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Papa
Giulio II

(1503-1513)

1509, dopo aver aderito alla "lega di Cambrai" colpisce Venezia con l'interdetto e la scomunica.
Sconfitta dai Francesi ad Agnadello, Venezia, che rinuncia alle città romagnole, per paura della Francia, si riconcilia e muove contro Ferrara (alleata della Francia);
occupa Modena e conquista Mirandola.

1509, Luca Pacioli pubblica l'edizione definitiva del De divina proportione, che tratta dell'applicazione dei principi geometrici all'architettura e dello studio delle proporzioni del corpo umano. Il testo presenta xilografie dei solidi regolari realizzate da disegni di Leonardo.

ANNO 1509



1509
Unione Elvetica
Dodici cantoni federati:
- Uri (1291),
- Schwyz (1291),
- Unterwalden (1291),
- Lucerna (1332),
- Zurigo (1351),
- Zug (1353),
- Glarus (1353),
- Berna (1353),
- Friburgo (1481),
- Soletta (1481),
- Sciaffusa (1501),
- Basilea (1501).

1509
-




1509
Sacro Romano Impero
Massimiliano I d'Absburgo
Albero genealogico

(Wiener Neustadt 1459 - Wels, Alta Austria 1519)
figlio di Federico III;
1486-1519, re dei romani;
1489-1519, arciduca del Tirolo;
1493-1519, arciduca d’Austria;
1493-1519, re di Germania;
1508-19, imperatore del Sacro Romano Impero;


1509
guerra con Venezia (1508-1515)
dopo la sconfitta veneziana ad Agnadello occupa Padova, Vicenza, Verona ma perde subito le prime due città;

Febbraio
Gand, avendo comprensione per le esigenze dell'amico Jacob II Fugger, Massimiliano decreta «che prenderà sotto la protezione sua e dell'Impero i Fugger in tutte le loro operazioni per mare e per terra e che essi possono in qualunque momento introdurre tranquillamente merci veneziane nei territori tedeschi. Inoltre i loro rapporti amichevoli con Venezia non devono farli considerare fuori legge né corresponsabili. Soltanto essi non devono introdurre a Venezia nulla, da cui il nemico possa essere rafforzato».
Questo permesso viene intimato esplicitamente «a tutti gli elettori, principi e membri dell'Impero».

Aprile
7
, con un atto di fondazione, dopo che il priore del chiostro dei Carmelitani di Sant'Anna, il generale dell'Ordine Johannes Fortis, si era lagnato con Jacob II Fugger che la sua chiesa «è troppo piccola per la folla che accorre ogni giorno e che il chiostro non possiede i mezzi per ampliarla», Ulrich e Jacob si assumono l'impegno di costruire per il necessario ampliamento della chiesa una sontuosa cappella ornata di altari e di stalli per il coro. [segue Ulrich privato].


Anche Venezia garantisce, in generale, sicurezza ai Fugger per il loro commercio di stoffe, anche se alcuni trasporti di rame vengono sequestrati.
Così Jacob II Fugger può stare tra due partiti, ma il suo cuore rimane a fianco degli Absburgo e mette costantemente a loro disposizone la potenza del suo denaro.
Anche i trasporti di rame dei Fugger cercano di evitare Venezia e di trovare una via diretta per giungere a Milano passando per Bolzano e la pianura padana e di là andare a Genova.

La guerra sfortunata con Venezia ingoia somme enormi.
E così Massimiliano deve ancora correre tra le braccia del suo vecchio amico Jacob II Fugger. Infatti:
- c'è poco da contare su una tassa imperiale, dopo che il "pfennig generale" è naufragato così rapidamente;
- le entrate del tesoro imperiale sono impegnate per anni;
- i principali cespiti dell'imperatore in Tirolo sono stati ceduti con contratti a lunga scadenza alle ditte di Augusta, specialmente ai Fugger;
- gli inglesi promettono bensì un sussidio di 200.000 fiorini;
- anche il nipote di Massimiliano, Carlo di Spagna, manda ogni mese 15.000 fiorini.
Ma tutto questo denaro è cambiato sulla casa Ulrich Fugger e Fratelli di Augusta, cosicché «tutto il denaro viene speso in Augusta e dintorni» e Jacob II Fugger stesso «è duramente spogliato di denaro».
Gli agenti finanziari dell'imperatore devono riconoscere che «non si può ottenere una somma considerevole da altri mercanti all'infuori dei Fugger».
«Nessun uomo – scrive il cardinale Gurk è capace di liquidare simili somme rilevanti subito in tre luoghi diversi, tranne che Jacob Fugger che lo fa con tre strisce di carta».
I plenipotenziari agenti imperiali devono implorare prestiti «per la salvezza di Verona».

