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Mariano RUMOR

(Vicenza, 16 giugno 1915 – Vicenza, 22 gennaio 1990)

uomo politico italiano esponente della Democrazia cristiana;
[14º e 17º Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana.]

[Figlio di Giuseppe e di Tina Nardi, una famiglia profondamente cattolica;
nipote di Giacomo;
nato di sinistra, si sposta poi a destra fino a diventare la bandiera dorotea.]

[È il primo uomo politico veneto che è riuscito a insediarsi per 5 volte a Palazzo Chigi, fatta eccezione per Luigi Luzzatti, veneziano, presidente del Consiglio nel 1910 ["governo Luzzatti"], e l'unico veneto di rilievo (tralasciando la breve parentesi del veronese Guido Gonella) che è stato segretario nazionale della Dc.
- Gianni Giolo, Mariano Rumor, La carriera di un veneto al potere, con introduzione di Percy Allum, TETI/Città del Sole, 1982.]

laureato in lettere, insegnante;

Frequenta le scuole elementari del Patronato Leone XIII e il Liceo ginnasio Antonio Pigafetta di Vicenza.

1938
3 novembre, consegue la laurea in Lettere presso l'Università di Padova con una tesi su Giuseppe Giacosa;

1939

marzo, (XXX Legislatura – (1939 23 mar - 2 ago 1943 - I della Camera dei fasci e delle corporazioni)
[Nei quattro anni di durata della legislatura i membri, compresi i sostituti, sono complessivamente 949.]

1940

17 maggio, data dell'ultima seduta pubblica del Senato del Regno;

II guerra mondiale
(1940-45)

1941
presta servizio militare (1941-43) come allievo ufficiale, poi come sottotenente di artiglieria a Mantova, Sabaudia, L'Aquila e Cecina;

 

1942

 

1943


24/25 luglio
, seduta del Gran consiglio del Fascismo: "Ordine del giorno Grandi";

 

25 luglio 1943 - 23 maggio 1948, Ordinamento provvisorio;

25 lug-17 apr 1944, (I "governo Badoglio");

– 1943 23 set - 25 apr 1945 –
RSI (Repubblica Sociale Italiana)
[o Repubblica di Saḷ]

 


8 settembre, dopo l'Armistizio di Cassibile, entra a far parte della Dc e del movimento di Resistenza, rappresentando il suo partito a livello regionale nel comitato di liberazione.

 

 

1944
22 apr-5 giu, (II "governo Badoglio");

18 giugno-12 dicembre, (II "governo Bonomi");

12 dicembre-21 giugno 1945, (III " governo Bonomi");

1945
27 aprile, B. Mussolini viene "passato per le armi" a Giulino di Mezzegra (Como);

21 giugno-10 dicembre, ("governo Parri);

22 set-2 giu 1946, Consulta nazionale;
[Organismo a carattere consultivo istituito dal (III "governo Bonomi") con decreto luogotenenziale n. 146 del 5 aprile 1945 – composta da membri designati dai partiti del Cln o da altri partiti o scelti, sempre attraverso nomina governativa, tra personalità del periodo prefascista; egli ricopre la carica di Presidente fino al termine dei lavori nel giugno 1946.
Presidente della Consulta: conte Carlo Sforza.]

nel dopoguerra si impegna nel radicamento della Dc vicentina, diventando uno dei leader di spicco del partito nel Veneto;
vicesegretario provinciale della Dc vicentina e fondatore, nella sua città, della sezione delle ACLI assieme a mons. Vicenzo Borsato;
è presidente del SIDAS (Segretariato per l'azione sociale) dell'Azione Cattolica;
è presidente onorario della Coldiretti;
[Egli può quindi usufruire dell'appoggio incondizionato e contemporaneo delle tre fortissime categorie, mentre gli altri deputati sono espressione delle singole (per es. Michelangelo Dall'Armellina delle ACLI, Fina e Giuseppe Balasso della Coldiretti, Uberto Breganze dell'Azione Cattolica ecc..]

10 dicembre-13 luglio 1946 (I "governo De Gasperi");
[A. De Gasperi (Dc) provvede subito a eliminare i prefetti e i questori nominati dal CLN all'atto della liberazione, reintregrando la burocrazia centrale. Così l'epurazione dei fascisti viene di fatto chiusa, con soddisfazione dei moderati.
Palmiro Togliatti (Pci), in qualità di Ministro della Giustizia, attua una vasta amnistia per i reati politici che ridà la libertà a numerosi ex fascisti.]

1946
10 febbraio, Vicenza, mentre è ancora un semplice professore di lettere al Liceo Classico "Pigafetta", il periodico vicentino «Il Momento» [in seguito «Il Momento Vicentino»], diretto da Gerolamo Gasparella, ospita il suo primo articolo;
[È un invito rivolto ai reduci e ai partigiani ad entrare nelle liste Dc per collaborare alla ricostruzione.]

marzo-aprile, si svolgono le elezioni amministrative, che rinnovano gli organismi municipali e provinciali;
[I risultati nazionali mettono in luce che le sinistre hanno le loro roccaforti nell'Italia centrale e nell'Italia nord-occidentale (il triangolo industriale), mentre nell'Italia nord-orientale domina la Dc.]

Elezioni amministrative
[Vicenza, 17 marzo 1946
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 39.285]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
16.572
42,2
17
        
. conte Giustino Valmarana
17.964
 
. Giorgio Pototschnig
 
. Mariano Rumor
17.208
 
. Guglielmo Cappelletti
 
. Giusto Geremia
 
. Uberto Breganze
 
. Antonio Rodighiero
 
. Fioralpino Chiodi
 
ecc.
 
Pli
[Partito liberale italiano]
3.119
7,9
-
   
. Renato Tretti    
. Umberto Dalle Mole    
. Girolamo Tomba    
ecc.    
Psiup
[Partito socialista italiano di unità proletaria]
12.933
32,9
13
        
. Luigi Faccio
13.384
 
. Mario Segala    
. Tiziano Morando    
. Giuseppe Pozza    
. Marcello De Maria    
. Giuseppe Faggionato    
. Emilio Zucccato    
. Antonio Lievore    
ecc.    
Pci     
5.686
14,5
6
     
. Carlo Segato
 
. Isidoro Marchioro    
. Iacopo Cibele    
. Nilo Griso    
. Emilio Lievore    
ecc.    
P. d'Az.
975
2,5
1
. Pino Ronzani
 
Totali
39.285
100,00
   
 

17 marzo, queste elezioni costituiscono il primo e unico successo delle sinistre a Vicenza.
In un'intervista il sindaco socialista uscente, Luigi Faccio, esulta: «Abbiamo la maggioranza. Siamo in 19, gli altri sono in 17» ma si dichiara disponibile ad un accordo con la Dc.
Il Pci preme perché il Psi non si allei con la Dc e propone una giunta a quattro fra comunisti, socialisti, democristiani e liberali, un piccolo CLN insomma.
La Dc invece vorrebbe amministrare la città con il Psi (17+13) e cacciare il Pci alla opposizione. Ma i socialisti non ci stanno.
2 aprile, la seduta vede i due blocchi contrapposti: ottengono lo stesso numero di voti Luigi Faccio (Psi) e Guglielmo Cappelletti (Dc) mentre un indipendente e l'azionista votano scheda bianca.
5 aprile, seduta decisiva: i due battitori liberi si schierano con le sinistre e il sindaco socialista Luigi Faccio viene eletto con 21 voti, mentre la Dc sostiene compatta Guglielmo Cappelletti.
Nasce così la prima e ultima giunta vicentina che vede accanto:
- Dc, con 5 assessori,
- Pci con 2 assessori,
- Psi, con il sindaco e un assessore supplente.



7 aprile
, Vicenza, nel salone di Palazzo Zilieri si svolge il 1° congresso provinciale della Dc vicentina;
[Relatore è il conte Giustino Valmarana che parla a favore della repubblica.
Il thienese Peguri invece dichiara che il partito deve votare per la monarchia «perché i regimi repubblicani hanno aperto il fianco alla tirannia».
Il prof. Piola di Bassano, rappresentante della corrente agnostica, sostiene che il partito deve lasciar liberi gli elettori di votare come vogliono.
Fra i repubblicani spiccano i nomi dell'avv. Bortolo Galletto di Vicenza, del cav. Fiorenzo Cimenti di Thiene, di Giuseppe Acerbi di Valdagno.
Fra i monarchici si fa notare l'avv. Uberto Breganze.
Fra gli incerti Michelangelo Dall'Armellina che chiede che il popolo venga istruito sulla questione.
Alla conclusione ogni delegato comunica il numero di voti ottenuto dalle tre correnti nelle singole sezioni. Si contano così:
- 9110 voti per la repubblica,
- 1807 voti per la monarchia,
- 248 voti per l'agnosticismo del partito.
Dei delegati al congresso nazionale 12 sono repubblicani, 3 monarchici, 1 agnostico.]

 

elezione dei deputati per l'Assemblea Costituente;
[Fra i candidati troviamo:
- PADOVA
. Giuseppe Bettiol,
. Luigi Carraro,
. Luigi Gui, insegnante di scuola media;
- VERONA:
. Guido Gonella;
- VICENZA:
. Guglielmo Cappelletti,
. Nicolò Cengherle,
. Fiorenzo Cimenti,
. Giusto Geremia,
. Achille Marzarotto,
. Aldina Quattrin,
. Mariano Rumor,
[Si presenta agli elettori con il seguente curriculum: «[…] professore di letteratura italiana e latina al liceo classico "A. Pigafetta" di Vicenza, pubblicista. Da 15 anni dirigente delle organizzazioni giovanili di Azione Cattolica, attualmente presidente provinciale e delegato regionale delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI). Membro dell'esecutivo provinciale della Dc dall'epoca cospirativa, redattore de «Il Momento» clandestino (per cui venne ricercato) e collaboratore dell'attuale».]
. E. Tosato,
. Giustino Valmarana.]

2 giugno, Proclamazione della Repubblica;
[Si tengono le elezioni per la Costituente in concomitanza col referendum per la scelta istituzionale.]

Elezioni politiche
[Vicenza, 2 giugno 1946
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 42.288]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
18.667
44,2
        
     
     
     
     
     
     
     
     
     
Pri   
670
1,6
-
   
     
     
     
     
Psiup
[Partito socialista italiano di unità proletaria]   
13.305
31,5
-
   
     
     
     
     
Pci     
4.903
11,6
     
 
 
     
     
     
     
     
P. d'Az.
868
2,0
 
 
UDN
2.032
4,8
        
     
     
     
     
     
     
     
     
     
UQ
1.843
4,3
 
 
Totali
42.288
100,00
   
 

Risultati elettorali a Vicenza:
- 189.437 voti alla Dc,
- 74.474 voti al Psi,
- 25.051 voti al Pci,
- ecc.
Risultano eletti: Mariano Rumor, E. Tosato, Giustino Valmarana, Guglielmo Cappelletti.]




25 giugno-31 gennaio 1948, Assemblea costituente;

13 luglio-28 gennaio 1947, (II "governo De Gasperi);
[I governo della Repubblica.]

11 agosto, Vicenza, ha luogo il 2° congresso provinciale della Dc vicentina;
[La relazione politica è svolta da lui medesimo che si distingue – come nota «Il Momento» per la sua «oratoria chiara e brillante». Il giovane irruente attacca i liberali in quanto «anticlericali» e i comunisti «che potrebbero avere una funzione importante nella vita politica, purché rinunciassero ad essere rotti ad ogni spregiudicatezza».
Nel comitato provinciale vengono eletti:
. Rino Borin di Bassano,
. Giuseppe Zampieri di Vicenza,
. Giusto Geremia di Poiana,
. Fioralpino Chiodi di Vicenza,
. Igino Fanton di Vicenza,
. Silvano De Lai di Vicenza,
. Michelangelo Dall'Armellina di Noventa Vicentina.]

7 settembre, «Il Momento» cambia nome e direttore. Diventa «Il Momento Vicentino» diretto da Giorgio Clara;

1947
2 febbraio-31 maggio, (III "governo De Gasperi)

19 aprile, Vicenza, si svolge il 1° congresso unitario della Camera del Lavoro per la nomina dei delegati al congresso nazionale della CGIL.
[Rappresentanti della corrente sindacale cristiana sono:
. Carlo Gramola, Mariano Rumor, Rita De Zen, Giuseppe Marta, Amerigo Celli, Giovanni Bortolan.
Egli pronuncia un discorso in cui ripete i concetti già espressi nel congresso provinciale della Dc sostenendo l'apoliticità del sindacato che deve curarsi solo degli interessi dei lavoratori («salviamo l'unità strappandola alle forze politiche») e lamentando l'inflazione degli scioperi «che causano l'indebolimento di un'arma così preziosa».]


31 maggio-23 maggio 1948, (IV "governo De Gasperi);

giugno, su «Cronache sociali» Giuseppe Dossetti scrive che uno spostamento a destra significa «un rinnegamento della sostanza storica dell nuova democrazia italiana».

13 settembre, Vicenza, ha luogo il 3° congresso provinciale della Dc vicentina;
[Come delegati al congresso nazionale che si svolgerà a Napoli a novembre, vengono eletti:
. Giorgio Oliva,
. Bortolo Galletto,
. Carlo Gramola,
. Giuseppe Acerbi,
. Mario Raimondo,
. Giovanni Bettiati,
. Leo Graziani,
. Aldo Campagnolo,
. Giuseppe Baice,
. Silvano De Lai,
. Lorenzo Volpato.]

ottobre, «Il Momento Vicentino» scatena una battaglia contro l'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) chiedendo il suo scioglimento perché «non rappresenta più lo spirito e gli interessi dei partigiani cristiani, ma è l'espressione di una particolare corrente».
[Nello stesso mese il periodico passa a due pagine e cambia direttore nella figura di Michele Peroni, legato a Mariano Rumor cui dà largo spazio.
In un comizio tenuto ad Asiago (Vicenza), ineggiante all'alleanza con l'America, egli così si esprime: «Dalla Russia avremo soltanto violenze, forche, persecuzioni, dittature e non già grano, carbone e petrolio».
E rivolto ai comunisti: «Noi al governo non vi vogliamo più perché troppo amara è stata l'esperienza e troppo deleteria la vostra falsa collaborazione durante il tripartito».]

novembre, Napoli, al congresso nazionale della Dc, la sua figura passa del tutto inosservata;

[4° congresso?]

1948
7 febbraio, Vicenza, ha luogo il 5° congresso provinciale della Dc vicentina;
[La relazione è tenuta dal segretario provinciale Giuseppe Zampieri. Fra gli interventi si segnalano quelli di:
. Mariano Rumor, che sostiene la validità della collaborazione fra Dc e ACLI;
. Silvano De Lai, ex comandante della "Brigata Silvia" C.V.L., che mette a fuoco il problema dei contadini;
. Carlo Gramola, che parla dei rapporti fra Dc e confederazione del lavoro;
. Riccardo Vicari, che invita il partito all'unità e alla saldezza.
Nel nuovo comitato provinciale entrano:
. Giuseppe Zampieri,
. Fioralpino Chiodi,
. ? Martelletto,
. avv. Giovanni Giuliari,
. Giorgio Oliva,
. Igino Fanton,
. Giuseppe Acerbi,
. Riccardo Vicari ,
. Silvano De Lai.]

3 aprile, Monte Berico (Vicenza), 100.000 aclisti si incontrano con Alcide De Gasperi che viene da lui salutato a nome di tutti loro;

18 aprile, eletto deputato (I Legislatura – 1948 8 mag - 24 giu 1953) per la Dc nella circoscrizione VERONA;
[A Vicenza la vittoria democristiana è travolgente, lo stesso sindaco Giuseppe Zampieri e il segretario provinciale Fioralpino Chiodi non se l'aspettavano.]

Elezioni politiche
[Vicenza, 18 aprile 1948
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 47.293]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
26.277
55,6
       
     
     
     
     
     
     
     
     
US
[Unità Socialista]
6.644
14,0
       
     
     
     
     
     
     
     
     
Pri
[Partito repubblicano italiano]
512
1,1
       
     
     
     
     
     
     
     
     
BN
[Blocco Nazionale]
1.414
3,0
       
     
     
     
     
     
     
     
     
FDP   
[Fronte Democratico Popolare]
10.303
21,8
       
     
     
     
     
     
Pnma
[Partito nazionale monarchico a?]
271
0,6
       
Msi
[Movimento sociale italiano]
1.378
2,9
       
BPU
173
0,4
       
PDIP
119
0,2
       
ANCD
89
0,2
       
RPI
88
0,2
       
PEI
25
-
       
Totali
47.293
100,00
       

Della Dc vengono eletti:
- 8 deputati:
. Mariano Rumor,
. Fiorenzo Cimenti,
. Achille Marzotto,
. Francesco Moro,
. E. Tosato,
. Romano Tommasi,
. ?,
. ?
- 3 senatori:
. Guido Corbellini,
. Giustino Valmarana,
. Bortolo Galletto
.]


 

 

23 maggio-14 gennaio 1950 (V "governo De Gasperi);

nonostante la sua giovane età, si mette subito in vista come uno dei leader di spicco della Dc e, in particolare, della corrente dossettiana di "Cronache sociali";
[Giuseppe Dossetti, A. Fanfani, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati e Giuseppe Glisenti.]

15 settembre, Roma, presiede in Laterano il congresso straordinario delle ACLI.
Alla presenza del ministro del Lavoro A. Fanfani, del vicesegretario della Dc P.E. Taviani e di numerosi sottosegretari, viene fondata la nuova organizzazione sindacale cristiana denominata LCGIL (Libera confederazione generale italiana dei lavoratori), in seguito CISL.

1949
aprile, Vicenza, nella casa di S. Raffaele a Monte Berico avviene un convegno di aggiornamento dei quadri dirigenti Dc vicentini;

maggio, Vicenza, si svolge il 6° congresso provinciale della Dc vicentina;
[Alla fine viene nominato il nuovo comitato provinciale:
. Fioralpino Chiodi,
. Igino Fanton,
. Uberto Breganze,
. avv. Giovanni Giuliari,
. Rino Borin,
. Elia Girardi,
. Giuseppe Zampieri,
. Riccardo Vicari,
. Giuseppe Bocchese,
. ecc.
Delegati al congresso di Venezia vanno:
. Mariano Rumor,
. Uberto Breganze,
. Fioralpino Chiodi,
. Rino Borin,
. Giorgio Oliva,
. ? Soardi,
. ? Baice,
. ? Michelazzo.]

Giuseppe Dossetti, chiede lo sviluppo concreto di alcuni principi della costituzione, le riforme sociali, lo sviluppo della politica economica attorno a una volontà unitaria, la riforma degli organi centrali dello Stato la cui struttura risale ai tempi di Quintino Sella e la riforma burocratica.
Prima del consiglio nazionale la corrente maggioritaria si riunisce e designa tre rappresentanti (Attilio Piccioni, Giuseppe Togni ed Ercole Marazza) ché trattino con Alcide De Gasperi a nome della maggioranza stessa, la quale ha deciso di eleggere un segretario del partito e una direzione di colore, escludendo qualsiasi scambio di idee con la minoranza dossettiana.

2-5 giugno, Venezia, al 3° Congresso nazionale della Dc, viene per la prima volta eletto nel Consiglio nazionale del partito, entrando così tra i big del partito:
. Mario Scelba,
. Attilio Piccioni,
. Giulio Pastore,
. Antonio Segni,
. A. Fanfani,
. Giovanni Gronchi,
. G. Andreotti,
. Luigi Carraro.

[Al congresso nazionale si sono fatti notare i "professorini" abituati a riunirsi nella comunità del "Porcellino" – frequentata saltuariamente anche da Mariano Rumor –, i famosi dossettiani, i "giovani cattolici" della sinistra del partito che ha visto con diffidenza la fine del tripartito Dc-Pci-Psi.
La corrente "Cronache sociali", guidata da Giuseppe Dossetti, che ha molto successo, influenzerà per un biennio l'intera Dc.
Essa attrae a sé, oltre alla vecchia guardia di Giorgio La Pira, A. Fanfani e Agostino Lazzati, anche intellettuali come Giulia Fogolari, segretaria del Movimento femminile nel Veneto, professori universitari come Luigi Carraro di Padova e giovani come Luciano Dal Falco.
La sinistra dossettiana, in forte espansione quantitativa e qualitativa, ha le sue zone di maggiore influenza in Veneto e Lombardia (le cosiddette zone bianche).
Al consiglio nazionale Alcide De Gasperi viene eletto presidente e P.E. Taviani segretario politico con 36 voti su 61. Mentre A. Fanfani, Alessi e Mariano Rumor fanno ancora un tentativo di mediazione per concordare una lista pacificatrice, l'ex segretario politico Attilio Piccioni, il leader degli ex popolari, rifiuta affermando che la direzione omogenea (senza la minoranza dossettiana) è necessaria.
Anche il nuovo segretario P.E. Taviani rifiuta la collaborazione della minoranza.
Viene così eletta una direzione di colore di cui fa parte Mariano Rumor.
Il fatto nuovo – come scriverà Baget Bozzo –, successivo al congresso di Venezia, sarà la sostituzione di A. Fanfani a Giuseppe Dossetti nella direzione della corrente che può contare oltre alle persone citate su altre che operano alla periferia del partito come Tina Anselmi a Treviso e B. Zaccagnini a Ravenna.]

13 luglio, il Vaticano pubblica il decreto di scomunica contro i comunisti, i loro alleati, gli elettori comunisti e i lettori di stampa comunista; il testo riceve ampia pubblicazione nel periodico «Il Momento Vicentino»;
a fine mese la direzione vicentina della Dc sceglie come nuovo segretario l'avv. Giovanni Giuliari;

10 ottobre, nel consiglio nazionale della Dc egli illustra il progetto di legge sindacale elaborato dal ministro del Lavoro A. Fanfani, di cui ha già così ben presentato e difeso il piano case nel febbraio dello stesso anno;
[La sua fortuna – come scriverà Baget Bozzoconsiste nel fatto di essersi legato come primo collaboratore non dossettiano alla ascesa del leader aretino A. Fanfani.]

1950
9 gennaio, Modena, durante una manifestazione degli operai delle Fonderie Orsi, la polizia spara uccidendo 6 operai;
[Per «Il Momento Vicentino» la colpa è sempre dei «demagoghi» comunisti che dimsotrano «fino a che punto dispiaccia al Cominform ogni realizzazione dei liberi governi democratici».
In seguito all'arresto del vicentino mons. Antonio Mantica, cappellano della colonia italiana in Romania, da parte delle autorità comuniste, il periodico parla di «satanico odio del comunismo» contro la Chiesa e di «tutta una catena di violenze, sopraffazioni nel tentativo di demolire quella croce che il Salvatore ha imporporata dal suo sangue».]


11 gennaio, Alcide De Gasperi presenta le dimissioni del governo;
[Giuseppe Dossetti utilizza questa situazione durante la crisi per chiedere l'attuazione delle misure ipotizzate a Venezia nella "relazione Rumor". La corrente chiede a tal fine il ministero dell'Industria per A. Fanfani e il ministero del Lavoro per Giorgio La Pira. Al rifiuto di Alcide De Gasperi, "Cronache sociali" replica non entrando nel governo.
Michele Peroni, direttore de «Il Momento Vicentino», critica anche la corrente dossettiana che si rifiuta di entrare nel governo «il gran rifiuto di Dossetti sa troppo di assenteismo, sicché oggi l'assenza dal governo di Fanfani accende quel sospetto di scissione che non ha ragione di esistere essendo a tutti evidente l'unità ideologica del partito». Però l'articolista ammette: «numerose riforme sono sul tappeto, tutte sono osteggiate perché toccano determinati interessi. Ebbene, si faccia un esame chiaro, si studino le possibilità di attuazione e non si cerchi la formula conciliativa».]


27 gennaio-19 luglio 1951, (VI "governo De Gasperi);
[Governo di coalizione Dc-Pri-Psdi non all'altezza dei problemi da affrontare.
Nel nuovo governo entra come sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia E. Tosato, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico a Ca' Foscari di Venezia.]

16-20 aprile, nel consiglio nazionale della Dc, rendendosi conto della debolezza della sua posizione, Alcide De Gasperi apre le trattative con "Cronache sociali":
. Guido Gonella succede a P.E. Taviani nel ruolo di segretario nazionale della Dc,
. Giuseppe Dossetti diviene vicesegretario politico nazionale,
. Mariano Rumor diviene vicesegretario nazionale per l'organizzazione
[Obiettivo della nuova segreteria è quello di costruire una gestione unitaria del partito a supporto del governo guidato da Alcide De Gasperi.
Comincia così l'impegno dei dossettiani:
- istituzione della Cassa del Mezzogiorno,
- legge stalcio sulla riforma tributaria,
- avvio dell'iter legislativo per la riforma dell'Eni,
- leggi stralcio per la riforma agraria nel Mezzogiorno e nel Delta padano.]

 

 

giugno, Vicenza, si svolge il 7° congresso provinciale della Dc vicentina;
[Per la prima volta si votano due liste, nascono parecchie discussioni (Michelangelo Dall'Armellina ne ha presentato una terza che è stata respinta).
Nel nuovo comitato provinciale vengono eletti i soliti:
. Fioralpino Chiodi,
. Igino Fanton,
. Ilva Baice,
. Pio Chemello,
. Elia Girardi,
. Giuseppe Zampieri.
Compaiono per la prima volta:
. Gino Rigon e Giovanni Xausa di Marostica.
L'avv. Giovanni Giuliari viene riconfermato segretario.]

settembre, Mariano Rumor propone un programma di "vitalizzazione" del partito – che è in fase di stanca – conferendo un deciso orientamento alle sezioni, assai spesso lasciate alle loro iniziative;

1951
marzo, Giuseppe Baice di Schio (Vicenza) diventa il nuovo segretario provinciale della Dc;

Sono in vista le elezioni amministrative.
[I discorsi preelettorali d Mariano Rumor attaccano durissimamente il comunismo negli stessi termini di tre anni prima ma l'intervento più pesante, non solo contro il comunismo ma addirittura contro le liste civiche dei vari comuni, lo fa il vescovo Carlo Zinato: «Il cattolico deve dare il suo voto unicamente a candidati di cui si ha certezza che nella vita pubblica e privata difendono i diritti di Dio, della Chiesa e delle anime. In particolare il cattolico non può per nessun motivo dare il voto al comunismo ateo, in pari modo non può dare il voto a candidato o liste direttamente o indirettamente collegate al comunismo o a correnti che si ispirano alla dottrina marxista. Nessun appoggio può esser dato alle liste indipendenti, anche se portano nomi di persone per vari motivi rispettabili. La campagna elettorale si svolge e si concluderà nel mese di maggio dedicato alla Vergine Santa».

27 maggio, si svolgono le elezioni amministrative;

Elezioni amministrative
[Vicenza, 27 maggio 1951
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 45.805]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
20.772
45,4
26
. Giuseppe Zampieri
2.148
 
. Uberto Breganze
 
. Giorgio Pototschnig
 
. Giorgio Oliva
 
. Giacomo Rumor
 
. Lino Zio
 
. Guglielmo Cappelletti
 
. Giorgio Sala
 
. Gino Zocca
 
. ecc.    
Psuli
[o Psdi
[Partito socialista democratico italiano]]
6.785
14,8
4
. Luigi Faccio
 
. Amedeo Umbriano
 
. Ettore Mingotti
 
. ecc.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Pci
5.599
12,4
4
. Nilo Griso
 
. Iacopo Cibele
 
. Leonida Zanchetta
 
. ecc.
 
