©

Il Viandante

in rete dal 1996


Se ti siamo stati utili effettua una

Nuova Ricerca

Papa
Giulio III

(1550-55)

- maestro del sacro Palazzo: G. Muzzarelli
(1550-?)

1551
Marzo
18
, intravedendo nella decisione presa il novembre scorso a Venezia dal Consiglio dei Dieci (estensione del nuovo sistema dell'Inquisizione a tutto il Dominio) un tentativo di limitare la giurisdizione ecclesiastica e di intralciare l'opera della Inquisizione che trova difficoltà anche altrove, emana la bolla Licet a diversis (pubblicata il 27 marzo durante le cerimonie del Venerdì Santo) che proibisce a qualsiasi potere laico e a qualsiasi persona, pubblica o privata, di impedire l'opera dei vescovi e degli inquisitori, di mischiarsi nei processi inquisitoriali. La sanzione prevede la privazione dei sacramenti, la scomunica maggiore riservata al papa.
Il potere civile può intervenire solo se liberamente richiesto dai vescovi o dagli inquisitori.
[Al giorno 18 Firpo fa risalire anche un'altra bolla (è la stessa?): Contra impedientes.]
31, viene coinvolto nella guerra contro il duca Ottavio Farnese che, appoggiato dalla Francia, rivendica il possesso di Parma; egli scrive all'imperatore: «Trovo intollerabile che un miserabile verme, Ottavio Farnese, si sollevi insieme contro il papa e contro l'imperatore».

Maggio
6
, Giulio III consente a I. de Loyola e ai suoi successori alla guida della Compagnia di Gesù di poter «per sé et per altri che giudicassino idonei absolvere de casi appertenenti all'heresia in foro conscientiae», al fine di poter «consolare molte anime».
22-23, da Roma partono almeno una trentina di lettere indirizzate ad altrettanti confratelli per attribuire loro tale facoltà, e altre si aggiungeranno nei mesi seguenti.
[Resteranno in buona parte oscure le ragioni che hanno indotto Paolo III e poi Giulio III a emanare un simile provvedimento a favore di un ordine religioso di recente istituzione e guardato con ostilità dal Sant'Uffizio.]

Settembre

le trattative tra Venezia e Roma, già iniziate il novembre scorso e intensificate dopo la pubblicazione della bolla, si concludono ora dopo l'invio a Venezia di mons. Achille de' Grassi, associato al nunzio L. Beccadelli, con un compromesso rispetto al dispositivo della bolla. In base a questo i tribunali delle città del Dominio sono costituiti dai vescovi e dagli inquisitori; vi possono assistere i rettori delle città ma senza i due dottori o altri laici che però possono liberamente essere convocati dagli inquisitori, in caso di utilità. I rettori devono eseguire le sentenze emanate sugli eretici.

Concilio Ecumenico
di Trento
1545-63
secondo periodo
1 mag. 1551-28 apr. 1552
sessioni XI-XVI

1551, si svolge ancora a Trento per volere di Giulio III;
compaiono alcuni rappresentanti protestanti, i quali perň lasciano ben presto il concilio per non ricomparirvi mai piů; 
senza il loro contributo sono approvati alcuni decreti dottrinali (eucaristia, penitenza, estrema unzione) e di riforma; tramonta cosě la speranza che il concilio possa ristabilire l'unitŕ.

Anabattisti

«segue da 1550»
1551
si ha la prima emigrazione italiana nei Grigioni.
Inizia, infatti, rapida e sistematica, la repressione contro gli anabattisti, contro i sociniani, contro le manifestazioni aperte degli "spirituali", poi contro i quaccheri e i "levellers", insomma contro ogni forma di vita religiosa che non rientri nel quadro delle organizzazioni ecclesiastiche riconosciute e tutelate dagli Stati.
Ciò dimostra l'importanza di coloro che pur essendo disprezzati come "nebulones" vengono perseguitati inesorabilmente perché temuti.
In effetti lo spirito critico di questi eretici mette in pericolo la ricostruzione della società cristiana che i riformatori si propongono. La mentalità che essi diffondono, di ricerca indipendente, offende i corpi ufficiali monopolizzatori degli studi, intimorisce i predicatori ortodossi, custodi politicamente autorizzati della parola divina, ed è realmente pericolosa alla affermazione delle idee e delle esigenze politiche e sociali della Riforma, non tanto per se stessa, quanto per il contenuto che essa tende a prendere, di critica ai dogmi più sacri della tradizione cristiana, di negazione e critica di quegli elementi della religiosità e della fede cristiana che si manifestano nell'atteggiamento riverenziale di fronte a misteri come quello della Santa Trinità.
La negazione di questi e di altri principi fondamentali della dottrina nega le fondamenta stesse della società cristiana, riduce il Cristianesimo a una religione fra le altre, identico al Maomettanesimo e all'Ebraismo.
Ottobre
17
, Bologna, Pietro Manelfi, ex prete marchigiano, un esponente di primo piano dell'anabattismo, si presenta a un altro inquisitore domenicano Leandro Alberti per fargli sapere che circa venti giorni prima «tactus a spiritu sancto, […] cum esset in haeresi lutherana et perfidia anabaptistica», ha deciso di tornare alla fede cattolica. [segue lato]
«segue 1553»

 

Gesuiti

«segue da 1550»
generale: I. de Loyola (1541-56)
1551, 22 febbraio, Roma (75.000 abitanti): viene inaugurato il Collegio Romano che, fondato l'anno precedente, conta già 520 studenti di lettere;
Palermo (60.000 abitanti): dopo dieci mesi dall'apertura del collegio gli studenti sono già 300;
Venezia (150.000 abitanti): nel collegio, pure aperto l'anno precedente, gli studenti oscillano tra i 45 e i 55;
la Serenissima, in effetti, si interroga su questi nuovi «Preti del Gesù», perplessa sul loro modo di educare, di esercitare i ministeri, di conversare con il prossimo. Quest'ordine di origine spagnola, devotissimo al papato, vitalmente espansivo, non comprende tra le sue file nessun veneziano e rari sono gli italiani. Ritirare loro ogni permesso sembra il più sicuro provvedimento.
Inoltre visto quanto succede a Venezia con i barnabiti, i gesuiti si ritengono avvisati e devono andar cauti nel promuovere la frequenza ai sacramenti.
[Juan Alonso de Polanco, Chronicon]

Modena, mentre il nuovo vescovo è il domenicano E. Foscarari (che già ha apprezzato in qualità di Maestro del Sacro Palazzo a Roma il libro degi Esercizi del p.gen.) vi comincia a predicare p. Silvestro Landini, di salute precaria ma molto energico; seguendo il procedimento per così dire classico, comincia a predicare al convento delle "Pentite" che il vescovo sta riformando;
qui conosce donna Costanza Pallavicini Cortese [La Cavaliera] che si occupa delle ragazze perdute dando esempio di pietà e di virtù alle nobili donne modenesi. Con il suo aiuto il padre gesuita fonda una specie di associazione femminile che ha lo scopo di occuparsi dei malati poveri, di appianare le dispute tra donne e di prendersi cura delle ragazze "dalla virtù in pericolo". La sua predicazione scatena in città un vero movimento verso l'Eucaristia. Entusiasta, il vescovo vorrebbe riunire sotto la guida del gesuita le donne della nobiltà in una comunità concepita sul modello della cristianità primitiva per una pratica attiva dell'amore di Dio; spetta a La Cavaliera prenderne la direzione.

Bologna, la piccola comunità di gesuiti, orribilmente povera, dispone appena di ciò che giorno per giorno è necessario per il mantenimento dei padri. 31 maggio, la signora Margherita del Gigli scrive a Roma al fratello mons. T. del Gigli il quale mostra la lettera al p.gen.;
dicembre, a fine mese si può aprire il nuovo collegio. Le classi si sistemano nella casa Santa Lucia; centotrenta piccoli allievi ne formano la base iniziale; rettore è p. Francesco Palmio.