L'imperatore istituisce un regolare "servizio postale" sulle linee Bruxelles-Innsbruck-Vienna e Innsbruck-Milano-Roma. Ha quindi bisogno a Milano di un uomo di fiducia che riceva le lettere e «quando si tratta di determinate ambasciate, le faccia pervenire a Roma». Senza esitare egli dichiara: «Non conosco nessuno più adatto a quest'ufficio che l'agente dei Fugger a Milano».
Così da questo momento egli fa entrare i Fugger come associati nel suo servizio postale. In questo modo Jacob II Fugger può spesso avviare la sua posta con maggiore rapidità e sicurezza di tutti gli altri mercanti.
Ad ogni capodanno il maestro di posta di Thurn e Taxis, Gabriel de Taxis, riceve uno speciale «omaggio di otto fiorini, affinché egli sia ancor più diligente nell'inviare qua e là le lettere».
Ma anche lo stesso Jacob II Fugger istituisce un regolare servizio di posta. I suoi messi in uniforme appaiono regolarmente sulle più importanti vie commerciali europee. «In tal modo il Fugger manda a Roma ogni giorno lettere su argomenti privati e di affari». Essi si distinguono dai "portalettere ordinari" di Massimiliano solo per il fatto che essi non possono portare le cassette delle lettere imperiali.
[La notizia della morte di papa Giulio II sarà portata da Roma a Innsbruck in tre giorni.
In Italia già da un secolo si usa allegare alle lettere commerciali un "nuovo giornale". In Gemania questa è una novità. Proprio dalle Novitates accluse alla lettera commerciale nasce in Germania il primo giornale. L'appendice con i ragguagli si staccherà infatti più tardi dalla parte commerciale.]

Mentre nel servizio d'informazioni si sono così iniziati nuovi sviluppi, che precorrono l'avvenire, la tecnica del traffico è ancora primordiale. I quantitiativi di merci più grandi sono ancora difficili da spostare come mille anni prima.
Ogni agente deve fare anche lo spedizioniere, scovare faticosamente le possibilità di spedizione, assumere i suoi cavallari, i suoi mulattieri e i garzoni barcaioli e dar loro paga e viatico. Il trasporto per terra è pericoloso e costoso.
Per un trasporto di 340.000 libbre di rame da Ofen a Venezia Jacob II Fugger deve pagare 5000 fiorini (circa 100.000 marchi di metà del XX secolo).
Il maggior pericolo per i trasporti commerciali è rappresentato dalla poca sicurezza delle strade. Assalti e grassazioni sono all'ordine del giorno. Predoni a cavallo e banditi, i «vessatori delle strade provinciali» stanno in agguato dappertutto dietro i cespugli e si fanno persino un vanto di «sistemare» gli odiati sacchi di pepe, che «dissanguano il popolo e sono peggio degli ebrei».
I trasporti di merci preziose, come denaro contante e verghe d'argento vengono nascosti in barili o in pesi d'ottone cavi all'interno oppure rivestiti di rame. Ma neppure così si è al sicuro da perdite.
Il servizio di trasporto dei Fugger viene adoperato anche per spedizioni e trasporti di merci degli amici d'affari e dei clienti. Spesso viene affidato a quello il compito di inoltrare i forzieri imperiali; si deve spedire al cancelliere Cyprian un prezioso servizio d'argento, dono dell'imperatore e si deve far arrivare in Germania la preziosa antiferna di Bianca Maria.

