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Francesco Malfatti di Montetretto

(13 gennaio 1920 – 18 dicembre 1999)

diplomatico, partigiano e agente segreto italiano;
[Padre di Paolo e Giorgio, pure diplomatici.]


trascorre gli anni dell’adolescenza prima in Austria, poi in Francia, ove il padre, perseguitato dal fascismo, ha chiesto asilo politico, e si iscrive al Partito socialista francese;

1938
in Spagna, lavora per la causa dei repubblicani;

1939
mentre tenta di rientrare clandestinamente in Italia, viene fermato alla frontiera italiana dalla polizia ed è costretto ad arruolarsi;
dopo aver partecipato brevemente alla campagna d’Albania e a quella di Francia, viene distaccato a Parigi presso la commissione italiana d’armistizio e, poi, all’ambasciata italiana, ove si adopera contro i nazisti in favore del movimento clandestino;

1943
rientrato in Italia (dopo il 25 luglio), partecipa alla ricostituzione del Partito socialista italiano, insieme a Pietro Nenni, Giuseppe Saragat e Bruno Buozzi;
dopo l’8 settembre, entra nell’organizzazione militare partigiana socialista (Brigate Matteotti), guidata da Giuliano Vassalli e costituisce una rete informativa segreta per la raccolta di informazioni, che mette a disposizione di Peter Tompkins, agente segreto dell’OSS;
[Tale rete è formata da una sessantina di uomini che, 24 ore su 24, sorvegliano i movimenti delle truppe tedesche in entrata e in uscita da Roma, sulle vie consolari. Egli riesce anche a ottenere notizie da militari austriaci figli di socialisti uccisi dai nazisti, sugli spostamenti delle truppe tedesche; infine, entra anche in confidenza con il sergente Frühling, in servizio nel carcere di Via Tasso. Ciò permette a Peter Tompkins, con la collaborazione del ten. Maurizio Giglio, e degli operatori di “Radio Vittoria”, di tenere costantemente informato il contingente anglo-americano della testa di ponte di Anzio, con notizie affidabili.
Dopo l'arresto di Giuliano Vassalli e di Bruno Buozzi e l'Eccidio delle Fosse Ardeatine, egli rimane l'unico comandante superstite della colonna socialista romana del movimento partigiano.]


entra in diplomazia senza concorso, inserito in coda ai ruoli dal Ministro degli Esteri socialista Pietro Nenni, fruendo di una disposizione di legge di epoca fascista (Legge 2 giugno 1927), ancora in vigore nell'immediato dopoguerra;
tra i suoi primi incarichi, quello di console d’Italia a Monaco di Baviera e di consigliere d'ambasciata a Parigi;

Negli anni Cinquanta viene incaricato di costruire un primo nucleo segreto dell'«anticomunismo di Stato» insieme all'uomo del Soe (Special Operations Executive) E. Sogno.

Negli anni sessanta, insieme ai colleghi Raimondo Manzini, Girolamo Messeri etc., fa parte di una cordata di giovani diplomatici particolarmente legati agli ambienti politici, che la stampa di sinistra definisce dei [Mau Mau].

1962
il Ministro degli Esteri socialdemocratico Giuseppe Saragat lo nomina Capo di gabinetto del Ministro;

1964
subito dopo l’insediamento di Giuseppe Saragat al Quirinale, è nominato Consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica;

1969
gennaio- novembre 1977, è Ambasciatore d’Italia a Parigi;

1974
[Già nel 1974, il generale di brigata Giovanni Allavena, allontanato dal SIFAR il 12 giugno 1966, aveva fatto pervenire a Licio Gelli il fascicolo riservato del SIFAR di lui, insieme a quelli, tra gli altri, dell'ex Ministro della difesa Roberto Tremelloni, del più volte Presidente del Consiglio Amintore Fanfani, di Giorgio La Pira e del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. L’utilizzo fattone da Licio Gelli non è ancora del tutto chiaro.]

1977
novembre-gennaio 1985, ricopre l’incarico di Segretario generale del Ministero degli Esteri, cioè la più alta carica della diplomazia italiana;

 

Tuttavia, l'esperienza da lui acquisita come agente segreto durante l'occupazione di Roma, nonché la sua frequentazione di ambienti collegati allo spionaggio e alle società segrete, non hanno consentito all'ex ambasciatore Sergio Romano di rilasciare un giudizio particolarmente positivo nei confronti del suo antico Segretario generale. Sergio Romano, infatti - che, pure, aveva lavorato a stretto contatto con lui, all'epoca dell'ambasceria di quest'ultimo a Parigi - ne ha tracciato un giudizio molto crudo nel libro “Memorie di un conservatore”, e tale giudizio sembra calarsi perfettamente nelle vicende di cui egli fu protagonista nel periodo della sua segreteria generale (1977-1985).

1978

16 marzo-9 maggio, ultimi giorni di prigionia di Aldo Moro;
[Sembra che, negli ultimi giorni di prigionia di Aldo Moro (16 marzo-9 maggio 1978) – come sarà poi appurato – si sia ricomposto il sodalizio tra lui e Giuliano Vassalli, incaricati dal segretario socialista Bettino Craxi, per una trattativa con le Brigate Rosse, appoggiata dalla Santa Sede, finalizzata alla liberazione dello statista democristiano. Tale interlocuzione è inefficace, per la contrarietà del governo a sottoporre al presidente Giovanni Leone il decreto di grazia di un brigatista detenuto, in cambio della vita dell’uomo politico.]

1974
Ancora più enigmatici sono i suoi rapporti con il maestro venerabile della Loggia P2, Licio Gelli;

1979
febbraio, alal fine del mese iniziano le trattative diplomatiche fra l'Italia e l'Arabia Saudita per una fornitura di petrolio;
in qualità di segretario generale del ministero degli Esteri, egli apre la strada all'accordo ENI- Petromin dando istruzione all'ambasciatore Solera per i contatti con l'Arabia Saudita;
aprile-maggio, l'ENI ottenne dal governo saudita una grande fornitura a prezzi notevolmente più bassi di quelli di mercato (18 dollari contro 25), pagando una tangente del 7% alla società di stato dell'Arabia Saudita;
il governo italiano avalla il pagamento, ma quando lo scandalo esplode, l'Arabia, sostenendo di non aver nulla a che fare con il "contratto parallelo", sospende la fornitura;
il nuovo "governo Cossiga", quindi, pone sulla vicenda il segreto di Stato;
luglio, entra a far parte della loggia massonica P2 (tessera n. 812);
novembre, vi entra lo stesso Presidente dell’ENI, Giorgio Mazzanti (tessera n. 826).

1982
a seguito del ritrovamento di documenti in possesso di Licio Gelli, il Parlamento riprende le indagini sulla vicenda ENI- Petromin;

1984
il mediatore del contratto, l'iraniano Parviz Mina, ammette che il denaro era andato tutto ai sauditi, tranne una piccola parte a lui destinata;
egli è stato coinvolto solo minimamente nella vicenda;
[Nella memoria collettiva però si continua a credere che la stessa nascondesse un ritorno di soldi ai partiti italiani, per il tramite della loggia massonica P2, o agli aderenti a quest'ultima.]

1985
gennaio, dopo il suo collocamento a riposo per raggiunti limiti d’età, viene nominato Vicepresidente della S.I.V. (Società Italiana Vetro), un’azienda pubblica del gruppo EFIM;

è stato anche collaboratore dell’ «Avanti!» con lo pseudonimo Diplomaticus.


[Rielaborazione, per esigenze del sito, da Wikipedia.]

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