Fiandre, fondazione di un collegio a Lovanio: avendo ricevuto la supplica del p.gen. diretta all'imperatore, re Ferdinando vi aggiunge una lunga raccomandazione (richiesta da p. Jay) indirizzata alla sorella reggente Maria d'Absburgo; da parte sua il cardinale Truchsess redige una lettera personale per la reggente medesima; carico di questi documenti, p. Adriaenssens torna a Bruxelles e li rimette, insieme con una raccomandazione della facoltà di teologia di Lovanio, all'influente segretario del governo Viglius van Zwichem che tuttavia risponde con un rifiuto.
A questo punto anche il papa scrive al nunzio, questi parla all'imperatore il quale promette di far sistemare la faccenda da A. Perrenot de Granvelle.
Ma in Fiandra si fa orecchio da mercante.
[vedi Domicilia]
«segue 1552»

Barnabiti

«segue da 1550»
1551
Febbraio
21
, con decreto del doge Francesco Donà vengono espulsi da Venezia.
[Potranno far ritorno nel territorio della Repubblica, a Crema, soltanto nel 1664.]
La ragione fondamentale, a parte l'irrispettosa invadenza di Paola Antonia Negri (Angeliche) che ha stimolato le riflessioni del senato, si nutre il sospetto che questi religiosi e religiose giunti da Milano, più che servire nell'ospedale dei SS. Giovanni e Paolo e promuovere il fervore della vita cristiana con la confessione frequente, siano delle spie a servizio del governatore di Milano Ferrante Gonzaga di cui è amica la contessa di Guastalla Ludovica Torelli cofondatrice con A.M. Zaccaria delle Angeliche; la confessione frequente non è altro che un mezzo per venire a conoscenza dei segreti di Stato.
Dicembre
recatisi a Roma per protestare contro le calunnie dei loro presunti persecutori e per sollecitare l'autorizzazione a tornare alle Convertite di Vicenza, Gian Pietro Besozzi e Paolo Melso cadono dal settimo cielo quando sono arrestati, in base al decreto della congregazione del Sant'Uffizio del 29 dicembre, e addirittura tradotti in catene alla prigione (dalla quale potranno uscire solo nell'agosto successivo).
«segue 1552»

ANNO 1551





1551
Unione Elvetica
Confederazione dei tredici cantoni elvetici:

CATTOLICI
- Uri (1291),
- Schwyz (1291),
- Unterwalden (1291),
- Lucerna (1332),
- Zug (1353),
- Glarus (1353) [in parte],
- Friburgo (1481),
- Soletta (1481).

PROTESTANTI
- Zurigo (1351),
- Berna (1353),
- Glarus (1353) [in parte],
- Basilea (1501),
- Sciaffusa (1501),
- Appenzell (1513).

1551
-




1551
Sacro Romano Impero
Carlo V
Albero genealogico
(Gand 1500 - Yuste, Estremadura 1558)
secondogenito di Filippo d'Absburgo [il Bello] e di Giovanna [la Pazza];
1515-56, principe dei Paesi Bassi;
1516-56, re di Spagna (Carlo I)
1516-54, re di Napoli (Carlo IV);
1519-56, imperatore del Sacro Romano Impero;
prima guerra con la Francia (1521-26);
seconda guerra con la Francia (1526-29);
terza guerra con la Francia (1536-38);
nel 1539 (maggio) è morta la moglie Isabella di Portogallo lasciando la cura dei propri figli ad Eleonora Mascarenhas;
quarta guerra con la Francia (1542-44);



1551

Febbraio
i principi tedeschi giungono ad un nuovo patto di alleanza;
vedi pace di Augusta del 1555.

Maggio
, riapre il Concilio di Trento;
invano l'autorità suprema lancia il bando contro Magdeburgo. La città resiste ed il nord del paese continua a sfuggire praticamente alle prescrizioni del cattolicesimo.

Mentre corre voce che l'imperatore intende far eleggere re dei Romani suo figlio Filippo II (a cui ha già attribuito le corone di Spagna e d'Italia, insieme ai possessi ereditari dei Paesi Bassi), si nota come venga aperta agli Absburgo la via ad un impero mondiale abbastanza forte per ristabilire l'unità cattolica e nello stesso tempo per soffocare i particolarismi germanici.
Prendendo subito coscienza del pericolo, la nazione reagisce con insospettata energia.
Il vinto Giovanni Federico [il Magnanimo], ormai un poco dimenticato, torna ad essere oggetto di unanime simpatia e il malcontento popolare si manifesta in questioni ardenti che ricordano il periodo eroico della rivoluzione degli umanisti e dei cavalieri, mentre Moritz di Sassonia, [il Giuda di Meissen] si attira il disprezzo di tutti.
Il Canto di una fanciulla sassone dice:
«Nessun ornamento sul mio corpo fin quando la Germania non sarà nuovamente libera.
Fino allora, nessun uomo chieda né la mia mano, né un mio bacio.
Io prometto di non più vuotare il calice fin quando gli Spagnoli non siano stati cacciati
».
I principi si accordano per intraprendere un'azione efficace.
Diventato elettore di Sassonia, Maurizio, sente montare contro «l'interim d'Augusta» la crescente irritazione del popolo. Comprendendo inoltre il significato del prossimo avvento di Filippo II, prende contatto con Ferdinando, fratello dell'imperatore, e con suo figlio Massimiliano, i quali si vedono spodestati dai piani di Carlo V.
D'accordo con Alberto di Brandeburgo, legato anche lui alla causa tedesca, decidono allora di «mantenere la religione cristiana, l'antica lingua e l'indipendenza che erano state accordate ai tedeschi dai loro sovrani».
Successivamente, al fine d'appoggiare le loro rivendicazioni, ordinano in Assia ed in Sassonia movimenti di truppe, incoraggiati dalla Francia che teme come loro la monarchia universale promessa al successore di Carlo V.

Settembre
i tedeschi accettano la pretesa di Enrico II (prima che dichiari guerra a Carlo V) di essere nominato «vicario dell'impero» per i vescovadi di Metz, Toul e Verdun.
Così' per salvaguardare il protestantesimo e le «libertà» che sono i in definitiva quelle dei suoi principi, la Germania consente a qualche abbandono di territorio.
[Ciò che i futuri storici non mancheranno di deplorare!]
Il sacrificio ha d'altronde un'immediata ricompensa.
Penetrato in Lorena il connestabile di Montmorency lancia due attacchi contemporanei contro l'imperatore che si vede allora obbligato di incaricare suo fratello Ferdinando – che da lungo tempo desidera tale missione – di negoziare con i principi.
Filippo di Assia viene liberato e la nuova Chiesa ristabilita, solo però nel Tirolo.

Anton Fugger anticipa di nuovo a Carlo V 400.000 fiorini nella guerra contro Moritz di Sassonia.

[Pierre Lafue, Storia della Germania, Cappelli 1958.]

REGNO di SPAGNA
[vedi sotto]
REGNO di NAPOLI
[vedi sotto]

1551
REGNO di BOEMIA e d'UNGHERIA
Ferdinando I
Albero genealogico

(Alcalá de Henares 1503 - Vienna 1564)
figlio di Filippo d'Absburgo [il Bello] e di Giovanna [la Pazza], fratello minore di Carlo V, fu educato in Spagna;
1516, il nonno Massimiliano I gli procura la mano di Anna Jagellone;
1521-64, arciduca di Alta e Bassa Austria, Carinzia, Stiria e Carniola
1525-26, viene soffocata nel sangue la rivolta dei contadini nel Tirolo;
1526-64, re di Boemia e d'Ungheria;
la seconda corona gli viene disputata dal voivoda di Transilvania Giovanni Szápolyai, appoggiato dall'impero ottomano;
1530-64, re dei romani;
1551
per rafforzare la chiesa cattolica nei suoi domini chiama i gesuiti a Vienna;






1556-64, imperatore del Sacro Romano Impero;

 



1551
-


1551
principato di Transilvania
Isabella Jagellona

(† 1559)
vedova di Giovanni Szápolyai († 1540), voivoda di Transilvania e re d'Ungheria;
1540-59, p.ssa di Transilvania;
(per volontà del sultano Solimano [il Magnifico])


1551
-


1551
ducato di Sassonia
Giovanni Federico [il Magnanimo]
Albero genealogico

(Torgau 1503 - Weimar 1554)
figlio di Giovanni [il Costante] di Wettin e di Sofia di Meclemburgo;
1532-54, langravio di Turingia;
1532-47, duca elettore di Sassonia;
dal 1547 è prigioniero dell'imperatore Carlo V;


Moritz
Albero genealogico

(Freiberg 1521 - Sievershausen 1553)
figlio di Enrico [il Pio] e di Caterina di Meclemburgo;
[linea albertina]
1539, si converte al luteranesimo;
1541, sposa Agnese, figlia di Filippo d'Assia capo della Lega di Smalcalda;
1541-47, duca di Sassonia;
1547-53, principe elettore di Sassonia;



1551
ducato di Prussia
Alberto di Brandeburgo
Albero genealogico

(Ansbach, Baviera 1490 - Tapiau, Königsberg 1568)
figlio di Federico margravio di Brandeburgo-Ansbach;
1525-68, duca di Prussia; (il primo)


1551
ducato di Württemberg
Cristoforo (o Cristiano) di Württemberg
Albero genealogico

