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– Lodovico [Vico] LIGATO

(Reggio Calabria, 15 agosto 1939 – Reggio Calabria, 27 agosto 1989)

politico italiano, deputato della Democrazia Cristiana e presidente delle Ferrovie dello Stato.

[Figlio di un ferroviere (capostazione) e di una casalinga, una profuga istriana.
Pronipote di un funzionario dei treni imperiali di Francesco Giuseppe.]

laurea in giurisprudenza;

compie gli studi al liceo ginnasio "Tommaso Campanella" dove inizia un sodalizio duraturo con Giovanni Palamara;

comincia a frequentare Giuseppe Agostino, futuro vicepresidente della Conferenza episcopale italiana…

in questi anni si lega a Enzo Cafari, segretario particolare di Nello Vincelli;
dello stesso periodo, quello universitario, è l'amicizia con Franco Quattrone e con Nuccio Fava;



si laurea in seguito in giurisprudenza all'Università di Palermo ma non eserciterà mai la professione;

1955
6 luglio-19 maggio 1957 (I "governo Segni");

1957
19 maggio-1° luglio 1958, ("governo Zoli");

agosto, Reggio Calabria, appena compiuti i 18 anni si iscrive alla Democrazia Cristiana, muovendo i primi passi sotto la protezione di Nello Vincelli, potente parlamentare fanfaniano della Dc reggina;

1958
25 maggio, (III Legislatura – 1958 12 giug - 15 mag 1963);
1° luglio-15 febbraio 1959 (II "governo Fanfani");

1959
15 febbraio-25 marzo 1960, (II "governo Segni");


1960
25 marzo-26 luglio, ("governo Tambroni);
26 luglio-21 febbraio 1962, (III "governo Fanfani);



sin dai primi anni '60, si dedica al giornalismo cominciando dal «Popolo» e poi presso la sede reggina della «Gazzetta del Sud»;

 


1962
21 febbraio-21 giugno 1963, (IV "governo Fanfani);

1963
28 aprile, (IV Legislatura – 1963 16 mag - 4 giu 1968);
21 giugno-4 dicembre, (I "governo Leone");
4 dic-22 lug 1964, (I "governo Moro");

1964
22 luglio-23 febbraio 1966, (II "governo Moro");

1966
23 febbraio-24 giugno 1968 (III "governo Moro");

1968
19 maggio, (V Legislatura – 1968 5 giu-24 mag 1972);
24 giugno-12 dicembre 1968, (II "governo Leone");
12 dicembre-5 agosto 1969, (I "governo Rumor");

1969
5 agosto-27 marzo 1970, (II "governo Rumor");

1970
27 marzo-6 agosto, (III "governo Rumor");


5 luglio, I moti di Reggio Calabria: Reggio Calabria, Piazza Duomo, oltre 30.000 persone sono giunte per ascoltare il comizio di Pietro Battaglia, 40enne, Dc, sindaco della città.
Egli incita i presenti «a tenersi pronti a sostenere con forza il diritto di Reggio alla guida della regione».
Reggio Calabria rivendica con forza il diritto della città a fregiarsi del titolo di capoluogo della regione.
I moti cominciano subito dopo il "rapporto" del sindaco.

In una città in rivolta, sulle barricate, è tra i pochissimi dirigenti reggini a schierarsi con la posizione ufficiale della Dc che non prevede Reggio Calabria come capoluogo di regione.


