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Ciro CIRILLO


(Napoli, 15 febbraio 1921)

politico italiano, esponente della Democrazia cristiana, appartenente alla corrente di A. Gava.


 

1940

17 maggio, data dell'ultima seduta pubblica del Senato del Regno;

II guerra mondiale
(1940-45)

1941

 

1942

 

1943


24/25 luglio
, seduta del Gran consiglio del Fascismo: "Ordine del giorno Grandi";

25 luglio 1943 - 23 maggio 1948, Ordinamento provvisorio;

25 lug-17 apr 1944, (I "governo Badoglio");

– 1943 23 set - 25 apr 1945 –
RSI (Repubblica Sociale Italiana)
[o Repubblica di Salò]

1944
22 apr-5 giu, (II "governo Badoglio");

18 giugno-12 dicembre, (II "governo Bonomi");
12 dicembre-21 giugno 1945, (III " governo Bonomi");

1945
27 aprile, B. Mussolini viene "passato per le armi" a Giulino di Mezzegra (Como);

21 giugno-10 dicembre, ("governo Parri);

22 set-2 giu 1946, Consulta nazionale;
[Organismo a carattere consultivo istituito dal (III "governo Bonomi") con decreto luogotenenziale n. 146 del 5 aprile 1945 – composta da membri designati dai partiti del Cln o da altri partiti o scelti, sempre attraverso nomina governativa, tra personalità del periodo prefascista; egli ricopre la carica di Presidente fino al termine dei lavori nel giugno 1946.
Presidente della Consulta: conte Carlo Sforza.]

10 dicembre-13 luglio 1946 (I "governo De Gasperi");

1946
2 giugno, Proclamazione della Repubblica;

22 giugno, entra in vigore la cosiddetta "amnistia Togliatti";
25 giugno-31 gennaio 1948, Assemblea costituente;

13 luglio-18 ottobre, (II "governo De Gasperi");
[I governo della Repubblica.]



1947
2 febbraio-31 maggio, (III "governo De Gasperi")

31 maggio-23 maggio 1948, (IV "governo De Gasperi");

muove i primi passi politici verso il 1947-48, all'interno della corrente "Politica sociale" di Giovanni Gronchi;

1948
18 aprile, (I Legislatura – 1948 8 mag - 24 giu 1953);


23 maggio-27 gennaio 1950 (V "governo De Gasperi");

1950
27 gennaio-26 luglio 1951, (VI "governo De Gasperi");

1951
26 luglio-16 luglio 1953 (VII "governo De Gasperi");

1952

diventa consigliere provinciale;

1953
7 giugno, (II Legislatura – 1953 25 giu - 11 giu 1958);
16 luglio-17 agosto, (VIII "governo De Gasperi");
17 agosto-18 gennaio 1954, ("governo Pella);

1954
18 gennaio-10 febbraio, (I "governo Fanfani);
10 febbraio-6 luglio 1955, ("governo Scelba);

1955
6 luglio-19 maggio 1957 (I "governo Segni");

1957
19 maggio-1° luglio 1958, ("governo Zoli");

1958
25 maggio, (III Legislatura – 1958 12 giug - 15 mag 1963);
1° luglio-15 febbraio 1959 (II "governo Fanfani");

1959
15 febbraio-25 marzo 1960, (II "governo Segni");

quando la corrente "Politica sociale" di Giovanni Gronchi si scioglie, passa con A. Gava;
alla Provincia di Napoli accumula diversi incarichi, è più volte assessore;

1960
25 marzo-26 luglio, ("governo Tambroni);
26 luglio-21 febbraio 1962, (III "governo Fanfani);

Impiegato alla Camera di Commercio, è un esponente della corrente di A. Gava [figlio di Silvio Gava], della Dc e negli anni Sessanta ricopre a lungo la carica di segretario provinciale del partito.

1961

diventa il più stretto collaboratore di A. Gava, presidente della Provincia di Napoli (1961-69);
[L'Ente Provincia, prima della nascita delle Regioni (1970), ha molti poteri e un forte ruolo istituzionale.]

È in questo periodo che si decide l'ultimo grande stabilimento delle partecipazioni statali al Sud, l'Alfa sud di Pomigliano.

1962
21 febbraio-21 giugno 1963, (IV "governo Fanfani);

1963
28 aprile, (IV Legislatura – 1963 16 mag - 4 giu 1968);
21 giugno-4 dicembre, (I "governo Leone");
4 dic-22 lug 1964, (I "governo Moro");

1964
22 luglio-23 febbraio 1966, (II "governo Moro");

1966
23 febbraio-24 giugno 1968 (III "governo Moro");

segretario provinciale della Dc (1966-69);

1968
19 maggio, (V Legislatura – 1968 5 giu-24 mag 1972);
24 giugno-12 dicembre 1968, (II "governo Leone");
12 dicembre-5 agosto 1969, (I "governo Rumor");

1969
5 agosto-27 marzo 1970, (II "governo Rumor");

A. Gava gli subentra nel ruolo di segretario provinciale della Dc mentre lui diviene presidente della Provincia di Napoli (1969-1975) subentrando al primo.

1970
27 marzo-6 agosto, (III "governo Rumor");
6 ago-17 feb 1972, ("governo Colombo");

1972
17 febbraio-26 giugno, (I "governo Andreotti");
7-8 maggio, (VI Legislatura – 1972 25 mag - 4 lug 1976);
26 giugno-7 luglio 1973 (II "governo Andreotti");

1973
7 lug-14 mar 1974, (IV "governo Rumor");

1974
14 marzo-23 novembre,  (V "governo Rumor");
23 novembre-12 febbraio 1976, (IV "governo Moro");

1975

diviene un protagonista della politica regionale;
più volte assessore, cumula diversi incarichi, tra cui quello di presidente del consorzio per la costruzione del nuovo aeroporto di Lago Patria, e di membro nel consorzio di gestione del porto di Napoli;

1976
12 febbraio-29 luglio, (V "governo Moro");
5 luglio, (VII Legislatura – 1976 lug-19 giu 1979);
29 luglio-11 marzo 1978, (III "governo Andreotti");

1978
11 marzo-20 marzo 1979, (IV "governo Andreotti");

1979
20 marzo-4 agosto, (V "governo Andreotti");
3 giugno, (VIII Legislatura – 1979 20 giu-11 lug 1983);

Presidente della Regione Campania (1979-1980), quando si chiude la politica delle grandi intese con il Pci.


7-10 giugno, prime elezioni per il Parlamento europeo;

4 agosto-4 aprile 1980, (I "governo Cossiga");

1980
4 aprile-18 ottobre, (II "governo Cossiga");

18 ottobre-28 giugno 1981 ("governo Forlani");

 

23 novembre, un terremoto provoca disastri in Campania e a Napoli;

1981

assessore regionale all'Urbanistica e all'edilizia economica e popolare nella regione Campania ma, soprattutto, è delegato a presiedere il "Comitato tecnico regionale", la struttura sorta con il compito di coordinare gli interventi pubblici di ricostruzione dopo i disastri del terremoto del 23 novembre scorso.
[Per le Br è l'uomo simbolo della ricostruzione post-terremoto, anzi il «boia della ricostruzione» come affermano nel loro primo comunicato.]

Flaminio Piccoli è segretario nazionale della Dc; capo della sua segreteria politica è A. Gava.

- Giugliano (Napoli), il sindaco Giuliano Granata, segretario particolare di Ciro Cirillo, ha rapporti stretti con Corrado Iacolare, considerato il numero 3 della Nco. I rapporti sono così stretti che Giuliano Granata lo porta con sé nel carcere di Ascoli Piceno, dove è rinchiuso il capo della Nco, come segno di sua "affidabilità" nei confronti di Raffaele Cutolo.
- Nola (Napoli), su indicazione di un fedelissimo di A. Gava, diventa sindaco l'ex vicecomandante dei carabinieri, gen. Mario De Sena, che sarà accusato di frequentare la casa del cugino del boss Carmine Alfieri.
- Acerra (Napoli), i rapporti con la camorra sono intrattenuti tra gli altri da Bruno Esposito, assessore comunale e membro del direttivo provinciale della Dc, parente di un boss della Nco, Carmine Esposito, e in stretti rapporti con Nicola Nuzzo [o carusiello], capo della camorra di questo comune.
- Ottaviano (Napoli), la Dc di A. Gava (insieme al Psdi) ha rapporti stretti con gli uomini di Raffaele Cutolo.
- S. Giuseppe Vesuviano (Napoli), la Dc di A. Gava (insieme al Psdi) ha rapporti stretti con Vincenzo Casillo, numero 2 del clan Nco, e, tramite il suo segretario particolare, con la camorra di S. Antonio Abate.