 
 
 
 
Psi
5.395
11,7
3
. Ugo Bompiani
 
. Francesco Cibele
 
. Teresa Maretto
 
. ecc
 
Is   
570
1,2
-
 
 
 
 
 
 
 
 
Pli
2.204
4,8
1
 
 
 
 
 
 
 
 
Pnm
706
1,5
-
 
 
Msi
3.109
6,8
2
 
 
IC
665
1,4
-
 
 
Totali
45.805
100,00
40
 
 

[Nonostante le minacce delle fiamme dell'inferno da parte del vescovo Carlo Zinato il successo del 18 aprile 1948 non si ripete. Un solo comune, Altavilla Vicentina, è rimasto ai socialcomunisti. Sono state espugnate le roccaforti rosse di Cimon e Tonezza. Tutti i candidati Dc dei 20 collegi provinciali sono stati eletti.
I socialcomunisti conquistano 5 seggi, i socialdemocratici 3, i liberali e i monarchici-missini 1. Ma la Dc nel complesso perde più di 55.000 voti passando da 246.045 a 191.002. In percentuale la Dc scende dal 70,4% al 55,8% con una caduta del 14,5%.
In città si ha la débacle delle sinistre. Su 40 seggi la Dc ne conquista 26, il Psi 3, il Psdi 4, il Pci 4, il Msi 2, il Pli 1. La Dc in città perde circa seimila voti rispetto al 1948 passando da 26.276 a 20.773.]


10 giugno, Vicenza, forte della sua maggioranza la Dc elegge sindaco Giuseppe Zampieri con 26 voti e forma un monocolore;


16 luglio, il governo si dimette;
[Giuseppe Dossetti insiste che la direzione della politica economica sia data a uomini della sua corrente; A. De Gasperi rifiuta, ma A. Fanfani raggiunge con lui un compromesso in base al quale il ministero del Tesoro (che Giuseppe Dossetti rivendica a "Cronache sociali") viene diviso tra Bilancio (G. Pella) e Finanze (E. Vanoni).
Giuseppe Dossetti non accetta questa situazione e ciò segna la rottura fra lui e A. Fanfani che decide di far parte del nuovo governo come ministro dell'Agricoltura, sostituendo A. Segni sgradito alla destra esterna e interna della Dc.
L'operazione dell'Aretino che ha preferito accordarsi con A. De Gasperi a scapito della sua amicizia che con Giuseppe Dossetti trova consenziente Mariano Rumor che A. Fanfani si porta come sottosegretario insieme con il padovano Luigi Gui già convinto dossettiano. L'importante è che A. Fanfani, nella sua operazione di rottura con Giuseppe Dossetti, non viene sconfessato dalla corrente.
Il Ministero dell'Agricoltura diventa un importante centro di potere perché incaricato di attuare la legge stralcio sulla riforma agraria e gli enti relativi (Puglia, Lucania, Calabria, Maremma, Fucino, Delta padano). Mariano Rumor deve organizzare le strutture di questi enti di riforma.
Dal ministero A. Fanfani stringe rapporti con Bonomi, con la Coldiretti, con la Federconsorzi, con la Fiat e con la Montecatini che collocano in condizioni di monopolio trattori e prodotti chimici per le campagne.
Il Ministero dell'Agricoltura diverrà uno dei centri di organizzazione della corrente "Iniziativa democratica" (che A. Fanfani sfrutterà senza averla costituita, esattamente come è avvenuto per la corrente "Cronache sociali". Sarà l'intesa con Bonomi e i rapporti con le grandi imprese monopolistiche del Nord una delle basi del potere di A. Fanfani nella Dc.
Questo Ministero dell'Agricoltura – come dirà lo storico Galligestirà il fallimento della legge stralcio e avvierà il declino dell'agricoltura.]


26 luglio-16 luglio 1953, sottosegretario all'Agricoltura e Foreste (VII "governo De Gasperi);

ottobre, dopo le elezioni amministrative nel Nord che hanno visto un'avanzata del Pci e del Psi, gli ostacoli incontrati all'interno della Dc nell'attuazione delle riforme spingono Giuseppe Dossetti a dare le dimissioni da vicesegretario politico della Dc.
Il ritiro dalla politica attiva di Giuseppe Dossetti lascia il gruppo di "Cronache sociali" orfano del suo leader carismatico; tuttavia, i principali esponenti della corrente si danno presto da fare per riorganizzare le proprie posizioni all’interno del partito.

sindaco (1951-58) di Bassano del Grappa (Vicenza);

11 novembre, Vicenza, si svolge l' 8° congresso provinciale della Dc vicentina, alla presenza di P.E. Taviani sottosegretario agli Esteri;
[La relazione è fatta da Giuseppe Baice. Francesco Guidolin chiede una maggiore sensibilità del partito ai problemi dei lavoratori e Gino Rigon raccomanda una più ampia distribuzione degli incarichi. Mariano Rumor però non parla.]

novembre, il nuovo direttore de «Il Momento Vicentino» diventa Renzo Pellizzari che affida a Enzo Pancera il compito di effettuare una serie di inchieste sui vari comuni del Vicentino;

Egli svolge un ruolo determinante per la nascita della nuova corrente di "Iniziativa Democratica", che riunisce non solo i reduci del dossettismo (quali Giorgio La Pira, A. Fanfani, A. Moro, Giovanni Scaglia, Luigi Gui, Giovanni Galloni, Achille Ardigò, Franco Pecci), ma anche elementi della maggioranza centrista degasperiana (come P.E. Taviani o O.L. Scalfaro).
È proprio lui a stendere la bozza del manifesto politico di "Iniziativa Democratica", pubblicato poi sul primo numero dell’omonima rivista – «Iniziativa Democratica» diretto da Giorgio Zardi che pubblica 8 numeri dalla fine del 1951 all'inizio del 1952 – attorno alla quale inizia a strutturarsi la corrente.
[È lui a stendere l'editoriale del primo numero. In questo testo, accanto alla dichiarazione di appoggio ad A. De Gasperi e al "Patto Atlantico", viene riaffermato il principio dossettiano di un partito cristianamente riformista, capace di muovere il paese verso un’evoluzione democratica. Con questi argomenti gli iniziativisti si candidano non solo a rivendicare l’eredità politica del dossettismo, ma anche a proporsi come un interlocutore affidabile per le altre componenti del partito.]

[Che la Dc sia essenzialmente emanazione del mondo cattolico e delle sue varie organizzazioni che, nel periodo delle elezioni, trovano un momento di coagulo e di coordinamento nei comitati civici, presieduti prima da Pio Chemello e poi da Virgilio Marzot, lo dimostra il fatto che i vari segretari provinciali che sono posti in lista nelle elezioni alla Camera dei deputati (casi emblematici sono quelli di Renzo Pellizzari e di Delio Giacometti) non sono mai eletti, fatta eccezione, per la prima volta nel 1968, per Renato Corà, il quale però avrà dalla sua parte il forte appoggio della zona di Montecchio e di parte dell'alto vicentino.
Se dunque il partito, in quanto tale, come espressione autonoma dal mondo cattolico, non esiste a Vicenza, ciò significa che la sua mobilitazione elettorale, sempre così massiccia, è preparata e finalizzata in senso filodemocristiano, dalle multiformi attività delle numerose e prospere associazioni cattoliche (l'Azione cattolica ha il più alto numero d'iscritti d'Italia), attività che vengono a costituire così un momento integrante e insostituibile dell'azione politica in quanto tale (e la campagna di "rivitalizzazione" del partito, da lui inaugurata nel 1954, ne sarà una prova.]


1952
-, nello stesso tempo viene pubblicata la rivista «Politica popolare» cui collaborano Attilio Piccioni, G. Pella, G. Andreotti, Giuseppe Togni, Tambroni. Anche questa rivista ha il consenso di A. De Gasperi.
Il fatto preoccupa il segretario politico Guido Gonella che protesta per il moltiplicarsi dei fogli di tendenza e induce A. De Gasperi a intervenire e le pubblicazioni di corrente cessano.
L'organizzazione della corrente di "Iniziativa Democratica" continua comunque e si estende ai quadri di periferia.
[Una fonte di dirigenti saranno gli enti di riforma costituiti in base alla legge stralcio di riforma agraria.]

Recoaro (Vicenza), in un convegno di giovani Dc un suo discorso entusiasma un oscuro studente di legge, dirigente dei giovani Dc di Rovigo: A. [Toni] Bisaglia.

21-24 giugno, Anzio (Roma) si svolge il consiglio nazionale della Dc;
[Un consiglio di disagio e di malessere dopo i deludenti risultati delle recenti amministrative. Secondo Attilio Piccioni il partito ha ceduto per aver imboccato la strada delle riforme che «non danno voti».
Il segretario Guido Gonella attacca la politica governativa di essere troppo debole nei confronti dei comunisti e di limitarsi ad un «anticomunisno verbale».
A. De Gasperi risponde che le accuse di Guido Gonella sono quelle dell'Azione Cattolica e delle sfere ecclesiastiche: «io ho l'impressione che nelle alte sfere ecclesiastiche, con tutto rispetto di Pio XII, si valutino troppo poco le difficoltà parlamentari… possiamo fare dei decreti legge, ma la strada scivola, specie in un paese che ha già fatto questa esperienza. Non dobbiamo preoccupaarci anche noi, che ci appoggiamo sui cattolici, così facili alla ditttatura e alle idee conservatrici?… La storia dei cattolici non ci autorizza ad esigere la fiducia nella libertà: i cattolici sono stati divisi su questo punto».
Questo consiglio nazionale vede dunque stabilirsi l'accordo tra A. De Gasperi e la nuova corrente di "Iniziativa Democratica" ma subentrano altri problemi….]

estate, Vicenza, palazzo Zileri, si tiene un incontro fra i dirigenti della Dc del Triveneto;
[Per Rovigo sono presenti:
. Giuseppe Romanato,
. Antonio Avezzù,
. Virgilio Pavarin,
. Francesco Guidani,
. A. [Toni] Bisaglia.]

9 novembre, Vicenza, si svolge il 9° congresso provinciale della Dc vicentina;
[La relazione principale la fa Giuseppe Baice, quella dotta sullo stato democratico Bartolomeo Garzia e quella sul progetto di nuovo statuto Elia Girardi.
Nel comitato provinciale entra qualche nome nuovo come:
. Giuseppe [Pino] Sbalchiero,
. Lino Fornale,
. Domenico Calearo.
Delegati al congresso nazionale sono:
. Giuseppe Baice,
. Fioralpino Chiodi,
. Giorgio Oliva,
. Rino Borin,
. Soardi,
. Cornelio Dal Toso,
. Michelangelo Dall'Armellina,
. Carlo Gramola,
. Giuseppe Zampieri, sindaco di Vicenza.
A questo congresso, come a quello precedente, Mariano Rumor tace.]

21-26 novembre, Roma, si svolge il congresso nazionale della Dc;
[Il problema reale è quello della scelta della classe dirigente del partito.
Attilio Piccioni ripropone il problema delle correnti e polemizza con "Iniziativa Democratica" («le tendenze si escludono per tutti o si ammettono e si disciplinano. È stato detto da qualcuno che il congresso è qui per salvare De Gasperi. Di solito le dichiarazioni più accese sono proprie dei neofiti»). I neofiti sono gli amici di Mariano Rumor e P.E. Taviani (che avevano già sostenuto la tesi di A. De Gasperi nel precedente consiglio nazionale che aveva visto l'accordo fra il leader trentino e la nuova corrente), cui Attilio Piccioni contrappone gli ex popolari «i vecchi credenti nella genialità politica di De Gasperi». Inoltre l'ex segretario politico critica il centrismo (accordo con i partiti laici non marxisti escludendo le destre) di A. De Gasperi, difeso invece, nell'intervento di Mariano Rumor, dalla nuova corrente.
Il leader vicentino dà così inizio – come sottolineerà Baget Bozzoa quella successione di "Iniziativa Democratica" alla leadership degasperiana.
Mariano Rumor sottolinea l'esigenza di quella dialettica interna che avrebbe assicurato il ricambio nella classe dirigente. Accusa gli ex popolari di essere i «custodi dell'arca santa del partito» e di non accettare le esigenze della disciplina se non a loro profitto. Smentisce inoltre che i giovani vogliano «far da ramazza» agli anziani, tema ribadito anche da A. Fanfani che nel suo inervento si colloca al di sopra delle parti e delle correnti («la polemica è chiusa perciò io parlo»).
Duro invece il discorso del segretario politico Guido Gonella: «L'Italia ha bisogno di uno Stato forte per la lotta al comunismo. La politica della Dc deve esser sempre più la politica del ceto medio, quello che ha il culto della famiglia e della patria, il ceto che vuol esser difeso dal comunismo». E continua: «L'anticomunismo non può essere un nostro gusto o capriccio: è un dovere assunto di fronte alla nostra coscienza e di fronte alla Nazione».
Il primo attacco lo sferra Giovanni Gronchi che accusa il governo di «empirismo» in materia economica, di mancanza di «politica veramente sociale» legato al sorpassato indirizzo liberale del pareggio del bilancio e aggiunge: «la mia onesta manifestazione di dissenso ha lo scopo di coalizzare una opposizione in seno al partito».
Attilio Piccioni
, difende l'azione del governo e fa intravedere i pericoli di un accordo della Dc con i partiti laici («è una bella cosa l'imparentamento con le forze democratiche laiche, ma è più profonda e insostituibile cosa l'imparentamento con le forze cattoliche».
Mariano Rumor, a nome di "Iniziativa Democratica", difende la tesi di Giovanni Gronchi che «l'unità del partito va realizzata nell'efficienza e nel rispetto del gioco democratico di maggioranza e minoranza». In polemica con Attilio Piccioni sostiene che i rapporti con i cattolici non possono esser posti sullo stesso piede degli accordi con i partiti laici («cattolici non siamo noi stessi?»).
Enrico Mattei de «Il Gazzettino» nota che l'intervento del vicentino è «critico» e che afferma la priorità delle esigenze sociali non perdendo di vista quelle politiche.
Anche A. Fanfani, nel suo intervento al congresso, difende A. De Gasperi: «non comprendo come si dia corpo alla menzogna che i giovani intendano eliminare gli anziani: quando è noto a tutti che i cosiddetti giovani, allorché l'interesse del partito lo ha richiesto, sono corsi in aiuto agli anziani, anche a costo di perdere per strada qualche amico prezioso». L'Aretino si riferisce alla sua rottura con Giuseppe Dossetti nel luglio del 1951 per arrivare ad un accordo con A. De Gasperi.
Alla fine si vota su tre linee fondamentali:
- quella di Concetrazione (A. De Gasperi, Attilio Piccioni, G. Pella, Mario Scelba, Giuseppe Togni, ecc.) che conquista la stragrande maggioranza;
- quella di "Iniziativa Democratica" (A. Fanfani-Mariano Rumor-P.E. Taviani ecc.) che ha un terzo delle preferenze;
- quella sindacalista (in seguito "Forze sociali") presentata da Giulio Pastore che ottiene sette consiglieri (3 deputati e 4 sindacalisti fra cui Mario Romani di Milano, Bruno Storti di Roma, Vito Scalia di Catania e Dino Penazzato di Vicenza).
Il consiglio nazionale conferma Guido Gonella segretario e nomina nella direzione 9 rappresentanti delle correnti di centro e 3 di "Iniziativa Democratica" (E. Colombo, Luciano Dal Falco e Angelo Salizzoni).]

1953
gennaio, in previsione delle elezioni politiche A. De Gasperi e la Dc fanno approvare, con il concorso degli altri partiti di centro, una legge elettorale che, aspramente combattuta dalle destre e dalle sinistre, lacera profondamente il paese in campi avversi. Viene battezzata dalle sinistre: "legge truffa".
«Il Momento Vicentino» difende, come ovvio, la legge in più riprese e condanna l'ostruzionismo delle sinistre, che fanno una «ignobile gazzarra».

Si svolge il 6° congresso dei gruppi giovanili.
[È presieduto da Vincenzino Russo, che rimarrà sempre fedele a Mariano Rumor anche dopo la sua uscita dalla corrente dorotea. Delegato provinciale è nominato Mirko Muraro.
Durante il congresso il sen. Giustino Valmarana sostiene «che non c'è motivo morale e giuridico che ci si opponga alla legge maggioritaria, il cui motivo ispiratore è quello della salvaguardia della democrazia. Tale sistema impedisce alleanze ibride con i monarchici e i missini e garantisce la salvaguardia del comunismo».
I giovani sono pieni di iniziative. Bortolo Brogliato fonda un periodico «Noi studenti» del movimento studenti medi per «ridare fiducia e speranza nell'attuale società e nel sistema democratico».]

La Dc provinciale si mobilita per prepararsi alle elezioni.
Alla Camera, dopo il rifiuto a candidarsi di Giuseppe Biace, vengono proposti Uberto Breganze, Bortolo Fina (presidente della Coldiretti), Giusto Geremia (funzionario della Previdenza sociale), Achille Marzarotto, Francesco Moro, sindaco di Lonigo, Romano Tomasi, sindaco di Schio, ed E. Tosato.
Al Senato, sono in lista: Guido Corbellini, Giustino Valmarana, Bortolo Galletto.
La campagna elettorale è aperta da Guido Gonella, ma il comizio principale lo fa A. Fanfani, presentato da Mariano Rumor.

7 giugno, rieletto deputato (II Legislatura – 1953 25 giu - 11 giu 1958) per la Dc nella circoscrizione VERONA;

Elezioni politiche
[Vicenza, 7 giugno 1953
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 51.513]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
ADN
271
0,5
       
Dc
[Democrazia cristiana]
23.372
45,4
       
     
     
     
     
     
     
     
     
Psdi
[Partito socialista democratico italiano]
2.757
5,3
       
     
     
     
     
     
     
     
     
Pri
[?]
362
0,7
       
     
     
     
     
     
     
     
     
Pli
[?]
3.546
6,9
       
     
     
     
     
     
     
     
     
Psi  
6.423
12,5
       
     
     
     
     
     
Pci 
7.370
14,3
       
     
     
     
     
     
UP
1.773
3,4
       
     
     
     
     
     
PNM
1.693
3,3
       
MSI
3.252
6,3
       
USI
580
1,1
       
PEU
23
0,1
       
PFI
26
0,1
       
PRS
65
0,1
       
Totali
51.513
100,00
       

A livello nazionale la Dc ottiene 10.836.675 voti scendendo dal 48,5% al 40,1%, mentre l'opposizione di sinistra sale dal 31% al 37,3%.
In Veneto la Dc scende dal 60,5% al 53,4%.
A Vicenza città la Dc scende da 26.276 a 23.372 voti (perdendone 3.000 circa rispetto al 1948 ma recuperandone 3.000 rispetto alle amministrative del 1951.
In una riunione del comitato provinciale il segretario Giuseppe Baice, nel presentare il quadro elettorale, fa una specie di autocritica. Nel 1948 Vicenza e provincia avevano il 70,4% dei suffragi, ora il 60,4%, mentre i social-comunisti dal 13,6% sono passati al 17,8 (da 47.816 a 63.602). Grande aumento anche della estrema destra che è passata dal 1,7% al 5,2% (da 6129 a 18.512). Nel complesso la Dc tiene in provincia più che in città (è diminuita del 9% in provincia e del 10,4% nel capoluogo) mentre le sinistre sono aumentate del 4,1% in provincia e del 4,9% in città. Le destre sono aumentate del 3% in provincia e del 5,4% nel capoluogo. E spiega:
«Da ciò si ricava che i giovani hanno votato in modeste proporzioni per la Dc e si sono orientati verso le sinistre e le destre. Particolare affermazione del Pli dovuto al successo del candidato Vittorio Marzotto. A Valdagno il Pli è passato da 206 a 5370 voti.
L'elettorato va a sinistra: questo è il responso delle urne. Il voto è un atto di protesta contro formule vecchie e superate. Lo sbandamento delle nuove leve è dovuto al fatto che molti dc fanno di tutto per abbruttire il partito con atteggiamenti di intolleranza e di autoritarismo. Il discorso va a tutti coloro che identificano la vittoria della Dc con quella della Chiesa. Errata valutazione che può portare ad una affermazione anticlericale. Come mai da noi il comunismo ha fatto progressi e nelle regioni rosse è diminuito? È quindi necessario che il partito acquisti la sua fisionomia chiara , indipendente, una fisionomia laica. Il mancato successo è dovuto al fatto che non è stata detta una parola nuova che potesse in qualche maniera galvanizzare l'elettorato
».

Il risultato delle elezioni non ha fatto comunque scattare la "legge truffa".

Alla Camera vanno quindi:
. Mariano Rumor,
. E. Tosato,
. Uberto Breganze,
. Bortolo Fina,
. Giusto Geremia.
Al Senato: Guido Corbellini, Giustino Valmarana, Bortolo Galletto.


 

 


16 luglio-17 agosto, sottosegretario all'Agricoltura e Foreste (VIII "governo De Gasperi);
[Governo monocolore Dc.]


17 agosto-18 gennaio 1954, sottosegretario all'Agricoltura e Foreste ("governo Pella);
[Governo monocolore Dc, appoggiato dai monarchici e quindi governo di centro-destra.]

26 settembre, Roma, si riunisce il Consiglio nazionale della Dc;
[La sinistra Dc di Giulio Pastore, Giovanni Gronchi e di "Iniziativa Democratica", chiedono la convocazione urgente del congresso con il segreto intento di porre fine al governo di centro-destra di G. Pella. Ad essa si unisce anche Mario Scelba.
Tutti chiedono una apertura a sinistra non «nel senso politico parlamentare, ma in senso sociale».
A. De Gasperi viene eletto segretario ma «Il Gazzettino» e «Il Momento Vicentino» non dicono che nella votazione le schede bianche sono state 25.]

3 dicembre, durante un discorso ai deputati Dc A. De Gasperi dichiara: «Il nostro è un partito di centro che si muove verso sinistra».
22 dicembre, G. Pella procede a un rimpasto per rafforzare politicamente il suo governo, un governo di centro destra, appoggiato da una maggioranza precostituita Dc-partito Monarchico, e formato prevalentemente da ex popolari, sui cu Attilio Piccioni gode di una posizione di prestigio.
[I monarchici hanno chiesto la sostituzione del ministro dell'Agricoltura Rocco Salomone, troppo personalmente impegnato nella riforma agricola e G. Pella lo vuole cambiare con Salvatore Aldisio. Ma i direttivi dei gruppi parlamentari Dc, controllati da "Iniziativa Democratica" si oppongono alla sostituzione di Rocco Salomone. Nel contrasto con la presidenza del consiglio A. De Gasperi propone una mediazione che G. Pella non accetta.]

1954
6 gennaio, G. Pella si dimette;

caduto il "governo Pella", l'incarico viene affidato ad A. Fanfani;

18 gennaio-10 febbraio, sottosegretario (con funzione di segretario) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (I "governo Fanfani);
[Ma A. Fanfani riesce ad assicurarsi solo i voti dei repubblicani mentre le trattative con i monarchici sono ostacolate con tutti i mezzi da G. Pella. In parlamento il nuovo presidente non riesce ad ottenere la fiducia.]


10 febbraio-2 luglio 1955, ("governo Scelba);
[Governo quadripartito (Dc, Pri, Pli, Psdi). Solo G. Andreotti rifiuta di parteciparvi, manifestando la sua ostilità al neocentrismo. Anche Mariano Rumor ed E. Tosato non vi fanno parte (quest'ultimo sosttuito al Ministero della Pubblica Istruzione da Gaetano Martino). L'unico che rimane è Giustino Valmarana come sottosegretario al Tesoro.
Finisce in questo modo il partito unitario, pensato e costituito da don Luigi Sturzo ed ereditato dalla Dc mediante il gruppo dirigente ex popolare.]

marzo, il Congresso nazionale di Napoli vede l’affermazione di "Iniziativa Democratica" e la successiva elezione di A. Fanfani a Segretario del partito;
egli viene eletto vice-segretario nazionale della Dc e diviene dirigente della Spes (Stampa, propaganda e studi);
[Manterrà quest’incarico per i successivi cinque anni, fino allo scioglimento della corrente di "Iniziativa Democratica" che da questo momento controlla tutti i più importanti uffici di partito con i propri dirigenti:
. Angelo Salizzoni, Amministrazione,
. Carlo Russo, Enti locali,
. B. Zaccagnini, Problemi del lavoro.]


30 maggio, Vicenza, si svolge il 10° congresso provinciale della Dc vicentina; che ribadisce l'unità del partito;
[La relazione è fatta dal segretario Giuseppe Baice mentre Mariano Rumor, come già nei congressi precedenti, non parla. Nel comitato provinciale vengono eletti:
. Renato Treu,
. Guglielmo Cappelletti,
. Bortolo Brogliato,
. Bartolomeo Garzia,
. Francesco Guidolin per Marostica,
. Giuseppe Balasso e Lino Fornale per Thiene.
Mariano Rumor sente tuttavia il dovere di comunicare le sue idee di corrente al proprio elettorato e viene indetto un congresso straordinario a Villa Raffaele. A. [Toni] Bisaglia intanto si occupa dei giovani.]

10 giugno, Vicenza, si tiene il 7° congresso provinciale dei gruppi giovanili della Dc;
[Presieduto da A. [Toni] Bisaglia, vi viene eletto delegato Giuseppe [Pino] Sbalchiero.]

giugno, Napoli, si svolge il congresso nazionale della Dc;
[Il discorso di A. De Gasperi è il suo testamento spirituale e politico per l'unità della Dc contro le correnti.
Nel dibattito emergono le posizioni di:
- di "Iniziativa Democratica";
[La corrente dei giovani guidata da A. Fanfani vince il congresso, ma non stravince. Essa mette l'accento su due temi: la fedeltà al centrismo e l'importanza della organizzazione. Parlano A. Fanfani ed E. Colombo ma Mariano Rumor tace.]
- della sinistra di Giovanni Gronchi;
[Che attacca la corrente di A. Fanfani: «quando avanza una schiera di giovani con metodi e mentalità piuttosto rudi e sommarie, gli uomini come me si traggono da parte senza sentirsi diminuiti». Con la denuncia della «barbarie» di "Iniziativa Democratica", egli notifica il suo rifiuto di presentare una propria lista congressuale.
La sinistra di Domenico Rovaioli accusa "Iniziativa Democratica" di dividere il partito con la sua sete di conquista totale del potere. ]
- della destra;
[G. Andreotti mantiene una posizione cauta presentando una propria lista per il consiglio nazionale, intitolandola "Primavera" con A. De Gasperi capolista. Si accorda con Mariano Rumor affinché "Iniziativa Democratica" gli offra i voti di preferenza necessari per essere eletto.]
Alla fine 51 consiglieri nazionali su 74 sono di "Iniziativa Democratica".
A. De Gasperi viene eletto per acclamazione presidente del partito.]