(† 1568)
figlio di Ulrico e di Sabina di Baviera;
1550-68, duca di Württemberg;


1551
ducato di Baviera
Albrecht V [il Magnanimo]
Albero genealogico

(Munich 1528 - Munich 1579)
figlio di Guglielmo IV [il Costante] e di Marie Jakobäa di Baden-Sponheim ;
1546, sposa l'arcid.ssa Anna d’Austria;
1550-79, duca di Baviera;

1551
Mainz [Magonza]









1551
REGNO di POLONIA
Sigismondo II Augusto
Albero genealogico

(† 1572) (s.f.)
figlio di Sigismondo I Jagellone e di Bona Sforza († 1557);
sposa in prime nozze Elisabetta d’Absburgo († 1545);
sposa in seconde nozze Barbara Radziwillówna (1520-1551)
[forse avvelenata da Bona Sforza]
sposa in terze nozze Caterina d’Absburgo († 1572)
[sorella di Elisabetta]
1548-72, re di Polonia e granduca di Lituania;
sposa in seconde nozze Bona Sforza († 1557), figlia di Gian Galeazzo duca di Milano;

 

1551
-





1551
IMPERO OTTOMANO
Solimano [il Magnifico]
Albero genealogico

(1494 - 1566)
figlio di Selim I;
1520-66, sultano;
1534-35, prima campagna militare contro i Safawidi di Persia;
1548-49, seconda campagna militare contro i Safawidi di Persia;
nel 1550 ha annesso Buda;



Gran Visir
-
1551
dal 1533 Khayr al-Din [Barbarossa] è diventato ammiraglio in capo (kapudan pasa - grande ammiraglio) della marina ottomana che si batte contro la marina imperiale spagnola.











1551
REGNO di FRANCIA
Enrico II
Albero genealogico
(Saint-Germain-en-Laye 1519 - Parigi 1559)
secondogenito di Francesco I;
1533, sposa Caterina de' Medici che non avrà alcuna influenza negli affari dello stato;
1536, dopo la morte del fratello Francesco diventa delfino;
1547-59, re di Francia;

Primo ministro
[Sovrintendente delle Finanze]
Claude d'Annebaut
(1546 - 1552)
Cancelliere-Guardasigilli
chev. François Olivier
pres.te del Parlamento di Parigi
(1545 18 apr - 2 gen 1551)
Jean Bertrand
signore di Frazin
(1551 22 mag - 10 lug 1559)
Segretario di stato agli Affari Esteri
Claude de l’Aubespine
signore d’Hauterive
(1547 1° apr - 8 lug 1567)
 
1551
emana l'editto di Châteaubriant contro gli eretici, cercando di affrontare con la maniera forte la questione religiosa;

Settembre
dopo aver rotto le relazioni con l'imperatore ed essere giunto fino a rifiutare di ricevere nel proprio regno il Concilio di Trento in nome dei diritti della Chiesa gallicana, Enrico II dichiara guerra a Carlo V, pretendendo però, prima di assumere questa iniziativa onerosa, di essere nominato «vicario dell'impero» per i vescovadi di Metz, Toul e Verdun.

 
1551
ducato di Lorena e di Bar
Carlo III (o II) [il Grande]
Albero genealogico

(1542 - 1608)
figlio di François I e di Christine di Danimarca;
1545-1608, duca di Lorena e di Bar;
sotto la tutela della madre e dello zio;
1548-50, il breve scontro con l'Inghilterra si conclude con l'acquisto di Boulogne da parte della Francia;

1551
-


1551
Paesi Bassi
Carlo V
Albero genealogico

[vedi Carlo V]
1515-56, principe dei Paesi Bassi;
[Olanda, Brabante, Limbourg, Fiandre e Hainaut]


Governatrice
Maria d'Absburgo
(1530 - 25 ott 1555)

1551
-





1551
REGNO d'INGHILTERRA e d'IRLANDA
Edoardo VI
Albero genealogico
(Hampton Court 1537 - Greenwich 1553)
figlio di Enrico VIII e di Jane Seymour;
1547-53, re d'Inghilterra e d'Irlanda;
salito al trono a nove anni sotto la reggenza dello zio E. Seymour, poi duca di Somerset;


1551
-


IRLANDA
-
-
-
-

1551
-

a

1551
REGNO di SCOZIA
Maria [Stuarda]
Albero genealogico

(Linlithgow, Edimburgo 1542 - Fotheringhay, Northamptonshire 1587)
figlia di Giacomo V e di Maria di Guisa;
1542-67, regina di Scozia;
sotto la reggenza della madre;
dal 1548 vive in Francia dove viene educata;.



1551
-


a

1551
REGNO di DANIMARCA e di NORVEGIA
Cristiano III
Albero genealogico
(Gottorp, Schleswig-Holstein 1503 - Koldinghus, Vejle 1559)
figlio di Federico I e di Anna di Brandeburgo;
1534-59, re di Danimarca e di Norvegia;



1551
-
NORVEGIA
1551
-
ISLANDA
1551
-

1551
REGNO di SVEZIA
Gustavo I Vasa
Albero genealogico
(Lindholm 1496 ca - Stoccolma 1560)
figlio di Erik Vasa;
1523-60, re di Svezia; (convertito al luteranesimo)





1551
-








1551
REGNO di PORTOGALLO
Giovanni III [il Pio]
Albero genealogico

(Lisbona 1502 - 1557)
primogenito di Emanuele I e di Maria, figlia dei sovrani spagnoli Ferdinando e Isabella;
1521-57, re di Portogallo;
nel 1525 (febbraio), a Salamanca, ha sposato la p.ssa Catarina di Spagna, 18enne, sorella dell'imperatore Carlo V;
nel 1536 ha introdotto l'inquisizione in Portogallo;




1551
Quando p. Simone Rodrigues è chiamato a Roma, è incaricato dalla regina di ottenere, con l'intercessione del p.gen. I. de Loyola, reliquie dei santuari romani. Il p.gen. si rivolge a papa Giulio III che gli fa rimettere dal cardinale Bernardino Maffei, l'autorizzazione (datata Roma 16 giugno 1551) a prendere reliquie da qualunque chiesa di Roma e spedirle in Portogallo.
[Dal luglio 1551 I. de Loyola si dà alla raccolta delle "sante ossa"…]

a

1551
REGNO di SPAGNA
Carlo I
Albero genealogico

[vedi Carlo V]
1516-56, re di Spagna; (Carlo I)



1551
Novembre
13
, p. Araoz è invitato a predicare a Toro;
intanto l'infanta Giovanna ha come guida spirituale p. Francesco Borgia (duca di Gandía) il quale intraprende una lotta contro la passione delle dame di corte per il gioco delle carte;
[Il veneziano Badoer noterà nella sua relazione del 1557 che la passione per il gioco delle carte è negli spagnoli più forte che in qualunque altro popolo.]
la stessa infanta Giovanna gli consegna tutti i romanzi inutili…







1551
PIEMONTE
Emanuele Filiberto [Testa di Ferro]
(Chambéry 1528 - Torino 1580)
figlio di Carlo III [il Buono] e di Beatrice di Portogallo;
1536-80, principe di Piemonte;
1538-80, conte d'Asti;



1553-80, conte di Aosta, Maurienne e Nizza;
1553-80, duca di Savoia;
1553-80, re di Cipro e Gerusalemme (titolare)


 

1551
-



1551
REPUBBLICA DI GENOVA
[Denominazione ufficializzata nel 1528 per iniziativa di Andrea Doria]
Gaspare Grimaldi Bracelli
Albero genealogico

(? - ?)
figlio di
1549 4 gen - 4 gen 1551, doge di Genova;


Luca Spinola
Albero genealogico

(? - ?)
figlio di
1551 4 gen - 4 gen 1553, doge di Genova;


1551
-



1551
ducato di Milano

dal 1535 il ducato,
come previsto dal congresso di Bologna,
è stato devoluto all'impero [in pratica agli Absburgo].



