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Pietro GIANNONE

(Ischitella, Foggia 7 maggio 1676 – Torino 17 marzo 1748)

avvocato e storico italiano, i cui grandi maestri furono l'erudito Domenico Aulisio e l'avv. Gaetano Argento (che disponeva di una vasta biblioteca e dal quale erediterà qualche causa per iniziare ad esercitare a sua volta la professione);

[Discendente da una famiglia di avvocati (anche se il padre era uno speziale).
Suoi discendenti:
. Giovanni Giannone (1715-1806)
. Pietro Giannone II (1806-1869)
. Raffaele Giannone (1880-?)
. Augusta Giannone Catte (1904-1977).]

 

1694
dopo la prima educazione presso un francescano, è inviato a Napoli, dai suoi genitori di condizione "civile", a studiare legge;

1698
laureatosi in legge, inizia ad esercitare l'avvocatura e a frequentare l'accademia "Medina Celi", dove si discute di storia, scienza e filosofia;
[in questo ambiente, del quale fa parte anche G.B. Vico, avviene la sua conversione dal "gassendismo" al "cartesianesimo", soprattutto attraverso la lettura di N. Malebranche (occasionalismo).]

1723

Istoria civile del regno di Napoli (1723, dalla caduta dell'impero romano fino alla fine del dominio spagnolo, quattro Tomi, Napoli; 1753 [migliore edizione], Haia, Ginevra; 1833, una delle moltissime ristampe, Bettoni, Milano)
[quest'opera complessa, in cui si discutono in particolar modo i rapporti tra Stato e Chiesa, si trasforma in un'appassionata denuncia delle prevaricazioni di questa su quello e si conclude con l'aperta rivendicazione dell'autonomia del potere temporale. Egli vi auspica, tra l'altro, «il rischiaramento delle nostre leggi patrie e dei nostri propri istituti e costumi».]
[in continuazione: Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825 di Pietro Colletta e, per l'ultimo periodo borbonico, Gli ultimi trentasei anni del regno di Napoli di N. Nisco]


poiché l'Istoria… non è bene accolta dal viceré cardinale Althann, devoto alla curia romana, egli viene scomunicato dall'arcivescovo di Napoli e quindi perseguitato dalle prediche dei frati che gli aizzano contro la plebe;
non difeso a sufficienza dal consiglio collaterale, è costretto a porsi sotto la protezione di Carlo VI a Vienna dove, dopo qualche tempo, ha una nuova pensione, ma non l'impiego sperato;
qui trascorre ben dodici anni dove difende la propria fatica di storico e sviluppa temi che poi confluiranno nella

Apologia dell'Istoria civile (?)

Il Triregno (Del regno terreno, Del regno celeste, Del regno papale) (sua seconda opera fondamentale iniziata nel 1731 ed edita solo nel 1895)
[Egli descrive l'evolversi delle idee religiose dalle epoche più remote dell'umanità, mettendo in luce le tesi anticurialiste.
Nell'opera, aspramente avversata dagli ambienti ecclesiastici, egli presenta la religione in un'ottica evolutiva: la Chiesa, con il suo "regno papale" si contrappone al "regno terreno" degli Ebrei ma anche al "regno celeste" idealizzato dal Cristianesimo. Il superamento del male che lo Stato Pontificio incarna, si realizza soltanto attraverso un cambiamento di rotta deciso, mediante la consapevolezza del valore dell'uomo raggiunta attraverso la Storia. L'autore teorizza dunque uno Stato laico in grado di sottomettere l'istituzione papale, anche mediante un'espropriazione dei beni materiali del clero. La Chiesa, secondo il filosofo, porta avanti una forma di negazione di quella libertà individuale che deve essere posta come fondamento giuridico e sociale.]

1734
quando Napoli è conquistata da Carlo di Borbone, egli parte da Vienna ma la speranza di tornare in patria è resa vana dal tenace odio curiale;
è costretto a trasferirsi a Venezia dove, apprezzatissimo dall'ambiente culturale della città, rifiuta sia la cattedra alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Padova, sia un posto di consulente giuridico presso la Serenissima;

1735
cacciato da Venezia per l'intervento della Santa Sede, decide di recarsi a Ginevra su invito dell'editore M.M. Bousquet che sta preparando un'edizione francese della Istoria…; qui viene accolto amichevolmente;
[a.f.: dopo averlo sottoposto a stretti controlli spionistici, per questioni inerenti alle sue idee sul diritto marittimo e nonostante la sua autodifesa con il trattato Lettera intorno al dominio del Mare Adriatico.]

1736
1° aprile, un tranello lo spinge nel territorio piemontese, dove viene arrestato;
mentre la corte di Roma (con l'appoggio dei Savoia) inizia una frenetica attività per intercettare i manoscritti e impedirne la pubblicazione, egli, ormai vecchio, si prepara ad affrontare 11 duri anni di carcere,

1736-38
in carcere
: prima a Miolans, poi a Torino (dove il 24 marzo 1738 è costretto a firmare l'abiura);

1738-44
in carcere a Ceva;

1744-48
in carcere ancora a Torino;

1748
17 marzo, sottoposto alla "catechizzazione" da padre Giambattista Prever, privato per molto tempo dei libri e dell'occorrente per scrivere, egli muore a causa della brutalità di un aiutante, tale Giambattista Caramelli.

Sulle scomuniche invalide

Professione di fede

Sull'arcivescovato beneventano

Vita scritta da lui medesimo
[scritta durante la detenzione.]
[Autobiografia di Pietro Giannone, i suoi tempi, la sua prigionia, appendici, note e documenti inediti, a cura di Augusto Pierantoni, Roma, E. Perino, 1890.]

[Pietro Giannone, Vita scritta da lui medesimo. Scritti diversi: lettere e documenti, Generoso Procaccini, Napoli 1998;
3 voll. in cofanetto, annotati da Giulio De Martino. Nei primi due si trova l'Autobiografia, nel terzo una serie di documenti di grande interesse. Innanzitutto un capitolo dell'Istoria civile del Regno di Napoli (sullo stato della giurisprudenza), quindi suppliche (a Carlo VI imperatore), memorie (a Eugenio di Savoia, a Carlo Borbone), lettere, dispacci degli inquisitori, soprattutto l'abiura del 24 marzo 1738. Non manca nemmeno la Relazione sincera di padre Giambattista Prever, scritta nel 1749, dopo gli incontri con il povero prigioniero.]

I discorsi storici e politici sopra gli Annali di T. Livio

Apologia de' teologi scolastici

Istoria del pontificato di Gregorio Magno

Ape ingegnosa.

 

"giannonismo" è divenuto sinonimo del "giurisdizionalismo meridionale".

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Wikipedia:

I plagi
Nel Capitolo settimo della Storia della colonna infame, A. Manzoni dedica al Giannone ampio spazio elencandone i numerosissimi plagi e gli errori che anche Voltaire gli rimprovera. Inizia paragonandolo a Lodovico Muratori e indicandolo come «scrittore più rinomato di lui» , poi aggiunge un lungo elenco (e raffronto) delle opere plagiate e degli autori, tra cui Giovan Battista Nani, Paolo Sarpi, Domenico Parrino, il Bufferio, il Costanzo e il Summonte: «...e chissà quali altri furti non osservati di costui potrebbe scoprire chi ne facesse ricerca». E conclude che se non si sa se fosse «pigrizia o sterilità di mente», fu certo «raro il coraggio».

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