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ANNO 1866

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Papa Pio IX
(1846-78)

 

 

  – Fry, Roger Elliot (Londra 1866-1934) critico e storico inglese dell'arte, studioso e divulgatore in Inghilterra del postimpressionismo francese; fratello di Margery e compagno di Helen Anrep;
Cézanne (1927).

Joni, Icilio Federico o Paicap(1866- 1946) grandissimo falsario, specializzato nel "restauro" e nella riproduzione di dipinti in stile antico, soprattutto di scuola senese dal Duecento al Quattrocento;
Anni Trenta, all'apice della carriera, decide di pubblicare le sue memorie gettando nel terrore alcuni antiquari e storici dell'arte che dalle sue rivelazioni avrebbero molto da temere;
[I mercanti Carlo Balboni di Venezia e Umberto Pini di Bologna, dietro i quali si celano consulenti di grido come Bernard Berenson e Frederick Mason Perkins, arrivano ad offrirgli molto denaro per dissuaderlo dalla pubblicazione ma falliscono lo scopo: in occasione del loro incontro poco ci manca che il focoso personaggio arrivi con loro alle vie di fatto.]
Memorie (1930)
[Appena uscite suscitano il previsto clamore, ma risulta subito evidente che in esse l'autore non ha affondato la lama. Tutto sommato, il mitico "Somberen" (vale a dire Berenson), l'attivissimo "Straniero" (vale a dire Perkins) e la piccola schiera di storici, esperti, e occulti mediatori che dal commercio e dagli armeggi attorno ai "fondi oro" senesi trassero infinite fortune, escono da queste pagine più o meno illesi.
Ma nel novembre 2001, lo storico dell'arte di Siena Gianni Mazzoni, da anni sulle loro tracce, darà alle stampe un libro (Quadri antichi del Novecento, Neri Pozza Editore, Vicenza 2001, pagg. 496) nel quale si viene a capo di quasi tutte le esilaranti "malefatte" di falsari, antiquari, storici dell'arte e trafficanti di varia natura attivi a Siena tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento.
Il volume raccoglie una serie di saggi incentrati sulle figure dominanti di Icilio Federico Joni e del suo allievo e comprimario Umberto Giunti (1886-1970), il cosiddetto "Falsario in calcinaccio" che già Federico Zeri aveva perfettamente intercettato e che finalmente ha adesso un nome e un cognome.
Lo studio di Mazzoni rappresenta davvero un punto fermo nella storia della falsificazione delle opere d'arte perché si basa principalmente su due fonti inedite, entrambe di eccezionale importanza:
- l'intero archivio documentario e fotografico di Joni (messo a disposizione da Fiorenzo Joni, figlio del falsario),
- il «Giornale dell'antiquario» compilato dal mercante d'arte Giuseppe Mazzoni (nonno dell'autore del libro e formidabile complice di Joni), dal quale si vengono ad apprendere storie di beffe strepitose e notizie su molti quadri falsi o rifatti sino ad oggi considerati autentici. Sfondo delle lestofantesche imprese di Joni e Mazzoni è la Siena di inizi Novecento. Una città caparbiamente rivolta al passato, antica per aspetto e vocazione, nella quale piovono a frotte "anglobeceri" estetizzanti alla ricerca spasmodica di fondi oro e rari pezzi del Rinascimento, istigati dai consigli di potenti connaisseurs come Berenson e Perkins. D'altro canto gli artisti che escono dalla locale Accademia di Belle Arti sembrano non avere scampo: a nessuno interessa la loro originalità, il mercato vuole pittori per gli stendardi del Palio, per gli involucri di panforti e ricciarelli e soprattutto si cercano bravi restauratori di tavole e statue antiche. Si cercano anche abili "copisti" di opere in stile, le quali però, passando di mano in mano, c'è la possibilità diventino antiche, naturalmente se un antiquario temerario e uno storico dell'arte o incapace o artatamente "distratto", dà una mano nel fornire la patente di autenticità al pezzo.
L'indagine di Gianni Mazzoni ha riportato in vita il pullulare di questi personaggi curiosi:
. come Ferruccio Vannoni, "insuperabile" doratore,
. quel tal Rinaldi che si faceva chiamare guardacaso "Pinturicchio";
. il mitico Luigi Ciochetti, fantasioso antiquario-beffeggiatore rimasto noto per aver venduto a un babbeo americano un ritratto di Garibaldi del XV secolo;
. per non dire di Paolo Cesarini, specializzato in sculture antiche, che traeva il materiale "invecchiato" per le sue opere dai vespasiani in disuso.
Lasciamo al lettore immaginare la quantità di tavole, cassoni, predelle, "biccherne" e cofanetti di Duccio, Simone Martini, Memmi, Barna, Vanni, Lorenzetti, Bartolo di Fredi, Taddeo Bartoli, Matteo di Giovanni, Benvenuto di Giovanni che devono essere usciti a vagoni dalle infaticabili botteghe senesi per la gioia ineffabile di vittime ignare.
Per non dire di statue, dittici in avorio e mobili.
Di questa variopinta accademia di pataccari, Icilio Federico Joni fu senza dubbio il più dotato.
Ora che è stato possibile togliere i sigilli al suo archivio, leggendo il trattatello Norme indispensabili per far l'invecchiamento dei dipinti e ordinando le fotografie dei suoi "quadri antichi", si è potuti anche giungere alla composizione del primo nucleo del catalogo delle opere, opere che non si trovano in loschi retrobottega di rigattieri, ma luccicano al Metropolitan Museum di New York (specialmente nel fondo Lehman), nei musei di Cleveland, Baltimora, Boston, all'Università di Yale, nelle collezioni di Monte de' Paschi di Siena come pure nella Villa "I Tatti" di Berenson, eloquente segno che neppure l'afferratissimo "BB" sfuggì all'insidiosa perfezione dei quadri di Joni. Berenson fu più di una volta ingannato dalla bravura di Icilio, attribuendo a maestri antichi opere del falsario senese circolanti sul mercato. Lo storico dell'arte arrivò a voler conoscere il suo buggeratore, si complimentò con lui e tentò di dargli l'amichevole consiglio di smettere, consiglio che andò inascoltato. Una serie di esilaranti episodi, degni di un film alla "Amici miei", vengono raccontati poi nel "Giornale" che l'anziano antiquario Giuseppe Mazzoni riordinò sul filo dei ricordi nel 1955 quando Joni era già scomparso. Dal divertentissimo memoriale, che - s'è detto - svela e risolve alcuni problemi di "attribuzione", si evincono almeno tre aspetti: la diabolica abilità di Joni nel resuscitare quadri moribondi e nel ricrearne ex novo, il sottile disprezzo nei confronti dei sedicenti "esperti", i quali o cadono nella trappola o ne sono complici, e il gusto veramente tutto toscano per la burla elaborata e intelligente […]
Non a caso Joni, nel manoscritto dell'antiquario Mazzoni, volle farsi celare sotto la misteriosa sigla "Paicap". Il significato? Eccolo: "Per Andare In Culo Al Prossimo".
[Marco Carminati, da Il Domenicale, «Il Sole24Ore» 4.11.2001.]