Felipe II
Albero genealogico
(Valladolid 1527 - Escorial, Madrid 1598)
primogenito di Carlo V e di Isabella di Portogallo;
1539, muore la madre;
1540-98, duca di Milano;
dal 1543 è reggente della Castiglia e dell'Aragona, dal 1545 è vedovo e dal 1548 si trova presso il padre a Bruxelles;
nel 1550 ha fatto ritorno in Spagna;
1551
riceve il giuramento del regno di Navarra;




1554-98, re di Napoli e di Sicilia (Filippo I);
1556-98, re di Spagna (Filippo II);
1580-98, re di Portogallo;

Viceré
don Ferdinando I [Ferrante] Gonzaga
(1546 - 1555)

1551
-



1551
ducato di Mantova
Guglielmo I
Albero genealogico
(1538 - 1587)
figlio di Federico II e di Margherita Paleologo, e fratello di Francesco III;
1550-87, duca di Mantova e marchese del Monferrato;



1574-87, 1° duca del Monferrato;



1551
-
a

1551
REPUBBLICA DI VENEZIA
"La Serenissima"
Francesco Donà

(Venezia 1468 - Venezia 23 mag 1553)
figlio di Alvise e di Camilla Lion;
1545-53, doge di Venezia; [79°]
dal 1550, malato, cerca più volte di abdicare, ma non gli è concesso.
Già molto religioso, negli ultimi anni della sua vita lo diviene ancor di più.


- nunzio pontificio: L. Beccadelli  (1550 mar - 1554)
- ambasciatore di Spagna: ? (? - ?)

1551
Gennaio
16
, il nunzio L. Beccadelli scrive al card. M. Cervini (cardinale di Santa Croce) per ribadire la sua opinione che il veleno ereticale può essere curato solo con «grand'arte et pacientia».

Febbraio
21
, con decreto del doge vengono espulsi da Venezia i barnabiti.
23, il Collegio, preso dai timori e nella convinzione che il Talmud sia opera blasfema, dà in carico agli Esecutori contro la bestemmia di fare esaminare il testo da cultori cristiani di ebraismo i quali ne rileveranno parole e proposizioni pericolose.
[20 voti favorevoli, uno solo contrario.]

Marzo
Giulio III accoglie la richiesta veneziana che a succedere sulla cattedra vescovile di Brescia, una volta resasi vacante, sia A. Priuli, diletto amico e alter ego di R. Pole.
[Nomina ovviamente deprecata dagli inquisitori che, infatti, alla morte del titolare nel 1558, porranno il veto.]


Aprile
8
, dopo l'emanazione della bolla papale Contra impedientes (pubblicata il 27 marzo scorso), l'ambasciatore veneziano a Roma Matteo Dandolo, furente, riferisce: «Che se pensano i frati? Che i Stati si governino a furia? Et è la più bella cosa dil mondo che si dano ad intender di venir a governar loro il Stato de' venitiani che lo hanno governato tanti [sic] centenara de anni in gratia del signor Dio et dispersione continua degli heretici senza tanta preminenza loro».
21, in una lettera al nunzio L. Beccadelli, il patrizio veneziano A. Priuli si compiace di non aver fatto alcunché per ottenere la designazione a vescovo di Brescia, evocando l'esempio di R. Pole nel precedente conclave.

Maggio
23
, Brescia, lo stesso giorno, con un breve Giulio III autorizza il vescovo di Brescia, card. Durante Duranti, ad assolvere gli eretici pentiti che si presenteranno entro il termine di un mese;
[Proprio nel momento in cui il governo cittadino segnala a Venezia le sue preoccupazioni per la diffusione dell'eresia e a Roma è in corso il processo di un eterodosso bresciano quale Ippolito Chizzola.]

estate, la Signoria, già dopo un anno e mezzo dall'apertura del collegio dei gesuiti, pensa di ritirare loro il permesso di residenza, senza tuttavia espellerli;



Settembre
Andrea de Freux (Frusio), richiamato da Messina, viene inviato a Venezia da I. de Loyola che ha intuito come per l'Ordine la situazione stia diventando difficile; lo stesso fornisce chiarimenti (esaustivi per il momento) al segretario della Repubblica Vincenzo Rizio e al nobile Matteo Dandolo. In particolare egli assicura che la corrispondenza espistolare tra la periferia e il centro (Roma) che in Italia è settimanale, contiene soltanto relazioni sul lavoro svolto e non notizie segrete, essendo tassativamente proibito ai gesuiti di impicciarsi di affari di Stato e di guerre.
Vengono istituiti i Provveditori sopra ori e monete.

L'abuso più grave agli occhi del governo, è la pratica, diffusa soprattutto nel Dominio, di tenere i processi, e in particolare la serie degli atti istruttori preliminari, che portano all'arresto, senza la prescritta presenza dei rappresentanti della potestà secolare.
Lo stesso mese di settembre, al termine di una lunga controversia sulla questione, la Repubblica e Roma vengono ad un accordo [un "concordato" per il Sarpi, una graziosa concessione del papa per gli ambienti pontifici].
Il testo della convenzione autorizza i rettori veneziani a presenziare «a tutto quello che opereranno i reverendi vicarii et inquisitori», escludendo altre persone secolari, a meno che non si tratti di esperti convocati dall'Inquisizione.
I pubblici rappresentanti veneziani sono inoltre tenuti ad incontrarsi settimanalmente con l'inquisitore e il vicario episcopale.
[Con ciò si è ora in pratica attribuito ai rettori delle città del Dominio lo stesso ruolo ricoperto dai Tre Savi nella città dominante. Il "concordato" non fa specifico riferimento alle varie fasi di un processo d'Inquisizione, ma ribadisce il principio della partecipazione dei laici agli atti del Sant'Uffizio.]
Ma poiché i due o l'unico rappresentante della Repubblica sono costantemente occupati da mille incombenze, l'indipendenza che il Sant'Uffizio gode in terraferma è assicurata. Troppo forte quindi la tentazione di ricevere una denuncia portata al tribunale in assenza del rettore: l'accusatore potrebbe ripensarci e l'accusato involarsi nel frattempo. Così, con l'incoraggiamento di Roma, i procedimenti condotti senza la presenza di un rappresentante laico diventano la norma.

Ottobre
17
, una confessione, resa spontaneamente al Sant'Uffizio di Bologna, rende noti i nomi di dozzine di anabattisti e di "luterani", protestanti ortodossi, in tutta Italia e segnala la presenza di conventicole anabattiste in territorio veneziano, soprattutto a Padova e Vicenza; copie della deposizione sono inviate a tutti i tribunali dell'Inquisizione d'Italia.
Tra i "luterani" c'è anche il nome di Andrea Arrivabene (inquisito l'anno prima) ed un suo non identificato fratello.
Il libraio del "Pozzo" è probabilmente l'estremo veneziano della rete clandestina per il contrabbando della letteratura protestante intessuta da Pietro Perna.

Novembre
il Sant'Uffizio interroga Tommaso Giunti a proposito di un lasciapassare di venti giorni da lui ottenuto per Pietro Perna il quale, bandito dal territorio veneziano, vi è rienttrato, col pretesto dei suoi affari.
L'Inquisizione rispetta il lasciappasare, nonostante il disappunto di non poter metter le mani su Pietro Perna.
[L'anno dopo Girolamo Donzellini avrà da Tommaso Giunti alla dogana alcuni libri inviati, con ogni probabiltà, da Pietro Perna da Basilea.
Resta il dubbio se Tommaso Giunti è un collaboratore di Pietro Perna o fa involontariamente da copertura per i suoi traffici.]


Dicembre
18
, il Sant'Uffizio veneziano, su istanza dei "Tre Savi sopra eresia" comunica al Collegio, riunito in sessione segreta, queste informazioni sulle attività degli anabattisti;
scandalizzato da quello che gli appare un complotto di furfanti contro i reggimenti divino e terreno, il Consilgio dei Dieci ordina in tutta segretezza un'ondata di arresti.
[Sono catturati in realtà solo una ventina di anabattisti, assai meno di quanto non si sia sperato, ma nel giro di pochi anni i focolai anabattisti saranno soffocati.]
D'altro canto, l'Inquisizione veneta occulta alcune denunce per luteranesimo sporte in confessione contro dei veneziani, tra i quali, tre patrizi. Sono i due fratelli Bernardo e Girolamo Navagero e Giovan Battista Tagliapiettra. Essi non vengono arrestati e i loro nomi vengono cancellati dalla copia veneziana della confessione.

La Repubblica ordina l'arresto di alcuni anabattisti e partecipa zelante, assieme alla Sede Apostolica e agli altri stati italiani, all'abbruciamento del Talmud.
[La soppressione del primo Indice non comporta evidentemente la tutela della fiorente ed attiva tipografia ebraica.]

I "Tre Savi sopra eresia" sono costretti a riprendere duramente A. Grisonio per il suo tentativo di trasferire la sede dei processi ad alcuni pretesi eretici e a fargli presente che la violazione della giurisdizione locale contravviene alle leggi della Repubblica e getterebbe «sottosopra» ogni ordine.