Anelli centrali nei legami con la camorra sono:
. sen. Francesco Patriarca [Ciccio a' prumessa] (Dc), del collegio di Castellammare di Stabia; sottosegretario di Stato alla Marina mercantile (1981 28 giu - 4 ago 1983);
[Il collegio che era stato di Silvio Gava e che nel 1992 sarà ceduto al trentino Flaminio Piccoli, altro protagonista della trattativa con Raffaele Cutolo.
Il senatore, uomo centrale nella corrente gavianea, sarà arrestato per associazione di stampo mafioso e camorristico. Egli ha frequentazioni con i cutoliani nel suo comune, Gragnano, ma soprattutto, ha rapporti strettissimi con Alfonso Rosanova, la mente finanziaria di Raffaele Cutolo, che opera per conto del clan verso l'agro nocerino-sarnese e verso la penisola sorrentina, dove è proprietario di alberghi e di residence, al punto da riceverlo nell'albergo dove risiede, a Roma, in piazza Montecitorio. Il boss Alfonso Rosanova intrattiene rapporti così stretti con A. Gava da poter entrare nel suo ufficio a Palazzo Chigi «esibendo un tesserino privo di fotografie che gli consentiva libero accesso anche a Montecitorio e alla sede della Dc all'EUR». Conosce benissimo Adolfo Greco, che è proprietario per conto della famiglia di Raffaele Cutolo del castello mediceo di Ottaviano e di varie società immobiliari, tanto da andarlo a prelevare durante un matrimonio per convincerlo ad accompgnare il funzionario dei servizi segreti Giorgio Criscuolo nel carcere di Ascoli Piceno, come ulteriore lasciapassare verso Raffaele Cutolo per ottenerne l'interessamento alla liberazione di Ciro Cirillo. Addirittura il senatore riceve nel suo ufficio a Roma il numero 2 della Nco, Vincenzo Casillo, e gli consente di fare delle telefonate, facendo arrabbiare A. Gava quando lo viene a sapere.
Ma il senatore ha rapporti anche con l'altro clan, e quando Pasquale Galasso, in difficoltà con una banca, si rivolge a lui, immediatamente telefona e raccomanda uno degli uomini più spietati della camorra, che si è autoaccusato di ben 22 delitti.]
. dep. Raffaele Russo, segretario provinciale della Dc, deputato e poi sottosegretario di Stato alle Poste,
[Indicato da F. Patriarca [Ciccio a' prumessa] come l'organizzatore della colletta tra gli imprenditori per pagare il riscatto di C. Cirillo alle Br, ha rapporti sia con Alfonso Rosanova (Nco) sia con Carmine Alfieri (NF). Egli è al centro – secondo le dichiarazioni del figlio di Alfonso Rosanova – di un grosso affare con il padre che sta per costargli la vita. Si tratta dell'acquisto del complesso turistico "Il Giardino romantico" di Massa Lubrense (Napoli), nella penisola sorrentina, da parte di due cordate, una capeggiate da Alfonso Rosanova e l'altra dalla società Zambia (dietro cui si nascondono gli interessi economici di A. Gava e dello stesso R. Russo).
Successivamente il boss Alfonso Rosanova si incontra con R. Russo a casa di F. Patriarca [Ciccio a' prumessa] per trattare l'acquisto delle quote in possesso della società Zambia. Il parlamentare però «giocava sempre al rialzo», perciò Alfonso Rosanova pensa seriamente di ucciderlo. Solo l'intervento di F. Patriarca distoglie il boss dal mettere in atto questo proposito.
Di queste vicende parlerà anche Armando De Rosa, ex assessore regionale della Campania, finito in galera per tangenti e altro, fedelissimo "pentito" di A. Gava. Anche Pasquale Galasso e F. Patriarca confermeranno l'episodio.
Ci sarà un asta – come ricorderà l'ex sen. F. Patriarca [Ciccio a' prumessa] – per la vendita del complesso e sarà vinta al 50% da una società i cui interessi sono curati da R. Russo e il restante 50% da Alfonso Rosanova.
Un rapporto di affari tra R. Russo, A. Gava e Carmine Alfieri – come racconterà Ferdinando Cesarano, uno dei collaboratori più stretti di Carmine Alfieri, al futuro pentito Pasquale Galasso – riguarda l'appalto per il depuratore della foce del Sarno. In pratica R. Russo, in nome proprio di A. Gava gestisce politicamente l'appalto percependo una sostanziale tangente.
Contro R. Russo giocheranno anche due lettere rinvenute in casa di Luigi Limelli, capoclan della camorra di Torre Annunziata.]
. dep. Alfredo Vito.
[Il più votato della Dc con la preferenza unica. È legato a S. Antonio Abate con il sindaco D'Antuono, più volte chiamato in causa per rapporti con la camorra cutoliana, e al tempo stesso incontra più volte Pasquale Galasso e Carmine Alfieri.
Il sindaco D'Antuono, rieletto nelle elezioni del 6-20 giugno 1993, sarà rimosso tre mesi dopo dal prefetto di Napoli.]
La peculiarità dei tre è di non limitare i rapporti a una sola banda, così da diventare bersaglio della vendetta della banda avversaria, ma di comportarsi in modo "equilibrato" nel favorire l'una o l'altra a seconda delle circostanze e delle richieste.
Per il sen. Vincenzo Meo, altro luogotenente di A. Gava, dominatore della zona nolana, sarà richiesta in Parlamento l'autorizzazione e procedere per rapporti con la camorra di Carmine Alfieri.
[2003, sarà assolto in Appello dall’accusa di concorso in abuso d’ufficio (assieme all'ex sindaco di Nola ed ex vicecomandante generale dei carabinieri, Mario De Sena, pure assolto).
Ambedue sono accusati di aver favorito l’organizzazione mafiosa facente capo al boss Carmine Alfieri, attualmente collaboratore di giustizia.
La Corte assolverà anche l’ex capo dell’ufficio tecnico comunale di Nola Giuseppe De Falco e l’imprenditore Giorgio Tuccillo.]

Insomma i rapporti con la camorra funzionano in questo modo:
- a livello di consiglieri e assessori comunali, il rapporto è stretto con il clan che domina in quel comune;
- a livello superiore (consiglieri regionali, deputati, sottosegretari, ministri) il rapporto è equidistante, è «a disposizione» di tutti i clan.]

27 aprile,
Torre del Greco, ore 21:45, nel proprio garage di casa di via Cimaglia, viene sequestrato da un commando di cinque appartenenti alle Brigate rosse capeggiati da Giovanni Senzani.
[Durante il conflitto a fuoco restano uccisi l'agente di scorta mar.llo di P.S. Luigi Carbone e l'autista Mario Cancello, mentre viene gambizzato il suo segretario Ciro Fiorillo.
Il suo sequestro, durato 89 giorni, sarà al centro di durissime polemiche: a differenza del "sequestro Moro", infatti, la Dc opterà per la trattativa con i terroristi.
La vicenda del suo sequestro sarà riportata nel romanzo Il camorrista di Giuseppe Marrazzo, al quale sarà ispirato il film omonimo di Giuseppe Tornatore. Nella pellicola l'episodio sarà in parte modificato (lo stesso nome dell'assessore sarà storpiato in Mesillo).]

28 aprile,
ore 00:15, la rivendicazione del sequestro arriva a «Il Secolo XIX» di Genova: sono state le Brigate rosse;

ad appena 16 ore dal sequestro, si presenta nel carcere di Ascoli Piceno, per parlare con Raffaele Cutolo, un esponente del SISDE, Giorgio Criscuolo, in compagnia di un esponente della Nco (Nuova camorra organizzata).
[Giorgio Criscuolo: originario di Castellammare di Stabia, è amico d'infanzia di F. Patriarca [Ciccio a' prumessa]. La sua famiglia e quella di A. Gava sono in rapporti strettissimi. È dunque un agente dei servizi segreti legato ad A. Gava e alla sua corrente, al punto che si presenta nel carcere con la falsa identità di Luigi Acanfora, che è il cognato di A. Gava.]