6 ago-17 feb 1972, ("governo Colombo");

si vota per la prima volta nel Consiglio Regionale, si candida, viene appoggiato da Nello Vincelli e viene eletto seppur all'ultimo posto…

diviene assessore regionale con la delega agli Enti locali;

1972
17 febbraio-26 giugno, (I "governo Andreotti");
7-8 maggio, (VI Legislatura – 1972 25 mag - 4 lug 1976);
26 giugno-7 luglio 1973 (II "governo Andreotti");

1973
7 lug-14 mar 1974, (IV "governo Rumor");

1974
14 marzo-23 novembre,  (V "governo Rumor");
23 novembre-12 febbraio 1976, (IV "governo Moro");

1975
?, alle regionali triplica i voti di preferenza e diviene il primo degli eletti nella provincia di Reggio Calabria; è il periodo dell'accordo con Franco Quattrone;
[I due hanno stretto un'alleanza per un progetto ambizioso: scalzare Nello Vincelli a Reggio Calabria e incrinare il potere di Misasi a Cosenza e quello di Puja a Catanzaro.
Li chiamano i "giovani turchi".]


1976
12 febbraio-29 luglio, (V "governo Moro");
5 luglio, (VII Legislatura – 1976 lug-19 giu 1979);
[Grazie al suo sostegno determinante, Franco Quattrone diviene deputato. A sua volta questi gli dà il suo appoggio per la scalata alla Regione.]

Arriva a un punto tale da cumulare, contemporaneamente, più deleghe, fra cui quelle del Bilancio, degli Enti locali, dei Trasporti, del Personale.


29 luglio-11 marzo 1978, (III "governo Andreotti");

1978
11 marzo-20 marzo 1979, (IV "governo Andreotti");

1979
20 marzo-4 agosto, (V "governo Andreotti");


3 giugno, eletto deputato (VIII Legislatura – 1979 20 giu-11 lug 1983) per la Dc nel collegio di Catanzaro;
[Con 87.130 voti di preferenza. Secondo degli eletti a un passo dal capolista Riccardo Misasi che riesce a mantenere il primato per soli 705 voti di differenza. Primato apparente, però.
È lui infatti il primo degli eletti democristiani a Reggio Calabria e ciò grazie al fatto che l'Onorata società è stata parte del suo trionfo. (Lo stesso alto commissario per la lotta contro la mafia preciserà che a sostenerlo sono stati i De Stefano).
Significativi i suoi passaggi interni nelle varie correnti democristiane: fanfaniano prima, poi andreottiano, approda alla fine nella corrente di sinistra di Ciriaco De Mita e di Misasi.]



7-10 giugno, prime elezioni per il Parlamento europeo;


4 agosto-4 aprile 1980, (I "governo Cossiga");

Nella Dc calabrese c'è una triangolazione particolare:
. Ligato a Reggio,
. Riccardo Misasi a Cosenza,
. Pujia a Catanzaro.
Ognuno di loro, forte nella sua provincia, cerca e ha collegamenti nelle altre province. E così in quella di Reggio, hanno una loro importanza alcuni personaggi.
Giuseppe Nicolò è il riferimento di Riccardo Misasi a Reggio, Franco Quattrone lo diventerà di Pujia dopo un periodo passato con Riccardo Misasi. Un peso lo ha anche il deputato Pietro Battaglia, approdato di recente nella corrente del ministro dell'Interno Vincenzo Scotti dopo essere stato andreottiano come Pujia.
Sono le lotte tra queste correnti – e questi uomini, o pochi altri – che determinano a Reggio Calabria le scelte della Dc negli Enti locali: Comune, Provincia, vari enti pubblici.
Nella Dc reggina avviene un fatto singolare; uomini e correnti che localmente si combattono tra di loro trovano poi momenti di coesione a livello regionale. Non è infrequente trovare Ludovico Ligato e Franco Quattrone, in aspro contrasto a Reggio, unirsi poi con Misasi durante i congressi regionali.
Ma in città non conta solo la Dc.
A scandire la vita politica – per quanto riguarda i partiti di governo – ci sono anche:
- PSI, all'interno del quale si va affermando il consigliere regionale Giovanni Palamara, in contrapposizione con il deputato Saverio Zavettieri;
- PRI, dominato dal deputato Francesco Nucara;
- PSDI, entro il quale acquista sempre più peso l'avv. Paolo Romeo, prima consigliere regionale e poi deputato.
Non si creda, però, che i gruppi e le alleanze tra gli uomini siano rigidi e immobili. Al contrario, la loro caratteristica è la forte mobilità […]
[Cirillo, Ligato e Lima, a cura di Nicola Tranfaglia, Laterza 1994.]