Lo stesso anno abiurano:
. Lucio Paolo Rosello (o Roselli), prete padovano, scrittore e studioso
[Possiede l'Institutio di J. Cauvin, scritti di M. Lutero, Zwingli, Johannes Brenz e così via, per un totale di circa 35 opere di riformatori d'Oltralpe.]
. Pietro Cocco, veneziano, membro del patriziato minore
[Ha una quantità di libri eretici italiani, Brucioli, B. Ochino, Stancaro, Vergerio e P.M. Vermigli, oltre ai Loci communes theologici di F. Melantone, in una biblioteca di circa 40 titoli proibiti.]

[Paul F. Grendler, L'Inquisizione Romana e l'Editoria a Venezia 1540-1605, Il Veltro Editrice, Roma 1983]

Venezia, passata la svolta della metà del secolo la relativa tolleranza cede il passo alla persecuzione.



1551
ducato di Ferrara, Modena e Reggio
Ercole II d'Este
Albero genealogico

(Ferrara 1508 - 1559)
figlio di Alfonso I e di Lucrezia Borgia;
1528, Parigi, sposa Renée d’Orléans († 1575) duchessa di Chartres, figlia di re Louis XII, di inclinazioni calviniste;
[gli porta in dote il ducato con altri domini, ricevuti in pegno nel 1528 da Philippe IV [il Bello] re di Francia]
1534-59, duca di Ferrara, Modena e Reggio;


 

1551
Gennaio
Ferrara, la disposizione (del giorno 8) deliberata formalmente dal Sant'Uffizio che Giorgio Siculo, carcerato a Ferrara, sia condotto a Roma, resta sulla carta per l'opposione di Ercole II d'Este che ha già problemi in casa sua con la corte di eretici calvinisti di cui la regale sposa Renata di Francia si è circondata;
dopo un rapido processo a Ferrara, quindi, viene decretato che egli pronuncerà pubblicamente l'abiura con cui ha promesso di piegarsi il 30 marzo 1551.
[Revocherà invece poi tale impegno ribadendo le proprie convinzioni religiose.]

Aprile
7
, Modena, arriva il ferrarese Francesco Fantini, vicario designato dal vescovo di Modena E. Foscarari (partirà per Trento il 28 giugno per far ritorno solo il 10 aprile 1552);
il gesuita Silvestro Landino manifesta qualche perplessità per l'atteggiamento di E. Foscarari nei confronti della predicazione di Giovan Francesco da Bagnacavallo e in generale dei sospetti di eresia; nel più puro stile gesuitico da Roma gli si suggerisce «que temple zelo con destreza», mentre G.G. Morone si premura di recapitare a Modena un Aviso di quanto si ha da osservare dalli predicatori (difficile dire se su sollecitazione di E. Foscarari o di sua iniziativa, forse per mettere a tacere sospetti o insinuazioni).
[Del resto proprio da qui riprenderà il processo di G.G. Morone nel 1555.]

Maggio
23
, Ferrara, Giorgio Siculo, è ancora in carcere.

Agosto
22
, Ferrara, viene impiccato e arso sul rogo l'eretico faentino Fanino Fanini (già condannato il 25 settembre del 1949 al termine di un processo svoltosi in modo anomalo che per disposizone di Ercole II d'Este vede Girolamo Papino affiancato dai rappresentanti dei domenicani, dei frati minori e della curia ferrarese nonché da tre consiglieri di giustizia della corte ducale.
Poco dopo anche Giorgio Siculo viene strangolato dopo aver subito un interrogatorio da Girolamo Papino.
Forse gli è stata chiusa la bocca per paura che, sotto tortura, potesse evocare vicende imbarazzanti.
Sorge il dubbio che sia stato il duca ad armare l'inquisitore di Ferrara.


1551
ducato di Firenze
Cosimo I de' Medici
Albero genealogico

(Firenze 1519 - Villa di Castello, Firenze 1574)
figlio di Giovanni [dalle Bande Nere] (ramo dei "popolani") e di Maria Salviati;
1537-69, duca di Firenze;
nel 1539 ha sposato Eleonora Álvarez de Toledo y Zúñiga († 1562);



1569-74, granduca di Toscana;

1551
Firenze, viene processato L. Domenichi per l'edizione clandestina della Nicodemiana di J. Cauvin.
Le indagini arrivano a lambire la stessa corte medicea.


1551
ducato di Urbino
Guidobaldo II
Albero genealogico
(Pesaro 1514 - 1574)
figlio di Francesco Maria I Della Rovere e di Eleonora Gonzaga;
1538-74, duca di Urbino;
1538-39, duca di Camerino;
nel 1548 ha sposato Vittoria Farnese;





 
1551
-



1551
REGNO di NAPOLI
Carlo V
Albero genealogico

(Gand 1500 - Yuste, Estremadura 1558)
secondogenito di Filippo [il Bello] e di Giovanna [la Pazza];
1515-56, principe dei Paesi Bassi;
1516-56, re di Spagna (Carlo I)
1516-54, re di Napoli (Carlo IV);
1519-56, imperatore del Sacro Romano Impero;

– vedi sopra –

NAPOLI
Viceré
don P. Álvarez de Toledo y Zúñiga
marchese di Villafranca
(1532 - 1553)
Nunzio apostolico
-

1551
Marzo
in primavera Galeazzo Caracciolo si rifugia a Ginevra;
[Nulla si sa di più, sempre a causa – in molti casi come questo – delle scarne e lacunose menzioni dei Decreta inquisitoriali.]
Poco dopo il valdesiano calabrese Apollonio Merenda viene imprigionato a Roma e sottoposto a un lungo processo.
[All'inizo degli anni Quaranta si era trasferito a Viterbo in qualità di cappellano di R. Pole. Su tali vicende ed esperienze egli vuota il sacco nei suoi costituti.
Il suo processo si concluderà nel maggio del 1953 con l'abiura.]
Nello stesso anno si presenta spontaneamente a Roma l'avv. Girolamo Scannapeco, per scagionarsi dalle accuse innescate dai suoi rapporti sospetti con alcune comunità ereticali campane.
Alla scoperta di queste comunità ereticali si collega anche l'avvio del processo di don Lorenzo Romano, cruciale elemento di raccordo – con la protezione di Giovan Francesco Alois – del valdesianesimo napoletano con l'eresia diffusasi nel decenni precenti in Terra di Lavoro, legato a Vincenzo Iannelli e Iacobetto Gentile che guidano la comunità eterodossa di Santa Maria Maggiore, entrambi incarcerti in questo mese.
[Nel 1952, don Lorenzo Romano sarà condannato a indossare per sempre l'abitello giallo e ad abiurare pubblicamente a Napoli, a Caserta e infine a Roma.
Nello stesso anno, a maggio, Vincenzo Iannelli e Iacobetto Gentile saranno invece condannati a morte.
Una Lista di abiurati, nominati e sospetti di heresia di Caserta et convicini cavata da diversi processi napoletani del 1567 elenca ben 104 persone.]

Maggio
viene designato arcivescovo di Napoli il cardinale G.P. Carafa
(furente per il veto posto su di lui nei conclavi precedenti da Carlo V);
Per G.P. Carafa, in cui politica e religione – l'insofferenza di un grande aristocratico napoletano contro il dominio spagnolo e la totale dedizione del fondatore della Congregazione cardinalizia dell'inquisizione alla lotta contro l'eresia –, fanno tutt'uno, insediarsi a Napoli con la mitra vescovile significa non solo scongiurare ogni velleità di introdurre nel regno l'aborrita Inquisizione spagnola ma anche assumere la funzione di delegato della Congregazione cardinalizia dell'inquisizione e guidare in prima persona la caccia agli eretici, a cominciare dai molti discepoli ed epigoni napoletani di J. de Valdés, che ora fanno capo al card. R. Pole postosi alla guida di una setta ereticale annidatasi ai vertici della Chiesa.
Per il momento, tuttavia, tenuto lontano da Napoli sia per il veto delll'imperatore sia per la mancata ferma decisione del papa, vi invia il suo vicario S. Rebiba, accanito inquisitore, che si impegna subito in una campagna repressiva contro il movimento valdesiano.