Il colloquio si svolge nella stanza del direttore del carcere, Cosimo Giordano, che è in ferie. Prima del colloquio, il dott. Cotilli, che sostituisce Cosimo Giordano, telefona a Roma, alla direzione nazionale degli istituti di pena presso il Ministero di Grazia e Giustizia, per chiedere conferma dell'autorizzazione del colloquio. Sul registro delle visite vengono segnati i nomi dei visitatori, ma successivamente saranno cancellati o ne saranno soprapposti altri meno compromettenti. Il colloquio dura alcune ore e si chiude con l'impegno di rivedersi. I servizi segreti chiedono ufficialmente a Raffaele Cutolo di collaborare per la liberazione del sequestrato. Raffaele Cutolo prende tempo, non si fida e soprattutto vuole sapere a nome e per conto di chi gli si chiede di intervenire.
[Agli incontri successivi parteciperanno Giuliano Granata, segretario particolare del sequestrato e sindaco democristiano di Giugliano, e il boss Vincenzo Casillo ['o nirone].
Sui partecipanti ai primi colloqui i rappresentanti del SISDE forniranno per lungo tempo versioni contraddittorie e continueranno a farlo fino al primo processo che si terrà nel 1989.]

Dalla data del sequestro la trattativa tra Dc, servizi segreti e camorra si svolge in tre tappe, dove sono protagonisti rispettivamente:
1 - il SISDE (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica);
2 - il SISMI (Servizio Informazioni e Sicurezza Militare), dopo il 10 maggio;
[L'intervento del tutto anomalo del SISMI – come dimostrerà negli anni successivi la Commissione d'inchiesta sulle deviazioni dei servizi segreti presieduta dall'on. Gualtieri – è giustificato dal fatto che lo stesso avrebbe nelle mani una pista sicura per arrivare al covo e alla liberazione del sequestrato.
In pratica gli agenti del SISMI non hanno invece nessuna pista e continuano a battere la strada del rapporto con la camorra cutoliana per avviare una trattativa con i brigatisti. Contattano infatti l'avv. Gangemi, difensore di Raffaele Cutolo, e lo vanno a prendere con un aereo a Reggio Calabria per portarlo in carcere ad Ascoli Piceno. E a contattarlo con una telefonata è Pasquale Mollica, un funzionario della direzione nazionale della Dc. Gli agenti del SISMI, in particolare Adalberto Titta, che tiene le fila delle trattative dopo il il 10 maggio, continuano a portare nel carcere altri camoristi cutolinai e si fanno anche loro accompagnare da Giuliano Granata.]

3 - Francesco Pazienza e la sezione speciale dei servizi segreti su sollecitazione di Flaminio Piccoli, segretario nazionale della Dc.

Nella trattativa con la Camorra – come si saprà in seguito dalle rivelazioni del pentito Pasquale Galasso – vengono attivati due canali che portano:
a) - in carcere a Raffaele Cutolo, capo della Nco (Nuova camorra organizzata);
b) - nella zona nolana a Carmine Alfieri, capo della Nuova famiglia.
[La corrente Dc di A. Gava intrattiene quindi rapporti di dimestichezza, di frequentazione e di affari con l'insieme dei due clan che in questi anni insanguinano con centinaia di morti all'anno le strade della Campana.
L'esistenza di tali rapporti sarà ampiamente descritta sia nella sentenza di rinvio a giudizio del giudice Carlo Alemi sia in numerose inchieste dei carabinieri, della polizia e della magistratura, nonché della richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di A. Gava per rapporti con la camorra.

Intanto il detenuto Luigi Bosso è trasferito nel carcere di Palmi da dove la "brigata" delle Br trasmette a Giovanni Senzani il via libera alla trattativa e avanza le proposte richieste. Anche la "brigata" di Nuoro, guidata da Franceschini e Ognibene, contattata dal camorrista Pasquale D'Amico, appositamente trasferito in quel carcere, dopo qualche tentennamento fa sapere di non essere contraria a porre condizioni per il rilascio.

15 maggio, prima di avviare la trattativa la camorra manda un segnale pubblico ai brigatisti: sulle pagine de «Il Mattino» di Napoli viene pubblicata una lettera aperta alle Br di Pasquale D'Amico, il quale invita i brigatisti a liberare il sequestrato e a lasciare Napoli, altrimenti, fa capire, ci sarà scontro duro con la camorra.
[Subito dopo Raffaele Cutolo smentisce pubblicamente le dichiarazioni di Pasquale D'Amico. Chiocchi, uno dei capi delle Br napoletane, capisce che dietro questo avvertimento di Pasquale D'Amico e quesa smentita di Raffaele Cutolo ci sono i servizi segreti e la Dc.
(Si scoprirà poi in seguito che Pasquale D'Amico non ha mai scritto la lettera, ma lo ha fatto lo stesso Raffaele Cutolo.)
In questi giorni viene fatta anche una pressione insolita su Raffaele Cutolo per costringerlo a trattare per conto della Dc. Ingenti forze dell'ordine pattugliano per giorni e giorni le strade di Napoli come mai si era visto prima. I traffici illegali vengono bloccati. Raffaele Cutolo capisce l'antifona. Comincia seriamente a collaborare e la pressione dellle forze dell'ordine viene allentata.
A luglio riprenderanno gli ammazzamenti per le strade. Se ne conteranno 39 rispetto ai 3 di maggio.]

L'obiettivo del suo rapimento non è affatto il pagamento di un riscatto.
[Mai le Br lo hanno finora fatto; questo obiettivo emergerà successivamente e non su proposta delle Br, come sarà ampiamente documentato.]
Gli obiettivi principali della "campagna Cirillo" sono altri: fare un processo alle scelte della Dc sulla ricostruzione del dopo-terremoto e pretendere contropartite "sociali" per la liberazione del sequestato.
Le Br decidono di cambiare l'obiettivo che si erano prefisse, accettando di contrattare un riscatto solo quando sono certe che dal riscatto possono ottenere un clamoroso risultato politico, quello di "compromettere" la Dc nei suoi vertici napoletani e nazionali.
[Dunque Raffaele Cutolo, le Br e i servizi segreti deviati sono disposti a intrecciare rapporti e trattative solo perché convinti dai fatti che a tenere le fila sono i vertici della Dc napoletana e nazionale.]

maggio, alla fine del mese il Parlamento approva la legge 219 per la ricostruzione del dopo-terremoto, in cui si prevede la costruzione di 13.000 case a Napoli e 7000 fuori Napoli.
[Se non ci fosse stato il "sequestro Cirillo", le richieste delle Br e le pressioni di settori della Dc, sicuramente la più grande occasione della ridefinizione urbanistica della città avrebbe visto decisioni più coraggiose e radicali. Anche questo aspetto della vicenda va messo nel conto delle decisioni politiche condizionate dal sequestro.]

28 giugno-23 agosto 1982, (I "governo Spadolini");

24 luglio, Napoli, all'alba viene rilasciato, 89 giorni dopo il sequestro, in un palazzo abbandonato in via Stadera di Poggioreale, mentre Giovanni Senzani emette il comunicato delle Br in cui si vanta di aver «espropriato» 1 miliardo e mezzo alla Dc (ne aveva chiesti inizialmente 3).
[Il giorno prima le Br hanno comunicato la liberazione perché era stato pagato un riscatto di 1,450 Mdi di lire. Il pagamento del riscatto era avvenuto a Roma il 21 luglio sul tram per Centocelle a Roma ed era stato portato dal giornalista Zambelli, uomo di fiducia della famiglia del rapito che ha fatto da tramite con i sequestratori, nonché un amico della famiglia proprietaria di una Tv privata napoletana che poi sarà inglobata da Mediaset.
Il pagamento del riscatto sarà per quasi un anno negato sdegnosamente da Flaminio Piccoli, da A. Gava, dalla Dc e dai familiari del rapito nonostante tale circostanza sia stata resa pubblica dalle Br già nel comunicato successivo al rilascio. Quando, nel febbraio 1982, i figli dell'assessore saranno costretti ad ammetteere la circostanza, giustificheranno il loro silenzio con il fatto che le Br glielo hanno imposto minacciando rappresaglie qualora venisse diffusa la notizia. Circostanza del tutto falsa, smentita dai brigatisti in numerose testimonianze, smentita da Zambelli (che ha tenuto i contatti con Giovanni Senzani) ma soprattutto smentita dai fatti.
Chi ha pagato?
A. Gava è l'organizzatore in prima persona della colletta per la liberazione.
L'on. R. Russo di Piano di Sorrento è colui che raccoglie i versamenti; la raccolta viene fatta anche fuori Napoli e se ne occupa Flaminio Piccoli.
Sono coinvolti:
- imprenditori edili (alcuni dei quali saranno i principali beneficiari degli appalti del dopo-terremoto),
[Di sicuro paga l'ing. Giuseppe Savarese, titolare di un albergo a Seiano. Pure Carlo Rinaldi, amm.re del. della metropolitana napoeltana]
- uomini ai vertici di società pubbliche (Michele Principe, piduista confesso, presidente della STET, avrebbe pagato tramite la consociata SEAT, che raccoglie pubblicità per le Pagine Gialle; anche – secondo il deputato radicale Massimo Teodori – con soldi provenienti da un contratto pubblicitario sui telefoni, ottenuto grazie ai buoni uffici di Michele Principe, da un'emittente televisiva napoletana vicina al gruppo dell'on. A. Gava), di banche (Pasquale Acampora ex vicepresidente del Banco di Napoli), di società per la costruzione di infrastrutture pubbliche (Rolandi),
[Hanno pagato: Moccia (300 Mni di lire), Nando Rocco, Albino Bacci, Bruno Brancaccio, Italo Della Morte, ecc. Secondo Pasquale Acampora la colletta avrebbe fruttato 2 Mdi di lire ma qualche centinaio di milioni scompare, non finisce alle Br… molto probabilmente sono i 400 Mni di lire anticipati dai familiari del rapito e restituiti alla famiglia, su richiesta della stessa, in un secondo tempo.
Tutti uomini che hanno grande dimestichezza con le tangenti.
Tutto il sistema economico pubblico-privato che ruota attorno ad A. Gava è coinvolto e si mobilita per la colletta.
Si parlerà però di una raccolta di 4-5 Mdi di lire per il riscatto!
Il capo camorra non avrebbe infatti mai accettato di ricevere una cifra inferiore a quella data alle Br. Potrebbero quindi essere stati avviati più canali per la raccolta di questa cifra, o due distinte collette, una per le Br e l'altra per Raffaele Cutolo.]