16 luglio, mentre A. Fanfani viene nominato segretario politico della Dc (con 59 voti su 71) egli viene nominato vicesegretario;
[Terrà la carica di vicesegretario fino al gennaio 1958.
Nello stesso tempo a Vicenza Renato Treu sostituisce Giuseppe Baice alla segreteria provinciale.
In una "tre giorni" alla Montanina di Velo d'Astico:
. Mariano Rumor parla dei problmei del lavoro, della autonomia e della autorità dello Stato;
. E. Colombo, sottosegretario ai Lavori pubblici, parla dei problemi del meridione;
. Giuseppe Bettiol parla della necessità di una classe dirigente veramente cattolica;
. Luciano Dal Falco, dirignete nazionale per l'organizzazione, sottolinea che il partito deve risolvere i problemi delle categorie artigianali e commerciali.]

1955
marzo, in un discorso ai dirigenti provinciali egli ribadisce il netto «no» ad aperture di destra e dichiara che la collaborazione centrodemocratica rimane «elemento di stabilità di regime democratico»;

16 luglio-15 maggio 1957 (I "governo Segni");

13 novembre, si svolge il 12° congresso provinciale della Dc vicentina;
[Renato Treu è riconfermato segretario provinciale e vengono eletti alla direzione:
. Bartolomeo Garzia,
. Alfonso Battaglia,
. Leone Fantinucci,
. Giuseppe Baice,
. Renzo Pellizzari,
. Domencio Calearo,
. Rino Borin.]

dicembre, in un discorso a Imola egli ribadisce il suo secco rifiuto all'apertura ai socialisti;
[Se ne farà interprete invece A. Fanfani, due anni dopo, al consiglio nazionale di Vallombrosa. Proprio su qesto tema fondamentale avverrà il divorzio dei due di "Iniziativa Democratica" e la formazione della nuova corrente dei dorotei.
Egli dice: «Mai apertura con i comunisti. La nostra lotta contro di loro è totale. O scompaiono loro o scompaiamo noi. Non hanno mai accettato nulla della democrazia e dello stato democratico».
Riguardo ai socialisti, considerati come «comunisti moderati» precisa che «noi il colloquio lo apriremo non con il PSI, ma con le classi operaie socialiste».
Così parla il futuro presidente di tanti governi di centro-sinistra.]

1956

27 maggio, si svolgono le elezioni amministrative;

Elezioni amministrative
[Vicenza, 27 maggio 1956
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
23.500  
20
. Giuseppe Zampieri    
. Guglielmo Cappelletti    
. Antonio Dal Sasso    
. Giorgio Sala    
. Giuseppe Ardi    
. Uberto Breganze    
. Eugenio Colbacchini    
. Lino Zio    
. ecc.    
     
Psdi
[Partito socialista democratico italiano]
   
4
     
     
     
     
     
     
     
     
     
Pci         
4
     
     
     
     
     
     
Psi       
7
     
     
     
     
Is       
     
     
     
     
Pli       
2
     
     
     
     
Pnm    
     
Msi    
3
     
IC    
     
Totali
0
100,00
40
 
 

Fra città e provincia i voti Dc sono 208.511 pari al 63,6% e i voti socialcomunisti 49.835 pari al 15,2%.
La Dc dal 55,5% delle precedenti amministrative del 1951 recupera circa l'8% mentre i socialcomunisti aumentano di circa duemila voti.
In città la Dc conquista 20 seggi, 4 il Psdi, 2 il Pli, 7 il Psi e 4 il Pci e 3 il Msi.


settembre, Vicenza, si svolge il 13° congresso provinciale straordinario della Dc vicentina;
[In vista del congresso di Trento.]

14-18 ottobre, Trento, congresso nazionale della Dc;
[La corrente "Iniziativa Democratica" risulta di gran lunga la più forte, mentre gli ex popolari Mario Scelba, Guido Gonella e G. Pella sono solo dei "notabili".
Seguono le due correnti di "Forze Sociali" che fa capo a Giulio Pastore e la "Base" guidata da Fiorentino Sullo.
A. Fanfani risulta primo eletto con 1.024.000 voti.]

23 ottobre, scoppia la "Rivoluzione ungherese";
[In consiglio comunale la Dc abbandona l'aula quando il comunista Ferrari sostiene che «l'intervento dell'armata sovietica è stato necessario». Anche il socialista Fernando Bandini condanna l'attentato russo.]

16 dicembre, Vicenza, si svolge il 14° congresso provinciale straordinario della Dc vicentina;
[Si presentano tre liste:
- "Iniziativa Democratica", facente capo a Renato Treu - 17 eletti;
- ?, facente capo a Giuseppe [Pino] Sbalchiero e a Giacinto Santacaterina - 2 eletti;
- "Rinnovamento democratico", facente capo ad Antonio Dal Sasso e a Bortolo Brogliato - 2 eletti.
Tra gli interventi:
. Riccardo Vicari accusa il partito di «poca democraticità» e di «esclusione di persone ottime» per favorire altre che «hanno interessi da difendere o monopoli da portare avanti».
. Giovanni Bisson, un giovane di Noventa Vicentina, deplora le critiche eccessive.
. Cornelio Dal Toso accusa la direzione di «conformismo».
Alal fine Renato Treu è riconfermato segretario e Gino Rigon viene nominato segretario amministrativo.]

1957
19 maggio-1° luglio 1958, ("governo Zoli");

All'interno di "Iniziativa democratica" affiorano non pochi dissensi verso la linea politica della segreteria di A. Fanfani, che cautamente inizia ad aprire alla prospettiva di una collaborazione con il PSI.

12 luglio, Vallombrosa (Firenze), congresso nazionale della Dc;
[Si hanno i primi sintomi della prossima secessione dorotea capeggiata da Mariano Rumor, Luigi Gui, E. Colombo e P.E. Taviani.
Sul problema dei socialisti A. Fanfani la pensa diversamente da loro, li definisce meno pericolosi e non esclude per la Dc la possibilità di intese future. Mentre Mario Scelba attacca apertamente il segretario politico per il suo apparente spostamento a sinistra, parte di "Iniziativa Democratica" (Mariano Rumor, Carlo Russo, E. Colombo, P.E. Taviani, Sarti, Morlino) gli vota contro nel segreto dell'urna.
I primi quattro formeranno poi lo stato maggiore doroteo, sin da ora manovrato nell'ombra da Antonio Segni, attraverso il fedelissimo luogotenente Carlo Russo.
A. Moro tuttavia – non partecipa al congresso a causa di una sciatica che lo tiene lontano anche dagli impegni al ministero della Giustizia e gli affari correnti sono amministrati da Sereno Freato, suo capo di gabinetto – fa sapere subito a Morlino e agli altri uomini che gli sono vicini di non condiividere la loro scelta: l'insofferenza contro l'autoritarismo di A. Fanfani non giustifica, a suo avviso, una commistione con chi attacca il segretario da destra per i suoi timidi accenni di apertura al Psi.]

1958
25 maggio, rieletto deputato (III Legislatura – 1958 12 giug - 15 mag 1963) per la Dc nella circoscrizione VERONA;

Elezioni politiche
[Vicenza, 25 maggio 1958
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psdi
[Partito socialista democratico italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pri
[Partito repubblicano italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pli
[Partito liberale italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psi  
[Partito socialista italiano)
           
     
     
     
     
     
Pci
[Partito comunista italiano)
           
     
     
     
     
     
Pnm
[Partito nazionale monarchico]
           
Msi
[Movimento sociale italiano]
           
Pnm
[Partito monarchico popolare]
           
Totali
100,00
       

Nel Veneto la Dc avanza dal 53,4% al 55,5%.
A Vicenza dal 62,3% al 66,5%.
Dai 213.419 del 1953 passa ai 237.291, un aumento del 23,8%.
In città da 23.372 a 27.185. Un trionfo, perché riesce a superare i 26.000 voti del 1948 e a rimontare dalla caduta del 1951.
Il Pci è diminuito, dopo "l'indimenticabile 1956", del 3,2% (da 32.248 a 29.003) e il Psi ha fatto un passo avanti del 5,7% (da 31.368 a 37.159).
Vengono eletti:
alla Camera:
. Mariano Rumor (61.492 preferenze)
[2° posto dopo Guido Gonella (65.176); al 7° Luciano Dal Falco e all'8° Luigi Gui (33.084 preferenze).]
. Renato Treu,
. Lino Fornale,
. Onorio Cengarle (segretario provinciale della CISL dal 1951),
. Uberto Breganze,
. Rino Borin;
al Senato:
. Giorgio Oliva,
. Giustino Valmarana,
. Giuseppe Zampieri (viene sostitutio come sindaco di Vicenza da Antonio Dal Sasso).
L'on. E. Tosato, che ha assunto una posizione contraria a "Iniziativa Democratica" e a Mariano Rumor, non è stato nemmeno messo in lista, mentre Giusto Geremia capeggerà nel 1962 una lista antidorotea di ispirazione fanfaniana.


 


1° luglio-15 febbraio 1959 (II "governo Fanfani);
[A. Fanfani, costituisce un governo bicolore Dc-Psdi appoggiato all'esterno dai repubblicani, ma questa volta, a differenza del 1954, memore di Vallombrosa, esclude Mariano Rumor dal governo.]

luglio, Vicenza, si svolge il 15° congresso provinciale della Dc vicentina;
[Su tre liste come il precedente:
- "Iniziativa Democratica", facente capo a Renzo Pellizzari-Renato Treu-Giuseppe Baice; vi compaiono di nuovo Giorgio Sala, Delio Giacometti, ritorna Silvano De Lai; spariscono Foletto e Renato Corà che viene eletto nella terza lista.
- ?, facente capo a Giuseppe [Pino] Sbalchiero e a Giacinto Santacaterina; vi si aggiungono Elia Girardi e Mirko Muraro;
- "Rinnovamento democratico", facente capo a Bortolo Brogliato-E. Tosato e Igino Fanton.
Renato Treu viene eletto anche presidente della provincia.]

 

«L'importanza di Rumor – secondo la testimonianza dell'ex deputato doroteo Rino Borinè dovuta anche al fatto che era proprietario della tipografia vescovile ricevuta in eredità dal padre e dal nonno, tipografia che stampava il settimanale «L'Operaio Cattolico» diffusissimo in tutte le parrocchie della diocesi.
Questo faceva sì che egli fosse considerato il rappresentante per eccellenza dei cattolici vicentini. Difatti egli si avvaleva della collaborazione di tutti i deputati. Ognuno di noi curava una determinata zona, ma lui era presente in tutte.
Nel 1958, dopo aver ricoperto la carica di sindaco di Bassano dal 1951 al 1958, mi chiamò e mi disse: 'So che non hai i soldi per finanziarti la campagna elettorale, non ti preoccupare, i soldi te li do io'. E mi diede una cifra considerevole. Ma credo che la stessa cosa l'abbia fatta anche con gli altri. Solo che io ho il coraggio di dirlo e per questo serbo riconoscenza a Rumor, mentre gli altri tacciono».

Con la segreta opposizione interna di Mariano Rumor e di "Iniziativa Democratica" il governo non tarda molto a cadere. Ricompaiono i franchi tiratori che non approvano il bilancio del ministero degli Esteri, mettendo in minoranza il governo sulla legge che tassa le auto a gas liquido.

5 dicembre, l'odg di Luigi Gui al gruppo dei deputati per la riconferma della fiducia a A. Fanfani vede 18 astenuti, guidati da Mario Scelba e da G. Pella;
11 dicembre, la Camera respinge la conversione in legge del dercreto sulla nuova regolamentazione dei mercati all'ingrosso;
20 dicembre, il ministro Togni si dimette per il rinvio del nuovo codice della strada, poi lo segue il socialdemocratico Ezio Vigorelli.
Allora A. Fanfani getla la spugna.
26 dicembre, A. Fanfani presenta le dimissioni;
31 dicembre, A. Fanfani lascia anche la segreteria del partito.

1959
6 febbraio, Antonio Segni riceve l'incarico di formare il nuovo governo;
15 febbraio-25 marzo 1960, ministro dell'Agricoltura e Foreste (II "governo Segni");
[Il nuovo governo ottiene la fiducia il giorno 24 con i voti dei liberali, monarchici e missini.]

9 marzo, Roma, il gruppo di Mariano Rumor di "Iniziativa Democratica" si riunisce, per fissare la propria linea di condotta, nel convento di Santa Dorotea decidendo di affidare ad A. Moro la segreteria del parito. È la data di nascita dei dorotei.
[L'etichetta "dorotea" nasce dal nome delle suore di "santa Dorotea " – Ordine vicentino fondato dal vescovo Farina nel XIX secolo – nel cui convento romano è tenuta nel 1959 la riunione (da lui organizzata) che sancisce la scissione della "Iniziativa Democratica" fanfaniana e la sua nascita.
"Doroteismo": secondo l'inventore dell'etichetta, Vittorio Gorresio, i dorotei non sono altro che i più fedeli interpreti della logica interna della Democrazia Cristiana come sistema di potere chiuso.
Scriverà: «a loro va riconosciuto l'indiscutibile merito partitico di aver meglio operato ai fini santificati della democristianizzazione dell'Italia».
La premessa di questa logica – secondo Percy Allum va individuata nell'inamovibilità della Dc dal potere, cioè dal controllo permanente dell'apparato statale.
In poche parole: colui che controlla l'apparato locale del partito controlla, ipso facto, tutto il potere statale nella sua area locale.
È questa la regola ferrea che ha capito A. [Toni] Bisaglia, ma ha dimenticto Rumor negli anni '70: più uno è forte nel Veneto, più forte è a Roma.
La forza veneta consolida e accresce quella romana, la forza a Roma cementa e moltiplica quella veneta con un meccanismo a ciclo continuo e a spirale sempre più ampia che è diventato quello tipico dell'Italia dorotea.]

Egli diventa così uno dei leader della nuova corrente dei "Dorotei".

10 marzo, si svolge la riunione del consiglio nazionale per valutare la soluzione data alla crisi e per decidere sulla segreteria;


14-17 marzo, nel corso del Consiglio Nazionale della Domus Mariae della Dc, esponenti di primo piano della corrente "Iniziativa democratica" (tra cui egli stesso, Luigi Gui e Zoli) mettono in minoranza il segretario A. Fanfani che non interviene;
si determina in questo modo una spaccatura di "Iniziativa democratica" tra gli uomini rimasti vicini all'ex segretario e il gruppo dissidente raccolto attorno a lui, Antonio Segni e A. Moro.
[La nuova corrente di "Rinnovamento" (nata dalla fusione di "Forze sociali" con gli aclisti e altri piccoli gruppi) sostiene in maggioranza che le dimissioni di A. Fanfani sono da respingere. Favorevole ad accoglierle è invece la minoranza guidata da Vito Scalia. Lo stesso atteggiamento assumono la "Base" e Tambroni, a nome degli ex-gronchiani. Favorevoli all'accoglimento delle dimissioni, oltre ai dorotei, sono i i centristi di Mario Scelba e "Primavera" di G. Andreotti.
L'odg che propone di respingere le dimissioni è bocciato con 54 voti contro 37.
In seguito A. Moro vien eletto segretario del partito con 64 voti e 26 schede bianche.]

23 marzo, Vicenza, in una riunione del comitato provinciale in molti si chiedono ancora perché A. Fanfani se ne sia andato… ma Mariano Rumor ha dato incarico a Giorgio Oliva di spiegare ai compaesani le manovre dei vertici romani.

aprile, «Il Momento Vicentino» cambia direttore e il settimanale passa nelle mani di Giacinto Santacaterina.

17-18 ottobre, Vicenza, si svolge il 16° congresso provinciale della Dc vicentina; [All'insegna della «indiscussa unità morale». Non più tre liste ma una sola «contro il deleterio fenomeno delle correnti», scrive Giacinto Santacaterina. «Affermazione unitaria della linea centrista», commenta Renzo Pellizzari.]


24-28 ottobre, Firenze, si svolge il congresso nazionale della Dc;
[È una specie di test fra pro e contro A. Fanfani. Vincono i secondi, guidati sempre dai dorotei e da Mariano Rumor.
Schieramenti:
- a favore di A. Fanfani: "Nuove Cronache" e "Rinnovamento";
- a favore di A. Moro: "Iniziativa democratica", "Primavera" di G. Andreotti e "Centrismo Popolare" di Mario Scelba.
La vittoria di questi ultimi è di misura (837.770 contro 769.656). A. Moro però ottiene un suffragio alquanto più largo del blocco dei voti di centro destra (lo schieramento pro A. Fanfani è invece a favore del centro sinistra): 1.059.300.
- 2°, Antonio Segni,
- 3°, B. Zaccagnini,
- 4°, E. Colombo,
- 5°, Angelo Salizzoni,
- …
- 16°, Luciano Dal Falco,
- …
- 26°, Giorgio Oliva,
- …
- … 39°, Penazzato.
Fra i non parlamentari Tina Anselmi al 4°, A. [Toni] Bisaglia al 12°.
A. Moro quindi ottiene un investitura dal congresso che lo consacra leader effettivo del partito, i dorotei ne escono vittoriosi solo in parte, perché hanno avuto bisogno dell'appoggio di G. Andreotti e di Mario Scelba.
Al congresso Mariano Rumor ribadisce le sue tesi sul problema dei rapporti con i socialisti.
All'accusa di C. De Mita, leader della "Base" di non aver affrontato in termini coraggiosi e di non aver compiuto atti di buona volontà verso il Psi egli risponde che da Vallombrosa il socialismo non è avanzato e P. Nenni si è mostrato incapace di trarre il partito fuori dalle secche in cui lo costringe la lunga collaborazione con il Pci.
La base vicentina però si aspettava dal congresso il tanto promesso accordo fra A. Fanfani e A. Moro, sulla cui illusione si era svolto il congresso unitario. Ora Mirko Muraro, ne «Il Momento Vicentino» esprime la sua delusione: «alla vigilia e durante il precongresso provinciale si parlava di questo incontro e lo si dava per scontato. Invece a Firenze il clima era un altro. Bisogna evitare di fare simili inutili confusioni ai nostri delegati di sezione».]

 

 

1960
25 marzo-26 luglio, ministro dell'Agricoltura e Foreste ("governo Tambroni);


26 luglio-21 febbraio 1962, ministro dell'Agricoltura e Foreste (III "governo Fanfani);

6 novembre, si svolgono le elezioni amministrative:


Elezioni amministrative
[Vicenza, 6 novembre 1960
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
     
Psdi
[Partito socialista democratico italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pci                 
     
     
     
     
     
Psi               
     
     
     
Is               
     
     
     
Pli               
     
     
     
Pnm            
Msi            
IC    
     
Totali
0
100,00
40
 
 


- la Dc sale da 208.472 a 223.930 (dal 63,6% al 65,6%),
- i socialcomunisti salgono da 49.830 a 59.747 (dal 15% al 17,4%).
Nel comune di Vicenza:
- Dc, da 23.556 a 29.545 (dal 46,2% al 50,8%),
- Psi, da 8.438 a 9.318 (dal 16% al 16,5%),
- Pci, da 5110 a 5942 (dal 10% al 10,2%).
Fra i nuovi eletti in consiglio provinciale: Tersilio Corrà, Bortolo Fracasso, Nereo Stella, Enrico Dalla Grana, Giuseppe Baice, ecc. oltre i soliti Renato Treu, Giorgio Oliva, Bartolomeo Garzia ecc.
Fra i nuovi eletti in consiglio comunale: Umberto Bettini, Riccardo Vicari, Guglielmo Cappelletti, Francesco Volpato, Germano Stimamiglio, Leone Motterle, Beniamino Zocche, Angelina Peronato, Nello Bettenzoli, Gino Zocca, Carlo Vicariotto ecc. oltre ai confermati Antonio Dal Sasso, Giorgio Sala, Uberto Breganze e Lino Zio.
Fra i nuovi sindaci:
. Delio Giacometti di Arzignano,
. Ernesto Xausa di Marostica,
. Renato Corà di Montecchio,
. Filiberto Laverda di Thiene,
. ecc.


1961

21 maggio, Vicenza, si svolge il 17° congresso provinciale della Dc vicentina;
[Il segretario Renzo Pellizzari esorta il partito all'unità , ma gli risponde con una dura lettera Giuseppe [Pino] Sbalchiero: «Il congresso di Firenze ha dimostrato il baratro spaventoso della nostra insufficienza. Un partito come la Dc che corre dietro ai facili miti creati dal formalismo dei capicorrente a che cosa potrà aspirare tranne che a diventare un caotico ammasso di gente che si sbrana a vicenda? Come si può pretendere che gli iscritti operino una scelta politica quando non ne hanno né i mezzi né le possibilità? Il partito in tante sezioni della periferia è precipitato in uno stato comatoso e vive per darsi in affitto di volta in volta al più forte e al migliore offerente. Anche i migliori di noi sono sospesi fra rassegnazione e disperazione».
Il congresso si divide in due liste:
- n. 1, capeggiata solo da Giacinto Santacaterina;
[La sua persistenza all'opposizone gli costerà la perdita della direzione de «Il Momento Vicentino», che viene firmato solo da Renzo Pellizzari. All'opposizione con lui rimangono Francesco Guidolin, Cornelio Dal Toso, Mario Pianegonda, Mirko Muraro, Igino Fanton e altri.]
- n. 2, lista dorotea di Renzo Pellizzari-Renato Treu-Bartolomeo Garzia.
A quest'ultima sono passati Giuseppe [Pino] Sbalchiero (ricompensato con l'incarico dell'ufficio Spes) ed Elia Girardi (ricompensato con l'incarico dei problemi dell'emigrazione).
Come si giustifica Giuseppe [Pino] Sbalchiero? Al congresso sostiene che i «pseudo discorsi di sinistra sono più vuoti dei discorsi di destra».
Tutti gli incarichi vengono elargiti solo ai dorotei:
. Renzo Pellizzari, segretario politico,
. Gino Rigon, segretario amministrativo,
. Delio Giacometti, segretario organizzativo,
. Bartolomeo Garzia, ufficio elettorale,
. Trevisan, scuola.
Stavolta al congresso Mariano Rumor fa un breve intervento in cui ribadisce il suo «no» allo slittametno a sinistra e a destra e dichiara di «non disperare che il Psi diventi una forza democratica, ma che l'ossessione di ricerca di collaborazione significa spingere la situazine politica verso uno stato di paralisi e di confusione».]

settembre, il convegno di San Pellegrino prepara al congresso nazionale;

1962
14 gennaio, Vicenza, si svolge il 18° congresso provinciale della Dc vicentina;
[Per la prima volta il partito si presenta diviso in 4 liste:
- 1ª, dorotea, ottiene il 56,8% e vede eletti Renzo Pellizzari, Michelangelo Dall'Armellina, Elia Girardi, Renato Treu e Giovanni Barbieri. Si definisce: «progresso sociale nella libertà» ed è firmata da 24 membri del comitato provinciale.
- 2ª, ottiene 31,6%; si dichiara «per il centro sinistra quale scelta di linea politica» ed è firmata da 5 membri del comitato provinciale: Onorio Cengarle, Mirko Muraro, Francesco Guidolin, Cornelio Dal Toso e Carlo Bianchin.
- 3ª, ottiene il 7,3% e vede eletti Spagnuolo, Piero Roversi, Beniamino Ghiotto; propone ai congressisti «l'urgenza del risanamento del costume politico dopo i recenti scandali», combatte il «cumulo delle cariche», e il carrierismo «perché nessuno nasce già predestinato alla carriera politica». La polemica contro i soliti uomini, che da quindici anni gestiscono il partito e ricoprono tutte le cariche, da Mariano Rumor in giù è evidente.
- 4ª, fanfaniani, capeggiata dall'ex on. Giusto Geremia, vede eletti lo stesso con Cristiano Rigoni e Adolfo Pellizzaro.
Il movimento giovanile guidato da Luciano Righi assume una netta posizione a favore del centro sinistra «come scelta consapevole al fine di eliminare gli squilibri economici e sociali del paese».]

27-31 gennaio, Napoli, si svolge il congresso nazionale della Dc;
[A. Moro, segretario del partito, forte dell'assenso dell'80% degli iscritti alla posizione e alla lista definita "amici di Moro e Fanfani" può presentare, in un discorso durato 6 ore, la piattaforma sui rapporti con il Psi che orienterà la Dc per circa un decennio.
Per intanto in attesa delle elezioni del 1963 l'apertura del Psi non viene presentata in termini di partecipazione al governo. Precisa il segretario: «È un processo che attende un processo di conseguente attuazione». Lo scopo è di rendere il Psi «totalmente disponibile al servizio della democrazia italiana». L'alleanza organica di governo è rinviata al «domani» ed è esclusa sia dal Psi che dalla Dc.
A. Moro e A. Fanfani, divisi nel precedente congresso di Firenze, ora si sono riuniti.
Si stabilisce la pace tra l'ex leader e i dorotei? Solo una tregua prima della defenestrazione clamorosa del 1963. Per il momento A. Fanfani non risparmia frecciate agli ex amici che gli avevano votato contro per gli stessi motivi per cui ora si trovano d'accordo. Si limita a dire a Mariano Rumor e agli altri dissidenti di Vallombrosa che allora aveva visto giusto.]

21 febbraio-21 giugno 1963, ministro dell'Agricoltura e Foreste (IV "governo Fanfani);
[A. Fanfani, leader di "Nuove Cronache", costituisce un governo avvalendosi oltre che della presenza del Psdi e Pri, della concordata astensione del Psi.]

6 maggio, al nono scrutinio il leader doroteo Antonio Segni viene eletto presidente della Repubblica.
[A. Moro si preoccupa di pagare ai dorotei la cambiale della elezione di Antonio Segni al Quirinale, chiarendo subito che la designazione è un fatto interno alla Dc.
L'imposizione dorotea di Antonio Segni provoca il fenomeno dei franchi tiratori dc che gli votano contro. Sono i dc di sinistra e i seguaci di Giovanni Gronchi.]

Subito dopo vengono accelerati i lavori parlamentari per la nazionalizzazione della energia elettrica, sostenuta con vigore dal Psi e in particolare da Riccardo Lombardi. Ne deriva una forte resistenza della borghesia ostile all'azione riformatrice impostata dal centro sinistra e che trova espressione politica nel Pli di Malagodi.

Il governo dimostra grande capacità di attuare solo i primi due punti del programma:
- 1°, la nazionalizzazione dell'energia elettrica, appena citata;
- 2°, la legge istitutiva della scuola media inferiore unica attuata con decisione dal ministro Luigi Gui;
- 3° l'istituzione delle regioni a statuto ordinario che il Psi ritiene qualificante per lo scorcio della legislatura.
[Proprio su questo terzo punto i dorotei guidati da Mariano Rumor impongono l'alt alla politica riformatrice del centro sinistra.
A. Fanfani si era impegnato ad attuare l'ordinamento regionale facendo mettere all'ordine del giorno del consiglio dei ministri le leggi quadro per le regioni. La destra (Mario Scelba, Guido Gonella) e i dorotei (Mariano Rumor ed E. Colombo) intervengono presso A. Moro perché la questione non sia posta all'odg del consiglio dei ministri. Il segretario poi dichiara espressamente che l'attuazione dell'ordinamento regionale deve esser rinviata alla prossima legislatura. Su questo punto il Psi si dissocia dalla maggioranza. Ogni decisione sulle future caratteristiche del centro-sinistra è quindi demandata al risultato delle elezioni, fissate nell'aprile del 1963.]