1980
4 aprile-18 ottobre, (II "governo Cossiga");

Elezioni comunali a Reggio Calabria.
[Tra i candidati nelle liste dalla Dc troviamo l'avv. Giorgio De Stefano, cugino del più noto Paolo De Stefano, attualmente in soggiorno obbligato ad Ancona.
A spingere per la candidatura del giovane avvocato c'è anche Ligato.
Paolo De Stefano, grazie alla compliciità di un avvocato (condannato, per tale vicenda, dal tribunale penale) fa rientro a Reggio Calabria. Una provvidenziale citazione lo chiama come teste in un processo civile presso la pretura di Melito Porto Salvo per riconoscimento danni in un incidente stradale. Poi, con un «espediente procedurale», e «grazie ai ripetuti rinvii della trattazione della causa accordati dal vicepretore onorario avv. Abenavoli 'braccio destro' del Ligato», rimane in città per tutta la durata della campagna elettorale.
«L'intera operazione viene orchestrata di concerto tra Ligato, De Stefano e Abenavoli».
Paolo De Stefano
si trova a Reggio per la campagna elettorale a favore della Dc anche se non può votare per il cugino avendo la residenza anagrafica a Lamezia Terme. A sostenere la campagna elettorale dell'avv. Giorgio De Stefano troviamo anche Vico Ligato.
Il giudice per le indagini preliminari, Domenico Ielasi, annoterà ritenendola di «significato particolare l'ammissione della vedova circa un appoggio elettorale che il marito aveva fornito, nelle elezioni comunali del 1980 all'avv. Giorgio De Stefano» che ha sicuramente un successo notevole risultando secondo degli eletti.
Giorgio De Stefano ha rischiato di essere il primo, ma a un certo punto si è ritenuto opportuno limitare la concentrazione delle preferenze sul suo nominativo per evitare il sorpasso del sindaco uscente Domenico Cozzupoli.
All'epoca Franco Quattrone è sottosegretario al Lavoro.
A Gioia Tauro – secondo il cronista Gianfranco Manfredi – nella lista guidata da Vincenzo Gentile entrano parenti diretti di Girolamo Mazzaferro, di Peppino Piromalli, di Saro Mammoliti, cioè di quelli che sono considerati i mafiosi più potenti della piana.]


18 ottobre-28 giugno 1981 ("governo Forlani");

1981
28 giugno-23 agosto 1982, (I "governo Spadolini");


1982
23 agosto-1° dicembre, (II "governo Spadolini");
1° dicembre-4 agosto 1983, (V "governo Fanfani);

1983
26 giugno, rieletto deputato (IX Legislatura – 1983 12 lug-1 lug 1987) per la Dc nel collegio di Catanzaro;
[Quarto degli eletti con 63.482 preferenze.
Stavolta dietro Riccardo Misasi c'è Carmelo Pujia, potente assessore regionale ed ex presidente della Provincia di Catanzaro.
A Reggio Calabria ottengono un risultato lusinghiero i repubblicani e il neoeletto deputato Francesco Nucara (parente, da parte di madre, di Domenico Libri); una messe consistente di voti di preferenza, 12.565, di cui 9000 nel solo reggino. Ovviamente – come appureranno in seguito i magistrati Vincenzo Macrì e Antonio Lombardo – appoggiato dalle cosche mafiose facenti capo a Francesco Serraino, Paolo De Stefano, i Tegano, i f.lli Libri, Santo Araniti, Antonino Frascati, i f.lli Caridi di Cataforio.
In questa occasione – e solo in questa – egli si chiede dove siano finiti i voti della 'ndrangheta!
Che i De Stefano abbiano voluto dividere su due candidati di diversi partiti le loro preferenze elettorali raggiungendo lo scopo di far eleggere entrambi i candidati? Non è facile dare una risposta.]

diviene segretario della Commissione Trasporti della Camera;


4 agosto-1° agosto 1986, (I "governo Craxi");

1984

17 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;

1985
11 ottobre, Villa San Giovanni (Reggio Calabria), salta in aria un'autovettura imbottita di esplosivo; provoca tre vittime ma scampa all'agguato Antonino Imerti [nano feroce].