Augusta, alla Banca Fugger le commissioni comportano usualmente l'1%; se in casi particolari la somma non viene depositata precedentemente, essa viene anticipata ad un alto interesse dal 20% al 30%. Gli interessi vengono computati insieme al cambio di valuta.
Se l'importo della lettera di credito da pagare supera la disponibilità di una succursale o se in qualche luogo non si trova una reappresentanza dei Fugger, allora «il Fugger deve partire con il denaro».
Allora, secondo il vecchio sistema, il denaro si deve andare a prenderlo con i muli dalla sede d'affari più vicina. Il mercante deve ben presto impratichirsi di tutti questi affari di cambio, altrimenti non viene preso sul serio. «Se tu non conosci quest'arte, taci».
Poiché Jacob II Fugger bada severamente a che in tutti gli affari, persino nei più piccoli, si mantengano «fede e lealtà», la sua casa gode la massima fiducia in tutto il mondo.
Gente ricca come il vescovo di Bressanone, hanno «parimenti lasciato il loro considerevole patrimonio presso i Fucker» come anche «artigiani, barrocciai e barcaioli» vi lasciano i loro risparmi.
Servitori e garzoni portano i loro soldini da quelli piuttosto che da Ambrosius Höchstetter, che ha bensì impiantato una apposita Banca dell'uomo del popolo e dà il 6% d'interesse ma pratica un'usura monopolistica, «compera in tutti i paesi vino e grano e ne aumenta il prezzo a suo piacere».
Allora ricchi e poveri vengono presi come da una febbre dal pensiero che il capitale dà guadagno anche senza lavoro; mai la caccia al denaro è stata più appassionata che in questi primi tempi del capitalismo.
«Ognuno correva qua – c'informa Rubys di Lione – giù fino ai servitori, che portavano i loro risparmi. Le donne vendevano i loro gioielli, le vedove cedevano le loro rendite, per partecipare alla grand partie. In breve si correva là come se vi fosse il fuoco».
Poter passare gli anni della vecchiaia vivendo di rendita sembra a molta gente una mèta altamente desiderabile.
«Persone rispettabili di ogni classe, persino nobili, borghesi, orfani e altri, che non esercitano nessun mestiere e non sono in grado di procurarsi altrimenti il loro mantenimento, eccetto che col loro capitale per mezzo di interesi e frutti» portano i loro denari alla Banca Fugger.
Profeti di sventure elevano bensì la loro voce contro il tristo potere del denaro. Lodovico Guicciardini deplora che la terra rimane incolta, il commercio è trascurato e tutto rincara; i poveri vengono dissanguati dai ricchi e alla fine anche questi devono fare bancarotta.
Ma il popolo non dà ascolto a questi predicatori. Esso vuole guadagnare ad ogni costo. La lista di coloro che hanno depositato il loro denaro presso la Banca Fugger come "creditori" mostra un quadro di una sorprendente varietà.
I Fugger sanno ben valersi di tali "depositi".
La maggior parte dei loro prestiti vengono detratti non da mezzi propri ma da depositi altrui.
Negli affari in grande essi concedono a singole case di commercio la possibilità di una sottopartecipazione, in parte come tacito investimento di fondi, chiamato "accomandita", in parte come azione comune sulla base di contratti associativi ai fini di determinati affari.
L'attività più importante della Banca Fugger consiste nella concessione di prestiti ai rappresentanti dell'autorità statale, prestiti che per lo più vengono estinti non in contanti, ma con tratte sull'argento o sul rame. In questo modo essi entrano nel commercio di metalli; anzi essi devono quasi tutti i loro successi ai prestiti fatti all'imperatore, ai papi e ad altri grandi signori.


[Will Winker, Fugger Il Ricco, Giulio Einaudi Editore Torino 1943.]


1509
BOEMIA e UNGHERIA
Ladislao II o VII - Jagellone III
Albero genealogico

(n. 1456 - Buda 1516)
figlio di Casimiro IV re di Polonia;
1471-1516, re di Boemia (Ladislao II);
1490-1516, re d'Ungheria (Ladislao VII);

1509
-

1509
Sassonia
Federico III [il Saggio]
Albero genealogico

(Torgau 1463 - castello di Lochau, Annaburg 1525)
figlio di Ernesto duca elettore di Sassonia (linea ernestina) e di Elisabetta di Baviera;
1486-1525, duca elettore di Sassonia;



1509
ducato di Württemberg
Ulrico di Württemberg
Albero genealogico

(Reichenweiler, Alsazoia 1487 - Tubinga 1550)
figlio di Enrico e di Elisabetta di Zweibrücken;
1498-1519, duca di Württemberg;


1534-50, duca di Württemberg;


1509
ducato di Baviera
Guglielmo IV [il Costante]
Albero genealogico

(† 1550)
figlio di Albrecht IV [il Saggio] e di Cunegonda d'Austria;
1508-50, duca di Baviera;




1509
REGNO di POLONIA
Sigismondo I
Albero genealogico

(† 1548)
figlio di Casimiro IV Jagellone e di Elisabetta d’Absburgo;
1506-1548, re di Polonia e granduca di Lituania;
sposa in seconde nozze Bona Sforza († 1557), figlia di Gian Galeazzo duca di Milano;





1509
-

 




1509
IMPERO OTTOMANO
Bayezid II [il Giusto o il Pio]
Albero genealogico

(1447 - 1512)
figlio di Mehmet II;
1481-1512, sultano;

Gran Visir
-
1509
-









1509
REGNO di FRANCIA
Louis XII
Albero genealogico
(Blois 1462 - Parigi 1515)
figlio di Carlo duca d'Orléans e Maria di Clèves;
1498-1515, re di Francia;


Primo ministro
[Sovrintendente delle Finanze]
-
Cancelliere-Guardasigilli
Jean de Ganay
( 1507 gen - giu 1512 )
Segretario di stato agli Affari Esteri
-
 
1509
Maggio
14
, l'esercito francese infligge ai veneziani la terribile sconfitta di Agnadello;


1509
ducato di Lorena e di Bar
Antonio II [il Buono]
Albero genealogico

(1508 - 1544)
figlio di Renato II e di Filippa di Gheldria;
1508-44, duca di Lorena e di Bar;
[ha ereditato il ducato di Lorena, la contea di Vaudémont e i vescovati di Metz e Verdun.]