La sua liberazione è avvenuta tramite intrecci mai del tutto chiariti, che hanno visto probabilmente anche la mediazione di Francesco Pazienza, faccendiere legato ai servizi segreti, e Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata: per questa vicenda l'ordinanza del giudice Carlo Alemi nel 1988 chiamerà in causa anche A. Gava.
[Vent'anni dopo il suo sequestro, egli concederà un'intervista al giornalista Giuseppe D'Avanzo in cui affermerà d'aver scritto la sua verità sulla sua vicenda e di averla depositata presso il suo notaio con la volontà di volerla rendere nota solo dopo la sua morte cosa poi sentita in un intervista a «Il Mattino» di Napoli; inoltre, dirà che una volta tornato in libertà il suo partito gli ha chiesto di farsi da parte e di ritirarsi dalla politica, cosa che egli ha fatto seppur a malincuore.]


Una volta liberato raggiunge a fatica la strada, dove incontra due autopattuglie della polizia stradale, comandate dall'appuntato Vincenzo De Chiara. Questi subito lo riconosce, lo fa salire su una delle macchine, avverte via radio il proprio comandante il quale gli dice di portarlo in questura.
[Ma percorsi appena 150 metri vengono accerchiati e bloccati da quattro pantere della questura. Da una di queste scende il dott. Biagio Ciliberti, figlio di un consigliere provinciale della Dc devoto di A. Gava, che invita perentoriamente la pattuglia della polstrada a consegnargli l'assessore: per ordini superiori deve essere accompagnato non in questura, ma a casa sua, a Torre del Greco. Il dott. Biagio Ciliberti è responsabile della squadra antiscippi e non di quella antisequestri.
La questura ha dato disposizioni precise: «In caso di rilascio in vita dell'ostaggio, informare tempestivamente il sostituto procuratore di turno e il magistrato dott. Libero Mancuso».
Dovrebbero essere i magistrati dunque a vederlo per primi proprio per consentire loro di poterlo interrogare immediatamente.
ore 07:45, i due magistrati si recano alla casa dell'assessore ma vengono informati che è in preda a uno shock e non è in grado di rendere dichiarazioni.
Ai magistrati sarà «concesso» interrogarlo solo 48 ore dopo il rilascio.
Il questore di Napoli è Pasquale Colombo, fratello dell'ex ministro Emilio Colombo (Dc). Prima dei magistrati (prima, cioè, delle 07:45) a casa dell'assessore era già arrivato A. Gava. Più tardi arriva anche Flaminio Piccoli.]

12 agosto, su «Oggi» (settimanale non sospetto di antipatia verso la Dc) si legge:
«È stata la camorra a salvare Ciro Cirillo. Don Raffaele Cutolo, boss della malavita napoletana, ha fatto da intermediario con i terroristi cui sono stati versati 3 miliardi di lire».

novembre, il Comitato regionale del Pci chiede la riapertura del caso.


1982
gennaio, viene arrestato Giovanni Senzani che conferma il pagamento del riscatto;

Antonio Bassolino, segretario regionale del Pci, chiede alla Dc conto del riscatto pagato, quando nei mesi precedenti era stato smentito qualsiasi pagamento;

16 marzo, «l'Unità» pubblica in prima pagina la notizia che per la sua liberazione sono stati coinvolti i vertici dei servizi segreti e il capo della camorra Raffaele Cutolo.
[Nei giorni successivi seguono altri articoli che spiegano i particolari degli incontri e indicano in V. Scotti e il sen. F. Patriarca [Ciccio a' prumessa] (Dc), i protagonisti della trattativa.
Le notizie provocano un terremoto nella vita politica italiana, ma il documento da cui sono attinte (consegnato da un personaggio ambiguo legato ai servizi, Luigi Rotondi, alla giornalista del «l'Unità» Marina Maresca, sua convinvente) si dimostra falso.
In seguito si dimostrerà che il documento è sì un falso nella intestazione (Mininter, inesistente come vera sigla del Ministero degli Interni) e in alcuni particolari (il pagamento in oro del riscatto, l'indicazione di alcune banche) ma contiene vicende e circostazne che saranno poi accertate per vere.
Sullo sfondo del "falso documento" pubblicato da «l'Unità» si inserisce il "caso del prof. Aldo Semerari", insigne psichiatra, prelevato dall'Hotel Vesuvio a Napoli e ritrovato a Ottaviano con la testa mozzata in una macchina nei pressi del castello mediceo comprato da Raffaele Cutolo. Prima di essere fatto a pezzi, il criminologo è stato costretto a scrivere una lettera in cui si attribuisce la paternità del "falso documento" di cui sopra.]

V. Scotti querela «l'Unità», e Giorgio Napolitano, capogruppo del Pci, il partito di cui «l'Unità» è l'organo ufficiale, chiede scusa in Parlamento alle persone chiamate in causa e alla Dc.

28 aprile, Napoli, le Br ammazzano Raffaele Delcogliano, assessore regionale alla formazione professionale, e il suo autista Aldo Iermano.

15 luglio, ore 16:30, quattro brigatisti della colonna napoletana delle Br uccidono sotto casa sua, in piazza Nicola Amore, Antonio Ammaturo, capo della squadra mobile di Napoli, e il suo autista, Pasquale Paola;
[Antonio Ammaturo, nato a Contrada (Avellino) 11 luglio 1925.
Dopo essersi laureato in legge, vince un concorso per entrare nella magistratura italiana, ma tuttavia i suoi interessi sono orientati alla Polizia di Stato.
1955, entra come funzionario alla Polizia di Stato.
Dopo aver frequentato la Scuola superiore di polizia viene assegnato alla questura di Bolzano ed in seguito ad Avellino dove arresta l'assassino di un carabiniere, a Benevento, e a Potenza, ove si distingue nelle operazioni di contrasto al racket della prostituzione.
1973, nello stesso anno viene promosso tre volte raggiungendo il grado di primo dirigente della squadra mobile, venendo poi promosso vice questore e vice questore aggiunto e trasferito a Frosinone e poi a Napoli, in commissariati: Vomero, Fuorigrotta, Torre del Greco, Capri, Torre Annunziata.
Presta poi servizio presso il commissariato di Giugliano in Campania (per dieci anni, quindi conosce bene Giuliano Granata), ma con l'arresto del boss della camorra cittadina Alfredo Maisto viene trasferito in Calabria.
(Dietro questo trasferimento – egli ne è sicuro – ci sono le pressioni di C. Cirillo, Giuliano Granata e addirittura del presidnete della Repubblica Giovanni Leone. È tempo di elezioni e «la sua presenza non garantiva la vittoria della Dc». Inoltre – sempre a suo dire – C. Cirillo e Giuliano Granata sono intervenuti per impedirgli di inquisire il capocamorra locale Alfredo Maisto.
A Gioia Tauro arresta 6 latitanti in una sola notte. A Siderno sequestra un grosso carico di sigarette nascosto in un cimitero. Il suo impegno e le sue doti vengono premiate.
Ad Ottaviano (Napoli) ha il coraggio di violare la casa e il castello del boss della camorra Raffaele Cutolo – primo poliziotto in assoluto a farlo – il quale lo accusa, oltre che di «mancato rispetto» alla sua casa e alla sua famiglia, di avere passato informazioni al giornalista Sergio De Gregorio per un libro sulla camorra, da cui il capo della Nco (Nuova camorra organizzata) non è uscito bene.
Arresta quindi Roberto Cutolo, il figlio del boss, e alla lettera intimidatoria invitagli dal padre, egli risponde attraverso la stampa: «È un buffone».
Raffaele Cutolo è quindi infuriato contro di lui e – secondo il pentito Giovanni Pandico – lo avrebbe fatto uccidere dalla colonna napoletana delle Br. Ma al giudice Carlo Alemi il boss dirà infuriato:
«Non ho fatto alle Br il nome di Ammaturo perché venisse ucciso. Non escludo che mi avrebbe fatto piacere ammazzarlo, ma lo avrei fatto direttamente io perché era una vendetta personale.
Mi chiede se il dottor Ammaturo stesse facendo indagini personali sul sequestro Cirillo. E che ne so? Anche se non escludo che l'operazione di polizia a casa mia avesse come scopo di acquisire elementi per colpire più in alto e cioè colpire quelli che avevano trattato con me per Cirillo
».

