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1978, espressione di una minoranza borghese di sinistra, non conformista, democratica, riformatrice, critica verso le istituzioni e il potere, ha negli anni '70 una tiratura di ca 400.000 copie.







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Casi storiografici

Esce Memorie dell'inferno di Eric Marco, antico militante antifranchista catalano e figura simbolica in quanto rappresentante dei deportati spagnoli nei Lager nazisti.
Meccanico di professione, antifranchista legato al movimento anarchico, autodidatta che si è dato una discreta cultura storica e politica egli rilascia nel 1978 una lunga, vivace e appassionata intervista al periodico «Por Favor», in cui racconta come nel 1943 fu arrestato dai nazisti e deportato nel Lager di Flossenbürg col numero 6448. È preciso nei dettagli, esatto nella descrizione di luoghi e ambienti e nella documentazione delle atrocità dei carnefici e delle sofferenze dei prigionieri; non mette mai troppo in risalto la sua persona, non si atteggia a eroe né esibisce atti di particolare coraggio. Testimone, egli fa parlare oggettivamente l'infamia dei Lager, l'orrore di quel maledetti tentativi di cancellare l'uomo.
Tutto questo compare nel suo libro.

[A poco a poco Eric Marco diventerà un personaggio ufficiale, il rappresentante ideale dei deportati spagnoli… terrà migliaia di conferenze in tutta la Spagna, specialmente nelle scuole, salirà ai vertici del Cnt, il sindacato anarchico che dopo tanti anni di repressione rinasce con la caduta del franchismo; riceverà da Jordi Pujol, presidente del governo catalano, la Croce di san Jordi.
2005,
27 gennaio, è l'ospite d'onore alla seduta ufficiale del Parlamento spagnolo in memoria delle vittime del nazismo, diviene presidente dell'Amical Mauthausen, l'associazione dei deportati per la quale si prodiga con dedizione ed efficienza. Accanto a queste attività, che gli procurano onore e fama ma non denaro, continua ad esercitare il suo mestiere di meccanico di automobili.

2006,
mentre si trova in Austria, per preparare le celebrazioni del sessantesimo anniversario della liberazione del Lager di Mauthausen, alla presenza di Zapatero, viene richiamato con un un pretesto in Spagna: si è scoperto (grazie al tenace storico Benito Bermejo) che non è mai stato deportato a Flossenbürg, che il numero 6448 non corrisponde al suo nome, è il nome di Nessuno. L'unica certezza è che nel 1942 si era recato invece, volontariamente, in Germania a lavorare nei cantieri di Kiel.
Il suo discorso – proprio quello scritto da lui – lo legge un altro, un vero deportato, abbracciato alla fine della cerimonia da uno Zapatero "emocionado" dalla ricorrenza, dalla memoria dei suoi nonni fucilati dai franchisti… È facile immaginare lo sconquasso provocato da questo smascheramento. L'Amical Mauthausen espelle il suo presidente, il governo catalano ritira con imbarazzo la medaglia di san Jordi; centinaia di giornalisti, lettori, cittadini, famigliari dell'impostore e famigliari di autentici deportati scrivono, commentano, protestano; vengono messe vivacemente in discussione le nuove tendenze storiografiche che prediligono le fonti orali. Aldilà di ogni stravaganza personale, la colpa oggettiva che viene giustamente imputata a Eric Marco è di portare, sia pure involontariamente, acqua al velenoso mulino del negazionismo. Se lui ha mentito può sorgere il dubbio che abbiano mentito pure gli altri testimoni sopravvissuti nei Lager, che nessuno sia mai stato deportato. In questo senso, la sua irresponsabilità è criminosa, perché in questi casi non è lecito scherzare né indulgere ai propri fantasmi e deliri.
Contro questa accusa bruciante Eric Marco si difende con veemenza, si confessa falsario, ma dice di averlo fatto per una giusta causa: ciò che egli ha riferito è vero, e ha poca importanza che non sia accaduto a lui ma a qualcun altro. Ciò che conta è che le sue bugie contribuiscano a diffondere la verità sui Lager, contro le menzogne di coloro che la negano.[…]
Eppure, espellendolo dall'Amical Mauthausen, la vicepresidente, la storica Rosa Toran, ha dichiarato che nessuno aveva lavorato con altrettanta passione e con altrettanti risultati come Marco per l'associazioner e per la memoria delle vittime del nazismo.
[Claudio Magris, Alfabeti - Saggi di letteratura, Garzanti 2008.]

   


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1978, alla direzione del quotidiano è chiamato M. Tito.

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1978, la sede editoriale e redazionale della rivista (diretta da Spadolini) torna a Firenze.

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