1509
-


1509
Paesi Bassi




Governatore
-

1509
-





1509
REGNO d'INGHILTERRA
Enrico VII Tudor
Albero genealogico

(castello di Pembroke 1457 - Richmond, Londra 1509)
figlio di Edmondo Tudor, conte di Richmond, e di
Margherita di Beaufort;
1485-1509, re d'Inghilterra;



Enrico VIII
Albero genealogico

(Greenwich 1491 - Westminster 1547)
[erede delle due Rose]
secondogenito di Enrico VII Tudor e di Elisabetta di York;
1509-47, re d'Inghilterra e d'Irlanda;
1509
sposa, subito dopo l'incoronazione, la vedova del fratello Arturo, Caterina d'Aragona;



1509
-


IRLANDA
-
-
-
-

1509
-

a

1509
REGNO di SCOZIA
Giacomo IV
Albero genealogico

(n. 1473 - Flodden, Inghilterra 1513)
figlio di Giacomo III Stuart;
1488-1513, re di Scozia;
1503, sposa Margherita, figlia di Enrico VII Tudor ponendo così le premesse per la successione degli Stuart al trono d'Inghilterra [un secolo dopo];



1509
con l'ascesa al trono d'Inghilterra di Enrico VIII ha termine la pace tra i due paesi;


a


1509
REGNO di DANIMARCA e di NORVEGIA
Giovanni I
Albero genealogico
(† 1513)
figlio di Cristiano I e di Dorotea di Brandeburgo;
1481-1513, re di Danimarca e di Norvegia;
1497-1501, re di Svezia (Giovanni II);



1509
-
NORVEGIA
1509
-
ISLANDA
1509
-




1509
REGNO di PORTOGALLO
Emanuele [il Grande]
Albero genealogico

(Alcochete, Lisbona 1469 - Lisbona 1521)
figlio di Ferdinando duca di Viseu e di Beatrice di Portogallo;
1495-1521, re di Portogallo;



1509
-
a

1509
REGNO di ARAGONA e di SICILIA
REGNO di NAPOLI
Ferdinando II [il Cattolico]
Albero genealogico

(Sos, Aragona 1452 - Madrigalejo, Estremadura 1516)
figlio di Giovanni II d'Aragona e della sua seconda moglie Giovanna Enriquez;
1479-1516, re d'Aragona e di Sicilia;
1503-16, re di Napoli (Ferdinando III);
la morte di  Filippo [il Bello], figlio di Massimiliano d'Asburgo e marito di sua figlia Giovanna (poi Giovanna [la Pazza]), pochi mesi dopo l'incoronazione a re di Castiglia, ha risolto la questione dinastica a suo favore in quanto ha assunto il governo in nome della figlia; inoltre, sposando nel 1506 in seconde nozze Germana di Foix, nipote di Louis XII, ha ottenuto il definitivo riconoscimento francese del dominio spagnolo su Napoli;
nel 1507 ha aderito alla lega di Cambrai contro Venezia;



1512-16, re di Spagna (Ferdinando V);


1509
-

NAPOLI
Viceré
-
Nunzio apostolico
-

1509
-


SICILIA
Viceré
-
1509
-
a




1509
SAVOIA
 


 

1509
-



1509
Monferrato
Guglielmo IX Paleologo
Albero genealogico
(? - ?)
figlio del marchese Bonifacio III e di Maria Brankovic;
1494-1518, marchese di Monferrato;

1509
-

1509
REPUBBLICA DI GENOVA
"Compagna Communis Ianuensis"
[II dedizione a Louis XII re di Francia]
(1507 mag - 20 giu 1512)
Governatore
Francesco di Rochechouard
signore di Champdenier
(1508 ott - 20 giu 1512)

1509
-



1509
Mantova
Francesco II Gonzaga
Albero genealogico
(n. 1466 - m. 1519)
figlio di Federico I e di Margherita di Baviera;
1484-1519, marchese di Mantova;

1509
caduto in potere dei veneziani, viene liberato grazie all'abile diplomazia della moglie e per intercessione di Giulio II che intende impegnarlo contro Ferrara, caposaldo francese;

1509
REPUBBLICA DI VENEZIA
"La Serenissima"
Leonardo Loredan
Albero genealogico
(Venezia 16 nov 1436 - Venezia 21 giu 1521)
figlio di Gerolamo e di Donata Donà;
1501-21, doge di Venezia; [75°]
- nunzio pontificio: Sede vacante – Angelo Leonini (1509 set - 1510)
- ambasciatore di Spagna: ? (? - ?)