1963
28 aprile, rieletto deputato (IV Legislatura – 1963 16 mag - 4 giu 1968) per la Dc nella circoscrizione VERONA;

Elezioni politiche
[Vicenza, 28 aprile 1963
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psdi
[Partito socialista democratico italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pri
[Partito repubblicano italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pli
[Partito liberale italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psi  
[Partito socialista italiano]
           
     
     
     
     
     
Pci 
[Partito comunista italiano]
           
     
     
     
     
     
Pnm
[Partito nazionale monarchico]
           
Msi
[Movimento sociale italiano]
           
Pmp
[Partito monarchico popolare]
           
PEU            
PFI            
PRS            
Totali
100,00
       

La Dc subisce un brusco calo di consensi: scende dal 42,1% al 38,8% e altrettanto guadagna in percentuale il Pli di Malagodi.
Il Pci avanza aumentando di 2 punti e mezzo (25,3%).
Il Psi subisce una leggera flessione a favore del Pci (dal 14,2% al 13,8%).
È il primo sintomo che il centro-sinistra, lungi dall'isolare il Pci, al contrario lo rafforza.
Nel Veneto la Dc scende dal 55,5% al 52,7%.
A Vicenza la Dc contiene la perdita al 2,7%, a Verona tocca il 4,3% e a Padova il 5,1%.
A Vicenza la Dc dal 66,5 passa al 63,9 con i suoi 239.105 voti.
Il Pli avanza di poco dell'1,5%.
Il segretario Renato Corà, succeduto a Renzo Pellizzari, candidato alla Camera senza successo, scrive: «Il partito ha pagato un costo troppo alto per la nuova politica».
Per la prima volta Mariano Rumor ricece più preferenze di tutti (93.705),
- 2°, - Luigi Gui (63.827),
- 3° - Guido Gonella,
- 4° - Onorio Cengarle,

- 7° - Michelangelo Dall'Armellina,

- 11° - Giuseppe Bettiol,

- 13° - A. [Toni] Bisaglia (35.011),
[Fuori di Rovigo gliele ha fatto dare Mariano Rumor stesso.
Nel dicembre 1975, in un'intervista al «Corriere della sera», Delio Giacometti – quando avrà lasciato Mariano Rumor per passare dalla parte di A. [Toni] Bisaglia, dopo che il capo avrà abbandonato la corrente dorotea – dirà: «Si sono amico di Bisaglia. Me lo aveva presentato Rumor per le politiche del '63. Ero candidato anch'io e non sono stato eletto per 311 voti. Rumor mi ha detto: 'Delio, fa dare delle preferenze a Toni perché punti su un cavallo vincente'.
Rumor me lo disse a casa sua, a Ponte Pusterla, ho il ricordo plastificato in mente, lui stava in piedi, io ero dirigente degli enti locali e Pellizzari segretario provinciale
».]

- 15° - Uberto Breganze,
- 16° - Lino Fornale (ce la fa per il rotto della cuffia).

Nel frattempo è morto Antonio Dal Sasso, sindaco di Vicenza, e gli succede Giorgio Sala.

 


 


21 giugno-4 dicembre, ministro dell'Interno ("governo Leone");
[La formazione di un governo provvisorio è stata decisa in attesa che il 21° Congresso del Psi si pronunzi sulla prosecuzione della politica di centro-sinistra.]

Al 21° congresso del Psi P. Nenni-F. De Martino-Lombardi ottengno la maggioranza.


4 dicembre-22 luglio 1964, (I "governo Moro");
[Primo governo di centro-sinistra organico con P. Nenni vicepresidente del Consiglio.
L'operazione è stata possibile grazie ad un accordo dorotei e A. Moro contro A. Fanfani che non viene riconfermato presidente del Consiglio per le critiche della destra democristiana che lo accusa di essere stato troppo arrendevele con i socialisti e di aver indebolito la componente "democratica" del centro-sinistra a favore del Pci.
A. Fanfani quindi, come capro espiatorio, – secondo Galli – «paga da solo le conseguenzae di una politica che l'uomo aveva coerentemente attuato su indicazione del suo partito e dei partiti laici».
Viene varato il quadripartito: Dc-Psi-Psdi-Pri
.]

23 dicembre, Vicenza, subito dopo il congresso di Napoli, la sinistra della Dc riesce a sconfiggere, per la prima volta, i dorotei e a conquistare la segreteria nella figura di Francesco Guidolin, della corrente "Forze Nuove".
[Mentre Giulio Pastore – leader di "Forze Nuove" – gli consiglierà più volte di dimettersi, Donat Cattin invece lo sosterrà fino in fondo. In pratica però non può far nulla perché tutte le sezioni sono controllate dai dorotei. Dopo 8 mesi, constatato di essere il segretario di una maggioranza fittizia e che la vera l'hanno i dorotei, si dimetterà. Il commissario Colleselli gestirà il partito fino al nuovo congresso ordinario, in cui vincerà Renato Corà, l'uomo di Mariano Rumor.
I fanfaniani – spiegherà il leader Angelo Foletto – non sono d'accordo sulle dimissioni di Francesco Guidolin e lo ritengono un errore politico storico. Decidono quindi, con Perin, Fina, Sasso di costituire a Vicenza il gruppo "Nuove Cronache".
Fra i dorotei sconfitti troviamo i soliti Delio Giacometti, Renato Corà, Sala, Treu, Spagnuolo, Gino Rigon che sottoscrivono una mozione "Impegno democratico";
fra gli altri, che sostengono Francesco Guidolin, ci sono Luciano Righi, Pianegonda, Muraro, Baice, Ciscato, Stella, Thiene ecc.
Ne suo intervento al congresso Francesco Guidolin critica la destra di essersi abbandonata a «aperta indisciplina» nei confronti del centro-sinistra e i dorotei che vi hanno aderito «in maniera forzosa, più rivolta a condizionare che non a imprimere un deciso tempo di marcia al nuovo cammino».
Il Dalla Grana lamenta che «lo spirito di classe si è insinuato nel partito», che non si ha più «il coraggio di dire che il Pci è un'idea diabolica e mostruosa, deicida e omicida, nemico di tutte le libertà da combattere giorno per giorno, ora per ora».]

In questo periodo i dorotei danno il via all'autostrada "Valdastico";
[Questa iniziativa farà molto parlare di sé…
Sarà battezzata ben presto Pi.Ru.Bi. (dai nomi dei tre padrini F. Piccoli, Mariano Rumor e A. [Toni] Bisaglia) e definita «la più inutile d'Italia» iniziativa che Renzo Pellizzari difende e difenderà sempre anche quando sarà bloccata da Vicenza a Piovene come «un non trascurabile vantaggio per industria, artigianato, turismo e miglioramento delle condizioni di vita della Valdastico».]

1964
24 gennaio, defenestrato A. Fanfani, viene eletto segretario nazionale (1964-68) della Dc in sostituzione di A. Moro divenuto presidente del Consiglio.
[Trattasi di una semplice sostituzione, essendo stato eletto da un consiglio nazionale e non da un congresso. La nomina però è quasi plebiscitaria con 127 voti favorevoli e 10 schede bianche.
Che il nuovo segretario non abbia l'autorità di A. Moro e che in pratica costui continui a essere il vero leader della Dc lo si constaterà durante le elezioni che porteranno Giuseppe Saragat al Quirinale.]

A. Moro intraprende la via di un cauto riformismo basato sullo sviluppo dei servizi sociali ottenendo dal Psi il consenso per una politica di stabilizzazione moderata, attraverso il covinvolgimento del personale politico socialista nella pratica e negli agi del sottogoverno.

4 maggio, E. Colombo viene ricevuto dal presidente della Repubblica Antonio Segni;
15 maggio, E. Colombo invia una lettera ad A. Moro chiedendo misure deflazionistiche, ma il presidente del consiglio fa finta di ignorarla; i dorotei allora decidono di renderla pubblica su «Il Messaggero», il che mette oggettivamente il governo in crisi.
A. Moro e P. Nenni concordano sull'opportunità di determinare la crisi non sui problemi sollevati da E. Colombo, che avrebbero pregiudicato ogni ripresa di collaborazione tra Dc e e Psi, ma su una questione secondaria come quella del finanziamento pubblico alle scuole private.

26 giugno, il governo si dimette;
[In questa crisi Mariano Rumor cerca di fare da mediatore tra A. Moro ed E. Colombo.
Il primo vuole mantenere, almeno verbalmente, gli impegni contratti con il Psi, il secondo intende mettersi a capo di un governo senza il Psi.
Prevale la tesi di Mariano Rumor: ridurre le intenzioni riformistiche anche nelle enunciazioni e attaccare i socialisti, in particolare Lombardi, di «tentare di considerare ilcentro-sinistra come un fatto strumentale in vista di una società socialista». Impone quindi al Psi un ridimensionamento del programma che salvaguardi l'efficienza della economia di mercato.
A. Moro preme su P. Nenni perché accetti il programma di Mariano Rumor, ma il segretario socialista esita.]


14 luglio
, le trattative fra i quattro partiti (Dc-Psi-Psdi-Pri) si interrompono;
[Antonio Segni desidera un governo senza il Psi, ma sia A. Moro che Mariano Rumor non lo seguono.
Antonio Segni allora riceve il gen. Aldo Rossi, capo di SM, e il gen. De Lorenzo, comandante dell'Arma dei Carabinieri.]


15 luglio, ha luogo una riunione in casa di Tommaso Morlino, luogotenente di A. Moro;
[Vi partecipa lo stesso gen. De Lorenzo insieme ad A. Moro, Mariano Rumor, B. Zaccagnini e Gava.
È il momento cruciale della crisi
.
Di che cosa si è parlato? Di un colpo di stato?
A. Moro dirà alla commissione d'inchiesta parlamentare che si è discusso del ricorso a elezioni anticipate.
Ma quando mai si consultanto i militari per questa eventualità?
La verità forse non si saprà mai.
Comunque P. Nenni accetta le tesi di Mariano Rumor di un ridimensionamento del programma per paura «di una svolta a destra guidata dall'ala conservatrice della Dc».
La soluzione proposta da Mariano Rumor rinvia a tempo indefinito le riforme previste dal programma.
Ai dirigenti del Psi A. Moro fa credere che, superata la crisi congiunturale, il progetto originario potrebbe essere ripreso.]


Avendo vinto la propria tesi, Mariano Rumor – che ora emerge come leader dei dorotei, indebolendo A. Moro –, puntando sul congresso, potrebbe diventare il leader effettivo del partito.



22 luglio-23 febbraio 1966, (II "governo Moro");
[Il governo è caratterizzato dalla immobilità sul piano legislativo, anche per l'improvviso malore che ha colpito il presidente della Repubblica Antonio Segni che appare subito nell'impossibilità di esercitare le sue funzioni. La questione della sua sostituzione viene rinviata a dopo il congresso nazionale che si svolgerà a Roma dal 12 al 16 settembre.]


12-16 settembre, Roma, si svolge il congresso nazionale della Dc;
[Come il congresso di Napoli del 1954 e di Firenze del 1959 hanno messo in luce la personalità di A. Fanfani e di A. Moro come segretari nazionali e leader indiscussi del partito, così questo di Roma dovrebbe essere il congresso di Mariano Rumor.
Nel suo discorso-fiume durato quasi quattro ore, imbastito sul tema dell'unità del partito, egli tenta di far accreditare l'immagine di guida della Dc nella nuova strada intrapresa del centro-sinistra. Pur avendo criticato, anche nella recente campagna elettorale i socialisti, ora ne fa ampi elogi perché hanno «determinato una situazione nuova in quanto hanno cessato di guardare a una sola parte della Dc come possibile interlocutrice per rivolgersi all'intero partito. Ora il Psi sta dimostrando un serio impegno democratico, perché ha pagato con la lacerazione (la recente scissione del Psiup) la sua scelta politica di fondo e ha imboccato la nuova strada della diretta responsabilità di governo». Conclude con un appello all'unità («solo se siamo uniti siamo forti, se siamo forti siamo liberi di agire»).
La sua leadership è però contrastata dall'opposizione ufficiale di tre correnti che ora si presentano tali al congresso, indebolendo così la sua posizione come segretario che dimostra subito di non avere il prestigio e l'autorità dei suoi predecessori:
1ª - "Nuove Cronache", di origine fanfaniana, presentata al congresso da A. Forlani, che critica il programma dilatorio ed evasivo del governo («oggi e non domani devono esser precisate le linee di sviluppo economico»).
2ª - "Forze Nuove", capeggiata da Donat Cattin che attacca la parte econmica della "relazione Rumor" definendola «arretrata rispetto agli orientamenti del primo "governo Moro", nettamente di destra su posizioni vecchie e stantie». Egli dice: «La difficoltà del centro-sinistra è la resistenza delle destre ed esiste il pericolo che si traduca in un semplice accordo di potere».
3ª - "Centrismo democratico", guidata da Guido Gonella, accusa che la politica di centro-sinistra è «il peccato di origine» e invita il partito a mutare rotta.
Dal congresso risulta che i dorotei non dispongono della maggioranza assoluta: nonostante la perdurante presenza dei morotei, ancora per non molto attaccati al carro doroteo, la corrente ottiene solo il 48% dei suffragi, di fronte al 21% dei fanfaniani, all'11% della destra di Mario Scelba e al 20% della sinsitra di "Base" e "Forze Nuove".
Questa distribuzione di voti – ben diversa da quella del precedente congresso che aveva visto uniti la lista degli amici di A. Moro e A. Fanfani con l'80% di suffragi – segna la definitiva trasformazione della Dc in una «federazione di correnti» il cui fine non è più il dibattito e il confronto delle idee ma la pura gestione e spartizione del potere.
La prima conseguenza di ciò è che il partito non riesce a mettersi d'accordo sul candidato che deve sostituire Antonio Segni al Quirinale.
La maggioranza di centro-destra (59%) dei dorotei e scelbiani punta su G. Leone, la forte minoranza di sinsitra (41%) già prepara la candidatura di A. Fanfani, che appare come il candidato della sinistra non solo all'interno, ma anche all'esterno della Dc. Presentandosi come il presidente del centro-sinistra spera sui voti della Dc, delle sinsitre compreso il Pci, che già aveva appoggiato il candidato della sinsitra Giovanni Gronchi contro quello della destra Merzagora.
Quindi A. Fanfani, per la prima volta nella sua carriera, si defila dal partito. Ma il suo disegno è contrastato da Mariano Rumor e i dorotei che puntano su G. Leone e il Pci non è disposto a votarlo. Il segretario non riesce a tener unito il partito al punto che fa sospendere per un anno Donat Cattin e per 6 mesi C. De Mita che si rifiutano di votare il candidato delle destre G. Leone.
La dissidenza democristiana della sinistra si batte soprattutto contro l'egemonia dorotea, perché teme che la stabilizzazione del centro-sinistra gestita da Mariano Rumor e da A. Moro le lasci uno spazio di potere assai ridotto. Allora i dorotei, visto inutile il loro sforzo di sostenere G. Leone, puntano su uno dei fondatori del centro-sinistra Giuseppe Saragat convinti, – come scriverà Orfei – che «sconfiggendo Fanfani affermavano la loro egemonia, totale e assoluta sul partito».]

22 novembre, si svolgono le elezioni amministrative:


Elezioni amministrative
[Vicenza, 22 novembre 1964
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
     
Psdi
[Partito socialista democratico italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pci                 
     
     
     
     
     
Psi               
     
     
     
Is               
     
     
     
Pli               
     
     
     
Pnm            
Msi            
IC    
     
Totali
0
100,00
40
 
 

La Dc subisce una leggera flessione conseguendo il 37,4% dei suffragi.
Il Pci avanza dal 25% al 26%.
Il Psi perde ancora terreno dal 13% all'11,3%.
A Vicenza la Dc conquista la più alta percentuale di tutta Italia del 63,8% (20 seggi con 232.044 voti), una sostanziale tenuta rispetto al voto del 1963.
Il Pci avanza di un punto (dal 7,8% all'8,4% con 30.736).
Il Psi subisce una ulteriore drastica riduzione (dall'11,4% all'8,1% con 29.530).
Nella giunta provinciale entrano Todescato, Bottecchia, Virgilio Marzot, Adone Perin, Filiberto Laverda, Giuseppe [Pino] Sbalchiero, Alfredo Veronese ed Ernesto Xausa. In città vengono confermati Giorgio Sala, sempre sindaco, Breganze, Vicari, Volpato, Zio, Stimamiglio ecc.



1965
febbraio, nel consiglio nazionale della Dc, anche sotto esplicita pressione della gerarchia ecclesiale, attenta all'unità dei cattolici, avviene la ricomposizione dell'unità del partito;
[Mariano Rumor a tal fine revoca le misure disciplinari adottate contro Donat Cattin e C. De Mita. Aprendo i lavori egli fa un duro attacco alle correnti che minano l'unità del partito.
Il documento unitario è firmato dai vari capicorrente. Compaiono i nomi di F. Piccoli per i dorotei, A. Forlani per "Nuove Cronache", O.L. Scalfaro per i scelbiani e Giovanni Galloni per la "Base" e "Forze Nuove".
Il documento «decide di esprimere la volontà unitaria mediante la formazione di una direzione rappresentativa e sottolinea l'esigenza che la stessa volontà unitaria si esprima nella composizione degli organi periferici del partito».
La direzione unitaria è composta da 23 uomini:
- 10 dorotei,
- 5 fanfaniani,
- 5 delle sinistre,
- tre scelbiani.
Vicesegretari sono:
. F. Piccoli,
. A. Forlani,
. Giovanni Galloni,
. O.L. Scalfaro.
Fra i dorotei c'è anche A. [Toni] Bisaglia, segretario organizzativo.

?, Vicenza, si svolge il 21° congresso provinciale della Dc;
[Deve forzatamente attuare un'unità imposta dall'alto.
Frattanto «Il Momento Vicentino», dopo un periodo di vacanza, licenzia Enzo Pancera e viene gestito da Quintino Gleria, un fedelissimo di Mariano Rumor, che dà al giornale un'impronta monolitica eliminando del tutto gli interventi e le discussioni di idee che avevano caratterizzato le precedenti direzioni.
La relazione del segretario sottolinea l'esigenza di unità. Si fa un'unica mozione però firmata dai vari capicorrente:
. Francesco Guidolin per "Forze Nuove",
. Gino Rigon per i dorotei,
. Angelo Foletto per i fanfaniani,
. Enrico Dalla Grana per i scelbiani.
Però tutti criticano l'unità forzosa.
Renato Corà viene eletto segretario, Gino Rigon amministratore e nella Giunta entrano: Angelo Foletto, Enrico Dalla Grana, Olivo Fioravanti, Marcantonio Rossato, Giacomo Rumor e Rolando Spavenello.
Fra i nuovi membri eletti, oltre i soliti, compare Antonio Corazzin e Pietro Fabris.]

luglio, viene eletto presidente dell'Unione dei Dc europei;

3 ottobre-3 novembre, Sorrento, si svolge l'assemblea nazionale della Dc;

1966
23 febbraio-24 giugno 1968, (III "governo Moro");

novembre, Bologna, il sindaco comunista Fanti conferisce la cittadinanza onoraria al cardinal Lercaro.
È l'inizio della svolta – come lo definisce lo stesso prelato – del dialogo tra comunisti e cattolici.
[Ne parla tutta la stampa dal «Times» al «Le Monde», ma il segretario Mariano Rumor fa ignorare l'evento al quotidiano del partito «Il Popolo».]

In provincia la situazone è calma. Qualche polemica per l'affermazione dell'on. Luigi Bertoldi, socialista, che ha definito Pio XII «forcaiolo reazionario», suscitando le proteste dei cattolici e del vescovo Zinato.

1967
12 marzo, Vicenza, si svolge il 22° congresso provinciale della Dc;
[Tre le mozioni, lette da:
- Renato Treu, doroteo (vi confluiscono come a Roma i fanfaniani),
- Bollin, della sinistra,
- Antonio Corazzin, che propugna i diritti di «una periferia che i vertici hanno dimenticato».
Renato Corà è riconfermato segretario.
Fra i nuovi eletti nel comitato: Camillo Cimenti, Giovanni Bisson, Luciano Righi, Bortolo Brogliato, Bollin ecc.
L'unanimismo però crea polemiche e malumori tanto che, alla vigilia del congresso di Milano, si presentano due mozioni:
- una di maggioranza (Renato Corà, Antonio Corazzin, Enrico Dalla Grana, Antonio Novello, Ernesto Panozzo, Giuseppe Magrin),
- una di minoranza (Francesco Guidolin, Bortolo Brogliato, Luciano Righi e Giovanni Todesco).]

Prima del congresso nazionale si devono segnalare due tentativi di Mariano Rumor di prendere contatto con la realtà sociale per impedire che lo scollamento fra paese reale e legale degeneri nella contestazione e nella ribellione di larghi strati sociali contro la Dc.
[I primi sintomi si sono avuti l'anno precedente con la rivolta degli studenti dell'università di Pisa.]

?, convegno di Lucca;
[Uno degli sforzi del gruppo doroteo per uscire dall'isolamento in cui è venuto a trovarsi rispetto alla società.]

maggio, convegno di Milano;
[Tentativo di Mariano Rumor di stringere i contatti con il mondo imprenditoriale.]

23 novembre, Milano, congresso nazionale della Dc;
[Non viene sancita l'unità del partito anzi si forma un'altra corrente, quella di P.E. Taviani che ha lasciato i dorotei per mettersi a capo dei "pontieri" (con l'intenzione di gettare una sorta di ponte tra la maggioranza e la sinistra di "Forze Nuove" e "Base").
C. De Mita, che nel precedente congresso si era allineato sulle posizioni di sinistra della corrente di "Forze Nuove" capeggiata da Donat Cattin, prende una fisionomia tutta propria scatenando un durissimo attacco contro Mariano Rumor e la sua gestione della Dc.
Altro durissimo attacco alla "relazione Rumor" proviene da Corrado Corghi, segretario regionale dell'Emilia-Romagna che poco dopo lascerà la Dc.
Mariano Rumor si sente male e rimane a letto tutto il giorno dopo.
Lo schieramento che esce da Milano è il seguente:
- grande maggioranza 64,2% e 78 seggi (34 ai dorotei, 14 ai morotei, 21 ai fanfaniani e 9 ai centristi),
- "Base" e sindacalisti 23,4% e 28 seggi,
- "pontieri" di P.E. Taviani 12% e 14 seggi.
Davvero un disastro e qualcuno deve pagare… sarà A. [Toni] Bisaglia, segretario organizzativo del partito.]

1968
Da mesi dura lo sciopero dei tessili.
[La Marzotto si è irrigidita davanti alle richieste dei lavoratori. Anzi, la riorganizzazione dell'azienda, secondo il sindacato unitario ha provocato un maggior carico di lavoro in alcuni settori e in altri una diminuzione del salario.]

19 aprile, Valdagno (Vicenza), dopo mesi di trattative un ennesimo sciopero accende la miccia della ribellione;
[I dimostranti appiccano il fuoco a cartelli, striscioni e manifesti della campagna elettorale. Accorrono i vigili del fuoco di Arzignano che vengono presi a sassate e bastonate. Arrivano altri rinforzi della celere di Padova. La folla inferocita si ammassa in Piazza Dante, prende d'assalto la statua di Vittorio Emanuele Marzotto, il padre di Valdagno e la abbattono, i gradini vengono divelti, mentre altri falò si accendono nella piazza. I dimostranti intanto invadono i magazzini della lana, gettando distruzione e scompiglio.
Altri si dirigono all'Hotel Pasubio. Le vetrate vanno in frantumi. Il direttore Gino Pellegrini è preso a sassate. Alcuni giovani, che si definiscono "cinesi", invadono l'albergo. Gino Pellegrini è costretto a difendersi con una spranga di ferro. Le fiancate del ponte del Tessitore vengono danneggiate. La stessa sorte per macchine, biciclette, cartelli stradali della cittadina. Una ragazza bionda, davanti alla casa di Domizio Bernardi, dirigente del lanificio, grida: «adesso veniamo e vi uccideremo tutti».
Dentro in casa ci sono solo la domestica ed il bambino. Il padre bloccato nella fabbrica, per telefono sente tutto. Un altro dirigente con la pistola in pugno fa la guardia ai familiari rintanati in cantina. Fuori i giovani gridano: «Che Guevara». A tarda sera le forze dell'ordine riescono a portare un po' di calma.
Il bilancio è pesante. Sessanta feriti fra poliziotti e dimostranti; 150 i fermati, 47 i trattenuti.
CISL e UIL condannano le violenze dei dimostranti, ma la CGIL si rifiuta e stigmatizza l'operato delle forze dell'ordine. Il Prefetto emana una ordinanza che sospende i comizi elettorali e fa chiudere i bar.
Anche «Il Gazzettino» però accusa la Marzotto che «ostinatamente si rifiuta di accogliere determinate richieste degli operai».

20 aprile, sabato, Valdagno (Vicenza) si spegne il "finimondo";

21 aprile, domenica, F. Piccoli, doroteo, apre la campagna elettorale per la Dc;
[Ai disordini di Valdagno nemmeno un accenno.]