Le Br, che vogliono colpire il «cuore» dello Stato, con l'assassinio di Antonio Ammaturo ritardano di alcuni anni la verità su questo torbido intreccio di interessi che, nel cuore dello Stato, ha consentito la trattativa per C. Cirillo.]

[Pochi giorni prima della sua uccisione Antonio Ammaturo aveva detto per telefono al fratelllo Grazio Ammaturo: «Ho concluso, sono cose grosse, tremerà Napoli, ho spedito tutto al ministero. Stai attento che ti ho spedito una copia per posta. Mi raccomando, estrema riservatezza su quanto leggerai».
Questa lettera Grazio Ammaturo non la riceverà mai…
Anche la vedova, Ermelina Lombardi, confermerà di un'indagine riservata curata dal marito: «Se fosse riuscito a portarla a compimento sarebbero venuti fuori fatti così grossi che a Napoli ci sarebbe stata un'eclisse».
La sorella Filomena Ammaturo confermerà la delicatezza dell'indagine cui si stava dedicando.
Il commissario Salvatore Pera, suo collaboratore, confermerà: «Quindici giorni dopo il sequestro, Ammaturo mi disse di aver saputo da persone bene informate che per il rilascio di Cirillo si erano interessati personalmente Corrado Iacolare ed il sindaco di Giugliano, Granata. Aggiunse inoltre che della questione si erano interessati Gava ed altri esponenti della Dc».
Dopo il suo assassinio ci sono grandi feste nelle carceri di Novara, dove sono rinchiusi diversi capi della Nco e lo stesso Roberto Cutolo.
Raffaele Cutolo]

Vengono portate a termine due azioni contro caserme dell'esercito, a S. Maria Capua Vetere e a Salerno, dove perdono la vita un soldato di leva, Antonio Palumbo, e due agenti della polizia, Antonio Bandiera e Mario De Marco.

11 agosto, Napoli, i carabinieri confermano che uno sconosciuto, per conto dell'unione carcerati, ha avvertito il quotidiano «Nuova Sqardegna» che sul treno espresso Olbia-Cagliari è stato collocato un pacco esplosivo;
[Effettivamente viene ritrovata una borsa con 11 candelotti di dinamite.]

23 agosto-1° dicembre, (II "governo Spadolini");
1° dicembre-4 agosto 1983, (V "governo Fanfani);

1983
29 gennaio, ore 09:30, Primavalle, a quattro passi da una sede del SISMI, la Golf di Vincenzo Casillo salta in aria: lui trova la morte e Mario Cuomo, l'altro camorrista che l'accompagnava, perde le gambe;
[A casa dell'ucciso, il camorrista che sa di più sull' "affare Cirillo", resta la sua convivente… che sarà ammazzata poche settimane dopo.
Da più parti è avanzato il sospetto che il personaggio chiave delle trattative sia stato eliminato dai servizi segreti. Ma il pentito Pasquale Galasso, strettamente legato al boss Carmine Alfieri, dichiarerà che:
- durante il sequestro del Cirillo, egli fu contattato da Raffaele Boccia che, a nome di Antonio Gava, gli chiese che lui e Carmine Alfieri intervenissero per liberare Cirillo;
- l'Alfieri, cui egli aveva comunicato la richiesta del Gava, preferì rimanere estraneo alla faccenda, non intendendo farsi strumentalizzare dai politici;
- dopo il diniego dell'Alfieri, egli era venuto a sapere che della 'questione Cirillo' si era interessato Raffaele Cutolo;
- la successiva liberazione del Cirillo aveva generato in lui e nell'Alfieri, ben consapevole che essa era avvenuta per l'intervento del Cutolo, il timore che quest'ultimo avesse rafforzato il proprio sodalizio con l'on. Gava, e che da ciò potesse derivare la scarcerazione del Cutolo per interessamento dei politici;
- i Gava (padre e figlio) erano notoriamente legati al vecchio Alfonso Rosanova, a sua volta 'padre spirituale' del Cutolo e che era stato la vera mente della liberazione di Cirillo, sicché il Rosanova costituiva, nell'ottica di Alfieri e Galasso, il punto di saldatura tra i Gava e Cutolo;
- dopo la liberazione del Cirillo, Cutolo aveva incominciato a ricattare i Gava, pretendendo il rispetto dei patti e minacciando di far scoppiare, con rivelazioni e documenti, uno scandalo che avrebbe travolto gli apparati istituzionali che con lui avevano tramato per la liberazione dell'ostaggio;
- pertanto, i Gava, sentendosi minacciati dal Cutolo, si erano rivolti ed avevano stretto alleanza con l'unica persona in grado – avendolo già dimostrato – di contrastare efficacemente il Cutolo, e cioè Carmine Alfieri;
- l'Alfireri e lo stesso Galasso – cui nel frattempo i cutolinai avevano ucciso i fratelli – erano autonomi portatori di un fortissimo movente di vendetta, ed avevano già deciso di eliminare lo stato maggiore cutoliano e cioè Casillo, Puca e Di Maio, latitanti e localizzzati in Roma dal Galasso;
- l'Alfieri, contro le aspirazioni del Galasso (che avrebbe voluto 'sparargli in bocca' personalmente per vendicare il fratello, dal Casillo personalmente ucciso), aveva deciso di eliminare il Casillo con un attentato stragista per far capire al Cutolo che era finito, che non contava più nulla, e che dunque doveva tacere sul caso Cirillo; e per dimostrare a tutti di essere diventato il nuovo 'referente' dei Gava e degli altri politici a lui legati;
- della alleanza tra il Gava e l'Alfieri egli aveva avuto piena conferma negli anni successivi, verificando personalmente gli strettissimi rapporti intercorrenti tra gli Alfieri (Carmine e suo cugino Francesco) con i massimi esponenti gavianei della zona vesuviana e nolana;
- il Cutolo, recepito il messaggio insito nell'omicidio del Casillo, cercò di trarne profitto facendo circolare, nelle carceri e fuori, la falsa voce di essere stato l'autore in accordo con i servizi segreti;
- la morte del Casillo e la sconfitta del Cutolo avevano determinato l'ascesa di Carmine Alfieri che, ormai incontrastato, era diventato rapidamente il punto di riferimento in Campania sia delle organizzazioni criminali, che del ceto imprenditoriale e politico locale
».

In sintesi, da queste rivelazioni emerge che:
1 - l'uccisione di Vincenzo Casillo è stato un piacere fatto da Carmine Alfieri ad A. Gava per sottrarlo ai ricatti di Raffaele Cutolo e per proporsi come nuovo referente dei gavianei;
2 - questa azione fu necessitata dal ruolo e dal prestigio fortissimi ottenuti da Raffaele Cutolo nel favorire la liberazione dell'assessore. In questa ottica Carmine Alfieri capisce bene come l' "affare Cirillo" abbia cambiato i rapporti di forza con il clan avversario;
3 - Raffaele Cutolo capisce il messaggio insito nell'attentato («Gava è passato con l'Alfieri») e tenta dunque di accreditare la tesi che ad ammazzarlo sia stato lui in combutta con i servizi segreti (e dimostrare così di avere ancora un rapporto privilegiato con corpi dello Stato alle dipednenze della Dc di A. Gava);
4 - da ora in poi Carmine Alfieri, diventato il capo camorra più pericoloso e ricco – un patrimonio accertato di 1500 Mdi di lire –, è stato latitante per più di dieci anni nel suo paese, e scagionato da efferati delitti grazie agli stretti rapporti con alcuni magistrati e poliziotti.
La Dc di A. Gava si mostra in grado dunque, grazie al suo apporto, di determinare gli equilibri tra i clan di camorra in lotta.]