1509
il doge e i suoi sudditi sono scomunicati da papa Giulio II;

Marzo
pochi giorni prima che la Spagna si unisca alla lega di Cambrai una devastante esplosione sconvolge la città nel momento in cui il Maggior Consiglio sta discutendo lo stato di guerra: sono scoppiate le polveri dell'Arsenale.
Di colpo un violento incendio si propaga nel sestiere di Castello. Molte sono le vittime e un gran numero di case vanno distrutte. Immediatamente si scioglie il Maggior Consiglio. I senatori e il doge stesso si recano sul posto per soccorrere i feriti e i senza tetto.
Ciò nonostante, il doge predispone i piani di difesa, sia sul versante militare sia su quello politico.
A Londra viene sollecitato Enrico VII che offre volentieri ai belligeranti la sua mediazione alla quale la Repubblica si mostra subito favorevole.
Nello stesso tempo il doge propone al papa la restituzione delle cittàdi Rimini e Faenza che in fondo sono state all'origine del "casus belli".

Aprile
15
, poche ore dopo la dichiarazione di guerra, i fanti francesi varcano i confini dello Stato della Repubblica;
questa volta i mercenari veneziani, che comprendono alcuni plotoni di "stradioti", i selvaggi ma coraggiosi guerriglieri albanesi, sono comandati da una coppia di singolari cugini: Nicolò Orsini, conte di Pitigliano, e, più giovane, Bartolomeo d'Alviano.
Stimabili per un verso, in quanto hanno risposto con dignitosa fermezza alle invettive del papa che li vuole scomunicare in quanto «servitori della Serenissima», lasciano desiderare dall'altro per una certa inaffidabilità professionale.

Maggio
9
, il grosso delle truppe francesi varca il fiume Adda, nei pressi di Cassano, solo perché i soldati veneziani sono impegnati a far bottino nella città di Treviglio che hanno ricatturato il giorno prima.
Messi di fronte alla loro sventatezza, i due comandanti veneziani cominciano a litigare tra di loro ed ognuno decide di fare di testa sua.
"battaglia di Agnadello": nonostante i consigli espressamente inviati da Venezia, allo scopo di evitare gli scontri frontali con il nemico di gran lunga più numeroso e più forte, Bartolomeo d'Alviano vuole agire di testa sua e senza informare il cugino Nicolò Orsini, affronta a viso aperto l'armata francese.
È una catastrofe.
[Comunque, come per un dispetto bambinesco, Nicolò Orsini non è intervenuto a dar man forte al cugino più giovane, pur trovandosi a poco più di due chilometri di distanza.]
Ricevuta la notizia della disfatta – così si esprimerà lo storico Sanudo – «un silenzio di pietra calò sul salone del palazzo Ducale». E il doge, al suo solito, «pareva più di là che di qua».
17, Venezia, giorno festivo dell'Ascensione (la Sensa): piazza San Marco è vuota.
29, solo ora l'imperatore Massimiliano I consegna una formale dichiarazione di guerra alla Repubblica;

Giugno
ai primi del mese gli emissari del re di Francia e dell'imperatore vedono cadere, e arrendersi senza un grido di protesta, le più belle e ricche città del Leone: Padova e Rovereto, Riva e Cittadella, Vicenza e Verona.
Tutta la Lombardia e tutto il Veneto sono perduti.
Il nemico è giunto fino a Mestre, a sole tre miglia da San Marco.
Treviso, tuttavia, sfida il commissario imperiale e non si vuole arrendere; la stessa cosa succede a Udine.

A mano a mano che il tempo passa, le dimensioni della catastrofe appaiono però meno cospicue.
Sui territori reclamati dal re di Francia non vi sono dubbi anche perché le truppe vittoriose occupano le città e le campagne conquistate.
Ma per quanto riguarda l'imperatore Massimiliano I è tutto un altro paio di maniche. Egli non ha infatti ancora messo in campo un solo plotone di soldati, né ottemperato agl impegni che la Lega gli ha assegnato.
Inoltre avrebbe aspettato un bel po' di tempo prima di consegnare una formale dichiarazione di guerra alla Repubblica.

18, Vicenza, ignoti appiccano il fuoco alla Torre del Girone dove sono conservati gli archivi comunali che vengono quasi completamente distrutti.