Schlosser, Julius von (Vienna 1866-1938) storico dell'arte austriaco
1922, insegna alla cattedra di storia dell'arte a Vienna
L'arte del medioevo (1923)
La letteratura artistica (1924)
L'antica storiografia italiana dell'arte (1932)
La storia dell'arte nelle esperienze e nei ricordi di un suo cultore (1936).

Warburg, Aby (Amburgo 1866-1929) storico dell'arte e della cultura tedesco, appartenente ad un'agiata famiglia di banchieri, compì gli studi di storia dell'arte a Bonn con C. Justi, e a Strasburgo con H. Janitschek (con il quale si laureò con una tesi sui dipinti mitologici del Botticelli), ma seguì anche le lezioni dello storico K. Lamprecht e quelle dello storico delle religioni H. Usener; soggiornò a lungo a Firenze dove lavorò intensamente negli archivi studiando il Rinascimento;
1901, dopo un viaggio negli Stati Uniti, dove visita gli insediamenti degli indiani pueblo nel Nuovo Messico, si stabilisce definitivamente ad Amburgo tenendosi estraneo al mondo accademico ufficiale;
1905, viene inaugurata la sua biblioteca messa insieme in un ventennio;
1918, una grave malattia mentale lo isola in una casa di cura per sei anni; i suoi amici e collaboratori intanto, tra cui F. Saxl e Gertrude Bing, fanno della biblioteca il nucleo di un centro di ricerca, il futuro Istituto Warburg per la storia della cultura; 
Mnemosyne (progetto incompiuto, a cui lavorò nei suoi ultimi anni di vita, di un grande atlante di immagini che doveva tracciare la storia del pensiero VIsivo dell'occidente)
Gesammelle Schriften (1932, in 2 voll., postumo, raccolta dei suoi scritti; 1966 La rinascita del paganesimo antico, selezione in traduzione italiana).
1933, l'Istituto Warburg, chiuso dal governo nazista, viene trasferito a Londra.

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