26 giugno, (IX Legislatura – 1983 12 lug-1 lug 1987);
4 agosto-1° agosto 1986, (I "governo Craxi");

1984

17 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;

Intanto il lavoro del giudice istruttore Carlo Alemi è faticoso e "contrastato"
Contrastato innanzitutto dai suoi stessi superiori.
Ci sono aspri contrasti – come racconterà il giudice Libero Mancuso, che come pubblico ministero lavora all'inchiesta assieme al giudice Carlo Alemi fino al suo trasferimento a Bologna (dove poi dirigerà le indagini sulla strage alla stazione di Bologna incontrando di nuovo sulla sua strada i servizi segreti deviati) – con il capo della procura Francesco Cedrangolo, il quale fa loro capire che è assurdo ricercare le tracce di una presenza dei servizi segreti e della camorra nella vicenda.
Francesco Cedrangolo invece è a conoscenza, perché informato fin dall'inizio – come confermerà Vincenzo Parisi – dei contatti del SISDE in carcere con Raffaele Cutolo.
I contrasti continuano anche in seguito con il nuovo pubblico ministero, Armando Cono Lancuba
potente capo dell'Ufficio denunce della procura di Napoli, guidata dai procuratori Francesco Cedrangolo e Alfredo Sant'Elia – che contesta in tutti i modi il coinvolgimento nell'inchiesta di alcuni uomini della Dc: "se" c'era stato un interessamento da parte dei politici, si era "mantenuto nei limiti del lecito e del possibile";
Armando Cono Lancuba finirà in galera con l'accusa di aver "aggiustato" alcuni processi a carico di Carmine Alfieri e di aver acquistato uno studio professionale assieme all'avv. Bargi, ex senatore Dc, difensore nel "processo Cirillo" di V. Scotti.
Anche l'avv. Bargi finirà in galera con l'accusa di essere legato al capocamorra Carmine Alfieri.
Armando Cono Lancuba sarà ritenuto anche l'ispiratore della campagna di stampa del maggiore quotidiano di Napoli, «Il Mattino», contro il giudice Carlo Alemi, campagna che assumerà toni da crociata dopo l'emissione della sentenza di rinvio a giudizio, costringendo il giudice Carlo Alemi a querelare il direttore Pasquale Nonno.

 

1985
7 gennaio, il giudice istruttore Carlo Alemi scrive alla Presidenza del Consiglio dei ministri chiedendo copia dle rapporto che il presidente del "Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti", on. Libero Gualtieri, aveva redatto e che conteneva anche il giudizio sul comportamento dei servizi nel "caso Cirillo".
[Dopo otto mesi dalla richiesta, non avendo avuto alcuna risposta, Carlo Alemi riscriverà chiedendo anche riscontro sul ricevimento della prima richiesta.
Dalla presidenza risponderanno di non aver ricevuto alcuna richiesta.
Il giudice Carlo Alemi darà quindi incarico alla Digos di Napoli di fare una verifica.]

10 marzo, Bellizzi Irpino (Avellino), Salvatore Imperatrice, uno dei guardaspalle di Vincenzo Casillo, muore impiccato in carcere.
[Qualche mese prima aveva chiesto di essere sentito dal procuratore della Repubblica di S. Maria Capua Vetere per «rivelare tutto quanto può servire alle indagini in corso», anche perché temeva «di essere ammazzato per quanto è a sua conoscenza».
Sicuramente egli sapeva dell'incontro che Vincenzo Casillo ebbe al ristorante "La Conchiglia" con alcuni capi della Dc.
Che il suicidio sia sospetto lo confermerà Lettieri, un altro guardaspalle di Vincenzo Casillo, nella sua testimonianza al giudice Carlo Alemi.
]

In questo contesto vanno pure considerate le strane morti di:

. prof. Aldo Semerari che ha portato con sé il segreto del falso documento de «l'Unità»;
. gen. Santovito, capo del SISMI e iscritto alla P2;
. Adalberto Titta, morto di infarto, collaboratore del gen. Santovito;
. Luigi Bosso, morto di infarto a 42 anni;
[È il delinquente politicizzato che ha fatto da tramite tra Raffaele Cutolo e le Br. Muore dopo un anno di faticosissimi trasferimenti da un carcere all'altro. Cambia ben nove carceri nel giro di poco tempo e viene colpito da infarto a Volterra, dopo un ultimo improvviso trasferimento. Poco prima di morire, parlando con il mar.llo Angelo Incandela, fa capire, dopo aver parlato del ruolo avuto da A. Gava e da F. Piccoli nella trattativa, di avere nascosto dei documenti scottanti.]
. Auriemma, camorrista, viene colpito da cinque colpi di pistola alla pancia (si salva perché la pistola del killer si inceppa), dopo che al processo ha confermato di aver detto al giornalista Silvestro Montanaro degli accordi con Raffaele Cutolo per la spartizione degli appalti della ricostruzione post-terremoto;
. avv. Enrico Madonna, viene ammazzato dopo aver dichiarato ad un giornalista l'intenzione di parlare.

Molte prove scompaiono, molti testimoni muoiono ma non tutti fanno una brutta fine, anzi.
Poche settimane dopo il rlascio dell'assessore:
. F. Patriarca diventa sottosegretario di Stato alla Marina mercantile;
. R. Russo, qualche tempo dopo, diventa sottosegretario di Stato;
. il commissarrio Ciro Del Duca viene candidato dalla Dc nelle elezioni regionali nel 1990 e diventa poi responsabile di una USL napoletana;
. Ciliberti riceve un incarico prestigioso al Ministero degli Interni per poi diventare questore a Potenza prima e di Trieste in seguito;
. il vicedirettore del SISDE diventa capo della polizia;
. A. Gava addirittura diventa ministro dell'Interno.

1986
1° agosto-17 aprile 1987 (II "governo Craxi");

Durante l'istruttoria, molti documenti spariscono…:
1986, il giudice istruttore Carlo Alemi chiede copia della vasta corrispondenza che Raffaele Cutolo aveva intrattenuto dal carcere di Ascoli Piceno con l'esterno durante il sequestro, ma riceve dalla Sicurpena di Roma – a cui tale corrispondenza veniva fotocopiata e inviata – solo una ventina di brevi messaggi relativi al periodo marzo-settembre 1981, di cui solo due collegati alla trattativa.
Di tutte le altre lettere, telegrammi e cartelline non si trova traccia.

- Spariscono anche quattro cartoline inviate a Raffaele Cutolo durante il sequestro e custodite nella sua casa di Ottaviano. La prima porta l'intestazione «Ministero dei Trasporti, il sottosegretario di Stato». La seconda l'intestazione «Camera dei Deputati. Segretario Generale». Le altre due la dicitura «Camera dei Deputati».
A rilevarlo è il giornalista Sergio De Gregorio che aveva partecipato al blitz della polizia diretto dal vicequestore Ciro Del Duca, in un articolo sul periodico «La Voce». Sergio De Gregorio riferisce che fu lo stesso Ciro Del Duca a fargli vedere i biglietti e che poi gli fu intimato dal questore Walter Locchi Scotti di non divulgare la notizia.

- Spariscono i nastri sui quali erano registrati i colloqui che Vincenzo Casillo ebbe con varie persone (tra cui alcuni esponenti di primo piano della Dc).

- Vengono distrutte dal procuratore della repubblica di Salerno le telefonate intercettate dalla polizia a Raffaele Cutolo nel covo ad Albanella durante la sua latitanza dopo l'evasione dal manicomio giudiziario di Aversa. Le telefonate sono antecedenti al sequestro, ma possono dare un quadro veritiero dei rapporti di Raffaele Cutolo con molti esponenti della Dc, che a suo dire gli telefonavano anche nella latitanza per chiedere voti.

- Scompare dal commissariato di Torre del Greco il fascicolo relativo alla cosiddetta Lolita, che il giudice Carlo Alemi aveva chiesto di consultare per un presunto coinvolgimento di C. Cirillo in questa vicenda di violenza sessuale.

- Il giudice Carlo Alemi chiede ai carabinieri di rintracciare il ristorante "La Conchiglia" di Roma dove, secondo alcuni pentiti, si sarebbe svolta una parte della trattativa tra Vincenzo Casillo e i vertici della Dc. Ma i carabinieri rispondono che è «inesistente».

- Sparisce il rapporto che Antonio Ammaturo aveva detto di aver mandato al Ministero degli Interni e la copia destinata al fratello Grazio Ammaturo.

- Spariscono le prove delle numerosissime visite in carcere a Raffaele Cutolo.
Qui l'imperizia degli agenti del SISDE, del SISMI e delle guardie carcerarie è tale che comunque si troveranno le prove della contraffazione del registro delle visite.