13 ottobre, Archi (Reggio Calabria), viene ucciso il capo bastone Paolo De Stefano, ritenuto il mandante del mancato omicidio di Antonino Imerti [nano feroce].
[Ricercato da anni dai poliziotti e dai carabinieri, che non erano riusciti a catturarlo, viene ucciso nel suo "regno", territorio di dominio incontrastato di questa cosca e luogo «impenetrabile per le forze di polizia».
La sua uccisione ha come immediata conseguenza la frattura della 'Ndrangheta reggina da lui unificata e finora egemonizzata essendo riuscito a governarla dopo l'eliminazione di don Domenico [Mico] Tripodo.]


Si apre così la seconda guerra di Reggio Calabria.
[La più lunga e la più sanguinosa della storia della 'ndrangheta reggina e calabrese.
Quando si concluderà, nell'estate 1991, si conteranno quasi seicento morti.]

Le varie cosche si dividono: [vedi 'Ndrangheta]

 

 

 

 

15 novembre, è nominato presidente delle Ferrovie dello Stato.

Egli continua tuttavia ad interessarsi delle vicende di Reggio Calabria e questo impensierisce non poco quanti, nel suo stesso partito, pensano che non debba più intromettersi in città.

 

A capo della segreteria politica di Ciriaco De Mita, segretario nazionale della Dc, c'è Riccardo Misasi. La corrente facente capo si due s'impadronisce della direzione delle Ferrovie.
[Ciò risponde a un'esigenza nazionale, c'è però anche un risvolto calabrese. Con questa scelta, secondo l'opinione di molti, Riccardo Misasi si è liberato in Calabria di un concorrente temibile; nel contempo a Ludovico Ligato subentra in Parlamento Mario Laganà consentendo allo stesso Riccardo Misasi di assicurarsi un nuovo e potente alleato nel Reggino. Difatti Mario Laganà diviene subito misasiano.
Giacomo Mancini sarà dello stesso parere: «Ludovico Ligato fu scelto grazie alla segreteria Dc e con il consenso di Misasi».]

Direttamente o intestandole al figlio Enrico Ligato, egli costituisce diverse società con l'intenzione di operare in vasi settori: imprese di intermediazione immobiliare, di consulenza edilizia, di produzione di materiale da costruzione.
[I giudici ne conteranno alla fine ben 27.]

1986
1° agosto-17 aprile 1987 (II "governo Craxi");

Negli ultimi giorni dell'anno egli riunisce all'Hotel Excelsior un gruppo di amici per una cena.
[L'incontro, che avrebbe dovuto servire per designare Agatino Licandro come suo «erede ufficiale», viene turbato – e sconvolto nei suoi risultati – dalla presenza inattesa e non voluta di Giuseppe Nicolò. Forse inviato da Riccardo Misasi a cui si è rivolto Franco Quattrone il quale «sicuramente deve aver protestato vedendo venir meno la garanzia che Ligato non si sarebbe più impegnato a Reggio».]

1987
17 aprile-28 luglio, (VI "governo Fanfani);
14 giugno, (X Legislatura – 1987 2 lug-22 apr 1992);
28 luglio-13 aprile 1988, ("governo Goria");

Tra il 1987 e il 1988, segretario regionale della Dc è Giuseppe Nicolò.