Luglio
intanto, a soli due mesi dalla sconfitta di Agnadello, le popolazioni inermi sono turbate dalla crudeltà delle soldataglie ubriache che compiono brutali scorrerie sia in città sia in campagna: innumerevoli i casi di saccheggi, di assassinii e di stupri.
Andrea Gritti, provveditore di Treviso, informa tempestivamente il Gra Consiglio che gran parte delle città venete e lombarde manifestano un'acuta nostalgia del dominio veneziano e alla prima scintilla si rivolterebbero contro l'oppressore.
Il doge decide di passare all'azione.

Padova: il primo colpo viene messo a segno nei pressi di Codalunga, alle porte di Padova: al corpo di guardia dei lanzichenecchi che vigila alla forntiera del dazio, si presentano tre carri colmi did grano. Passa il primo, passa il secondo; quando tocca al terzo, si ferma sotto la stanga di confine, bloccando il traffico. È il segnale prstabilito: al grido di «San Marco, San Marco!» una squadra di cavalieri si scaglia sulla guarnigione dei soldati tedeschi e dopo una lotta breve e cruenta li costringe alla resa.
La notizia si propaga fulmineamente in tutta la città, e nel giro di poche ore Padova [la Dotta] ritrova la libertà e si imbandiera con i vessilli rosso e oro del Leone.
Legnago (un nodo strategico lungo l'Adige): nello stesso tempo Lucio Malvezzo entra nella cittadella-roccaforte di Legnago: da qui egli pensa di attaccare, non appena avrà ricevuto rinforzi, le città di Verona e Vicenza.

La riconquista di Padova manda in escandescenze papa Giulio II che minaccia di scomunica persino Massimiliano I per non essere intervenuto. Questi invece sta proprio ora occupando il territorio veneto alla testa di uno strano e svogliatissimo esercito, a cui si sono aggiunti qualche migliaio di fanti e cavalieri francesi, più alcuni plotoni di spagnoli e una rappresentanza esigua di mantovani, ferraresi e papalini.
Stanco della lunga marcia, però, Massimiliano I si rifiuta di attaccare l'obiettivo prestabilito e stablisce il suo quartiere generale ad Asolo.

Settembre
quando Massimiliano I si decide di puntare su Padova è già passato più di un un mese, durante il quale i veneziani hanno potuto rafforzare le loro opere di difesa e immagazzinare viveri e munizioni.
Il comando delle operazioni viene affidato a Niccolò Orsini, conte di Pitigliano. Stavolta, senza il cugino, egli può contare sul sostegno incondizionato del fior fiore della gioventù veneziana, decisa a battersi fino all'ultimo uomo. In prima fila si possono notare addirittura due figli del doge Leonardo Loredan.
15.000 uomini armati fino ai denti sanno comunque di dover scontrarsi contro oltre 40.000 soladti di tre nazioni diverse.
Verso la metà del mese comincia l'assedio di Padova.

Per circa due settimane l'artiglieria pesante dei francesi e dei tedeschi prende di mira le mura della città, riducendole in polvere e rovine. Ma all'interno i veneziani non cedono di un metro, e costruiscono sempre nuove barricate.
Alla fine, Massimiliano I si deve ritirare ritenendo che sia più conveniente interrompere l'assedio che continuarlo fin dentro l'inverno.
Mentre grande è il giubilo a Rialto e a palazzo Ducale, giunge pure la notizia che Niccolò Orsini ha attaccato Vicenza, che il duca di Anhalt, agli ordini del re di Francia, ha dovuto abbandonare in tutta furia.
L'entusiasmo delle popolazioni per il riscatto dei veneziani si difffonde a macchia d'olio e tra lo sbigottimento dei filo-papalini, rinnovano la loro fedeltà a Venezia molte città del nord come Bassano e Feltre, Belluno e Cittadella. Più a sud seguono lo stesso esempio Monselice, Este, Montaagnana, Arquà.