- Vengono manomesse le registrazioni delle telefonate tra il giornalista Zambelli e i terrorisiti delle Br che contenevano le indicazioni sui nomi dei partecipanti alla raccolta dei soldi per il riscatto.
A manometterli sono i figli di C. Cirillo, che tengono i nastri nascosti per cinque anni.

Infine l'opera di depistaggio e di scomparsa delel prove ccollabroano anche le Br.
Ciro Cirillo è stato sottoposto a un lungo interrogatorio, registrato dai suoi sequestatori. Parte di questo "processo" è stata diffusa per le strade di Napoli con altoparlanti, parte è stata pubblicata dal settimanale «Napoli Oggi» e dal «Quotidiano dei Lavoratori».
Ma una parte non sarà mai pubblicata e lo stesso giudice Carlo Alemi non riuscirà ad appurarne il motivo. Dovrebbe contenere – almeno secondo quanto riferiranno Chiocchi e Senzani (il carceriere di C. Cirillo e il capo delle Br napoletane) – particolari sul ruol della Dc dal dopoguerra in poi a Napoli.]

Ed ora le persone:
. Planzio, uno dei sequestratori che si trova nel carcere di Paliano (Frosinonoe), dopo aver collaborato con il giudice istruttore Carlo Alemi, improvvisamente cambia atteggiamento; in una lettera a Flaminio Piccoli afferma – lui che aveva rivelato che a C. Cirillo i capi Br avevano consigliato un lungo viaggio dopo il rilascio, dati i particolari compromettenti per la Dc che aveva confessati – che «la Dc non aveva fatto nessun compromesso» e che tutto si era svolto in un «contatto diretto ed esclusivo tra i brigatisti e i familiari di Cirillo».
E Flaminio Piccoli in una intervista sbandiererà la lettera ricevuta, per dire che erano proprio i rappresentanti delle Br a scagionare la Dc.
1985, 11 febbraio, a suor Teresa Barillà, che si reca spesso nel carcere di Paliano, viene recapitta una lettera firmata da Planzio e Pasquale Aprea (altro carceriere di C. Cirillo) nella quale c'è scritto:
«Carissima suor Teresa, ti inviamo uno scritto indirizzato alle varie articolazioni della Dc, nella quale, come d'accordo, chiariamo la nostra posizione rispetto agli attacchi subiti dalla Dc nella vicenda Cirillo.
Come potrai vedere la cosa che più ci preme mettere in risalto – oltre alla chiarezza sul contenuto delle nostre dichiarazioni – è l'esigenza di 'riconciliazione' con questo partito che più di tutti gli altri è stato oggetto dell'attacco terroristico […]
In ogni caso speriamo vivamene che la Dc voglia difendere la nostra posizione attuale così da non trovarci completamente scoperti di fronte a tutti. Tu sai a che cosa vogliamo riferirci…
».

. Chiocchi, altro carceriere di C. Cirillo, anche lui partecipa alla campagna di riduzione del "caso Cirillo" a una volgare azione estorsiva delle Br, nei confronti della sua famiglia. A lui non risulterebbero perfino la partecipazione dei servizi segreti, contro le stesse ammissioni fatte dagli uomini del SISDE e del SISMI.

Lo stesso anno Nicola Nuzzo, camorrista, altro protagonista della trattativa tra Acerra ed Ascoli Piceno, viene ammazzato a colpi di spranga in una clinica di Roma.

1987
17 aprile-28 luglio, (VI "governo Fanfani);
14 giugno, (X Legislatura – 1987 2 lug-22 apr 1992);
28 luglio-13 aprile 1988, ("governo Goria");

 

1988
13 aprile-22 luglio 1989, ("governo De Mita");

A. Gava (Dc) è nominato ministro dell'Interno (1988 13 apr - 16 ott 1990)
[È il capo riconosciuto della corrente democristiana più forte e influente, di quella corrente dorotea che ha avuto un ruolo determinante nell'ascesa di C. De Mita alla segreteria nazionale della Dc e alla presidenza del Consiglio dei ministri.]

Come sia stato possibile che un uomo da tempo chiacchierato come A. Gava sia diventato ministro degli Interni è uno dei misteri della storia politica degli anni Ottanta!

28 luglio, dopo sette anni di faticoso e "contrastato" lavoro sul "caso Cirillo", il giudice istruttore Carlo Alemi deposita la sua ordinanza di rinvio a giudizio di A. Gava.
[Vedi A. Gava.]



1989
primavera, dopo 8 anni dal "sequestro Cirillo" si svolge il processo;
[Il Pm Barbarano che deve sostenere l'accusa sulla base dell'istruttoria del giudice Carlo Alemi, si comporta platealmente da pubblico difensore dei politici e degli apparati dello Stato coinvolti. Secondo il Pm tutto si è svolto normalmente. Una vicenda così normale e regolare che il Parlamento ha dovuto occuparsene in varie sedute:
1982, 23 marzo, 2 aprile, 5 luglio,
1983, 22 febbraio,
1984, 13 febbraio, con la "relazione Gualtieri" sui servizi segreti,
1985, 29 gennaio,
1989, attraverso l'istituzione di una nuova commissione d'indagine.
Il Pm che segue nel processo la scia del difensore di V. Scotti, l'avv. Bargi (diventato poi senatore della Dc) conferma alla fine che non riesce a spiegarsi tutto questo interesse del Parlamento in quanto «la vicenda non è torbida né intricata, ed è invece piana e di facile soluzione, tutto si è svolto nel rispetto delle leggi e dei regolamenti».
Via via le notizie del processo scompaiono dalle prime pagine, sono relegate in trafiletti nelle pagine interne. Anche il comportamento della stampa in questo periodo fa dunque parte del "caso Cirillo". Il processo viene sapientemente addormentato.
A. GavaFlaminio Piccoli vegono sentiti come testimoni, nonostante siano chiamati in causa in numerosi episodi da diversi testimoni e pentiti.
V. Scotti e il sen. F. Patriarca [Ciccio a' prumessa] vengono sentiti solo perché parte lesa (hanno sporto denuncia per diffamazione contro «l'Unità» per il falso documento pubblicato).
Vengono a testimoniare Vincenzo Parisi e Giorgio Criscuolo, dicendo cose diverse e dando degli stessi episodi versioni opposte, ma non vengono neanche messi a confronto.
Stessa cosa succede con due rappresentanti del SISMI che avevano fornito versioni opposte.
Arriverà la sentenza e sarà paradossale. In sostanza si dichiarerà «l'impossibilità ad accertare la verità» di fronte a silenzi, reticenze, contraddizioni di funzionari dello Stato, versioni opposte degli stessi fatti, palesemente inattendibili.
Dopo la chiusura del processo Raffaele Cutolo riceverà in carcere un biglietto con una foto di A. Gava tagliata dall' «Espresso» con sopra scritto: «Tu sei intelligente, non accusare Don Antonio, pensa a tua moglie».]

 

18 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;

22 luglio-12 aprile 1991, (VI "governo Andreotti");

1991
12 aprile-28 giugno 1992, (VII "governo Andreotti");

1992
4 aprile, (XI Legislatura – 1992 23 apr-14 apr 1994);
28 giugno-28 aprile 1993, (I "governo Amato");

1993
28 aprile-10 maggio 1994, ("governo Ciampi");

23 giugno, "sequestro Cirillo" si apre il processo d'appello; dopo cinque anni dal processo di 1° grado tante cose sono cambiate.
[Si è rotta l'omertà che ha circondato il caso politico-criminale più scottante degli ultimi anni.
Il pentito Pasquale Galasso ha messo sotto accusa i vertici della Dc napoletana e in particolare ha descritto i rapporti intercorsi tra A. Gava e tutti i suoi luogotenenti con la camorra; ha inoltre dimostrato il peso assunto dall' "affare Cirillo" nel determinare gli equilibri tra i diversi clan della camorra.
Il sen. F. Patriarca [Ciccio a' prumessa], che aveva sempre negato una trattativa e un riscatto per C. Cirillo, comincia a parlare R. Russo l'organizzatore della colletta tra gli mprenditori.
Anche Raffaele Cutolo annuncia che vuole finalmente parlare. Lo fa tramite una lettera inviata a una giornalista di Belluno, in cui anticipa che al processo rivelerà «inquietanti retroscena del sequestro». In un'altra lettera, inviata al suo avvocato di fiducia, Raffaele Cutolo chiede «un rinnovo completo del dibattmento» e la testimonianza in aula dell'allora capo del governo, del ministro dell'Interno, del ministro di Grazia e Giustizia, «giacché sapevano tutto della trattativa Cirillo».
Insomma, la vigilia del processo d'appello è carica di aspettative e di clamorose rivelazioni.
Un altro episodio rende il clima ancora più incandescente: si diffonde la voce che a Raffaele Cutolo, dopo la notizia della sua intenzione a dire tutto ciò che sa sul "caso Cirillo", hanno fatto visita in carcere a Belluno agenti dei servizi segreti. L'on. Antonio Bassolino del Pds presenta una interrogazione a proposito.
Ma al posto delle clamorose rivelazioni Raffaele Cutolo continua il gioco fatto negli anni precedenti: annunci e smentite, mezze verità, allusioni furbesche a fatti che sa e che non vuole rivelare. Chiama in causa F. Piccoli e Arnaldo Forlani, ma scagiona A. Gava e la sua corrente. Rivela che i servizi segreti gli avevano fatto leggere in carcere gli interrogatori di C. Cirillo da parte Br sulla tangentopoli napoletana degli anni Sessanta-Settanta, ma aggiunge che la copia l'ha bruciata.
Il processo d'appello sembra dunque incamminarsi sulla strada di quello precedente.
Ma alla fine si chiude con una novità sorprendente.
Il Pm Giandomenico Lepore, nella sua arringa finale, smonta il ragionamento del Pm del processo di primo grado e afferma che è stata la Dc a trattare per la liberazione di C. Cirillo. Una verità acclarata ma che non aveva mai trovato una sanzione giudiziaria.]