1988
13 aprile-22 luglio 1989, ("governo De Mita");

Il giudice istruttore di Roma, Vitaliano Calabria, ipotizza nei suoi confronti il reato di corruzione.
14 comunicazioni giudiziarie raggiungono i membri del CdA delle Ferrovie dello Stato; alcuni di loro finiscono in galera.

Tra il ? e il 1990, segretario regionale della Dc è Franco Quattrone.
[Il quale viene messo al corrente da Giuseppe Nicolò dell'esistenza dell'accordo segreto stipulato per l' "affare Bonifica".
Una sorta di passaggio delle consegne, peraltro confermato in seguito da Vincenzo Gallo, un "fiduciario" di Vincenzo Lodigiani, che dirà ai giudici: «Franco Quattrone, lui disse che era segretario della Dc regionale e che se c'era qualche cosa di importante voleva saperlo» e «voleva esser informato sulle cose di rilievo che la mia società aveva in caldo».]


25 novembre, coinvolto nello "scandalo delle lenzuola d'oro", è costretto a dimettersi dalla presidenza delle Ferrovie dello Stato;
[L'Ente viene commissariato e Mario Schimberni è nominato commissario straordinario.]

[La vicenda è nata da una denuncia sporta da Antonio Airoldi, presidente della società IBE, che afferma di non essere stato invitato alla gara pur essendo una ditta specializzata in lenzuola sintetiche e pur potendo offrire un prezzo largamente inferiore, 30 Mdi di lire, rispetto a quello aggiudicato che è stato di 152 Mdi di lire. Ha vinto questa gara Elio Graziano, imprenditore campano, ex presidnete dell'Avellino calcio, che sarà poi inquisito per truffa ai danni dello Stato in relazione al terremoto dell'Irpinia. La sua ditta ha avuto la commessa malgrado la denuncia di irregolarità dell'appalto. Ascoltato dai giudici, Elio Graziano racconta di avere dato ad Enrico Ligato (figlio del presidente) 10 Mni di lire al mese per dieci mesi consecutivi.
Viene interrogato anche dal giudice istruttore Lombardi perché l'imprenditore della Codemi, Bruno De Mico, ha dichiarato di avegli dato non personalmente, ma tramite Rocco Trane. segretario particolare del ministro Signorile, una tangente di 100 Mdi di lire. Inoltre è accusato di avere aumentato gli stipendi per se stesso e per tutti i componeti del CdA. Il suo da 144 Mni è arrivato a oltre 236 Mni. E poi ci sono i viaggi di rappresentanza, l'uso disinvolto delle carte di credito.
Dal 1986 al 1988 le spese per viaggi, alberghi, noleggio auto hanno toccato il tetto di 2 Mdi di lire.
Egli è convinto di uscire indenne da questa vicenda perché lo scandalo delle lenzuola d'oro si riferisce ad appalti concessi prima del suo insediamento, gli aumenti degli stipendi sono stati un adeguamento obbligatorio, l'uso improprio dell carte di credito una cosa che non lo riguarda.
Quanto ai soldi dati da Elio Graziano a suo figlio Enrico Ligato «è una storia di rapporti personali già chiarita».]