Ma papa Giuilo II conferma la sua ostinata determinazione a «rompere le ossa» della Repubblica, che dovrà «tornare a quel piccolo borgo di pescatori che era in origine».
A questo punto il doge pensa di inviare un messaggio al sultano di Costantinopoli: la Repubblica chiede un prestito di centomila ducati, più un contingente di truppe e di navi. In cambio di una «solida e duratura alleanza» il doge invita i turchi a sabotare le merci fiorentine e genovesi, in specie tessuti e sete, perché «servivano a finanziare i nemici comuni, il re di Francia e il papa».
Purtroppo il sultanto Bayezid II non dà alcun segnale di solidarietà; come non si muove il nuovo re d'Inghilterra Enrico VIII nonostante abbia dimostrato un'autentica simpatia e ammirazione per le sorti della Repubblica.
Fallito ogni tentativo, i veneziani chiedono al papa almeno di firmare una pace onorevole.
Niente da fare: papa Giulio II impone a Venezia condizioni tremende. La Repubblica deve:
- sottomettersi completamente alla Santa Sede;
- rinunciare ai tradizionali diritti di nominare vescovi entro i suoi territori;
- risarcire il papato di tutte le spese belliche;
- riconoscere la libertà di navigazione in tutto l'Adriatico, dove un tempo la Repubblca imponeva dazi alle merci straniere;
- in caso di ostilità con i turchi, s'impegna a consegnare almeno quindici galee al papa o ai suoi alleati.
Ben cinque ambasciatori veneziani vengono inviati da papa Giulio II, il quale li sottopone alle più cocenti umiliazioni.
Ma proprio il giorno in cui i cinque ambasciatori partono per Roma con il pieno potere d firmare il documento di pace, il Consigio dei Dieci decide di produrre un contro-documento: in esso si dichiara formalmente che Venezia ha, sì, accettato delle condizioni ingiuste e crudeli, ma «non spontaneamente, bensì sotto implacabile coercizione». Per tale motivo la Repubblica «si riserva il diritto di far ridiscutere il suo caso, non appena se ne offrirà l'opportunità, sia con il presente papa, che con il suo successore».

Mentre firmano il documento davanti al papa, gli ambasciatori veneziani sono però completamente all'oscuro delle intenzioni del doge e del Consiglio dei Dieci e non sanno quindi che la resa è stata dichiarata nulla tre settimane prima.


Il territorio del patriarcato di Aquileia passa agli Absburgo [il loro dominio durerà fino al 1918].
[Massimiliano I al comando della lega di Cambrai vince anche la resistenza del castello di Soave (VR), che poi ritorna in potere ai Veneziani guidati da Pietro Gradenigo ma solo fino alla primavera dell'anno successivo.]

Ma poco dopo papa Giulio II compie un doppio salto mortale con il rovesciamento delle alleanze: consumata la velenosa crociata contro Venezia, ora egli convoglia tutte le sue ire contro la Francia. Re Luigi XII diventa il nuovo demone da distruggere; e con lui i leccapiedi che gli tengono bordone, come il duca di Ferrara, cui toccherà una bolla di scomunica.
Nel giro di una stagione, dunque, Venezia esce dal'isolamento: se prima il papa era il suo acerrimo nemico, ora diventa il suo salvatore.

Ottobre
5
, Venezia entra nella Lega santa contro Luigi XII re di Francia;



Nantas Salvalaggio, Signora dell'acqua, Piemme, Casale Monferrato 1997.]


1509
ducato di Ferrara
ducato di Modena
ducato di Reggio
Alfonso I d'Este
Albero genealogico

(Ferrara 1476 - 1534)
figlio di Ercole I e di Eleonora d'Aragona;
sposa in prime nozze Anna Sforza († 1497)
1505-34, duca di Ferrara;
1505-10, 1526-34, duca di Modena;
1505-10, 1523-34, duca di Reggio;
dal 1501 è sposato (seconde nozze) con Lucrezia Borgia la quale ha ottenuto dal padre (papa Alessandro VI) il riconoscimento del diritto all'eredità dei beni estensi [feudo pontificio];


 
1509
come gonfaloniere della chiesa si schiera a fianco della lega di Cambrai contro i veneziani, che sconfigge a Polesella recuperando gran parte dei beni perduti dal ducato nelle guerre del Quattrocento;


1510
Firenze
Lorenzo II
Albero genealogico

(1492-1519)
figlio di Piero e di Alfonsina Orsini;
1503-15, signore di Firenze;

1516-19, duca di Urbino;

1510
-



1509
ducato di Sora
ducato di Urbino
Francesco Maria I della Rovere
Albero genealogico
(n. 1490 - m. 1538)
figlio del duca di Sora Giovanni della Rovere e di Giovanna di Montefeltro;
1501-38, duca di Sora;
1501-38, signore di Senigallia e Mondavio;
oltre al ducato, eredita anche la carica di prefetto di Roma e la signoria;
negli anni 1502-03, la signoria gli è stata sottratta da Cesare Borgia ma è stato adottato da Guidobaldo I, duca di Urbino;
1508-38, duca di Urbino;
ereditato il ducato dallo zio materno Guidobaldo I, unifica i possessi dei della Rovere con quelli dei Montefeltro;
1509
sposa Eleonora Gonzaga che gli darà il figlio Guidobaldo;



1512-38, signore di Pesaro;

 
1509
capitano delle truppe pontifice contro Venezia nella lega di Cambrai e, subito dopo, come gonfaloniere della chiesa, contro il duca di Ferrara;








Beccuti, Francesco detto il Coppetta (Perugia 1509-53) poeta italiano, di nobile famiglia;
1545, è tra i più attivi partecipanti all'Accademia perugina;
Rime (1580, raccolta postuma).