Giugno
18
, in una lettera indirizzata a Carlo V il viceré formula gravi accuse di eresia contro alcuni esponenti della grande aristocrazia napoletana quali:
. Galeazzo Caracciolo,
. Cesare Carafa,
. Giovan Francesco Alois,
. Scipione d'Afflitto,
. Cesare Carduino, barone di Parete,
. Consalvo Bernaudo, potente feudatario,
. avv. Pietro Cirillo, avvocato del precedente,
(tutti poi liberati su cauzione a dicembre);
. Bernardino Caracciolo,
. Mario Galeota (per il momento confinato nei suoi feudi calabresi in quanto ammalato, ma arrestato nel 1953 e poi trasferito anch'egli a Roma dove uscirà di prigione solo nella primavera del 1955).
Analoga, sorte, nelle settimane seguenti, tocca a:
. Scannapeco,
. Paolo Sparano,
. Sertorio Pepe, segretario della potente marchesa del Vasto Maria D'Aragona (amica di Giulia Gonzaga e cordialmente detestata da G.P. Carafa);
. Donato Antonio Altomare, medico, amico di Giulia Gonzaga (e costretto ad abiurare nel 1953),
. Pietro Agostini, medico, rifugiatosi prima in Abruzzo e poi a Venezia,
. Giovan Vincenzo Abbate, nella cui casa si trascrivono testi valdesiani, uditore di donna Giulia Gonzaga, amico e corrispondente di P. Carnesecchi, (costretto ad abiurare nel marzo del 1953),
. Antonio Imperato, liberato su cauzione di 6.000 ducati,
. Sigismondo Miñoz, governatore dell'ospedale degli Incurabili (uscirà di prigione solo grazie ai suoi legami di parentela con don Diego Hurtado de Mendoza e il card. Francesco de Mendoza y Bobadilla,
. …e molti altri.

Settembre
vengono arrestati – forse a seguito della confessione di don Lorenzo Romano – e poi consegnati al tribunale romano dell'inquisizione baroni del regno discepoli di J. de Valdés;
SICILIA
Viceré
-
1551
-
a





Balassi, Bálint o Bálint Balassa (Kékkö, attuale Modry Kamen 1551-Esztergon 1594) poeta ungherese
Canzoniere (ritrovato solo nel 1874)
L'elogio dei confini.

Bandini, Giovanni Battista (1551-1621) tipografo romano, che passò la maggior parte della sua vita sui testi di culto;
correttore e quindi soprintendente della Typographia Apostolica Vaticana.

Bellinzaga Lomazzi, Isabella Cristina (Milano 1551-1624) mistica milanese;
Breve compendio intorno alla perfezione cristiana (1611, raccolte dal padre A. Gagliardi, opera all'indice nel 1703 sospetta di quietismo)
[Prelude già alle posizioni antiintellettualistiche e fortemente cristologiche presenti nelle opere del cardinale P.M. Petrucci.]
Brefs discours de l'abnégation intérieur (traduzione francese della stessa opera che circolň sotto il nome di P. De Bérulle).

Bernardino da Bergamo (Gorlago 1551-1630) frate cappuccino, padre;
1578, 18 ottobre, indossa l'abito cappuccino;
1598, viene eletto Guardiano di Sovere, e poi, conla stessa prelatura, nei conventi di Almenno, Badia, Rezzato, Trescore, di nuovo Almenno e finalente a Drugolo;
[Viene eletto per ben sedici volte Superiore locale.]
1611, per tutto l'anno predica a Venezia;
I - Quattro volumi di prediche da me composte cioè:
1° Quaresimale, 2° Domeniche fra l'anno, 3° Avvento, 4° Discorsi di Santi.

II - Volgarizzamento delle rivelazioni di S. Brigida, altra volta dal Cardinale Torre Cremata riconosciute, poi di nuovo stampate in Roma, presso Stefano Paolini nel 1606; ed ora per profitto grandissimo delle persone idiote ad onore di Maria e de' Santi suoi, di latino tradotte in italiano dal servo inutile Frate Bernardino da Bergamo predicatore Cappuccino.
[Opera da lui rivista nel 1630, con annotazioni]
III - Corona di preziosissime gemme tempestata, della purissima ed immacolata Madre di Dio Maria Vergine, con la dichiarazione del Pater noster conforme all'Esposizione del Serafico P. S. Francesco e dell'Ave Maria.
[Opera manoscritta, iniziata il 15 gennaio 1618 e terminata il 15 aprile.]
IV - Trattatello sull'arte di amare Iddio (perduto).
V - De interdicto (perduto).
VI - Tre Apologie ed altri opuscoli (perduto).
VII - La dichiarazione dell'Ave Maria fregiata di assaissime gemme, fedelmente cavata dal volume delle Rivelazioni di S. Brigida.
VIII - Nuovo e breve modo d'esercitare l'orazione mentale e vocale usata dal servo inutile Fra Bernardino da Bergamo Cappuccino da lui composta e scritta in lingua volgare di propria mano nell'età di 80 anni, in Trescore ai 31 agosto del 1630 in tempo di peste.
IX - Tavola delle celesti Rivelazioni di S. Brigida, con due indici delle materie predicabili per tutte le Domeniche dell'anno.
X - Opera di diritto divisa in due parti:
. Pars 1ª - …de ratione tegendi et detegendi secretum ex Dominico Scoto, distincta in tribus membris 1. De tegendo; 2. De detegendo secreto, sive correctione; 3. De prudentia in verbis et revelatione secreti, quando quis vi et juridice interrogetur.
. Pars. 2ª - È una raccolta di Bolle Pontificie, Costituzioni e Decreti Apostolici. Gli ultimi documenti in essa portati hanno la data del 1616. (Forse è l'opera intitolta De interdicto).

Camden, William (Londra 1551-Chislehurst, Kent 1623) storico e archeologo inglese
Britannia (1586)
Annales (1615-25, del regno di Elisabetta).

Giustiniani, Agostino (Genova 1551-Napoli 1590) gesuita, figlio di un doge della Serenissima;
1568, settembre, entra a Roma nella Compagnia di Gesù;
1584, prima, tiene un corso di filosofia e insegna 5 anni teologia;
1582-90, professore di teologia nel Collegio Romano;
1589, è anche rettore del Collegio Romano;
1590, 2 marzo, muore.

Torna su

«segue da 1550»
1551
l'editto di Chateaubriand (risultato di un momento di stretta collaborazione tra i teologi dell'Università,
il Parlamento di Parigi e la monarchia), cerca per la prima volta di mettere ordine in materia di libri posti al bando (giudicati eretici o contro la morale) stabilendo norme non dissimili delle altre principali censure cattoliche.
Vengono così imposte la vigilanza sulla produzione e la circolazione dei libri, il divieto di stampe anonime, le ispezioni sulle importazioni, le visite ai librai.
L'editto incarica della vigilanza il vescovo e il luogotenente del siniscalco.
Italia
Venezia [vedi]
Firenze [vedi].
«segue 1552».

Inquisizione spagnola

«segue da 1550»
1551, in Portogallo esce l'Indice dei libri proibiti;
il primo Indice spagnolo dei libri proibiti, redatto dall'inquisizione locale, riprende essenzialmente quello di Lovanio dell'anno precedente;
«segue 1555»

Congregazione cardinalizia dell'inquisizione

«segue da 1550»
1551
Roma, generale dell'Inquisizione: A.M. Ghislieri (1550-?);

Gennaio
7
, P.P. Vergerio [il Giovane], ex vescovo di Capodistria ormai rifugiatosi nei Grigioni, denuncia la furia dell'anticristo papale, che «saepe multos trahit in carcerem, saepe multos ad triremes relegat et saepe in rogum coniicit».
8, Roma, il Sant'Uffizio delibera formalmente che Giorgio Siculo, carcerato a Ferrara, sia condotto a Roma.
[Disposizione che resterà tuttavia sulla carta per l'opposizione di Ercole II d'Este.]
Lo stesso mese M. Cervini firma da solo una commutazione della pena a favore di un giurista bolognese la cui vicenda è stata centro di un ennesimo conflitto tra Giulio III e il Sant'Uffizio.

Febbraio
Roma, ai primi del mese V. Soranzo arriva da Bergamo con le raccomandazioni del Consiglio dei Dieci per una sollecita conclusione del processo, «acciò che 'l possa presto ritornar al suo episcopato», e ringrazia il papa per non averlo messo «per le mani degli inquisitori», ottenendone però una risposta gelida, tale da indurlo a credere che proprio questo sia il destino che lo attende.
15, Roma, in una lettera di Celso Martinengo a Ippolito Chizzola (già rinchiuso in carcere) – agli atti del processo contro G.G. Morone – le persone evocate come uniche in grado di lenire i drammatici conflitti di coscienza di un uomo ormai alla vigilia della fuga a Ginevra (dove sarà a lungo alla guida della Chiesa degli esuli italiani), sono:
. R. Pole,
. G.G. Morone,
. V. Soranzo,
. G. Grimani.
In questo scritto (pur debole dal punto di vista probatorio poiché nessun reo potrebbe essere chiamato a rispondere su affermazioni altrui) G.P. Carafa trova palese conferma delle complicità ereticali degli "Spirituali".