19 maggio, rieletto deputato (V Legislatura – 1968 5 giu-24 mag 1972) per la Dc nella circoscrizione VERONA;

Elezioni politiche
[Vicenza, 19 maggio 1968
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psdi
[Partito Socialista Democratico Italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pri
[?]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pli
[?]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psi              
     
     
     
     
     
Pci             
     
     
     
     
     
UP            
     
     
     
     
     
PNM            
MSI            
USI            
PEU            
PFI            
PRS            
Totali
100,00
       

La Dc avanza dal 38,3% al 39,1% .
Il Pci aumenta dal 25,3% al 26,9%.
Il Psu (Partito socialista unificato) ha una caduta verticale dal 19,9% al 14,5%.
I dorotei e Giuseppe Saragat scaricano la colpa su A. Moro.
Una parte dei socialisti guidata da P. Nenni e da Mancini è favorevole ad una immediata ricostituzione della coalizione di centro-sinistra. Ma ciò è reso impossibile dal fatto che una parte del Psu ritiene più opportuno non rientrare nel governo. Confluiscono su questa posizione tanto gli ex socialdemocratici, guidati da Mario Tanassi, quanto i seguaci di F. De Martino, deciso ad assumere la preminenza del partito.
Da tempo ostili alla partecipazione al governo sono inoltre i seguaci di Riccardo Lombardi.
A questo punto la decisione socialista di non rientrtare nel governo riapre all'interno della Dc la lotta delle correnti per la sostituzione di A. Moro alla presidenza del consiglio: se A. Fanfani nel 1963 era stato temporaneamente sacrificato alle delusioni degli stessi democristiani, ora A. Moro può esserlo, altrettanto temporaneamente, alle delusioni degli alleati socialisti.
Così Mariano Rumor, defenestrato A. Fanfani nel 1963, è potuto diventare segretario politico, ora ripetetendo la stessa operazione con A. Moro, può assurgere alla presidenza del consiglio, stabilendo un rapporto privilegiato non con P. Nenni, come ha fatto A. Moro, ma con l'uomo nuovo del Psi, F. De Martino.
Nel Veneto la Dc avanza dal 52,7% al 53,1%.
A Vicenza la Dc avanza dal 63,8% al 64,4%.
Il Pci avanza dall'8,4% all'11,6%.
Il Psi cala al 13,4%.
In città invece la Dc per poco non perde la maggioranza assoluta (50,2%), si nota una sempre maggiore laicizzazione e il processo culminerà con il referendum per il divorzio, dove risulterà una maggioranza divorzista (in città) e poi, in maniera ancora più vistosa, nel referendum per l'aborto che vede una sconfitta netta dei cattolici del "Movimento per la vita".
Socialisti e comunisti arrivano al 30%.
Nonostante la particolare delusione di Mariano Rumor – a Milano aveva incautamente profetizzato che il Pci aveva già raggiunto il tetto – egli riesce a raccogliere 168.828 preferenze, 75.000 in più rispetto al 1963, quasi un plebiscito. Luigi Gui e Guido Gonella sono lasciati a più di 100.000 voti di distacco.
Secondo però compare A. [Toni] Bisaglia con 74.752 preferenze, più del doppio di quelle del 1963. Chi gli procura le maggiori preferenze è proprio Vicenza (19.368), mentre a Verona, Angelo Tomellieri gli fa dare, in più di 33 centri, maggiori preferenze che a Mariano Rumor.
Fra i candidati vicentini vengono eletti: Renato Corà, Giuseppe Balasso, proveniente dalla Coldiretti, Michelangelo Dall'Armellina, Lino Fornale e senatori Onorio Cengarle, Giorgio Oliva e Renato Treu.
Non ce la fanno Pietro Roversi (delle ACLI) e Rolando Spanevello (sindaco di Valdagno).
Giuseppe Zampieri e il conte Giustino Valmarana spariscono definitivamente dalla vita politica vicentina.
Solo il conte Giustino Valmarana tornerà a far parlare di sé in occasione del referendum sul divorzio del 12 maggio 1974, che vedrà nella città clericale di Vicenza il prevalere del fronte divorzista di chi ha votato «no». Egli dirà infatti a Sandro Meccoli, inviato del «Corriere della Sera», che quei no «sono la consolazione della sua vecchiaia», dichiarandosi «profondamente religioso e altrettanto anticlericale». Gli risponderà don Adriano Toniolo sulla «Voce dei Berici», il settimanale della diocesi, ricordandogli che «la sua pensione di sottosegretario gliela hanno assicurata i cattolici ai quali ora manda il suo disprezzo… Il conte non dovrebbe aver dimenticato quante canoniche ha visitato e quante volte, con la schiena piegata in due, da quanti parroci ha sollecitato i voti nei tempi in cui gli fruttava bene la professione di cattolico senza aggiunte e spartiva il potere della Dc».
Il segretario Renato Corà viene sostituito da Gino Rigon e costui da Galvanin.
Camillo Cimenti
dirige l'ufficio propaganda, Bartolomeo Garzia quello elettorale.
A Delio Giacometti va la vicesegreteria. Tutti fedelissimi di Mariano Rumor (che nel 1975 passeranno con A. [Toni] Bisaglia).


Dopo le elezioni A. Moro viene escluso dal governo, sacrificato sull'altare dei dorotei e dei socialisti che hanno chiesto la sua testa.
[Si avvia in questo periodo quell'intesa fra Mariano Rumor e F. De Martino che assicurerà alla Dc la permanente copertura dei socialisti, anche se il centro-sinistra inizia ormai la sua lenta agonia.
In attesa di riprendere la collaborazione, una volta esaurite le polemiche postelettorali, Mariano Rumor e F. De Martino concordano la costituzione di un governo monocolore democristiano, guidato da G. Leone. Il primo obiettivo è quello di mettere da parte A. Moro, in modo da consentire a Mariano Rumor di diventare finalmente presidente del Consiglio, subito dopo che il primo e anche ultimo congresso del Psu (Partito socialista unificato) avrà rafforzato la posizione di F. De Martino.]


24 giugno-12 dicembre 1968, (II "governo Leone");

[A. Moro macera in silenzio l'amarezza di esser stato sacrificato quale unico responsabile della sconfitta subita dal suo centrosinistra nelle ultime elezioni. Interrompe il lungo silenzio soltanto con un telegramma al segretario della Dc, Mariano Rumor, per prendere posizione contro il soffocamento "manu militari" dell'esperienza di Dubcek in Cecoslovacchia.
Di questo messaggio il quotidiano ufficiale della Dc pubblica solo un sunto.
A. Moro
non partecipa alla riunione straordinaria Dc convocata 48 ore dopo l'ingresso delle forze armate del Patto di Varsavia nel territorio della Repubblica di Cecoslovacchia.
Nel secondo semestre del 1968 «Il Popolo» lo ignora, di A. Moro non si fa più nemmeno il nome.
Ritiratosi a Terracina medita sulle ragioni della crisi elettorale della sua formula politica.]

21 novembre, si riunisce il consiglio nazionale della Dc;
[A. Moro torna di nuovo, di colpo, sulla scena per esporre le sue polemiche riflessioni al gruppo dirigente che si era illuso di poter esorcizzare l'insuccesso con il sacrificio di un capro espiatorio. Il discorso da lui pronunciato assume il valore di un documento storico. Egli dice: «È necessario che le esigenze crescenti e pressanti di una società viva abbiano graduale e piena soddisfazione». Quindi ritorno al centro-sinistra, ma con gradualità, senza rotture.

G. Leone si dimette, aprendo la crisi di governo, dopo la conclusione del congresso del Psu (Partito socialista unificato).


12 dicembre-5 agosto 1969, presidente del Consiglio dei ministri (I "governo Rumor");
[È il primo vicentino che assurge a tanto onore.]

1969
gennaio, si riunisce il consiglio nazionale della Dc; F. Piccoli diventa segretario politico della Dc al posto del doroteo Mariano Rumor.
[Mariano Rumor non vuole ripetere l'errore di A. Fanfani del 1959 assommando in sé la carica di presidente del consiglio e di segretario. Ma egli fa in pratica la stessa cosa dando la importantissima carica in mano a un suo uomo di fiducia. Così i dorotei, nonostante la batosta del congresso di Milano, hanno in mano segreteria e presidenza del consiglio.
Flaminio Piccoli
riscuote appena 85 voti favorevoli contro 87 schede bianche e due nulle: per la prima volta un segretario della Dc non ha dietro di sé la maggioranza del consiglio nazionale.
Ma il fatto più sorprendente è che A. Moro è tagliato fuori dalla posizione dominante e centrale occupata sin dal 1959.
A. Moro sferra comunque un durissimo attacco ai giochi di vertice dorotei-fanfaniani. Quindi se ne ritorna a Bari dove dice ai suoi elettori: «Se dovessi trovarmi in conflitto con il mio passato e con le ragioni per le quali ebbi a godere la vostra fiducia, statene certi, io lascerei il mandato che mi avete conferito. Ma fino a che questo non sia, io continuerò la mia battaglia con la convinzione e ostinazione di sempre».]

9-10 aprile, sciopero generale nazionale;

25 aprile, Milano, lo scoppio di alcune bombe segna l'inizio della risposta della destra alla contestazione della sinistra;

La Dc è tutta impegnata nella preparazione del prossimo congresso, attraverso assemblee provinciali nelle quali si presenta divisa in ben otto correnti: dorotei, fanfaniani, morotei, tavianei, centristi popolari, basisti, forzanuovisti e sulliani.
[Sotto la segreteria di F. Piccoli, il più debole fra tutti i segretari, la Dc addirittura sembra sbracarsi.
Il "caso Sullo" è sintomatico: il 24 marzo F. Sullo, ministro della Pubblica Istruzione, si è dimesso dal governo per motivi di corrente; perché non ha ottenuto il rinvio del congresso provinciale di Avellino, nel quale il suo rivale Cirica De Mita gli stava soffiando la maggioranza.]

23 maggio, Roma, nel convegno nazionale della Dc le critiche di A. Moro si fanno sempre più aspre;
[Ma la segreteria dorotea di F. Piccoli resta del tutto sorda. I morotei sono esclusi perfino dalla gestione degli uffici.]

?, Vicenza, si svolge il ?° congresso provinciale della Dc;
[Il partito si presenta apparentemente unito:
- la maggioranza dorotea (Gino Rigon, Giovanni Bisson, Marcello Borgo, Giuseppe Dal Maso, Angelo Foletto, Galvanin, Delio Giacometti, Benito Sasso, Giuseppe [Pino] Sbalchiero) ottiene il 75,6%;
- la minoranza (Bollin, Luciano Righi, Giovanni Todesco, ecc.) ottiene il 24,3%.
Alla fine degli anni '60, con il tramonto del collateralismo, entrano in crisi le organizzazioni cattoliche delle ACLI e dell'Azione cattolica (nel 1968 Uberto Breganze non viene eletto deputato), mentre la Coldiretti, la più compatta e organica, diventa il principale serbatoio di voti della corrente dorotea.]

27 giugno-2 luglio, Roma, si svolge il XII congresso nazionale della Dc;
[F. Piccoli tiene la sua prima relazione come segretario della Dc.
I dorotei voglio impedire che attorno a A. Moro si aggreghi uno schierametno alternativo a quello da essi guidato, assicurandosi il defintivo appoggio di A. Fanfani (cui il segretario, nella lunghissima relazione, rivolge un devoto omaggio) che però, silurato per ben due volte dai dorotei nel 1959 e nel 1963, punta a portare alla segreteria del partito il suo pupillo A. Forlani che gli dovrebbe così preparare la scalata al Quirinale.
Ma le cose non andranno esattamente così…
La battaglia di A. Moro subisce una accentuata "escalation". Le sue bordate contro gli avversari suscitano addirittura un tumulto e lo scontro fisico fra i delegati. A. Moro lascia da parte del tutto la sua abituale prudenza per abbandonarsi ad un affondo contro i dorotei-fanfaniani senza precedenti. Accusa i gruppi di A. Fanfani e di P.E. Taviani di «deplorevole incoerenza» per essersi alleati con i dorotei e aver avallato la loro «sopraffazione» dopo essersi dichiarati autonomi. Schernisce P.E. Taviani, l'ex doroteo pontiere, per il suo «silenzio inoperoso» e fulmina F. Piccoli (senza degnarsi di farne il nome) con questa sferzata: «un misto di abnegazione e di opportunismo».
Mariano Rumor non presta orecchio alle critiche di A. Moro finché non sperimenterà sulla propria pelle il modo di gestire il partito da parte dei dorotei. Nell'ottobre del 1975 uscirà clamorosamente dalla corrente che ha fondato e nella piovosa domencia del 21 aprile 1976 dichiarerà ufficialmente al congresso nazionale di aderire in pieno alla politica di A. Moro.
. F. Piccoli, consegnato A. Fanfani alla storia, ripete i motivi già cari alle due precedenti relazioni di Mariano Rumor come segretario. Depreca le correnti e «gli interni giochi della Dc che ormai sentono la corda» e propone «una grande maggioranza democratica». Sostiene inoltre che formare una maggioranza non significa mettere in minoranza i dorotei.
. Donat Cattin, invece, polemico, vuole «una nuova maggioranza da determinarsi su una linea politica adeguata ai profondi cambiamenti del paese».
. Giovanni Galloni, della "Base", auspica «un nuovo corso» del centro-sinistra per garantire la continuità dell'equilibrio democratico del paese, «un patto costituzionale da trasferire dal vertice alla base».
. G. Andreotti, di "Impegno democratico" risponde duramente ad A. Moro. Dopo aver detto di solidarizzare con la "relazione Piccoli" precisa che «l'anticomunismo è una caratteristica fondamentale della Dc» e che «su questo problema tutti abbiamo il preciso dovere di fugare timori ed equivoci dell'elettorato e di non creare confusione con formule polivalenti».
. E. Colombo dice di aver «la sensazione che si stia determianndo a tutti i livelli un preoccupante vuoto di potere».
. C. De Mita, ribadisce quella che ha già detto nel precedente congresso: «la maggioranza Dc dà una veste centrista al centro-sinistra», e auspica uno spostamento della maggioranza.

A. Moro coagula attorno a sé una minoranza antidorotea, in aspra polemica con F. Piccoli, per il quale non ha votato al momento della elezione a segretario: il 12,7% dei morotei (fra essi i veneti Luigi Gui e Tina Anselmi), il 2,6% della nuova sinistra di F. Sullo, il 28,2% della "Base" e di "Forze Nuove". Egli ha con sé più di un terzo dei congressuali.
I dorotei, guidati dal quadrumvirato Rumor-Piccoli-Colombo-Andreotti schierano il 39,3% dei voti. Emarginati i centristi guidati da O.L. Scalfaro (2,8%) i dorotei non raggiungono la maggioranza neanche col 9,5% di P.E. Taviani. Sono indispensabili i voti dei fanfaniani (15,9%) che risultano così gli arbitri del congresso e che spingono per la candidatura A. Forlani, mentre A. Fanfani si tira in disparte in prospettiva del Quirinale.
Il congresso delel correnti si risolve in un notevole successo della correne fanfaniana che prepara il ritorno del capo alla guida del partito e nell'ennesimo fallimento del tentativo dei dorotei di conquistare una solida e omogenea maggioranza.
Ma il fatto strabiliante del congresso è l'exploit di A. [Toni] Bisaglia, che riporta più voti dello stesso Mariano Rumor e di F. Piccoli ed è egli stesso costretto a truccare i risultati e porsi al quinto posto dopo i quattro capi succitati. Lo spiegherà egli stesso a Pansa:
«Il fatto è questo. I piccolei non volevano Rumor, i rumoriani non volevano Piccoli, gli andreottiani non volevano Colombo, i colombiani non volevano Andreotti. E io mi sono trovato, senza volerlo, a godere di un vantaggio. Questo mi ha creato un problema psicologico: per un mese ho dovuto contrastare l'impressione che si aveva, e cioè che io volessi far fuori questi miei amici, mentre invece io sono sempre stato molto rispettoso».
Di fronte ai mali del paese, i problemi interni della Dc passano in secondo linea: F. Piccoli è riconfermato segretario del partito e si elegge per acclamazione una direzione con uomini di tutte le correnti. ]

5 luglio, esplode la scissione socialista e il governo deve dimettersi;

5 agosto-27 marzo 1970, presidente del Consiglio dei ministri (II "governo Rumor");
[Trattasi di un governo debolissimo, del tutto inadeguato ad affrontare la gravissima crisi del paese.
A.
[Toni] Bisaglia
è riconfermato come sottosegretario alla presidenza del consiglio.
Si riaccendono i contrasti all'interno della Dc sul come poter ritornare al centro-sinistra.]

settembre, San Ginesio (Macerata), il fanfaniano A. Forlani e il basista C. De Mita gettano le basi di un patto che ha per obiettivo un generale rimescolamento delle correnti.
[L'accordo servirà a portare i due, esponenti della terza generazione dei quarantenni, al vertice del partito (l'avanzata irruente dei giovani farà poi paura ai tre vecchi, Fanfani-Moro-Rumor che nel 1973 si uniranno tra loro nell'accordo di Palazzo Giustiniani).
Il patto di San Ginesio pone le premesse per la liquidazione della segreteria di F. Piccoli. Dalla maggioranza del congresso di Roma si staccano sia i fanfaniani che i tavianei. A questo punto le mosse dei dorotei si fanno convulse.
E. Colombo, riprendendo parte della tematica del congresso del 1967, tenta di costituirsi una posizione personale alleandosi a "Forze Nuove". F. Piccoli apre una trattativa con A. Forlani.]

16 ottobre, giovedì, Roma, all'Eur, nel corso di una riunione dei consiglieri nazionali della corrente "Impegno democratico", tutti sono d'accordo sulla necessità di ritornare al centro-sinistra Dc-Psdi-Psi-Pri, ma se il tentativo fallisse?
[F. Piccoli pensa a elezioni anticipate, E. Colombo le esclude a priori, G. Andreotti è incerto.
E. Colombo propone un accordo della maggioranza con A. Moro e le sinistre interne, senza le quali nessun governo è credibile agli occhi del Psi.
Mariano Rumor si mostra molto seccato da questi contrasti e polemiche. Giovedì non si presenta e venerdì parla per bocca di A. [Toni] Bisaglia. Questi scende di brutto. Attacca E. Colombo e le sue «furberie politiche» riguardo al centro-sinistra e conclude secco: «a questo punto mi chiedo se non convenga che ognuno di noi scelga la propria strada». È il rompete le righe, ordinato dal capo Mariano Rumor.
Prima di andarsene E. Colombo avverte che il programma di governo deve essere concordato con le forze di sinistra, che i dorotei non devono farsi «condizionare» da A. Fanfani e rivolto a F. Piccoli sbotta: «quanto a te, Piccoli, se posso darti un consiglio: calma, calma, calma!». E il trentino risponde: «me ne vado a casa e non torno più». Tutti i giochi sono fatti, la corrente è morta.
Il comitato dei sei (A. [Toni] Bisaglia, Carraro, Gullotti, Orlando , Russo e Ruffini) è incaricato di liquidarla.
ore 22:00, alla Agenzia Ansa arriva il certificato di morte di "Impegno democratico".
Quindi, mentre la corrente dei dorotei è ormai sfasciata, si assiste al fatto, quasi incredibile, che Mariano Rumor e F. Piccoli espellono dalla corrente E. Colombo e G. Andreotti attraverso l'espediente dello scioglimento di "Impegno democratico".
Come si sono svolti i fatti? Lo racconterà A. [Toni] Bisaglia al giornalista Pansa:
«Io sono uno di quelli che hanno capeggiato la spaccatura. Nella corrente le cose andavano maluccio, e la convivenza era difficile. Colombo non aveva mai dimenticato il 1968. Nel 1968 Rumor non voleva fare il presidente del consiglio, aveva sempre promesso a Colombo questo incarico. Ma i capi dei due gruppi parlamentari volevano lui… Ma Colombo non gliela perdonò mai, perché riteneva che Rumor gli avesse tagliato la strada.
Questa è l'origine vera della spaccatura, è di qui che il rapporto interno della corrente ha cominciato a deteriorarsi. Poi c'erano ragioni anche politiche. Nell'agosto del 1969, dopo la scissione socialista, in una riunione della direzione Dc, Colombo aveva sostenuto l'utilità che Rumor provasse a fare un governo con i soli socialisti. Noi dorotei di Rumor e di Piccoli ci opponemmo
».]

Intanto, sciolta la corrente, se ne creano presto due.
[Mariano Rumor e F. Piccoli fondano MIP ("Iniziativa Popolare"), mentre G. Andreotti osserva ironicamente: «sta a vedere che io rimango il solo doroteo, non essendolo mai stato!», e riprende con E. Colombo la posizione che era stata del vecchio doroteismo (il cui nome ufficiale era appunto "Impegno democratico").]

6 novembre, consiglio nazionale della Dc;
[Sfasciati i dorotei le altre correnti ne approfittano e si aprono la strada all'accordo generazionale di San Ginesio, che porta A. Forlani, eletto all'unanimità, alla segreteria del partito. Vicesegretario è C. De Mita.
A questo punto il Pci viene utilizzato non più come nemico da combattere, come sostengono i dorotei, ma come elemento razionalizzatore del sistema, sconvolto sempre più dal caos delle lotte sociali.
A questa teoria delle menti migliori del partito (Moro-De Mita-Galloni) andrà incontro il Pci stesso, nel settembre del 1973 con la proposta di compromesso storico. Ma questo incontro fra i due grandi partiti sarà preparato da una lunga strategia di A. Moro.
Il 14 ottobre 1978 A. Moro dirà a «Repubblica» di Eugenio Scalfari: «se le tensioni sociali continuano così questa società si sfascia. Se questo avviene noi continueremo a governare da soli lo sfascio del paese. Noi non siamo più in grado di tenere da soli un paese in queste condizioni, occorre una grande solidarietà nazionale. So che Berlinguer pensa e dice che in questa situazione è impossibile che una delle due forze politiche maggiori come il Pci stia all'opposizione. Su questo punto il mio e il suo pensiero sono assolutamente identici». Ma A. Moro lo sta già pensando dal 1969.]

18 novembre, si arriva allo sciopero generale, allo scontro fra polizia e dimostranti con l'uccisione dell'agente Antonio Annarumma.

12 dicembre, Milano, bomba alla Banca dell'Agricoltura;
[Mariano Rumor è costretto a letto dalla influenza. Quando riceve la telefonata dal Viminale A. [Toni] Bisaglia è con lui. La terribile notizia lo sconvogle, si vuole dimettere. Ma il sottosegretario lo incita ad alzarsi dal letto per andare a parlare alla televisione e lo accompagna negli studi di Via Teulada passo per passo. Subito dopo Mariano Rumor va a presidere un consiglio dei ministri convocato d'urgenza. Invece di andarsene si orienta verso la costituzione di un governo d'ordine.]

1970
gennaio, Ponte di Chiasso, al valico di frontiera viene fermato Giacomo Colussi;
[Viene trovato in possesso di assegni, del valore di 770 Mni di lire, intestati a Piero Garino, un doroteo veronese, cognato di Angelo Tomellieri, ex presidente della Regione veneta.
[I rapporti tra Mariano Rumor e Piero Garino saranno tutti da chiarire – almeno fino al giugno 1982.
Secondo Giorgio Zicari – «Corriere della Sera» del 28 ottobre 1970 – gli industriali interessati alla "legge su Assisi" «si quotarono» per mettere a disposizione di Piero Garino molte centinaia di milioni per far sì che i vantaggi della "legge su Assisi" durassero più a lungo possibile e la "proposta di legge Giomo", che voleva annullarli, ritardasse al massimo il suo iter parlamentare, iter che sarebbe stato appunto compromesso da «interferenze per interessi privati e da non chiare operazioni di finanziamenti ai partiti politici».
Lo scandalo della "legge su Assisi" che il ministro delle Finanze L. Preti (Psdi) definisce «uno dei più gravi degli ultimi 25 anni» e che il ministro Giovanni Malagaodi affermerà «essere costato allo Stato somme immense», sarà insabbiato e, quel che è peggio, sui documenti trovati nello studio di Piero Garino è stato posto il sigillo del "segreto di Stato".
(Nella 363ª seduta del Senato del 18 novembre 1970 il sen. Luigi Anderlini chiederà al ministro L. Preti se il fatto è vero… non otterrà risposta).
Alberto Sartori, partigiano, medaglia d'argento della Resistenza – fornirà al giudice Giancarlo Stiz di Treviso importanti documenti d'accusa contro Giovanni Ventura e Franco Freda – che collaborò con Piero Garino alla liquidazione della ditta Sa.Mo.Pan., una fabbrica di mangimi animali di Napoli di cui il doroteo veronese è stato plenipotenziario effettivo nel 1969-70, nel libro Il perché della strage di Stato scriverà che «il Garino agiva in contatto con la presidenza del consiglio dei Ministri e aveva facile accesso a Rumor, di cui era amico».
È noto inoltre che Piero Garino era assiduo frequentatore della casa di Rumor a Tonezza, dove era amministratore dell'Hotel Palace di proprietà della moglie.]

 

7 febbraio, Mariano Rumor apre la crisi di governo;
[Essa si trascinerà fino alla primavera ma i socialisti non si lasciano ingabbiare in un governo di restaurazione conservatrice. Mariano Rumor allora scende a patti]

27 marzo-6 agosto, presidente del Consiglio dei ministri (III "governo Rumor");
[Governo quadripartito con il Psi che ammicca alla contestazione guidato dal segretario Giacomo Mancini, mentre l'amico F. De Martino lascia la carica per tornare al governo.
Ma la sua formazione si rivela difficile per i contrasti con i socialdemocratici, favorevoli a modifiche istituzionali per arrivare alla formazione di un governo forte, e socialisti che non accettano di far parte di un blocco d'ordine. Mariano Rumor cerca allora di mediare. Ma la linea politica viene fissata dal segretario A. Forlani nel suo cosiddetto "preambolo Forlani". Una linea «capace di determinare una comune iniziativa che impegni ovunque sia possibile le forze che sono solidali nel goveno».
In pratica un blocco dei 4 partiti da estendersi a tutti gl enti lcoali per delimitare una netta maggioranza autonoma dal Pci. Un ritorno al centro-sinistra, ma, dopo Piazza Fontana, più forte e più deciso rispetto ai precedenti.
La solita illusione di far blocco comune per isolare il Pci.
Trattasi di un governo debole. L'unico impegno concreto sono le elezioni per le regioni a statuto ordinario. Sotto la spinta delle lotte sindacali viene approvato anche lo Statuto dei lavoratori (su pressione particolare del ministro socialista Giacomo Brodolini) mentre passa la legge istitutiva del referendum, che la Dc ritiene un deterrente sufficiente per la temuta introduzione del divorzio.]

 

23 aprile, in un convegno presieduto dal padovano Luigi Carraro nasce la corrente "Impegno democratico";
[Mariano Rumor è assente e affida il suo saluto a F. Piccoli. Parlano un po' tutti, leader e vice: F. Piccoli, Luigi Carraro, Ferrari-Aggradi, Gullotti, A. [Toni] Bisaglia. Quest'ultimo dice: «La ricostituzione del gruppo è necessaria, data la situazione interna della Dc. Noi però intendiamo essere un gruppo aperto. Con gli altri abbiamo in comune la valutazione politica sul centro-sinisitra, sul ruolo del partito, sulla società civile ecc.».
I dorotei, usciti dalla porta, ritornano dalla finestra.
La sede è un intero piano di Palazzo Cardelli, a due passi da Montecitorio, molti impiegati e funzionari, nessuna preoccupazione finanziaria. I capi sono sempre quelli di prima, eliminati E. Colombo e G. Andreotti, due elementi non troppo docili:
. Antonino Pietro Gullotti in Sicilia,
. Antonio Gava a Napoli,
. Petrucci nel Lazio,
. Vincenzino Russo in Puglia,
. Ernesto Pucci in Calabria,
. F. Piccoli nel Trentino,
. Mariano Rumor in Veneto;
e poi si aggiungeranno:
. P.E. Taviani in Liguria,
. Remo Gaspari in Abruzzo,
tutti titolari di importanti quote del pacchetto azionario doroteo che resta sempre quello più gonfio degli altri.]