1994
27 marzo, (XII Legislatura – 1994 15 aprile-8 mag 1996);

marzo, il pm Armando Cono Lancuba, che da tre anni ha lasciato Castel Capuano ed è procuratore capo a Melfi, viene arrestato su ordine dei magistrati di Salerno per associazione a delinquere di stampo mafioso e calunnia.

aprile, il cronista di «Repubblica» Pietro Melati mette insieme alcune dichiarazioni del giudice Carlo Alemi sulle vicende giudiziarie più controverse degli ultimi anni.
[Il titolo dell'articolo è "Cirillo e De Martino due casi da riaprire" – il riferimento è al rapimento di Guido De Martino, figlio di Francesco De Martino, ex segretario del Psi –, preceduto da una testatina "Affari e misteri" e chiuso da un sommario: "Armando Cono Lancuba, uno dei due magistrati napoletani messi sotto inchiesta fu pm in entrambe le inchieste. Con quali risultati? Risponde Carlo Alemi, giudice istruttore per il rapimento dell'esponente dc".]


10 maggio-17 gennaio 1995, (I "governo Berlusconi");
12 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;

1995
17 gennaio-17 maggio 1996, ("governo Dini");

23 marzo, per l'articolo ritenuto diffamatorio Armando Cono Lancuba, assistito dagli avvocati Gabriele Pafundi e Raffaele De Bonis, presenta al tribunale di Roma una richiesta di risarcimento danni di 500 Mni di lire contro il giudice Carlo Alemi, il giornalista Pietro Melati e il direttore di «Repubblica» Eugenio Scalfari.
[1996, 31 gennaio, Armando Cono Lancuba viene rinviato a giudizio, sei mesi dopo inizia il processo davanti alla terza sezione penale del tribunale di Salerno (presidente Giovanni Pentagallo, giudici a latere Dionigio Verasani e Attilio Orio);
2000, 19 luglio, viene condannato a otto anni di carcere per associazione camorristica, corruzione e calunnia;
l'ex procuratore di Melfi non si rassegna, ritiene ingiusta la sentenza, annuncia che presenterà appello;
2001, 9 gennaio, muore.
19 gennaio, vengono depositate le 537 pagine di motivazione (ma i quotidiani partenopei ignorano il lavoro dei giudici salernitani)
In secondo grado ricorrono gli eredi, la moglie e i tre figli, chiedendo di riaprire l'istruttoria dibattimentale, ma la corte d'appello di Salerno emette una sentenza di "improcedibilità per estinzione del reato per morte del reo".]


1996
21 aprile, (XIII Legislatura – 1996 9 mag-29 mag 2001);
[Sistema proporzionale.]
17 maggio-21 ottobre 1998 (I "governo Prodi");

1998
21 ottobre-22 dicembre 1999 (I "governo D'Alema");

1999
13 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;

22 dicembre-25 aprile 2000, (II "governo D'Alema");

2000
25 aprile-11 giugno 2001, (II "governo Amato");

2001
13 maggio, (XIV Legislatura – 2001 30 mag-27 apr 2006);
[Sistema proporzionale.]
11 giugno-23 aprile 2005, (II "governo Berlusconi");

2004
[Torniamo alla citazione contro il giudice Carlo Alemi, difeso dagli avvocati Achille Janes Carratù e Lucio Nicolais, e contro il giornalista Pietro Melati e il direttore di «Repubblica» Eugenio Scalfari, assistiti dagli avvocati Vittorio Ripa di Meana e Carlo Molaioli, presentata nel 1995 da Armando Cono Lancuba e poi ripresa dagli eredi, la moglie Rita Negri e i figli Ginevra, Giuseppe e Renato.]

8 gennaio, il giudice Maurizio Fausti della quinta sezione civile del tribunale di Roma deposita la sentenza, che però contiene diverse imprecisioni;
[È sbagliata la data dell'articolo di «Repubblica» oggetto della citazione; si scrive di "collisioni", ma è del tutto evidente che si pensa a "collusioni"; si parla della "procura di Melfi" in riferimento al "caso Cirillo", ma Armando Cono Lancuba è andato alla procura lucana dieci anni dopo il rapimento dell'assessore.
In ogni caso, al di là delle inesattezze, dalla sentenza emerge con chiarezza perché secondo il giudice "non risulta l'illeceità dell'articolo censurato".
"Il quotidiano 'La Repubblica' - scrive il giudice Maurizio Fausti - all'epoca dei fatti (inchiesta avviata nell'ottobre '93 dalla Procura Generale di Salerno sulle collisioni tra il clan camorristico ed esponenti della politica e della magistratura) dedicando ampio spazio ai fatti in esame, divulgava una serie di articoli volti ad informare i lettori sugli sviluppi dell'inchiesta salernitana. Ciò stante, nella fattispecie, risulta che il giornalista Melati non ha fatto altro che sintetizzare i sospetti e i malumori che l'Alemi (dall'ottobre '98 presidente del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ndr) - senza rilasciare un'intervista allo stesso giornalista - aveva già reso di dominio pubblico tanto da provocare l'intervento di esponenti politici e del massimo organo della magistratura italiana.
Nella specie di causa, risulta che il giornalista Melati con l'articolo in esame si è limitato a esercitare il proprio diritto di informare la collettività sui fatti di incontestato rilievo e, per ciò, prive di contenuto diffamatorio in quanto nella sostanza rispondente al vero
".
"Conseguentemente, - continua il giudice Maurizio Fausti - risulta l'inesistenza del carattere chiaramente offensivo dell'onore e della reputazione del 'de cuius' Lancuba nell'articolo giornalistico in questione, in quanto, nel caso di specie, ricorrono
le condizioni che giustificano il diritto di cronaca anche se lede l'altrui reputazione e cioè, la verità della notizia pubblicata, il pubblico interesse alla conoscenza dei fatti narrati ed il rispetto dei limiti dell'obiettività e serenità dell'esposizione".
Perciò il giudice Maurizio Fausti
rigetta la richiesta della moglie e dei figli di Armando Cono Lancuba "siccome infondata in fatto e in diritto e, comunque, non provata; e per l'effetto, dichiara insussistente nella presente causa la dedotta diffamazione, trattandosi di legittimo esercizio del diritto di cronaca.
Le spese di lite sono equamente compensate tra le parti
".
Vicenda quindi definitivamente chiusa? No, perché i familiari di Armando Cono Lancuba hanno già annunciato che presenteranno appello.
Rielaborazione per esigenze del sito, da www.iustitia.it, 5 aprile 2004, Anno XII n. 12.]

12-13 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;

2005
23 aprile–17 maggio 2006, (III "governo Berlusconi");

2006
9-10 aprile, (XV Legislatura – 2006 28 apr-28 apr 2008);
17 maggio-8 maggio 2008, (II "governo Prodi");

2008
13-14 aprile, (XVI Legislatura – 2008 29 apr-14 mar 2013);
8 maggio-16 novembre 2011, (IV "governo Berlusconi");

2009
6-7 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;

2011
16 novembre-27 aprile 2013 ("governo Monti");

2012
-

2013
24-25 febbraio, (XVII Legislatura – 2013 25 feb-…);
28 aprile-21 febbraio 2014, ("governo Letta");

2014
22 febbraio, ("governo Renzi");
25 maggio, elezioni per il Parlamento europeo;

 

Fonti
- Altre

 

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