Con il ritiro (1550) dei cardinali moderati G.G. Morone e R. Pole, subentra il card. G. Verallo, il principale avversario del Talmud, mentre G.P. Carafa nomina generale dell'Inquisizione (Grande Inquisitore) il card.
A.M. Ghislieri (futuro papa Pio V).
Già commissario dell'inquisizione a Pavia e poi inquisitore a Como e Bergamo, grazie ai servizi prestati [in meno di un anno, quasi milleduecento persone, sia agricoltori che nobili, vengono giudicati dal tribunale dell'Inquisizione. Oltre duecento sono riconosciuti colpevoli dopo essere stati sottoposti a terribili torture e giustiziati].
Sia G.P. Carafa che A.M. Ghislieri devono comunque sottostare a papa Giulio III, sempre oscillante tra intenti di riforma e mondanità, che ha lanciato all'inizio del suo pontificato una quantità di progetti senza portarne a termine alcuno.
Roma, arriva intanto, chiamato a deporre contro V. Soranzo, il sacerdote Niccolò Bargellesi, sicuramente ortodosso (che, tuttavia, all'inizio degli anni Quaranta, Marcantonio Flaminio, V. Soranzo e B. Ochino avevano creduto di poter convertire alla fede valdesiana). I fatti a sua conoscenza (dei quali non potrebbe parlare in sede processuale a causa del divieto papale di porre domande sul conto di cardinali) già confluiscono in un breve ma denso appunto sulle eresie professate da M.A. Flaminio, dal quale egli ha ricevuto molte lettere, inequivocabili nel dimostrare «che esso Marco Antonio è luterano».

Aprile

12, Roma, giunto già da un mese in città, il sacerdote Niccolò Bargellesi rilascia la sua compromettente testimonianza non al Sant'Uffizio ma alla Minerva davanti al G. Muzzarelli (in forma privata, quindi, prima di essere interrogato: un appunto informale, insomma, privo di ogni validità giuridica… come gli altri quattro memoriali, tutti desunti dalle rivelazioni di Giovan Battista Scotti);
28, nel corso di un'anomala udienza privata, Giulio III cerca di convincere ancora una volta il vescovo V. Soranzo a rimettersi a lui, senza intestardirsi in una professione d'innocenza che rischia solo di peggiorare le cose.

Maggio
4
, consapevole dell'aggravarsi della situazione ma non ancora di essere con le spalle al muro, V. Soranzo ribadisce al pontefice: «Io sonno apparecchiato semplicemente de dire a Sua Santità tutto quello che la vorrà sapere da me».
7, una denuncia anonima perviene a A.M. Ghislieri, fresco di nomina a commissario generale del Sant'Uffizio, che viene inviato a Bergamo per nuove indagini sul vescovo V. Soranzo che ora si trova a Roma.
Quando il processo a V. Soranzo fa capire che neanche la mitra espiscopale basta a riparare dai fulmini del Sant'Uffizio, P.P. Vergerio [il Giovane] percepisce con chiarezza quanto sta accadendo se scrive: «Fervet persecutio in Italia».
In effetti, dopo un decennio di azione sotteranea, sull'eresia italiana comincia a calare la mannaia del Sant'Uffizio.
17, in un colloquio privato di due ore tra il papa, G. Muzzarelli e l'ambasciatore veneziano Niccolò Da Ponte si cerca di trovare il modo di estromettere il Sant'Uffizio dalla sentenza.
A favore del vescovo gioca ora solo la volontà di Giulio III di compiacer la Serenissima; il papa chiude il colloquuio dicendo a G. Muzzarelli di voler «più tosto satisfar questo ambasciator per la prima cosa che mi dimanda, che punir cento par soi».
20, la scoperta di due casse di scritti e libri ereticali fatte nascondere a Bergamo segna però il definitivo tracollo dell'esile strategia difensiva del vescovo e, a questo punto, anche il papa non può far altro che imporre a V. Soranzo una piena confessione, perché in caso contrario «si convenirano repeter li testimonii et forse mandar da novo ad esaminar» – come riferisce lo stesso Niccolò Da Ponte il quale sottolinea inoltre come «questi cardinali siano molto inanimati contra di lui et pensano che lui sia un capo dal qual si habbi a nominar molti complici».
A V. Soranzo non resta altra soluzione che appellarsi alla benignità del pontefice ma gli inquisitori rifiutano di accogliere tale appello, convinti che le promesse contenute in esso nascondano solo malafede.
Lo stesso mese Giovan Battista Susio, è nuovamente rinchiuso in carcere dove viene sottoposto a tortura «super complicibus» e infine condannato per le eresie (che poi abiurerà il 22 marzo 1553 insieme con numerosi valdesiani).

Giugno
A.M. Ghislieri viene chiamato a Roma per succedere a T. Scullica nella carica di commissario generale del Sant'Uffizio.
Nello stesso tempo, forte di un robusto apparato accusatorio, il tribunale avvia la fase repetitiva del processo che prevede:
- la contestazione formale degli articuli d'accusa,
- la riconvocazione dei testimoni,
- la difesa dell'imputato, secondo un iter procedurale di cui non è difficile prevedere la conclusione.
È proprio ciò che Giulio III ha finora cercato di evitare e non solo per compiacere la Repubblica di Venezia quanto per porre un argine allo strapotere del Sant'Uffizio.
Di qui il rapido succedersi di nuove confessiones indirizzate da V. Soranzo al papa che, sempre ben informato da G. Muzzarelli, si sforza di fargli capire una volta per tutte che solo una resa senza condizioni gli permetterà di salvarlo dalla condanna.
Alla fine V. Soranzo si deve arrendere.
28, dopo un ultimo colloquio privato con il papa, che certamente gli prospetta i reali termini della questione, presenta una nuova confessio in cui ammette con franchezza tutte le eresie di cui è stato accusato.
Quando giunge il momento di elencare senza reticenze i suoi complici ed amici quale prova del ravvedimento e della disponibilità a collaborare nella salvaguardia della fede e delle anime – un dovere cui V. Soranzo non può sottrarsi – è costretto a tornare:
- sui nomi già emersi nel corso degli interrogatori,
- sui collaboratori di cui si è circondato,
- sui frati eterodossi cui ha affidato libri proibiti e compiti di predicazione,
- sugli eretici di cui ha avuto notizia.
La confessio impone dunque una delazione dei compagni di fede, su molti dei quali come:
. M.A. Flaminio,
. la Gonzaga,
. P. Carnesecchi,
. Apollonio Merenda,
i seguaci ed epigoni napoletani di J. de Valdés, già oggetto di indagini e di processi, gli inquisitori si sono sempre astenuti dal porre domande, che avrebbero rischiato di coinvolgere:
. R. Pole,
. G.G. Morone,
. G. Grimani,
. P.A. Di Capua,
cosa che il papa ha espressamente vietato.
[Nulla gli avevano chiesto, per esempio, circa la lettera che il 15 febbraio 1551, ormai alla vigilia della fuga oltralpe, Celso Martinengo aveva indirizzato a Ippolito Chizzola per comunicargli i suoi dubbi, invitandolo a parlarne con alcuni prelati da cui si attendeva risposte e conforto (cosa che questi non ha potuto fare poiché nel luglio 1549 era già stato convocato a Roma e qui rinchiuso nel carcere di Ripetta fino alla condanna all'abiura comminatagli nel dicembre del 1551. La lettera è stata infatti «consegnata al reverendissimo cardinale di Napoli», e quindi il tribunale ne conosceva il contenuto al momento di interrogare V. Soranzo.]
Comunque siano andate le cose, è certo che i nomi di questi illustri prelati non sono mai stati fatti nel corso del processo né il vescovo reo li ha menzionati tra i suoi complici.
Ciò significa che se V. Soranzo è stato costretto a soccombere sotto il peso delle accuse, i vertici del Sant'Uffizio hanno dovuto piegarsi alla volontà papale e accettare che i quattro importanti prelati citati non vengano coinvolti nell'inchiesta rinunciando quindi a interrogare un testimone certo ben informato su quanto più sta loro a cuore.
Il clamoroso silenzio sugli spirituali è dunque il prezzo che il Sant'Uffizio ha dovuto pagare per ottenere l'abiura di V. Soranzo, il cui processo può ritenersi ormai concluso dopo la piena confessione «con sincerissimo animo et dolore d'haver fallato».
29, questo tuttavia, a riprova del braccio di ferro in corso ai vertici della curia, non è ancora ritenuto sufficiente dal tribunale che, dopo aver ottenuto una ulteriore confessio con qualche altra notizia sugli eretici da lui conosciuti, gli impone di redigere un nuovo e ancor più esplicito elenco dei suoi errori.