1989
11 aprile, Crotone, proveniente da Roma sbarca in aero-taxi assieme a Enzo Cafari, originario di Ferruzzano (Reggio Calabria);
[Come dichiarato dal settimanale «Il Crotonese», il viaggio è finalizzato alla trattativa per l'acquisto dell' "Hotel Costa Tiziana", una costruzione alberghiera di rilevanti dimensioni – 60.000 mq di fronte al mare – posta proprio ai confini dell'area di installazione dei missili F.16 e della base Nato che dovrebbe sorgere dopo l'arrivo dei missili. L'affare si concluderà con l'acquisto per Lire 5.050.000.000.-
Il gruppo romano che si aggiudicherà il complesso alberghiero farà capo proprio a Enzo Cafari… coinvolto nel processo per la strage di contrada Razzà di Taurianova (Reggio Calabria) [vedi 'Ndrangheta 1977].
Di Enzo Cafari si occupa un altro magistrato, Agostino Cordova, giudice istruttore presso il Tribunale di Reggio Calabria. Nell'ordinanza di rinvio a giudizio contro Paolo De Stefano + 59, che costituisce la base del processo ai 60, viene delineata la figura di Enzo Cafari, fatto ancor più significativo perché lo stesso non risulta imputato in questo processo.
Enzo Cafari
è colto in «oscuri rapporti con Paolo De Stefano, Carmelo Cortese, Giuseppe Avignone, Bruno Caccamo, Giuseppe Scriva e altri 'personaggi' del genere».
Carmelo Cortese è «associato ad una loggia massonica» e successivamente risulterà negli elenchi della P2.
Continua Agostino Cordova: «La cosca Avignone, così come quelle De Stefano e Piromalli, dispone di una vasta base operativa a Roma: e, per troppo singolare coincidenza, uno dei punti di riferimento sia dell'Avignone, come dei Piromalli e dei De Stefano è proprio il Cafari».
Quando si svolgerà il processo ai 60 il presidente del collegio giudicante Giuseppe Tuccio, rimarcherà nella sentenza il ruolo di Enzo Cafari. Nella sede romana della compagnia assicurativa da lui gestita ci sono stati incontri tra «i capi delle cosche De Stefano, Mammoliti Giuseppe, Avignone Giuseppe e pericolosi esponenti della malavita romana ritenuti responsabili di clamorosi sequestri consumati in tutta Italia».
All'epoca dei fatti Enzo Cafari era segretario particolare dell'on. Nello Vincelli il quale «per un certo periodo aveva tenuto il proprio ufficio presso l'agenzia di Cafari».]

Quando il nome di Enzo Cafari viene associato a quello di Nello Vincelli, questi si affretta a far sapere che dal 1974 non ha «più alcun rapporto» con il suo ex segretario particolare.

maggio, elezioni comunali a Reggio Calabria;
[Il Consiglio comunale viene completamente rinnovato al punto che nessuno dei suoi uomini democristiani riesce ad entrarvi. Un'intera classe dirigente è stata spazzata via dall'inchiesta giudiziaria provocata dalle rivelazioni di Agatino Licandro, sindaco di Reggio Calabria. Questi un anno prima aveva clamorosamente denunciato che il 15% dei consiglieri comunali erano stati «eletti consapevolmente con i voti della mafia». Aveva parlato e rivelato i meccanismi delle tangenti, il sistema di spartizione esistente tra i partiti di governo della città. Le sue parole hanno poi trovato una conferma autorevole nella testimonianza resa ai magistrati da Nello Vincelli che della Dc reggina conosceva, da lungo tempo, uomini e fatti.
In particolare parlò ai pubblici ministeri Roberto Pennisi e Giuseppe Verzera del Centro direzionale, il famoso Ce.Dir., e della parte avuta da Bonifica SpA, società del gruppo IRI-Italstat con capitale interamente pubblico, e da Vincenzo Lodigiani nel pagamento delle tangenti.
Era successo che il sindaco Aliquò – in regime di prorogatio perché si erano svolte le elezioni amministrative e non era stato ancora eletto il nuovo sindaco – aveva stipualto, da solo e senza consultare nessuno, con la società Bonifica SpA una convenzione di 250 Mdi di lire dei complessivi 600 Mdi previsti dal decreto Reggio. La firma determinò una bufera politica e provocò conseguenze particolari i cui retroscena saranno svelati dalla magistratura reggina sul finire del 1992.
L'idea del Centro direzionale non era partita da una determinazione dell'amministrazione comunale ma – come spiegherà Agatino Licandro – «Fu l'iniziativa e l'interesse di Bonifica» a dare l'avvio alla complessa pratica che si concluse con la stipula della convenzione.
Bonifica SpA
– come confermerà il giudice Augusto Sabatini – «aveva operato tempestivamente nel senso di accaparrarsene l'esclusiva fruizione» ecc. ecc.
In pratica il sindaco dell'epoca Pino Mallamo, iniziò l'iter della pratica e si mosse avendo il consenso di Giuseppe Nicolò e di Giovanni Palamara oltre che quello di Ludovico Ligato. I tre, a quanto pare, indicarono ognuno un consulente da affiancare ai progettisti di Bonifica SpA. La pratica venne incanalata attraverso la legge 64 con un finanziamento del CIPE. Ma la decisione del sindaco Aliquò di firmare la convenzione con Bonifica SpA utilizzando gli stanziamenti previsti dal decreto legge per Reggio determinò come abbiamo visto sopra un pandemonio creando un'opposizione anche in quanti erano d'accordo con quell'investimento.
Dc
e PSI espressero pubblicamente la loro contrarietà. L'utilizzazione del decreto legge per Reggio faceva perdere i fondi del CIPE ma accelerava bruscamente l'iter della pratica. Aveva, però, un difetto: consentiva al sindaco di non discutere la convenzione in Consiglio comunale. La qual cosa non era di secondaria importanza viste le tangenti che dovevano ancora essere divise. E così il 1° agosto successivo…]


