena integrazione dei suoi possedimenti dando ad essi il nome di Regno Arabo Saudita;
1932-53, re dell'Arabia Saudita;

1943
Settembre

-


1943
Settembre
Emirato di Transgiordania
Abdullah o 'Abd Allah ibn al-Husayn 
(La Mecca 1882 - Gerusalemme 1951) secondogenito del re del Higiaz Husayn ibn 'Ali, della dinastia degli Hashimiti o Hashemiti;
1920, re dell'Iraq;
[designato dal Congresso panarabo di Damasco]
1921, deve cedere il trono iracheno al fratello maggiore Faysal, espulso dalla Siria dai francesi, ottenendo in cambio l'emirato autonomo di Transgiordania, sotto mandato britannico;
1921-46, emiro di Transgiordania [sotto mandato britannico];
1933, dopo la morte del fratello Faysal, ne riprende il progetto di creazione di una "grande Siria" (Transgiordania, Palestina, Libano e Siria) rinsaldando a tale scopo l'alleanza con la Gran Bretagna;

1946-51, re del Regno hashemita del Giordano;
1943
Settembre

seconda guerra mondiale (1939-1945): a fianco della Gran Bretagna contro la Germania;


1943
Settembre

[da novembre 1941 il commissario gollista per il Levante, gen. G. Catroux, ha proclamato l'indipendenza del paese, rinviandone però l'attuazione alla fine delle ostilità.]

- Presidente
Bachara al-Khury
(1943 - 1952)
1943
Settembre

-



1943
Settembre

[posta dal 1920 sotto mandato francese dalla Società delle Nazioni e poi divisa in tre distretti autonomi;
dal 1930 è una repubblica parlamentare con la Francia quale supervisore degli affari esteri e della sicurezza;
dall'agosto 1941 vige un accordo franco-inglese De Gaulle-Lyttleton su Siria e Libano.]

 

1943
Settembre

-


1943
Settembre
[dal 1922 la regione è stata attribuita in mandato dalla Società delle Nazioni alla Gran Bretagna, sulla base del piano di spartizione del levante convenuto da inglesi e francesi (accordo Sykes-Picot);
dal 1939 (libro bianco del maggio 1939) il governo inglese ha formulato la proposta, respinta dagli interessati, di istituire uno stato arabo palestinese indipendente, nell'arco di un decennio;
dal 1942 a New York l'Organizzazione sionistica mondiale pensa di dar vita a uno stato ebraico indipendente,
… ogni mediazione è improponibile; ]
 
1943
Settembre

-



1943
Settembre
Iraq
[dal 1930 l'Iraq è "formalmente" indipendente e dal 1932 fa parte della Società delle Nazioni;
rimane infatti ancora legato alla Gran Bretagna da un trattato 25le (1930-55)];
le truppe anglo-giordane presidiano il paese fino alla fine della seconda guerra mondiale;
stato belligerante contro l'Asse;]
Ghazi I

(? - ?)

1933-39, re dell'Iraq;


1943
Settembre


Kurdistan (iracheno)
1943
Settembre

le multinazionali del petrolio e in particolare l'Iraq Petroleum Corporation (anglo-franco-olandese-americana) operano nei giacimenti della zona di Kirkuk;



1943
Settembre
Iran
[mentre dal 1928 sono state annullate tutte le concessioni di extraterritorialità, dal 1933 è stato rinegoziato l'accordo con la AIOC (Anglo-Iranian Oil Company) che continua a sfruttare (1909-51) gli ingenti giacimenti petroliferi.]
Muhammad Reza Pahlavi

(Teheran 1919 - Il Cairo 1980)
primogenito di Reza Khan Pahlavi imperatore (scià) dell'Iran, educato all'occidentale;
1941-79, scià dell'Iran;
sale al trono dopo l'abdicazione del padre;



1943
Settembre

seconda guerra mondiale (1941-45): solo in seguito alla firma di un trattato tripartito di alleanza nel 1942, cui è seguita immediatamente la dichiarazione di guerra alla Germania, egli ha ottenuto il riconoscimento della sovranità;

Ora l'Iran dichiara guerra alla Germania.





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1943 - SETTEMBRE