Bokelszoon, Jan o Giovanni di Leida (Leida 1509-Münster 1536) anabattista olandese;
1533, abbandonata l'Olanda si stabilisce con alcuni seguaci a Münster, divenuta centro di raccolta degli anabattisti perseguitati; morto Jan Matthys assume la guida della città, assediata da un esercito cattolico, e vi instaura la comunione dei beni e la poligamia (egli stesso sposa sedici donne);
1535, gli anabattisti sono costretti a capitolare all'assedio di luterani e cattolici: vengono torturati e giustiziati.

Calmo, Andrea (Venezia 1509/10-1571) commediografo e attore italiano;
Piacevoli et ingegnosi discorsi in più lettere compresi o Lettere (dal 1547 al 1556, in 4 libri, in dialetto veneziano)
Egloghe pastorali (1553, quattro, in dialetto veneziano)
Commedie in vari dialetti (pavano, bergamasco, veneziano, dalmata e italo-tedesco):
- La Spagnola (1549)
- Il Saltuzza (1551)
- La pozione (1552, rifacimento de La Mandragola di N. Machiavelli)
- La Florina di Ruzzante (1552, rifacimento)
- La Rodiana (1553)
- Il Travaglia (1556)
1561, si ritira a vita privata.

Cano, Melchor (Tarançon, Cuencas 1509-Toledo 1560) teologo spagnolo, domenicano
De locis theologicis (1563).

Cauvin, Jean o Giovanni Calvino (Noyon, Piccardia 1509-Ginevra 1564) riformatore religioso.

Da Ponte, Andrea (1509-85) patrizio veneziano;
[Figlio di Antonio e fratello del doge Nicolò ()]
protestate convinto, capo di un gruppo che riunisce parecchi membri della classe dirigente;
1560 ca, si rifugia a Ginevra insieme a Nicolò Paruta, l'unico politico che si è lasciato convincere alla fuga;

Dolet, Étienne (Orléans 1509-Parigi 1546, morto sul rogo) umanista ed editore francese;
Commentarii linguae latinae (1536-38)
1538, dopo essersi finora avvalso dell'opera dello stampatore lionese Gryphius, apre una stamperia per proprio conto;
L'Enfer di Clément Marot (1542, satira calvinista)
Carmina (1538)
Come tradurre bene (1540, incompleto, trattato sulla lingua francese)
Second Enfer (1544, Secondo Inferno)
De imitatione ciceroniana (1538, in polemica con Erasmo da Rotterdam)
1546, Parigi, muore sul rogo per aver diffuso testi accusati di eresia o comunque scomodi per il potere e la cultura dominante.
Cantique d'Étienne Dolet prisonnier à la Conciergerie (1546, postumo, Cantico di Etienne Dolet, prigioniero alla Conciergerie).

Este, Ippolito II d' (Ferrara 1509-Tivoli 1572) ecclesiastico italiano, secondogenito del duca Alfonso I e di Lucrezia Borgia, esponente del partito filofrancese, fu più volte candidato al soglio pontificio, ma la sua elezione fu sempre contrastata dalla Spagna e dagli "zelanti" della curia; fece costruire a Tivoli  Villa d'Este;
1519, a dieci anni, arcivescovo di Milano;
1539, cardinale;
1561-63, svolge una delicata missione diplomatica in Francia per conto della Santa Sede.

Morone, Giovanni Gerolamo (Milano, 25 gennaio 1509 – Roma, 1º dicembre 1580) ecclesiastico italiano;
[Figlio di Gerolamo Morone, gran cancelliere dell'ultimo duca di Milano.]


Telesio, Bernardino (Cosenza 1509-1588) filosofo italiano, studiò a Milano, Roma e Padova; ispiratore e direttore dell' «Accademia Cosentina» (poi «Telesiana»), fu il primo grande esponente del naturalismo rinascimentale, contro l'aristotelismo.
Il suo pensiero influenzerà G. Bruno e T. Campanella.
De terraemotibus
De mari
De cometis
De fulmine
De usu respirationis
De somnio

De natura iuxta propria principia (1565, Roma, primi due libri; 1586, Napoli, in nove libri e un proemio)
[È costretto ad adeguare in senso aristotelico la sua opera che, comunque, sarà messa all'Indice nel 1596.]
Philosophia sensibus demonstrata (1591).

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