7 giugno, per la prima volta si svolgono le elezioni regionali;
[- Dc perde un punto (dal 38,8% al 37,9%),
- Pci rimane fermo sul 27,9%,
- Psi ottiene il 10,4%.
Si temeva uno spostamento a destra dell'elettorato che non è avvenuto.
Nel Veneto la Dc si attesta sul 51,8%, pur perdendo due punti. Il partito diminuisce i consensi in tutte le province venete:
Padova perde il 2,1%, Belluno l'1,5%, Verona e Venezia l'1,3%, Vicenza è stazionaria e dal 64,4% passa al 64,2% (258.225).
In città (Vicenza):
- Dc perde la maggioranza assoluta e scende al 49,6%,
- Pci cala di un po' dal 9,3% al 9,1% (36.718),
- Psi è all'8,4%, ritornando sulle posizioni amministrative del 1964 (33.980).
Sempre in città i socialcomunsiti arrivano al 21,3% (15.526), contro i 36.049 dei democristiani.
In ogni provincia i dorotei si assicurano una presenza massiccia nelle liste regionali.
A Verona le minoranze accusano il segretario Ernesto Mariotto, che diventerà insieme con Angelo Tomellieri uno die pilastri del potere di A. [Toni] Bisaglia nel Veneto, di favorire solo i dorotei.
A Vicenza i dorotei fanno da padroni e viene eletto come rappresentante delle minoranze solo Francesco Guidolin mentre Luciano Righi e Bortolo Brogliato saranno messi fuori gioco.
Fra i candiati eletti:
. Borgo, il coldiretto,
. Bottecchia,
. Carlo Gramola,
. Gino Rigon,
. Giuseppe [Pino] Sbalchiero.
Dei dorotei il più battagliero è sempre Giuseppe [Pino] Sbalchiero che nell'aprile aveva scritto ne «Il Momento Vicentino»: «da 25 anni una classe dirigente gioca a scacchi con la pelle degli elettori, considerandoli umili e massacrabili pedine, unicamente preoccupati al massimo di avere sempre pedine per continuare a giocare».
Segretario provinciale è ora Delio Giacometti.
In Regione la Dc conquista 28 su 50 posti (9 al Pci, 5 al Psi, 3 al Psdi, 2 al Pli e a testa al Psiup, al Pri e al Msi).
Inizialmente anche in Veneto, come preventivato dal "preambolo Forlani", sembra prendere corpo l'ipotesi di una Giunta di centro-sinistra, il presidente della Giunta, Angelo Tomellieri, uno dei boss dorotei veneti, dice al «Corriere della Sera»: «La Giunta sarà di centro sinistra organico. Anche i socialisti verranno».
Ma i socialisti non vengono e nemmeno i socialdemocratici e i repubblicani…]

6 luglio, Mariano Rumor si dimette clamorosamente;
[Queste dimissioni improvvise hanno il valore di una sfida ai sindacati e al Pci.
La crisi romana fa precipitare anche quella veneta. In Regione la Dc governa da sola e quindi prende tutto, o meglio prendono tutto i dorotei. Doroteo il presidente Angelo Tomellieri, doroteo pure Vito Orcalli, presidente del consiglio regionale, tutti e due legatissimi a A. [Toni] Bisaglia.
Ma per ora Mariano Rumor, tutto preso dagli affari romani, non se ne accorge, e quando se ne accorgerà sarà troppo tardi.
A Vicenza il segretario provinciale Delio Giacometti diventa, per breve periodo, segretario regionale al posto di Vito Orcalli e il nuovo consiglio provinciale è formato da:
. Virgilio Marzot,
. Pio Fracasso,
. Elia Ciscato (passato dalla sinistra con i dorotei),
. Giacinto Santacaterina,
. Antonio Dainese,
. Giuseppe Dal Maso (il più forte elettoralmente, fonderà la segreteria di A. [Toni] Bisaglia a Vicenza, in contrapposizione a quella di Mariano Rumor e riuscirà a diventare sottosegretaro di Stato),
. Germano Rudella,
. Benito Sasso,
. Renato Bortoli,
. Gianni Pandolfo,
. Adone Perin,
. avv. Garzia (che lascerà Mariano Rumor per A. [Toni] Bisaglia).]

6 agosto-17 febbraio 1972, ("governo Colombo");
[Governo quadripartito con lo stesso programma di quello di Mariano Rumor, anche se ben diverso nella forma. Il vicentino non credeva nel patto di San Ginesio, un patto di giovani che riconosceva la necessità di instaurare un nuovo rapporto con il Pci, non più combattendolo, ma utilizzandolo come elemento razionalizzatore delle tensioni sociali. È la famosa proposta di patto costituzionale avanzata da C. De Mita. Su questa posizione si era già orientato A. Moro, si stava spostando G. Andreotti, ora E. Colombo tenta di attuarla.
E. Colombo
blandisce le velleità del pansindacalismo, inaugurando una prassi del tutto nuova di consultazione permanente tra governo e centrali sindacali. Il neopresidente si impegna anche a varare una serie di misure di rilancio dell'economia e a far votare definitivamente la legge Fortuna-Baslini che istituisce il divorzio.]

Intanto Mariano Rumor torna in Veneto e nel nuovo gruppo MIP ("Iniziativa Popolare") che tenta di risollevargli le sorti dopo il tonfo dell'estate.

10-11 ottobre, Vicenza, si tiene una riunione del comitato regionale della Dc;
[Bisogna eleggere il nuovo segretario regionale che prenderà il posto di Delio Giacometti, segretario provinciale di Vicenza che, sempre legato a Mariano Rumor, ha accettato di reggere l'incarico soltanto per il periodo di formazione degli organi della Regione Veneto.
Il comitato si divide in due.
Si dichiarano minoranze forzanovisti e morotei. Per questi ultimi parla il padovano Luigi Gui, che spara un duro attacco contro la coalizione dorotea. Definisce la maggioranza «impermeabile a qualsiasi apporto esterno che possa contrastare il suo potere e chiusa nei confronti dei dissenzienti».
Ma contro Luigi Gui e forzanovisti (rappresentati da Eugenio Gatto, Luigi Girardin, Carlo Fracanzani, Francesco Guidolin), si schierano basisti (il leader è il trevigiano Dino De Poli) e fanfaniani (Francesco Fabbri).
E questo blocco sceglie il nuovo segretario regionale Giovanni Bisson, vicentino, giovanissimo amministratore del comune di Noventa Vicentina, vicesegretario provinciale, capo ufficio stampa della Camera di Commercio, particolarmente vicino all'ex segretario provinciale Renzo Pellizzari.
Subito dopo esce una pubblicazione, «Agenzia Veneta», portavoce della corrente.
Ma A. [Toni] Bisaglia, che aveva dovuto lasciare l'ambitissima carica di sottosegretario della presidenza del consiglio dopo tre governi con Mariano Rumor, comincia a differenziarsi dalla posizione politica rinunciataria del capo, legato alla visione, ormai superata dai fatti, del centro-sinistra, che definisce «un morto che viene portato in giro per dimostrare che è vivo».
A. [Toni] Bisaglia, come G. Andreotti, E. Colombo, A. Moro, C. De Mita, capisce che il partito deve inaugurare nuovi rapporti con il Pci.

19 dicembre, Soave (Verona) si svolge un convegno;
[Contro il discorso di Mariano Rumor che vede la salvezza del paese nel «salvagente» del centrosinistra, A. [Toni] Bisaglia sostiene che bisogna guardare avanti, che il centro-sinistra è «una strada lastricata di sabbie mobili», che la Dc è al bivio.
La Dc deve scegliere o svolta a destra o accordo con i comunisti. Non ci sono vie di mezzo.
«Noi scartiamo l'ipotesi sia di una involuzione di destra sia di accordo con il Pci, ma il nostro rapporto con il Pci non può più essere quello del 1948, si impone un nuovo tipo di confronto.
Dobbiamo avere tanta capacità di confronto permanente per far recepire quanto vi è di valido nelle distinte e rispettive posizioni
».
Un discorso fatto ai vertici dorotei veneti, ma di difficile comprensione da parte della base.
Questo pensiero di A. [Toni] Bisaglia, diverso da quello di Mariano Rumor, prepara alla lontana, l'ulteriore spaccatura dei dorotei che si avrà nel 1975.
Questo, tuttavia, è il momento di massima apertura del rodigino nei confronti del Pci. Poi andrà progressivamente chiudendosi fino ad assumere toni di anticomunismo acceso, come nell'intervista a «Epoca» nell'aprile 1979 in cui dirà che «dobbiamo dimostrare che è possibile governare senza comunisti, se si vuole, come noi vogliamo, che l'Italia risolva i suoi problemi restando una società occidentale, libera, capace di rinnovarsi e di progredire».]


1971
aprile, si svolge il consiglio nazionale della Dc;
[Mariano Rumor ribadisce di «evitare la confusione» nei rapporti con il Pci e le organizzazioni sindacali, perché «il sistema produttivo può sopportare un urto, ma non un urto continuo».
Lo stesso mese «Il Momento Vicentino», che ha sempre rispecchiato il pensiero di Mariano Rumor, si abbandona ad una serie di attacchi durissimi ai sindacati, al "governo Colombo", che ha intrapreso la nuova tattica di consultazione permanente con loro, e alla "segreteria Forlani", accusata di adottare una linea morbida con il Pci.]

Nello stesso periodo vengono soppresse le ACLI che si erano rifiutate di sostenere il tradizionale collateralismo della Dc.
[«Il Momento Vicentino» ricostruisce una cronaca faziosa dell'XI congresso nazionale delle ACLI a Peschiera sostenendo che le province rappresentate erano solo 53 su 90, proprio quelle che non avevano fatto la scelta socialista. Lo stesso periodico bolla il congresso come «fazioso, moralmente violento» e ritiene necessaria una scissione: «ci domandiamo se è ancora per noi opportuno rimanere a convivere nella stessa casa».
Rispondono gli aclisti vicentini:
. Mario Spagnolo,
. Pio Porelli,
. Luciano Pozzan,
. Carlo Pasin,
. Rosanna Menin,
. Livio Menini,
. Linda Zini,
. ecc.
che Vicenza non aveva mandato delegati aclisti al congresso perché «la presidenza provinciale, aveva impedito alla gioventù aclista di effettuare regolarmente precongresso e congresso». Lamentano che non sia stato dato spazio alla mozione conclusiva e all'intervento di Gabaglio il quale aveva ribadito che l'autonomia aclista nei rispetti della Dc non significava collateralismo con altre forze politiche e che le Acli non dovevano abbandonare i militanti democristiani che condividevano gli ideali di una società alternativa al capitalismo. Essi accusano i dirigenti e la destra Dc di aver finanziato la scissione e il controcogresso di Verona e concludono: «state lavorando contro la storia e fuori della stessa ispirazione originaria della Dc. Non si commetta il tragico errore di combattere le forze vive delle Acli con il rischio di regalarci un nuovo fascismo».
Nello stesso numero de «Il Momento Vicentino» viene riportato l'articolo: «nascono le libere Acli» in cui si dice che la scissione è necessaria «visto che all'interno delle Acli tradizionali non esistono più spazi per un confronto democratico delle posizioni».
Gli scissionisti, capeggiati dall'on. Michelangelo Dall'Armellina, decidono il cambiamento del nome ACLI sulle proprietà immobiliari e sui beni patrimoniali.
Lo stesso mese di aprile, con atti notarili, si procede a togliere il nome dalla Casa Alpina SpA di Tonezza e Camposilvano e dalla Stella Alpina SpA di Valdagno.
In seguito viene abrogata la licenza concessa alle ACLI del bar "Scrigni" di Piazza Duomo a Vicenza e intestata al doroteo Gino Rigon.
Dirà Mario Spagnolo: «la scissione delle nuove ACLI, dette MCL, era stata convalidata da consultazioni spesso truccate (molti operai ancora adesso ignorano che sia avvenuta una rottura), in cui venivano presentate mozioni prefabbricate, firmate talvolta da una sola persona a nome di tutta la assemblea».

13 giugno, si svolgono le elezioni amministrative in 5.000 comuni al di sopra dei 5.000 abitanti, nelle quali l'erosione dell'elettorato democristiano da parte del Msi è evidente.

 

7 dicembre, nella riunione del direttivo aclista viene decisa la scissione delle ACLI;
[La seduta viene conclusa in tutta fretta perché i separatisti devono portare il voto della rottura a Roma dove, il giorno successivo, una assemblea nazionale sanzionerà ufficialmente la divisione.]

8 dicembre, gli aclisti che non hanno aderito alla scissione si riuniscono in assemblea al "Cristallo" e chiedono il commissariamento per il comportamento antistatutario degli scissionisti.

dicembre, si svolge il 26° congresso provinciale della Dc;
[I dorotei stravincono con il 75,8% dei voti congressuali.
Si sono presentati per la prima volta anche i morotei, la cui relazione è stata fatta da Mario Serafin, e i basisti, per i quali ha parlato Domenico Stella. Ma queste due liste non hanno nemmeno un seggio.
I forzanovisti, guidati da Onorio Cengarle, Francesco Guidolin e Luciano Righi raggiungono il 21,6% dei voti e vedono eletti Giampietro Meneghini, Luciano Righi, Antonio Simonetto e un altro.
I dorotei hanno 14 eletti nel comitato provinciale con il segretario Delio Giacometti. Fra questi Giuseppe Dal Maso, Antonio Corazzin, Domenico De Boni, Michele Peroni, Ugo Saoncella, Giuseppe Splendore, Marcello Borgo, Luigi Cocco, i fanfaniani hanno come eletti Angelo Foletto e Benito Sasso ed altri.]

Lo stesso mese si vota a Roma per l'elezione del Presidente della Repubblica.
[Nel 1964 i dorotei sostenevano G. Leone e le sinistre A. Fanfani. Ora accade il contrario: i dorotei puntano su A. Fanfani che, dimenticando le sue origini dossettiane e di esser stato, fino alla defenestrazione dei dorotei del 1963, il riferimento della sinistra Dc, si presenta ora, accordandosi con loro, come un uomo d'ordine, e come politico forte in grado di piacere alla destra.
Ma contro A. Fanfani stavolta si schierano:
. G. Andreotti (da sempre ostile a lui e ad A. Moro, che rinuncia alla candidatura),
. C. De Mita (che nel 1964 per votarlo era stato sospeso dal partito da Mariano Rumor!),
. E. Colombo, che appoggia un candidato di centro-sinistra.
Allora i dorotei, vista impossibile un'elezione di A. Fanfani, puntano lo stesso su una soluzione tipo «blocco d'ordine» sostenendo G. Leone, che viene eletto con i voti dichiarati Dc, Pli, Pri, Psdi e Msi.
A A. Fanfani il Psi contrappone F. De Martino, sostenuto da tutta la sinistra. Ma l'aretino non passa e il Psi decide di puntare su P. Nenni come candidatura di bandiera e di pressione per indurre la Dc a votare A. Moro. Parallelamente Pri, Psdi, Pli propongono alla Dc di eleggere o Mariano Rumor o P.E. Taviani o G. Leone. I socialisti invece si dichiarano disponibili solo per A. Moro.
Ma alla riunone dei grandi elettori Mariano Rumor rinuncia e dopo di lui P.E. Taviani.
Prevale quindi G. Leone che viene eletto, nonostante la forte dissidenza Dc, con i voti fascisti.]

Dopo l'elezione di G. Leone alla presidenza della Repubblica il "governo Colombo" si dimette e l'incarico di formare un nuovo governo viene affidato a G. Andreotti che, nel corso delle sue svariate evoluzioni politiche, ora si presenta come l'uomo della destra clericale in grado di far ritornare all'ovile i voti «in libera uscita» andati al Msi nelle elezioni del 1971.

1972
17 febbraio-26 giugno 1972, ministro dell'Interno (I "governo Andreotti");
[Il governo è battuto al Senato e due giorni dopo il presidente della Rpeubblica decreta lo scioglimento delle Camere. Le elezioni sono indette per il 7 maggio successivo.]

16 aprile, Mario Spagnolo, dirigente dell'Azione Cattolica dal 1938, primo segretario della Acli vicentine, presidente provinciale dal 1966 al 1969, invia una lettera aperta a Mariano Rumor.
[In essa, tra l'altro, si legge: «chi ha strumentalizzato per anni la buona coscienza dei cittadini e perfino la loro fede religiosa per assicurarsi un potere sempre più forte e clientelare, oggi ha perduto il diritto della loro fiducia». La lettera determina la defenestrazione dell'ex dirigente aclista.]

 


7-8 maggio, rieletto deputato (VI Legislatura – 1972 25 mag - 4 lug 1976) per la Dc nella circoscrizione VERONA;

Elezioni politiche
[Vicenza, 7 maggio 1972
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psdi
[Partito socialista democratico italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pri
[?]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pli
[?]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psi              
     
     
     
     
     
Pci             
     
     
     
     
     
UP            
     
     
     
     
     
PNM            
MSI            
USI            
PEU            
PFI            
PRS            
Totali
100,00
       

La Dc scende, contro le previsioni, di poco (dal 39,1% al 38,7%).
Il Pci avanza di pochissimo (dal 26,9% al 27,2%).
Il Psi va sotto il 10%.
Mariano Rumor ha paura di queste elezioni, sa di avere una segreteria scassata, guidata da un meridionale, mal visto nel Veneto, tale Terse Ulissi, che passerà alle cronache politiche più per aver dato il passaporto a Camillo Crociani, coinvolto nello "scandalo Lockheed", che per la sua attività di segretario della Dc.
Nel Veneto la Dc passa dal 53,1% al 53,4%:
. 1° Mariano Rumor (266.710),
. 2° A. [Toni] Bisaglia (138.241), (il suo segretario a Verona è Alberto Rossi),
. 3° Luigi Gui (61.327),
. 4° Carlo Fracanzani (57.623).
A Vicenza:
- Dc avanza (dal 64,2% al 65,5%),
- Psi perde, rispetto al 1968, metà dei voti,
- Pci aumenta di poco ( dal 9,1% al 9,5% - da 36.000 a 40.000 voti).
Vengono eletti:
- alla Camera, Giuseppe Dal Maso, Renato Corà, Michelangelo Dall'Armellina (grazie alla scissione delle ACLI), il coldiretto Giuseppe Balasso;
- al Senato, Onorio Cengarle, Giorgio Oliva e Renato Treu.
Sono sconfitti Lino Fornale, il fanfaniano Benito Sasso (membro del direttivo provinciale) ed Ezzelino Marangoni (componente del Comitato provinciale e Assessore a Camisano Vic.no.
Fra i veneti cominciano ad emergere:
. Renato Corà (56.674 preferenze),
. Enzo Erminero (51.190), moroteo di Verona,
. Luigi Girardin (49.015), forzanovista di Padova, che nel duello con l'antagonista della stessa corrente Carlo Fracanzani, finirà con l'avere la peggio,
. Giuseppe Dal Maso (42.555), bisagliano di Vicenza, che appoggiandosi al rodigino diventerà il parlamentare più potente di Vicenza e tale da far paura allo stesso Mariano Rumor.
[In questo periodo l'organizzazione di A. [Toni] Bisaglia lavora già più per sé che per Mariano Rumor ma bisognerà attendere le prossime elezioni per vedere Giuseppe Dal Maso ordinare apertamente di non votare Mariano Rumor.]

 


 


26 giugno-7 luglio 1973, ministro dell'Interno (II "governo Andreotti");
[Governo con Dc-Psdi-Pli.]

4 novembre, A. [Toni] Bisaglia, il primo collaboratore di Mariano Rumor, rilascia una intervista al «Corriere della Sera»;
[Egli osserva: «questo è un governo che la Dc sostiene, ma noi facciamo anche un discorso più a lungo termine, che non è un giochetto, né una trappola, ed è così che ci poniamo il problema dei socialisti. Non possiamo trascurare il ruolo del Psi nel contesto democratico italiano. Consideriamo con attenzione il congresso socialista, consapevoli del valore di quel partito».
In pratica egli si rimangia quello che aveva detto a Soave, dove aveva definito il centro-sinistra una specie di «zombie», un morto portato in giro. Anche se è chiaro che qui parla a favore di Mariano Rumor che si ostina a credere nel centro-sinistra, come il «salvagente» della vita politica italiana, dopo aver riallacciato il dialogo con l'amico F. De Martino.
( Ma a differenza di quanto avvenuto nel 1963 e nel 1968 la formazione del centro-sinistra non avverrà dopo il congresso socialista, ma quello democristiano, nel giugno del 1973).]

6 dicembre, il vescovo Carlo Zinato ingiunge a Mario Spagnolo di dimettersi dalla presidenza della commissione pastorale per il mondo del lavoro;
15 dicembre, il prof. Mario Spagnolo accetta le dimissioni e invia una lettera al vescovo Carlo Zinato in;
[In essa, tra l'altro, si legge: «il mondo del lavoro vicentino aspirava ad una Chiesa diocesana schierata con le ragioni della giustizia e l'ha spesso trovata compromessa con quelle del potere, del denaro e della politica. perciò molti poveri se ne sono andati dalla casa che era loro».]

Lo stesso anno vengono incriminati Franco Freda, Ventura e Guido Giannettini per la "strage di Piazza Fontana".


1973
in vista del congresso della Dc si svolgono, nelle varie province, i rispettivi precongressi;
[A Vicenza vengono eletti i vari delegati:
- 4 fanfaniani (corrente in più rispetto al precedente congresso): Angelo Foletto, Benito Sasso, Adone Perin e Ivo Marchiori;
- 2 morotei: Giorgio Sala e Mario Serafin;
- 2 basisti: Bortolo Brogliato e Antonio Benetti;
- 14 forzanovisti: Luciano Righi, Bollin, Giovanni Todesco, Germano Rudella, Mario Consolato, Antonio Albanello, Sergio Brusadin, Giuseppe Zampieri ecc.;
- 51 dorotei: (Delio Giacometti, Renzo Speggiorin, Sergio Martinelli, Giuseppe Splendore, Lino Zio, Franco Borgo, Gaetano Bettenzoli, Bice Bortoli, Augusto Canaglia, Camillo Cimenti, Elia Ciscato, Luigi Cocco, Giandomencio Cortese, Giuseppina Dal Santo, Ernesto Panozzo, Enrico Dalla Grana ecc.]

Il "patto di Palazzo Giustiniani" mette virtualmente in mora il governo.
[In pratica questo patto predetermina già le conclusioni del congresso, il primo fatto a tavolino già precostituito.
Il patto tra i "due cavalli di razza" – A. Fanfani e A. Moro – prevede la liquidazione del "governo Andreotti" e della "segreteria Forlani", il conferimento della presidenza del consiglio a Mariano Rumor e la segreteria ad A. Fanfani.
Le sinistre non possono non essere d'accordo perché si prepara il ritorno al centro-sinistra.
A. Fanfani
propone a G. Andreotti di aggregarlo in un blocco congressuale che comprenda parte dei dorotei e i basisti in un urto diretto con i dorotei. Ma A. Moro non approva il disegno perché pensa di arrivare al centro-sinistra con tutte le sinistre e i fanfaniani, condizionando i dorotei. Il "gran visir" della vita politica italiana riesce nel suo intento di staccare i fanfaniani dai dorotei e di aggregarli alle sinistre in un blocco contro Mariano Rumor e G. Andreotti. Ma in realtà Mariano Rumor riceve la presidenza del consiglio e solo G. Andreotti rimane isolato.
I dorotei chiedono tre teste: quella di G. Andreotti, di A. Forlani e di Donat Cattin.
A. Fanfani
è d'accordo sul sacrificio dei primi due, ma non di Donat Cattin; tutto ciò significa che si può andare al congresso senza traumi, in nome della unità del partito.
A G. Andreotti ed E. Colombo non resta che adeguarsi alla manovra di A. Fanfani e A. Moro che è basata sulla formazione di un accordo di tutte le correnti.
È questo patto che lascia mano libera al solo A. Fanfani, coperto costantemente da A. Moro, e imbriglia le sinistre, patto firmato anche da G. Andreotti benché diretto contro se stesso e il suo govenro.]

Il governo si dimette.

6-10 giugno, Roma, si svolge il XII congresso nazionale della Dc;
[A seguito del cosiddetto "patto di Palazzo Giustiniani", la Dc sceglie di riavviare la collaborazione con i socialisti e Mariano Rumor è nuovamente designato dal partito alla guida di un governo di centro-sinistra.
L'ago della bilancia del congresso è prorpio Mariano Rumor la cui controrelazione alla relazione ufficiale del segretario A. Forlani segna il ritorno della collaborazione con i socialisti e del centro-sinistra.
Seggi conquistati nel consiglio nazionale:
- 42 ai dorotei (34,2% dei voti congressuali),
- 24 ai fanfaniani;
- 20 al gruppo G. Andreotti-E. Colombo,
- 12 alla "Base";
- 12 a "Forze Nuove",
- 10 ai morotei.
I dorotei si colllocano quindi in una posizione mediana fra i sostenitori della centralità (G. Andreotti, A. Forlani e lo stesso A. Fanfani, ripetitori dello slogan "Avanti al centro") con il 36,3% dei voti, e le sinistre, favorevoli ad un rapido ritorno della collaborazione con i socialisti con il 29,5%.]

Subito dopo il congresso il governo si dimette definitivamente.

7 luglio-14 marzo 1974, presidente del Consiglio dei ministri (IV "governo Rumor");
[Governo di centro-sinistra organico (Dc-Psdi-Pri).]



[Lo stesso anno, quando la Coldiretti, pilastro residuo delle associazioni cattoliche, passa sotto il controllo del suo figlioccio rivale A. [Toni] Bisaglia, comincia la sua decadenza politica, prima a livello locale e poi nazionale.
Il rodigino, infatti, sostituisce subito alla presidenza della Coldiretti di Vicenza, l'on. Balasso da sempre legato a Mariano Rumor, presidente onorario dell'associazione, con il consigliere regionale Franco Borgo, suo braccio destro, che in questo modo gli mette a disposizione quell'enorme serbatoio di voti, compatti e impenetrabili, del mondo dei contadini di Vicenza, una provincia nel suo complesso ancora agricola.]

Nello stesso periodo (1973-74) avviene la decisione di autorizzare il SID a rispondere negativamente alla richiesta del giudice istruttore che chiede notizie su Guido Giannettini.
[Informatore del SID, imputato di strage, sarà successivamente condannato all'ergastolo in primo grado e assolto per insufficeinza di prove nel secondo.
]

estate, la latteria "P. Marconi" di Thiene organizza un «viaggio-studio» avente come meta: Germania-Olanda-Danimarca.
[- 1981, luglio, la procura della Repubblica di Vicenza emetterà 41 comunicazioni giudiziarie nei confronti di noti bisagliani e le loro mogli. Fra costoro: Giuseppe Paiusco e moglie, Danilo Longhi e moglie, Carlo Pellizzari e moglie ecc.]

1-11 settembre, lo Stato finanzia con 12 Mni di lire un viaggio studio per Coldiretti negli Stati Uniti.
[I partecipanti sono 36 e in buon parte legati alla macchina politico-elettorale di A. [Toni] Bisaglia. Cura le operazioni di viaggio Carlo Pellegrini, segretario personale del ministro a Rovigo e vi partecipa anche il segretario di Verona Alberto Rossi, accompagnato dalla moglie.
- 1976, la notizia viene pubblicata su «Panorama» e il processo di primo grado si svolge a Rovigo. Carlo Pellegrini viene condannato.
- 1977, la Corte d'Appello di Venezia condanna anche Giulio Veronese, assessore regionale e Domenico Caserta, capo dell'Ispettorato dell'agricoltura di Rovigo.
Per tutti e tre la sentenza parla di «truffa ai danni dello Stato e falso ideologico». A. [Toni] Bisaglia però li difende sostenendo che «nulla hanno fatto al di là di aver interpretato la legge».
Commenta Giorgio Bocca: «Una dichiarazione che è il rifiuto, la sconfessione, l'indifferenza serene, totali verso lo Stato di diritto e le sue leggi».]