18 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;

17 luglio, viene arrestato Agatino Licandro, fino a pochi giorni prima sindaco di Reggio Calabria;
[L'arresto è avvenuto in relazione a reati commessi per l'acquisto delle fioriere che dovevano servire ad abbellire il lungomare della città.]


22 luglio-12 aprile 1991, (VI "governo Andreotti");

1° agosto, Reggio Calabria, la levata di scudi in Consiglio comunale costringe Aliquò ad annullare la convenzione con Bonifica SpA.
[Sarà tuttavia firmata in seguito il 30 ottobre 1990 proprio da Agatino Licandro e sempre con Bonifica SpA.
«Di qui la conferma – concluderà il giudice Mannino – che non era in discussione né la realizzazione dell'opera né l'impresa affidataria, ma che la diatriba era sorta soltanto per un problema di spartizione».
Ludovico Ligato, che fu tra i promotori dell' "affare Bonifica", si è trovato in dissenso con la stipula della convenzione firmata da Aliquò… e sarà ammazzato poco dopo la rescissione di questa convenzione.]

L'imprenditore Giuseppe Cassone, che vorrebbe fare il capofila di un gruppo di imprese per la costruzione della sede del Consiglio regionale della Calabria, non vince l'appalto «perché avrebbe eseguito direttamente i lavori, nulla lasciando alle imprese locali in odore di mafia».
In precedenza è stato escluso dalla costruzione di 180 alloggi previsti dall'amministrazione centrale delle Poste. Gli è stata preferita la ditta Procopio che, secondo lo stesso Giuseppe Cassone, avrebbe goduto in passato «dell'appoggio e della protezione dell'on. Riccardo Misasi».

Gianni Scambia, presidente dei costruttori reggini, intende costituire un consorzio di imprese, Reggio 90, in grado di gestire i lavori del decreto Reggio, Al consorzio aderiscono 110 imprese, un numero rilevante. L'idea pare avviarsi nel migliore dei modi e con il sostegno del sindaco Pietro Battaglia, ma poi, con il passare del tempo, comincia il boicottaggio dell'intera operazione, si mina l'unità delle imprese con l'affidare lavori ad alcune di loro, e infine arrivano attacchi personali allo stesso Gianni Scambia.
Rinvio dopo rinvio, al consorzio Reggio 90 saranno affidati lavori per soli 71 Mdi di lire. Il commento di Gianni Scambia sarà significativo, e drammatico: «Mi viene anche da pensare che, se sono vere le cose che si dicono per l'omicidio Ligato, beh, allora noi abbiamo anche rischiato di persona».