Luglio
3
, Roma, dopo che il Sant'Uffizio, non ancora soddisfatto, ha imposto a V. Soranzo di redigere un nuovo e ancor più esplicito elenco:
- dei suoi errori («confessati senza tormento alcuno» deve precisare),
- dei suoi aberranti comportamenti pastorali,
- delle sue complicità eterodosse,
egli compie un'abiura in piena regola (tale da prefigurare quella che dovrà pronunciare al momento della sentenza, che sarà dilazionata per oltre due mesi) compiendo l'ultimo passo che gli viene richiesto nel confessare che le sue eresie si sono configurate come consapevole adesione alle dottrine protestanti.

Agosto
-

Settembre
9
, Roma, alla presenza dei cardinali:
. G.P. Carafa,
. Álvarez de Toledo,
. G. Verallo,
. G. Muzzarelli, maestro del Sacro Palazzo,
. Gaspare Dotti, luogotenente della congregazone,
. A.M. Ghislieri, commissario generale,
il vescovo V. Soranzo abiura le eresie di cui è reso colpevole.
Nel professare la sua obbedienza alla Chiesa egli giura di esserle fedele, dicendosi pronto ad accettare qualunque pena.
In virtù delle risultanze processuali, Giulio III lo dichiara formalmente colpevole «in haeresibus confessatis et abiuratis» ma al tempo stesso, tenendo conto del suo pentimento, lo assolve dala scomunica e dalle altre pene canoniche in cui è incorso.
Nel suo caso, l'applicazione delle norme previste si limita a un periodo di carcere «arbitrio Suae Sanctitatis», che gli assegna come prigione la città di Padova, e a una punizione salutare che gli sarà comuncata in privato da G. Muzzarelli senza metterne a parte il tribunale.
Di fatto egli mantiene il titolo episcopale ma viene sospeso dal governo della diocesi di Bergamo.
Faenza, viene arrestato
. Cesare Flaminio (sarà condannato a Roma nel maggio 1952);
altri:
. Andrea da Volterra,
. Pietro Gelido,
. Ippolito Chizzola,
e alcuni valdesiani di Napoli vengono pure arrestati (1951-53) ed estradati a Roma.
Lo stesso mese,
Ranieri Gualano, eretico napoletano rinchiuso nel carcere di Ripetta, molto amico di V. Soranzo, depone a carico di Giulio Basalù (ma non risultano tracce di sue deposizioni contro V. Soranzo e G.G. Morone nei processi a carico di questi ultimi.)
Da notare che vige l'espresso divieto papale di interrogare i rei sul conto di cardinali.

Ottobre
autunno, si apre l'interminabile vicenda del cardinalato di P.A. Di Capua tanto insistentemente sollecitato da Carlo V e dai Gonzaga quanto osteggiato dagli inquisitori;
la richiesta di Carlo V affinché quel «clerigo de buena vida y letrado» sia chiamato nel sacro collegio urta purtroppo contro la ferrea opposizione del Sant'Uffizio a causa di «algunos deffectos».
[Alla fine sarà proprio il Sant'Uffizio a spuntarla a dispetto di Giulio III.]
9, l'ambasciatore fiorentino già fa presente che sul suo capo pesa «qualche taccia d'heresia»;
10, la notizia ha invece lasciato di stucco don Diego de Mendoza il quale, dopo essere stato informato dal papa, in una lettera al Granvelle si dice ora incredulo che tali accuse possano investire «el mejor hombre i mejor christiano de Italia».
16, appena avutane notizia, Ercole Gonzaga segnala anch'egli a Carlo V queste impreviste «difficultà»;
20, nella lettera inviata da don Ferrante a Carlo V le "difficultà" diventano veri e propri «impedimenti» motivati secondo il papa dal fatto che «egli è notato sui libri degli inquisitori infin da un certo tempo nel quale s'addunavano in Viterbo molti huomini litterati che sentivano di dottrina luterana».

Novembre
2
, Bologna, nel convento di San Domenico, a riprova dell'autenticità del suo pentimento, Pietro Manelfi, ex prete marchigiano, anabattista, consegna al domenicano Leandro Alberti un lungo memoriale (conservatosi solo in copie parziali) in cui elenca città per città e nome per nome le centinaia di eretici da lui conosciuti e frequentati in passato, una delazione impressionante destinata ad aprire inchieste e processi in tutta Italia. Null'altro resta dei suoi costituti bolognesi, che sembrano esaurirsi in questo elenco di persone e di luoghi.
Consegnati a Roma, l'ostaggio e i verbali, dall'inquisitore domenicano Leandro Alberti – non al Sant'Uffizio romano ma a un uomo di fiducia di Giulio III , quale il maestro del sacro palazzo, suo vecchio amico, concittadino, confratello e predecessore nella carica di inquisitore a Bologna – il delatore viene interrogato da G. Muzzarelli, assistito per l'occasione dal commissario generale dell'Inquisizione A.M. Ghislieri.
Tra i nomi:
. Firenze: Bartolomeo Panciatichi, potente banchiere,
. Vicenza: Giulio Trissino, grande aristocratico,
. Pisa: Bernardo Ricasoli, ricco mercante,
. Venezia: illustri patrizi,
. Ferrara: tutta la corte di Renata di Francia.
Molti personaggi menzionati sono tali da indurre gli inquisitori ad espungerne i nomi (in una delle copie in seguito note dei verbali), mentre altri saranno sostituiti con una N. nella trascrizione parziale.
Nulla, comunque, risulta dai Decreta del Sant'Uffizio circa i costituti dell'ex prete marchigiano che registrano solo una «commissio generalis» affidata a G. Muzzarelli.
15, verso la metà del mese P.A. Di Capua si precipita a Roma «per giustificarsi delle imputationi».
Il cardinale di Mantova scrive alla corte di Bruxelles, premurandosi di intervenire anche a Roma presso i principali avversari di P.A. Di Capua, gli inquisitori J. Álvarez de Toledo y Zúñiga e Rodolfo Pio da Carpi.
21, da Siena anche Diego de Mendoza sottolinea l'aspra avversione personale dei due cardinali contro il prelato napoletano e il carattere strumentale di queste accuse di eresia.
23, G. Muzzarelli viene intanto inviato dapprima a Bologna, dove riprende la carica di inquisitore (al posto di Leandro Alberti, già gravemente ammalato…
27, poiché alla fine anche P.A. Di Capua finisce col trovarsi costretto a scegliere tra un processo in piena regola e una purgazione canonica, Ercole Gonzaga spiega a Diego de Mendoza che quest'ultima scelta ha sì consentito a Giulio III a sottrarre agli artigli degli inquisitori altri prelati ma al tempo stesso ciò implica una macchia indelebile, tale da costringere P.A. Di Capua a vivere per il resto della sua vita «né honorato né contento in se stesso nel cospetto del mondo».
Di qui la volontà di giustificarsi «in ogni modo», di essere proclamato innocente, cosa che il Sant''Uffizio cerca di rendere ancor più difficile affidando la causa a due nemici giurati dei Gonzaga quali gli inquisitori J. Álvarez de Toledo y Zúñiga e Rodolfo Pio da Carpi.

Dicembre
16
, … G. Muzzarelli giunge a Venezia dove porta con sé una copia di questo elenco;
27, G. Muzio è già in grado di spedire dettagliate informazioni sulla setta degli anabattisti.
Alla fine dell'anno M. Cervini fa sapere a Daniele Barbaro, il successore designato di G. Grimani nel patriarcato di Aquileia, che in «congregatione» non si è mai parlato di lui.

Durante la permanenza a Roma all'inizio degli anni Cinquanta di Giovan Battista Scotti – come riferirà in seguito questi al Sant'Uffizio – Ambrogio Catarino (o Lancellotto) Politi gli parla di alcuni familiari eterodossi di cui R. Pole si è circondato a Trento e gli dice di essere riuscito a ricondurre all'ovile cattolico l'eterodosso fiorentino Pietro Gelido [il Pero], in passato «sedutto dal cardinal Polo», senza subire un processo né un'abiura formale, ma solo in virtù di una riconciliazione privata.
Alla fine dell'anno (o inizio del prossimo), con il pretesto di sistemare le pendenze ereditarie del fratello, si reca a Roma G. Grimani per discolparsi delle striscianti accuse di cui è fatto segno.
Il papa affida gli interrogatori a G. Muzzarelli e a G. Federici, suoi fiduciari quando c'è da mettere il bastone tra le ruote del Sant'Uffizio, con l'incarico di riferirgli di persona.
«segue 1552».

 

Ugonotti

«segue da 1539»
1551, ordinanze reali contro di loro;
«segue 1555»

Nuova Ricerca