 

Alla fine dell'anno, a Padova, il procuratore della Repubblica Aldo Fais dà il via all'indagine (che verrà prontamente sottratta) sul complotto della "Rosa dei Venti".

dicembre, Mestre (Venezia), al "cinema Corso" si svolge il congresso regionale della Dc;
[Per la prima volta emerge, ancora allo stato latente, il contrasto tra A. [Toni] Bisaglia e Mariano Rumor.
Si sente parlare di "bisagliani" e di "rumoriani".
La prima testa che cade è quella del segretario regionale Giovanni Bisson, accusato dai fedelissimi di Mariano Rumor, in particolare dal segretario provinciale ed ex regionale Delio Giacometti, di essere un bisagliano, cioè di preferire la segreteria di A. [Toni] Bisaglia a quella di Mariano Rumor.
Cosa è accaduto?
Delio Giacometti non ha sopportato di essere stato silurato come segretario regionale e vede di malocchio il giovane Giovanni Bisson che lo ha scavalcato.
A Paolo Berti dell' «Europeo» e a Pansa del «Corriere della Sera» spiegherà così Giovanni Bisson: «Ogni rapporto con Rumor era filtrato da Giacometti. Io ero segretario regionale, cercavo Rumor e non lo trovavo. Dopo qualche giorno mi telefonava Giacometti e mi diceva: 'Go sentio che te ghe sercà Mariano. Cosa vuto?' Lei capisce la situazione».
Mariano Rumor
, come al solito, è irragiungibile perfino dal segretario regionale, ma avvicinabile solo da alcuni intimi come Delio Giacometti, Quintino Gleria.
Giovanni Bisson finisce di aver contatti solo con il ben più raggiungibile A. [Toni] Bisaglia e in particolare con il suo segretario Amedeo Zampieri, di cui il rodigino ha una ammirazione sviscerata. Allora gli amici di Mariano Rumor mettono subito in cattiva luce Giovanni Bisson dicendogli che lo tradisce, che ha rapporti preferenziali con A. [Toni] Bisaglia e così il presidente, ancora onnipotente, vuole la testa del segretario che da questo momento in poi si eclisserà e entrerà in quarantena fino al 1975 in cui Mariano Rumor, dopo esser stato abbandonato da Delio Giacometti e da altri, lo manderà a chiamare e lo metterà a capo del suo nuovo gruppo, dandogli l'incarico di fare una relazione sulla sua nuova concezione della poltiica e del partito nei convegni della Montanina, e facendogli compilare la "vulgata" del suo nuovo verbo, un librettino, una specie di catechismo marianeo: Una proposta per la Dc. Questi i fatti visti in prospettiva.
I dorotei escono dal "cinema Corso" ancora più forti. I 60 posti del comitato regionale vengono così distribuiti:
- 32 al gruppo Mariano Rumor-A. [Toni] Bisaglia,
- 11 a "Forze Nuove",
- 7 ai morotei,
- 6 ai fanfaniani,
- 2 al gruppo G. Andreotti-E. Colombo,
- 2 alla "Base".]


1974
28 febbraio, il governo è già in crisi per le dimissioni del Ministro del Tesoro U. La Malfa (Pri);
[Si è dimesso per dissensi con i ministri socialisti sul prestito del FMI (Fondo monetario internazionale) e l'indirizzo di politica economica.
U. La Malfa chiede una politica economica di maggiore austerità. Ma i repubblicani contano poco.
Quello che ha messo in crisi il governo sono gli stessi motivi per cui Mariano Rumor si era già dimesso nel luglio del 1970.
A. Fanfani e Mariano Rumor sperano, con il ritorno al centro-sinistra, di avere l'acquiescenza dei partiti di sinistra e dei sindacati ad una politica di sacrifici che riduce drasticamente il livello di vita dei lavoratori e dei ceti subalterni. Ma partiti di sinistra e sindacati non sono disposti ad avallare una politica di questo genere a spese dei lavoratori. È dunque necessario sconfiggerli politicamente e il referendum – come dirà Galli – «pare l'arma più adatta per far conseguire alla Dc una vittoria che avrebbe risolto tutti i suoi problemi».
Dopo la caduta di Mariano Rumor il ministro del Mezzogiorno Donat Cattin brinda dalla gioia con lo champagne in compagnia di amici.]

2 marzo, il governo si dimette;

14 marzo-23 novembrepresidente del Consiglio dei ministri (V "governo Rumor");
[Governo tripartito visto che il Pri ha ritenuto di non rientrare a Palazzo Chigi.
Per il recente comportamento di Donat Cattin, Mariano Rumor si irrita al punto che, d'accordo con A. Fanfani, lo lascia fuori dal governo regalando la poltrona al socialista Mancini.
Ma l'ex ministro Donat Cattin si vendica rilasciando un'intervista a Piero Ottone in cui dichiara di avere le prove dello "scandalo di Gioia Tauro" (insediamento voluto da Mancini e da lui avversato) e di aver fornito i dati a un giornale che però li avrebbe archiviati, forse per compliicità politicihe.
Anche quest’esperienza di governo si concluderà rapidamente, a causa della crisi irreversibile della formula di centro-sinistra e degli scossoni provocati sul quadro politico dal referendum sul divorzio.]

30 marzo, dopo tre mesi di trattative, l'avv. Pietro Feltrin, 46enne, di Oderzo (TV), consigliere regionale, viene eletto segretario regionale della Dc, succedendo al "traditore" Giovanni Bisson;
[La gestione della Dc veneta se la assumono tutti i dorotei con la minuscola appendice della "Base".]

G. Andreotti, rimasto per nove mesi in silenzio, morde ora il freno per essere stato messo in "quaresima" e lascia una clamorosa intervista all' «Espresso»;
[È un siluro diretto al trio A. Moro-A. Fanfani-Mariano Rumor che lo hanno congelato. La minaccia è esplicita: «Stiamo attenti all'ira dei calmi». G. Andreotti minaccia A. Fanfani di svelare i retroscena dello "scandalo Montesi" da lui usato per liquidare la classe degli ex popolari. Lo stesso può fare lui per far fuori chi lo vuole mettere da parte. L'intervista ottiene l'effetto sperato. A. Fanfani lo convoca e, nella prima crisi di governo, gli dà il ministero caldo richiesto come condizione del suo silenzio: la Difesa.
Nel nuovo posto G. Andreotti cova, nello studio degli esplosivi fascicoli del SID, la sua rinascita politica che gli permettera di contendere la leadership ai "due cavalli di razza" – A. Fanfani e A. Moro. Si fa mandare tutti i dossier "top secret" contrassegnati dalla sigla "WW".]

Frattanto A. Fanfani impegna la Dc sulla campagna contro il divorzio.
I dorotei hanno invece una linea molto diversa da quella dell'aretino. Mariano Rumor, come presidente del consiglio, rimane completamente assente dalla campagna per sancire la neutraltà del governo, ma mette in guardia i suoi: «Stiamo attenti di non inasprire la polemica con i socialisti sul divorzio, sarebbe come innescare una bomba con due conseguenze disastrose: la probabile caduta del ministero appena ricostituito e l'accentuarsi del processo di sfaldamento del centro-sinistra».
Così la pensa anche A. [Toni] Bisaglia che si impegna pochissimo nella campagna dopo aver detto a A. Fanfani che è una battaglia perduta per la Dc.

12 maggio, col referendum sul divorzio la Dc subisce una dura sconfitta;
[A. Fanfani viene battuto anche nel bianchissimo Veneto:
- province divorziste: Venezia (63,4%), Belluno (56,3%) e Rovigo (55,4%),
- province antidivorziste: Padova (38,1%), Treviso (47,6%), Verona (44,2%);
a Vicenza città vincono i divorzisti (53,4% no) e in provincia gli antidivorzisti (61,1% sì).
La stangata del referndum, seguita dalla sconfitta delle elezioni sarde, rende incandescente il clima nella Dc e di riflesso nel governo.
Mariano Rumor
si dimette ma Giovanni Leone lo rimanda davanti alla Camera e il centro-sinistra riprende zoppicando la propria strada. Alla sconfitta A. Fanfani oppone una energica reazione che non tollera critiche. Donat Cattin e Bodrato vengono cacciati dalla direzione e il vicesegretario Marcora segue l'esempio di A. [Toni] Bisaglia e si dimette.]

8 giugno, G. Andreotti è pronto per l'intervista dell'anno.
[Chiama nel suo ufficio Massimo Caprara del «Mondo» e gli annuncia la sostituzione del gen. Miceli, da sempre legato ad A. Moro, con l'ammiraglio Mario Casardi. Poi la bomba.
Fa finta di parlare per caso di un certo Guido Giannettini e rivela la vicenda, rimasta finora sconosciuta, del fatto che il SID aveva «coperto» il ruolo d'informatore del servizio segreto di Guido Giannettini.
Afferma G. Andreotti: «Fu un grave errore, bisognava dire la verità: cioè che Giannettini era un informatore regolarmente arruolato nel SID e puntuale procacciatore di notizie come quelle relative all'organizzazione della strage».
È un siluro contro Mariano Rumor. La decisione di coprire la spia del SID Guido Giannettini era avvenuta nell'agosto del 1973, ma Mariano Rumor, al processo di Catanzaro per la "strage di Piazza Fontana", dirà di non saperne nulla.]

18 luglio, si riunisce il consiglio nazionale della Dc;
[Marcora si giustifica dicendo che la «Dc non promosse né incoraggiò il referendum». La sua relazione viene approvata.
In questa occasione A. [Toni] Bisaglia legge 21 cartelle che vengono interpretate come una specie di autocandidatura alla segreteria. È il discorso di Soave in edizione riveduta e corretta dopo la lezione del referendum. Il rodigino nota che lo spauracchio dell'anticomunismo non ha più presa sull'elettorato.
È significativo che lo dica un doroteo che ha fatto e fa dell'anticomunismo una bandiera redditizia in termini elettorali.
Il prof. Nello Beghin, forzanovista padovano, commenta così il discorso di A. [Toni] Bisaglia: «Di lui ognuno apprezza la intraprendenza, ma non pochi considerano con qualche apprensione la spregiudicata capacità di mobilitare voti con metodi clientelari». Egli lamenta due concezioni distorte della Dc: quella del rodigino che vede il partito come una componente di ceti medi e quella di Carlo Fracanzani [il conte rosso] che lo concepisce come un partito demo-radicale. I due onorevoli finiranno per allearsi nell'ottobre 1977 a Padova…
Allo stesso consiglio nazionale Pansa annota una battura di A. Moro: «la Dc nelle mani di Bisaglia? Allora mille volte meglio Fanfani!».]

agosto, strage dell' "Italicus";

superate le difficoltà estive A. Fanfani riparte con un'altra manovra diretta a presentare uno scontro frontale tra un blocco moderato guidato dalla Dc e lo schieramento di sinistra egemonizzato dal Pci.
[Egli manda in avanscoperta Tanassi (Psdi) che definisce impossibile la collaborazione con il Psi e inesistente una maggioranza senza il Psi: occorrono quindi elezioni anticipate che preparino un centrismo di ferro.
La prima conseguenza delle dichiarazioni di Tanassi contro il Psi è la messa in crisi del "governo Rumor" che si dimette.
Giovanni Leone dà l'incarico a A. Fanfani. Questi vorrebbe lanciare un appello agli italiani accusando i socialisti di portare l'Italia alla rovina e al caos con un governo in balia dei sindacati. Pensa perciò di rinunciare all'incarico, di chiedere a Giovanni Leone di sciogliere le Camere perché gli italiani possano decidere tra una libera democrazia e l'avvento dei comunisti al potere. Telefona a Mariano Rumor, presidente del consiglio dimissionario, perché sia convocata la direzione della Dc. A. Fanfani vuole che essa dichiari che il Psi ha rotto le trattative e che ha ucciso il centro-sinistra.
Questa volta Mariano Rumor dice un no secco. Uno scontro frontale del genere potrebbe avere conseguenze destabilizzanti imprevedibili, potrebbe scatenare una guerra civile. Mariano Rumor punta i piedi e si rifiuta. Dice che i dorotei sono favorevoli al proseguimento delle trattative.
A. Fanfani consulta il presidente del consiglio nazionale e il moroteo B. Zaccagnini che, come Mariano Rumor, rifiuta decisamente.
L'incarico allora viene affidato ad A. Moro. Spostamento a sinistra, asse preferenziale con Psi.
A. Moro è disposto a costituire un monocolore che abbia l'appoggio dei socialisti e dei repubblicani.
Questa volta i dorotei sono d'accordo con A. Fanfani: non possono permettere un governo troppo spostato a sinistra, che potrebbe far perdere alla Dc il consenso di un settore del suo elettorato moderato.
Il 1° novembre la direzione della Dc deve decidere.
Viene inventata una soluzione per non scegliere: A. Moro farà un bipartito con il Pri e il Psdi lo voterà insieme con il Psi.

23 novembre-12 febbraio 1976, ministro degli Affari esteri (IV "governo Moro");
[A. Moro licenzia G. Andreotti dalll'incarico di Ministro della Difesa attribuendogli un ministero finanziario.]

24 novembre, Vicenza, al teatro "San Marco" si svolge il 27° congresso provinciale della Dc;
[I bisagliani mettono in minoranza gli amici fedeli a Mariano Rumor. Gli eletti al congresso sono:
- 18 bisagliani:
. Ugo Saoncella,
. Munaretto,
. Galvanin,
. Elia Ciscato,
. Giuseppe Zuech,
. Camillo Cimenti,
. Gaetano Fontana,
. Giuliano Zoso,
. Mariano Carollo,
. Armando Antoniazzi,
. Pietro Mazzocchin,
. Giuseppe Facci,
. Domenico De Boni,
. Lorenzo Girotti,
. Andrea Campagnolo,
. Domenico Rigon,
. Gianfranco Toniolo,
. Gelmina Griggio.
[Con essi è anche anche il segretario provinciale Delio Giacometti che ha abbandonato Mariano Rumor, ma per ora fa il doppio gioco.]
- 6 rumoriani:
. Giacinto Santacaterina,
. Antonio Corazzin,
. Rino Folco,
. Bruno Costa,
. Marcello Borgo,
. Giuseppe Splendore.
Al rinnovo delle cariche Delio Giacometti è confermato segretario. (Non molto tempo dopo A. [Toni] Bisaglia gli darà un regalo personale: la presidenza della Simep (Società italiana motori elettrici e pompe), la ex Pellizzari, 1200 dipendenti, al 50% Finmeccanica e al resto Ansaldo San Giorgio del Gruppo IRI, appartenente alle Partecipazioni Statali di cui A. [Toni] Bisaglia è il nuovo ministro.
Delio Giacometti non ci sta ad essere tacciato di traditore, lo dice anche a Mariano Rumor in persona, che però non lo guarda più in faccia come l'altra volta con Francesco Guidolin, ma per lui la vita da segretario diventa ormai impossibile. Tuttavia, nonostante il veto di Mariano Rumor, il rodigino gli darà un seggio senatoriale alle politiche del 1975 (seggio riconfermato anche nel 1979) che lo porterà a Roma fuori dai miasmi vicentini).
Nella distribuzione dei posti della direzione provinciale troviamo 8 bisagliani contro 3 rumoriani.
Allo stesso congresso, mentre i dorotei spaccati in due fra rumoriani e bisagliani hanno ottenuto il 74,4%, i forzanovisti hanno raggiunto il 25,2% vedendo eletti: Luciano Righi, Giovanni Todesco, Germano Rudella, Giovanni Giuliari, Sergio Brusadin, Chiminello e Bellò. Essi, come avverrà a Padova, preferiscono allearsi con i giovani bisagliani piuttosto che con la vecchia guardia rumoriana che li ha sempre emarginati.]

14 dicembre, A. [Toni] Bisaglia si reca a Malo a casa del fedelissimo Munaretto, futuro segretario provinciale, per festeggiare la vittoria;
[Nell'occasione offre alle signore presenti degli stivaletti di cuoio.]

24 dicembre, i rumoriani stendono un documento ufficiale di protesta che presentano a Mariano Rumor.
[È una dura accusa al segretario provinciale Delio Giacometti per il suo «atteggiamento parziale» e ai bisagliani per il loro «spirito antiunitario e discriminatorio». Il documento, firmato da dai rumoriani:
. Giacinto Santacaterina,
. Antonio Corazzin,
. Rino Folco,
. Bruno Costa,
. Marcello Borgo,
. Giuseppe Splendore,
annuncia il rifiuto dei rumoriani di collaborare con la nuova maggioranza.
Accuse sono rivolte anche alla minoranza forzanovista guidata da Luciano Righi.]

1975
22 febbraio, Vicenza, si svolge una riunione dei fedeli rumoriani, convocata da Mariano Rumor;
[Alla riunione, promossa da Pellizzari, Corazzin, Gleria, Gianpietro e Ginepro Morandini ecc., tutti gli amici hanno finalmente l'occasione di sfogarsi contro il clientelismo, l'arrivismo, la corruzione portata nel partito dagli amici di A. [Toni] Bisaglia.
. Lino Zio fa il solito rimprovero che Mariano Rumor non ha, a differenza di altri, una buona segreteria;
. Domenico Lonedo rinfaccia al capo di esser come la madonna di Monte Berico che deve essere pregata per sentire i suoi figli;
. Gino Rigon osserva con delusione: «dovevi tu, caro Mariano, fare la scelta degli uomini e non esser scelto tu da alcuni», accusandolo di essersi circondato di persone malviste e interessate che gli fanno un cattivo servizio;
. Alberto Zocca si rammarica che Mariano Rumor abbia lasciato agire indisturbato il gruppo bisagliano di Giuseppe Dal Maso che ha assunto una posizione «gretta e chiusa».
Risponde Mariano Rumor: «La linea politica ai dorotei la do io e io solo, perché sono in grado di farlo e perché sono io la guida. Per quanto riguarda la mia presenza o assenza da Vicenza, accuso il colpo.
Ho sbagliato ma credevo fosse meglio così per non essere accusato di condizionare la politica cittadina. Ma ora mi impegno solennemente di intervenire in prima persona in città e in provincia.
Corre voce che io vada in pensione, ma io assicuro che Mariano Rumor è ancora in forze per brillare per 5 oppure 6 anni ancora a livello nazionale e poi per ritornare a Vicenza. E per quanto riguarda il dualismo Rumor-Bisaglia rispondo che la corrente di Iniziativa Popolare a Vicenza deve riferirsi solo ed esclusivamente ai leaders vicentini, perché il gruppo doroteo può e deve agire a Vicenza autonomamente. Non ho capito poi perché sulla stampa locale e nazionale si sia scritto che all'ultimo congresso ho subito una grande sconfitta quando ho parlato appaludito da tutti
».

Si arriva alla battaglia per la campagna elettorale del 15 giugno.
[La cerca di voti avviene a base di cene, pranzi, di posti, di mutui, di finanziamenti. I più corteggiati sono sempre i parroci della provincia.
Ma non è più come una volta
. Per esempio il parroco di Gallio, don Ruggero Ferrazzi, rispedisce l'assegno al mittente.
Ai soliti premi per i capi bisagliani si aggiungono fiammanti e nuovissime alfette blu e viaggi all'estero a spese dello Stato.]

15 giugno, si svolgono le elezioni regionali;
[L'elettorato premia il Pci che ha impostato la sua campagna sulla corruzione del potere democristiano, presentandosi come il partito delle mani pulite.
I consiglieri comunali comunisti da una cinquantina dilagano a 170 e nel consiglio comunale del centro piuccheraddoppiano.
In città salgono da 4 consiglieri a 9, la Dc in provincia perde più del 5% (dal 65,5% del 1972 scende al 59,2%) e il Pci da 36.711 del 1970 passa a 63.717 dal 9% al 13%.
Andrea Cestonaro, segretario provinciale del Pci dice che la Dc non può più andare avanti gestendo il partito «al vecchio modo dei dorotei».
Mariano Rumor vuole imporre al posto del moroteo Giorgio Sala, come sindaco della città, Lorenzo Pellizzari ma gli si parano contro bisagliani e forzanovisti.
[Dopo tre mesi di lotta e cannibalismo Giorgio Sala getterà la spugna e si ritirerà per lasciare posto ad una scialba figura di sindaco che non dà fastidio a nessuno il medico Giovanni Chiesa).
Posto a capo della giunta al posto di Lorenzo Pellizzari (uomo di provata esperienza politico-amministrativa, ma privo di appoggi interni da parte delle correnti fracanzaniana e dorotea) Giovanni Chiesa non brillerà per particolari meriti. Fra i problemi più urgenti: la crisi finanziaria del Comune per mancanza di liquidità. Si distinguerà invece nel reperimento dei fondi necessari l'assessore Balzi, amministratore attivo e intrapredente. Sotto la sua gestione le Aziende Municipalizzate saranno ristrutturate e i bilanci portati in pareggio. Nel novembre del 1981 Giovanni Chiesa sarà sostituito dal giovane e dinamico Antonio Corazzin.]
In Regione sono eletti primo fra tutti il bisagliano Franco Borgo, con i voti della Coldiretti, Giuseppe [Pino] Sbalchiero, Francesco Guidolin, Pietro Fabris, Luciano Righi, Gino Rigon. Tre dotorei, due forzanoisti che poi si divideranno fra Luciano Righi che, come capocorrente del gruppo di Carlo Fracanzani, si farà dare un posto in giunta e Francesco Guidolin forzanovista che fa capo a livello nazionale a Donat Cattin.
Non ce la fanno la bisagliana Giuseppina Dal Santo (che sostituirà il doroteo Gino Rigon quando costui, per motivi personali, si dimetterà), Giovanni Bisson, Angelo Foletto.
A livello nazionale la Dc scende al 35% e il Pci sale al 33%.

luglio, si svolge il XII consiglio nazionale della Dc;
[La sconfitta della Dc alle elezioni regionali, porta all’allontanamento di A. Fanfani dalla segreteria del partito;
Mariano Rumor viene proposto da A. Moro quale nuovo segretario del partito, ma subisce il veto di alcuni membri della sua stessa corrente; a causa di questo veto, egli abbandona i dorotei, avvicinandosi alle posizioni del nuovo segretario B. Zaccagnini.
Prima di uscire dalla corrente che lui stesso aveva fondato nel lontano 1951, Mariano Rumor esclama: «Credevo di essere in una corrente e mi sono ritrovato in una banda». ]

1976
5 febbraio, scoppia in Italia lo "scandalo Lockheed";

12 febbraio-29 luglio, ministro degli Affari esteri (V "governo Moro");

[In seguito alla scissione dorotea, Mariano Rumor viene lentamente escluso da incarichi rilevanti nel partito e nel governo. Dopo essere stato Ministro degli Esteri negli ultimi due governi guidati da A. Moro, il quarto e il quinto (1974-1976), non assumerà più alcuna carica ministeriale.]

21 marzo, domenica, al Palasport si compie il destino di Mariano Rumor, uno dei capi storici della Dc.
[Protagonista della scissione dorotea egli è, come Colombo, uno dei capi moderti che hanno tradito, passado dalla parte di zaccagnini. Per questo è inviso sia alal destra e malsopportato a sinistra]

20 giugno, si svolgono le elezioni politiche anticipate;

Elezioni politiche
[Vicenza, 20 giugno 1976
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?]

Partiti
Voti
%
Seggi
Eletti
Preferenze
Note
Dc
[Democrazia cristiana]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psdi
[Partito socialista democratico italiano]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pri
[?]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Pli
[?]
           
     
     
     
     
     
     
     
     
Psi              
     
     
     
     
     
Pci             
     
     
     
     
     
UP            
     
     
     
     
     
PNM            
MSI            
USI            
PEU            
PFI            
PRS            
Totali
100,00
       

- Dc, in provincia, perde qualcosa relativamente alle politiche del 1972 passando dal 65,5% al 62,2%.
- Pci passa dal 9,5% al 14,7% aumentando di poco il successo dell'anno precedente in cui aveva raggiunto il 14,5%.
- Psi cala dall'11,6% delle provinciali del 1975 all'8,8%.
Nelle preferenze:
1° - A. [Toni] Bisaglia 103.631 (perdendo circa trentamila voti rispetto a 138.241 del 1972).
2° - Mariano Rumor 74.059 (da 266.710).
3° - Carlo Fracanzani 51.293 (da 57.623).
Gli altri perdono in genere, eccetto Giuseppe Dal Maso 45.006 (da 42.555).
Una generale vittoria dei giovani contro i vecchi sconfitti (Canestrari, Michelangelo Dall'Armellina, Giorgio Oliva, Dotti, ecc.).
Tra i senatori vengono eletti i soliti Onorio Cengarle, Renato Treu e, per la prima volta, Delio Giacometti.
Fra i deputati sono eletti: Giuseppe Dal Maso, Giuseppe Dal Maso e il solito Renato Corà.


 

5 luglio, rieletto deputato (VII Legislatura – 1976 lug-19 giu 1979) per la Dc nella circoscrizione VERONA;
[Ma perde quasi duecentomila preferenze. Con l'umiliazione di arrivare in provincia dopo un oscuro coldiretto, bisagliano, esperto di vacche bruno alpine, Giuseppe Zeuch e in città, suo feudo da sempre, di lasciare il passo a un ignoto professorino di scuola media seguace di Carlo Fracanzani tale Francesco Giuliari. E la sconfitta più bruciante di non arrivare primo nella lista dei deputati e di avere circa trentamila preferenze in meno del suo ex figlioccio-rivale A. [Toni] Bisaglia.
Al graduale venire meno della sua immagine religioso-carismatica ha contribuito il fatto che ormai a Roma e a Vicenza egli è il capo della corrente democristiana più criticata per la sua spregiudicata gestione del potere.
Questo spiega da una parte l'allontanamento progressivo dell'elettorato delle ACLI che, per bocca del suo primo segretario Mario Spagnolo, esprime, in un pubblica lettera, la sua protesta contro colui che «ha strumentalizzato per anni la buona coscienza dei cittadini e perfino la loro fede religiosa per assicurare un potere sempre più forte e clientelare e che oggi ha perduto il diritto della sua fiducia», dall'altra l'abbandono del suo elettorato più vasto e il tracollo verticale come conseguenza dello "scandalo Lockheed".
La mancanza di valide alternative alla sua figura carismatica (A. [Toni] Bisaglia si presenta subito al suo elettorato come una personalità laica) può dare una ragione del progressivo calo, anche se non ancora rilevante della Dc, dalle elezioni politiche dal 1972 in poi.]

29 luglio-11 marzo 1978, (III "governo Andreotti");

in seguito alla scissione dorotea, egli viene lentamente escluso da incarichi rilevanti nel partito e nel governo;

È coinvolto nello "scandalo Lockheed".
[Sarà successivamente prosciolto dalle accuse.]

1977
ottobre, Padova, A. [Toni] Bisaglia e Carlo Fracanzani [il conte rosso] si alleano mettendo in crisi la segreteria morotea (legata a Luigi Gui) di Giaretta;
[Giaretta definisce l' "accordo Bisaglia-Fracanzani" «una operazione di potere politicamente equivoca, contraria a un processo di rinnovamento del partito e alla storia stessa della Dc».]

4 novembre, sdegnato dalla «alleanza innaturale» Fabio Gasperini abbandona la corrente dorotea e in una lettera "Perché ho lasciato Bisaglia" accusa il rodigino di incoerenza e di spregiudicatezza politica;
[Era la prima testa di ponte di A. [Toni] Bisaglia nell'isola di Padova.]

1978
11 marzo-20 marzo 1979, (IV "governo Andreotti");
[Secondo il disegno di A. Moro, la Dc accetta di far entrare i comunisti nella maggioranza di governo limitatamente al peridoo dell' «emergenza».]

14 marzo, Giuseppe Marton, deputato di "Forze Nuove" di Treviso, rilascia un'intervista a «Panorama»;
Qui nel Veneto Toni Bisaglia, così intransigente a Roma, non ha esitato a concedere poltrone al Pci più di quante gli stessi comunisti immaginassero. Il suo obiettivo è il compromesso storico occulto».
Di qui il fondato sospetto che le varie teorie politiche rivedute e corrette di A. [Toni] Bisaglia, agli effetti pratici, si riducano poi a tatticismi che hanno l'unico fine della conservazione e spartizione del potere.]

16 marzo, giovedì, un commando delle Brigate Rosse rapisce A. Moro;

9 maggio, Roma, via Caetani, A. Moro viene trovato morto dentro una Renault 4.

ottobre, Montecatini Terme, si svolge un convegno dei dorotei;
[A. [Toni] Bisaglia propone di superare l' «emergenza» e mette in guardia i suoi dalla politica del confronto con il Pci, precisando che «nella gestione del confronto noi vogliamo esser protagonisti e non spettatori stravaganti e solitari».]

1979
20 marzo-4 agosto, (V "governo Andreotti");

20 aprile, si svolge il consiglio nazionale della Dc;

aprile, A. Fanfani dichiara alla «Stampa» di esser favorevole a una presidenza socialista;
[Commenta la «Repubblica»: «Ma circola anche la voce che Bisaglia pensi a entrare lui stesso a Palazzo Chigi, appoggiato dai socialisti ai quali cederebbe ministeri e presidenze di enti e banche di rilievo».]

3 giugno, eletto senatore (VIII Legislatura – 1979 20 giu-11 lug 1983) per la Dc in VENETO;

[Della disaffezione dell'elettorato democristiano può essere un dato significativo la percentuale dei voti Dc al Senato del collegio di Vicenza dal 1972 (52,7%) al 1979 (46,2%).
Nelle elezioni del 1979, anno in cui egli si presenta, le schede bianche sono più di 2.800, mentre, nel seggio di Bassano, in cui si presenta A. [Toni] Bisaglia, la percentuale cade dal 69,0% al 66,6% e le schede bianche sono più di 2.500.]

luglio, un giornalista del «Mondo» intervista A. [Toni] Bisaglia;
[Alla domanda: «Lei propose la presidenza del consiglio al Psi al congresso democristiano del 1976. La sua proposta è la stessa?» egli risponde:
«Credo che il modo corretto di affrontare e risolvere il problema sia quello di realizzare condizioni di eguale dignità fra Dc e i partiti di democrazia laica. Una volta che tutti questi partiti fossero d'accordo su quali obiettivi raggiungere e come raggiungerli, la discussione potrà riguardare sia la presidenza del consiglio, sia la proposta sull'accorpamento di alcuni ministeri, sia la qualità di essi».
Insomma A. [Toni] Bisaglia propone la presidenza del consiglio al Psi pur di staccarlo dall'alleanza tattica e strategica con il Pci.]


4 agosto-4 aprile 1980, (I "governo Cossiga");

Eletto deputato al Parlamento europeo nel corso della sua prima legislatura (1979-84).

 

27 dicembre, in un'intervista a «Repubblica» A. [Toni] Bisaglia propone una nuova legge elettorale;
[… perché «il nostro sistema elettorale non consente la scelta diretta della maggioranza di governo. So bene che il tema della riforma del sistema elettorale suscita reazioni emotive, ma bisogna parlarne. Credo infatti che la prima emergenza da affrontare, e che potrebbe giustificare qualsiasi fase costituente, sia proprio quella di raccordare tutte le forze costituzionali attorno a una proposta che consenta agli elettori di saper per quale maggioranza votano».]


1980
18 febbraio, si svolge il XIV congresso nazionale della Dc;
[Mentre il collega F. Piccoli pronuncia un discorso possibilisa, nel tentativo di portare la corrente dorotea vicina alle posizioni di B. Zaccagnini e G. Andreotti, invece A. [Toni] Bisaglia, su pressione dei deputati dorotei che minacciano di abbandonare il congresso, pronuncia un discorso di rottura proclamando un duro «no» all'ingresso del Pci al governo ed è uno dei promotori del «preambolo Donat Cattin» che, con forzanovisti, fanfaniani, rumoriani, colombei, e del gruppo di "Proposta", conquista la maggioranza, mette in minoranza il gruppo B. Zaccagnini-G. Andreotti e poi, nel marzo successivo porta alla segreteria F. Piccoli e A. Forlani alla presidenza del partito.]

4 aprile-18 ottobre, (II "governo Cossiga");


ottobre, in un'intervista a «Repubblica» A. [Toni] Bisaglia si rimangia la proposta di conferire la presidenza del consiglio ai socialisti;
[Egli dice che «per i democristiani sarebbe una ingiustizia che Craxi andasse a Palazzo Chigi».
Alla domanda: «Ma lei una cambiale con il Psi per il passaggio alla presidenza l'ha firmata oppure no?» il rodigino risponde: «questa firma me la attribuiscono dal 1976. Posso dire che la Dc, per sua natura, non firma cambiali e tanto meno io».]

18 ottobre-28 giugno 1981 ("governo Forlani");

novembre, A. [Toni] Bisaglia si dimette;
[In seguito alle rivelazioni del senatore missino Giorgio Pisano che ha letto in Senato la minuta di una lettera di Mino Pecorelli,nella quale il noto giornalista gli chiedeva di liquidare contributi non versati alla sua agenzia.]

1981
28 giugno-23 agosto 1982, (I "governo Spadolini");

 

novembre, in una intervista all' «Espresso» A. [Toni] Bisaglia dichiara:
Un governo Craxi rafforzerà la legislatura. Io ho posto fin dal 1976 il problema di un governo a guida socialista e, come si vede, non era per ragioni gattopardesche».]


1982
23 agosto-1° dicembre, (II "governo Spadolini");
1° dicembre-4 agosto 1983, (V "governo Fanfani);

1983
26 giugno, rieletto senatore (IX Legislatura – 1983 12 lug-1 lug 1987) per la Dc in VENETO;
4 agosto-1° agosto 1986, (I "governo Craxi");

1986
1° agosto-17 aprile 1987 (II "governo Craxi");

1987
17 aprile-28 luglio, (VI "governo Fanfani);
14 giugno, rieletto senatore (X Legislatura – 1987 2 lug-22 apr 1992) per la Dc in VENETO;
28 luglio-13 aprile 1988, ("governo Goria");

1988
13 aprile-22 luglio 1989, ("governo De Mita");

1989
22 luglio-12 aprile 1991, (VI "governo Andreotti");

1990
22 gennaio, muore.
[Al Senato viene sostituito da Vielmo Duò.]

____________________________

 











La scissione dorotea e la fine della carriera
La sconfitta alle elezioni regionali del 1975 portò all’allontanamento di Fanfani dalla segreteria del partito. Rumor fu proposto da Moro quale nuovo segretario del partito, ma subì il veto di alcuni membri della sua stessa corrente. A causa di questo veto, Rumor abbandonò i dorotei, avvicinandosi alle posizioni del nuovo segretario Benigno Zaccagnini.
In seguito alla scissione dorotea, Rumor fu lentamente escluso da incarichi rilevanti nel partito e nel governo. Dopo essere stato Ministro degli Esteri negli ultimi due governi guidati da Moro, il quarto e il quinto (1974-1976), non avrebbe più assunto alcuna carica ministeriale.
Coinvolto nello scandalo Lockheed, venne successivamente prosciolto dalle accuse.
Eletto deputato al Parlamento europeo nel corso della sua prima legislatura (1979-1984), e fu inoltre senatore nella VIII, IX e X legislatura, morendo in carica.

 

I GOVERNO RUMOR 1968 12 dicembre-5 agosto 1969

Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 266
91
9
3
369
Partito Comunista Italiano
Partito Liberale Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 177
31
24
23
6
261
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 135
46
2
2
185
PCI-PSI di Unità Proletaria
Partito Liberale Italiano
Movimento Sociale Italiano
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 101
16
11
2
130
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano

Presidente del Consiglio dei ministri [I] 1968 12 dicembre-5 agosto 1969
Mariano Rumor (DC)

Vicepresidente del Consiglio dei ministri
Francesco De Martino (PSI)

Segretario del Consiglio dei ministri
Antonio Bisaglia (DC)

Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Francesco Albertini, Cesare Bensi, Antonio Bonadies, Giuseppe Di Vagno

Ministeri senza portafoglio

Interventi straordinari nel Mezzogiorno e nelle aree depressive del Centro-Nord
Paolo Emilio Taviani (DC)

Rapporti fra Governo e Parlamento
Crescenzo Mazza (DC) fino al 24/03/69
Carlo Russo (DC)dal 24/03/69

Ricerca scientifica
Salvatore Lauricella (DC)

Riforma della pubblica amministrazione
Eugenio Gatto (DC)

MINISTERI


Affari esteri
Ministro Pietro Nenni (PSI)
Sottosegretari Franco Maria Malfatti (fino al 14/02/69), Mario Pedini, Mario Zagari

Interno
Ministro Franco Restivo (DC)
Sottosegretari Ciriaco De Mita, Remo Gaspari, Pier Luigi Romita, Angelo Salizzoni

Grazia e Giustizia
Ministro Silvio Gava (DC)
Sottosegretari Leonetto Amadei, Renato Dell'Andro

Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Luigi Preti (PSDI)
Sottosegretari Giuseppe Caron (fino al 14/02/69), Franco Maria Malfatti (dal 14/02/69)

Finanze
Ministro Oronzo Reale (PRI)
Sottosegretari Giovanni Elkan, Annibale Fada, Anselmo Martoni

Tesoro
Ministro Emilio Colombo (DC)
Sottosegretari Guido Ceccherini, Bonaventura Picardi, Adolfo Sarti, Giuseppe Sinesio

Difesa
Ministro Luigi Gui (DC)
Sottosegretari Francesco Cossiga, Francesco Ferrari, Mario Marino Guadalupi

Pubblica Istruzione
Ministro Fiorentino Sullo (DC) (fino al 24/03/69)
Mario Ferrari Aggradi (DC) (dal 24/03/1969)
Sottosegretari Oddo Biasini, Carlo Buzzi, Michele Pellicani, Elio Rosati

Lavori Pubblici
Ministro Giacomo Mancini (PSI)
Sottosegretari Lucio Mariano Brandi, Barbaro Lo Giudice

Agricoltura e Foreste
Ministro Athos Valsecchi (DC)
Sottosegretari Dario Antoniozzi, Arnaldo Colleselli, Nello Mariani

Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Luigi Mariotti (PSI)
Sottosegretari Remo Sammartino, Emanuele Terrana, Luigi Angrisani, Aldo Venturini

Poste e Telecomunicazioni
Ministro Mario Ferrari Aggradi (DC) (fino al 24/03/69)
Crescenzo Mazza (DC) (dal 24/03/69)
Sottosegretari Bernardo D'Arezzo, Calogero Volpe

Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Mario Tanassi (PSDI)
Sottosegretari Vito Lattanzio, Emanuela Savio, Dante Schietroma

Sanità
Ministro Camillo Ripamonti (DC)
Sottosegretari Gianni Usvardi, Giovanni Zonca

Commercio con l'Estero
Ministro Vittorino Colombo (DC)
Sottosegretari Venerio Cattani, Dante Graziosi

Marina Mercantile
Ministro Giuseppe Lupis (PSDI)
Sottosegretari Cesare Angelini, Giuseppe Machiavelli

Partecipazioni Statali
Ministro Arnaldo Forlani (DC)
Sottosegretari Riccardo Misasi, Francesco Principe

Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Giacomo Brodolini (PSI)
Sottosegretari Vincenzo Bellisario, Franco Tedeschi, Mario Toros

Turismo e Spettacolo
Ministro Lorenzo Natali (DC)
Sottosegretari Piero Caleffi, Vincenzo Scarlato

II GOVERNO RUMOR 1969 5 agosto-27 marzo 1970

Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Liberale Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 266
91
31
9
3
400
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 177
24
23
6
230
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Liberale Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 135
46
16
2
2
201
PCI-PSI di Unità Proletaria
Movimento Sociale Italiano
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 101
11
2
114
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana

Presidente del Consiglio dei ministri [II] 1969 5 agosto-27 marzo 1970
Mariano Rumor

Vicepresidente del Consiglio dei ministri
Paolo Emilio Taviani

Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Antonio Bisaglia, Mario Baldini, Antonio Bonadies, Renzo Forma, Attilio Iozzelli

Ministeri senza portafoglio

Rapporti fra Governo e Parlamento
Carlo Russo

Ricerca scientifica
Arnaldo Forlani fino all'11/11/69
Giorgio Bo dall'11/11/69

Riforma della pubblica amministrazione
Eugenio Gatto

MINISTERI

Affari esteri
Ministro Aldo Moro
Sottosegretari Dionigi Coppo, Mario Pedini

Interno
Ministro Franco Restivo
Sottosegretari Ciriaco De Mita (fino al 17/01/70), Ernesto Pucci, Angelo Salizzoni, Adolfo Sarti

Grazia e Giustizia
Ministro Silvio Gava
Sottosegretari Renato Dell'Andro, Erminio Pennacchini

Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Giuseppe Caron
Sottosegretari Paolo Barbi

Finanze
Ministro Giacinto Bosco
Sottosegretari Luigi Borghi, Filippo Micheli (dal 07/08/69), Michele Tantalo

Tesoro
Ministro Emilio Colombo
Sottosegretari Fortunato Bianchi, Annibale Fada, Bonaventura Picardi, Giuseppe Sinesio

Difesa
Ministro Luigi Gui
Sottosegretari Francesco Cossiga, Guglielmo Donati, Giovanni Elkan

Pubblica Istruzione
Ministro Mario Ferrari Aggradi
Sottosegretari Vincenzo Bellisario, Carlo Buzzi, Dino Limoni, Elio Rosati

Lavori Pubblici
Ministro Lorenzo Natali
Sottosegretari Pio Alessandrini, Barbaro Lo Giudice, Vincenzo Russo

Agricoltura e Foreste
Ministro Giacomo Sedati
Sottosegretari Dario Antoniozzi, Arnaldo Colleselli, Luciano Radi

Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Remo Gaspari
Sottosegretari Onorio Cengarle, Heros Cuzari, Sebastiano Vincelli

Poste e Telecomunicazioni
Ministro Athos Valsecchi
Sottosegretari Bernardo D'Arezzo, Francesco Ferrari, Calogero Volpe

Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Domenico Magrì
Sottosegretari Loris Biagioni, Vito Lattanzio, Emanuela Savio

Sanità
Ministro Camillo Ripamonti
Sottosegretari Maria Pia Dal Canton, Beniamino Gaetano De Maria

Commercio con l'Estero
Ministro Riccardo Misasi
Sottosegretari Paolo Berlanda, Luigi Caiazza

Marina Mercantile
Ministro Vittorino Colombo
Sottosegretari Vittorio Cervone, Salvatore Mannironi

Partecipazioni Statali
Ministro Franco Maria Malfatti
Sottosegretari Vincenzo Scalato

Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Carlo Donat-Cattin
Sottosegretari Leandro Rampa, Mario Toros, Mario Vetrone

Turismo e Spettacolo
Ministro Giovanni Battista Scaglia
Sottosegretari Franco Evangelisti, Gino Zannini

III GOVERNO RUMOR 1970 27 marzo-6 agosto

Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 266
91
9
3
369
Partito Comunista Italiano
Partito Liberale Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 177
31
24
23
6
261
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 135
46
2
2
185
PCI-PSI di Unità Proletaria
Partito Liberale Italiano
Movimento Sociale Italiano
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 101
16
11
2
130
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano


Presidente del Consiglio dei ministri [III] 1970 27 marzo-6 agosto
Mariano Rumor

Vicepresidente del Consiglio dei ministri
Francesco De Martino

Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Antonio Bisaglia, Aurelio Curti, Giuseppe Di Vagno, Francesco Fossa, Giovanni Zonca

Ministeri senza portafoglio

Compiti politici particolari e di coordinamento, con speciale riguardo alla presidenza della delegazione italiana all'Onu
Giacinto Bosco fino al 09/06/70
Carlo Russo dal 09/06/70

Interventi straordinari nel Mezzogiorno
Paolo Emilio Taviani

Problemi relativi all'attuazione delle regioni
Eugenio Gatto

Rapporti fra Governo e Parlamento
Mario Ferrari Aggradi

Ricerca scientifica
Camillo Ripamonti

Riforma della pubblica amministrazione
Remo Gaspari

MINISTERI

Affari esteri
Ministro Aldo Moro
Sottosegretari Alberto Bemporad, Mario Pedini, Angelo Salizzoni

Interno
Ministro Franco Restivo
Sottosegretari Nello Mariani, Adolfo Sarti, Francesco Tedeschi, Ernesto Pucci

Grazia e Giustizia
Ministro Oronzo Reale
Sottosegretari Michele Pellicani, Erminio Pennacchini

Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Antonio Giolitti
Sottosegretari Barbaro Lo Giudice

Finanze
Ministro Luigi Preti
Sottosegretari Gioacchino Attaguile, Luigi Borghi, Giuseppe Machiavelli

Tesoro
Ministro Emilio Colombo
Sottosegretari Venerio Cattani, Bonaventura Picardi, Dante Schietroma, Giuseppe Sinesio

Difesa
Ministro Mario Tanassi
Sottosegretari Mario Marino Guadalupi, Attilio Iozzelli, Vito Lattanzio

Pubblica Istruzione
Ministro Riccardo Misasi
Sottosegretari Oddo Biasini, Elena Gatti Caporaso, Pier Luigi Romita, Elio Rosati

Lavori Pubblici
Ministro Salvatore Lauricella
Sottosegretari Luigi Angrisani, Carlo Russo, Vincenzo Scarlato

Agricoltura e Foreste
Ministro Lorenzo Natali
Sottosegretari Dario Antoniozzi, Anselmo Martoni, Giuseppe Tortora, Giovanni Venturi

Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Italo Viglianesi
Sottosegretari Onorio Cengarle, Sebastiano Vincelli

Poste e Telecomunicazioni
Ministro Franco Maria Malfatti fino al 09/06/70
Giacinto Bosco dal 09/06/70
Sottosegretari Guido Ceccherini, Bernardo D'Arezzo, Aldo Venturini

Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Silvio Gava
Sottosegretari Loris Biagioni, Fernando De Marzi, Oscar Mammì

Sanità
Ministro Luigi Mariotti
Sottosegretari Maria Pia Del Canton, Girolamo La Penna

Commercio con l'Estero
Ministro Mario Zagari
Sottosegretari Corrado Belci, Renzo Forma

Marina Mercantile
Ministro Salvatore Mannironi
Sottosegretari Paolo Cavezzali, Vittorio Cervone

Partecipazioni Statali
Ministro Flaminio Piccoli
Sottosegretari Francesco Principe

Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Carlo Donat-Cattin
Sottosegretari Lucio Mariano Brandi, Leandro Rampa, Mario Toros

Turismo e Spettacolo
Ministro Giuseppe Lupis
Sottosegretari Franco Evangelisti, Gianni Usvardi

IV GOVERNO RUMOR 1973 7 luglio-14 marzo 1974

Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialdemocratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Union Valdôtaine
Totale Maggioranza 266
61
29
15
3
1
375
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
Partito Liberale Italiano
Totale Opposizione 179
56
20
255
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialdemocratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Union Valdôtaine
Totale Maggioranza 135
33
11
8
2
1
190
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
Sinistra Indipendente
Partito Liberale Italiano
Totale Opposizione 74
26
11
9
5
125
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano

Presidente del Consiglio dei ministri [IV] 1973 7 luglio-14 marzo 1974
Mariano Rumor (DC)

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Adolfo Sarti (DC)

Ministeri senza portafoglio

Ambiente
Achille Corona (PSI)

Beni Culturali
Camillo Ripamonti (DC)

Compiti politici particolari e di coordinamento, con speciale riguardo alla presidenza della delegazione italiana all'Onu
Giuseppe Lupis (PSDI)

Compiti politici, con particolare riguardo agli enti vigilati dalla Presidenza del Consiglio
Dionigi Coppo (DC)

Interventi straordinari nel Mezzogiorno
Carlo Donat-Cattin (DC)

Problemi relativi all'attuazione delle regioni
Mario Toros (DC)

Rapporti fra Governo e Parlamento
Giovanni Gioia (DC)

Ricerca scientifica
Pietro Bucalossi (PRI)

Riforma della pubblica amministrazione
Silvio Gava (DC)

MINISTERI

Affari esteri
Ministro Aldo Moro (DC)
Sottosegretari Cesare Bensi, Luigi Granelli, Mario Pedini

Interno
Ministro Paolo Emilio Taviani (DC)
Sottosegretari Bruno Lepre, Ernesto Pucci, Umberto Righetti, Vincenzo Russo

Grazia e Giustizia
Ministro Mario Zagari (PSI)
Sottosegretari Ermino Pennacchini

Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Antonio Giolitti (PSI)
Sottosegretari Tommaso Morlino

Finanze
Ministro Emilio Colombo (DC)
Sottosegretari Giuseppe Amadei, Gianmario Carta, Salvatore Lima, Giuseppe Macchiavelli

Tesoro
Ministro Ugo La Malfa (PRI)
Sottosegretari Francesco Fabbri, Attilio Ruffini, Bonaventura Picardi, Renato Colombo, Dante Schietroma

Difesa
Ministro Mario Tanassi (PSDI)
Sottosegretari Pietro Buffone, Vito Lattanzio, Michele Pellicani

Pubblica Istruzione
Ministro Franco Maria Malfatti (DC)
Sottosegretari Alberto Bemporad, Renato Dell'Andro, Vito Vittorio Lenoci, Francesco Smurra

Lavori Pubblici
Ministro Salvatore Lauricella (PSI)
Sottosegretari Gian Aldo Armaud, Salvatore Cottoni, Vincenzo Scarlato

Agricoltura e Foreste
Ministro Mario Ferrari Aggradi (DC)
Sottosegretari Luigi Angrisani, Michele Cifarelli, Elvio Alfonso Attilio Salvatore

Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Luigi Preti (PSDI)
Sottosegretari Onorio Cengarle, Cornelio Masciadri

Poste e Telecomunicazioni
Ministro Giuseppe Togni (DC)
Sottosegretari Luigi Giglia, Renalo Massari, Mario Vignola

Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Ciriaco De Mita (DC)
Sottosegretari Giuseppe Averardi, Manfredi Bosco, Stefano Servadei

Sanità
Ministro Luigi Gui (DC)
Sottosegretari Giorgio Guerrini, Enrico Spadola, Mario Valiante

Commercio con l'Estero
Ministro Gianmatteo Matteotti (PSDI)
Sottosegretari Attilio Ferrari, Giulio Orlando

Marina Mercantile
Ministro Giovanni Pieraccini (PSI)
Sottosegretari Giovanni Maria Venturi

Partecipazioni Statali
Ministro Antonino Pietro Gullotti (DC)
Sottosegretari Francesco Principe

Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Luigi Bertoldi (PSI)
Sottosegretari Bruno Corti, Danilo De' Cocci, Alberto Del Nero, Franco Foschi

Turismo e Spettacolo
Ministro Nicola Signorello (DC)
Sottosegretari Paolo Cavezzali, Giuseppe Fracassi

V GOVERNO RUMOR 1974 14 marzo-23 novembre

Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialdemocratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Union Valdôtaine
Totale Maggioranza 266
61
29
15
3
1
375
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
Partito Liberale Italiano
Totale Opposizione 179
56
20
255
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialdemocratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Union Valdôtaine
Totale Maggioranza 135
33
11
8
2
1
190
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
Sinistra Indipendente
Partito Liberale Italiano
Totale Opposizione 74
26
11
9
5
125
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano

Presidente del Consiglio dei ministri [V] 1974 14 marzo-23 novembre
Mariano Rumor (DC)

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Adolfo Sarti (DC)

Ministeri senza portafoglio

Beni culturali e ambiente
Giuseppe Lupis (PSDI)

Coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica
Giovanni Pieraccini (PSI)

Organizzazione della pubblica amministrazione
Luigi Gui (DC)

Interventi straordinari nel Mezzogiorno
Giacomo Mancini (PSI)

Problemi relativi alle regioni
Mario Toros (DC)

Rapporti fra Governo e Parlamento
Giovanni Gioia (DC)

MINISTERI

Affari esteri
Ministro Aldo Moro (DC)
Sottosegretari Cesare Bensi, Luigi Granelli, Mario Pedini

Interno
Ministro Paolo Emilio Taviani (DC)
Sottosegretari Bruno Lepre, Umberto Righetti, Vincenzo Russo

Grazia e Giustizia
Ministro Mario Zagari (PSI)
Sottosegretari Ermino Pennacchini

Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Antonio Giolitti (PSI)
Sottosegretari Tommaso Morlino

Finanze
Ministro Mario Tanassi (PSDI)
Sottosegretari Giuseppe Amadei, Salvatore Lima, Giuseppe Macchiavelli

Tesoro
Ministro Emilio Colombo (DC)
Sottosegretari Renato Colombo, Francesco Fabbri, Emesto Pucci, Dante Schietroma

Difesa
Ministro Giulio Andreotti (DC)
Sottosegretari Lucio Mariano Brandi, Vito Lattanzio

Pubblica Istruzione
Ministro Franco Maria Malfatti (DC)
Sottosegretari Alberto Bemporad, Vito Vittorio Lenoci, Francesco Smurra

Lavori Pubblici
Ministro Salvatore Lauricella (PSI)
Sottosegretari Gian Aldo Armaud, Salvatore Cottoni (deceduto il 24/09/74)

Agricoltura e Foreste
Ministro Antonio Bisaglia (DC)
Sottosegretari Arcangelo Lo Bianco, Elvio Alfonso Attilio Salvatore

Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Luigi Preti (PSDI)
Sottosegretari Sebastiano Vincelli

Poste e Telecomunicazioni
Ministro Giuseppe Togni (DC)
Sottosegretari Renalo Massari, Mario Vignola

Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Ciriaco De Mita (DC)
Sottosegretari Giuseppe Averardi, Giuseppe Di Vagno, Antonio Mario Mazzarrino

Sanità
Ministro Vittorino Colombo (DC)
Sottosegretari Alberto Spigaroli

Commercio con l'Estero
Ministro Gianmatteo Matteotti (PSDI)
Sottosegretari Giulio Orlando, Stefano Servadei

Marina Mercantile
Ministro Dionigi Coppo (DC)
Sottosegretari Antonio Caldoro

Partecipazioni Statali
Ministro Antonino Pietro Gullotti (DC)
Sottosegretari Francesco Principe

Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Luigi Bertoldi (PSI)
Sottosegretari Tina Anselmi, Onorio Cengarle, Bruno Corti

Turismo e Spettacolo
Ministro Camillo Ripamonti (DC)
Sottosegretari Giuseppe Fracassi


Fonti
- Altre

 

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