Nel corso di u pranzo in un raffinato ristorante romano alla presenza di Pietro Battaglia e di Paolo Rinaldi, amm.re delegato della Vianini, la grande impresa edile del "gruppo Caltagirone", i fratelli amici dell'on. Giulio Andreotti, si discute degli appalti del decreto Reggio. In questo moemnto Gianni Scambia è in difficoltà perché una «velina» pubblicata su «Il Sole 24 Ore» ha insinuato che, nella costruzione della centrale Enel a Gioia Tauro, era in qualche modo coinvolto in rapporti con ditte mafiose. Paolo Rinaldi rivolgendosi a Pietro Battaglia gli dice: «Le avevamo detto che per l'ostacolo Reggio 90 non si doveva preoccuapre, che ce ne saremmo incaricati noi. Abbiamo provveduto. C'è una notizia su Scambia e l'abbiamo fatta arrivare a «Il Sole 24 Ore» ».

26/27 agosto, Bocale, zona sud di Reggio Calabria, nella notte tra sabato e domenica, viene assassinato a colpi di pistola;
[Alla fine si conteranno 26 fori di entrata, sette dei quali in testa…
Ma, soprattutto, si accerterà che l'arma usata è una Glock 17, importata in Italia dall'Algimec.
Amministratore di una delle filiali regionali dell'Algimec, esattamente quella del Lazio, è suo figlio Enrico Ligato. Si appurerà tuttavia che l'arma è entrata in Italia per vie illegali.
Della sua morte si occuperà anche Corrado Augias, il 3 novembre 1992, in un'apposita puntata della sua trasmissione "Telefono giallo".]

__________________________

[In un agguato di stampo mafioso i cui mandanti sono ritenuti Pasquale Condello, Santo Araniti, Paolo Serraino e Diego Rosmini e l'esecutore materiale Giuseppe Lombardo (tutti condannati con sentenza definitiva).
Il pentito Paolo Iannò, collaboratore del "processo Olimpia 3" dichiarerà che il suo omicidio fu pianificato in due incontri, uno tra maggio e giugno del 1989 tra Filippo Barreca (poi pentito), Paolo Serraino, Pasquale Condello, Diego Rosmini senior, Santo Araniti, Domenico Repaci (Araniti) e Antonino Modafferi (Araniti) e un secondo 45 giorni dopo circa Pasquale Condello, Domenico Araniti insieme ad altre persone. Wikipedia]

[La vedova Eugenia [Nuccia] Mammana indicherà nelle «carte processuali» il «movente del delitto» aggiungendo: «Alla vigilia dei processi è stato ucciso. Come si fa a non pensare a questo collegamento?».
A Ottavio Rossani, giornalista del «Corriere della Sera» che le chiederà: «L'omicidio di suo marito lo definisce un delitto di Stato?», lei non avrà esitazioni e risponderà in modo perentorio: «Secondo me sì, è un delitto di Stato». Contesterà apertamente l'operato degli stessi inquirenti: «Quelli che finora stanno indagando, stanno seguendo la pista reggina, ma lo fanno solo per depistare dalle vere cause dell'assassinio».
E dirà in seguito a Paolo Guzzanti: «L'hanno lasciato solo come un cane. Innocente e solo».
Del resto, a seguire le cronache di questi giorni si rimane sconcertati dal silenzio della Dc:
. Forlani, al Consiglio nazionale che si svolge proprio in questi giorni, lo ricorda di sfuggita, in poche righe nella sua lunga relazione;
. Ciriaco De Mita, nemmeno una parola;
. Natali e Gullotti, solo loro, hanno l'onore della sua commemorazione.
Solo Oscar Luigi Scalfaro, sempre nel citato reticente Consiglio nazionale della Dc, dice:
«Ligato è nostro, perché fu nostro deputato e perché a quel posto di responsabilità non c'è arrivato da solo». Né serve che noi «ci affidiamo ai silenzi. Dobbiamo avere la serena umiltà di rispettare la verità come è senza cercare di tirarcene fuori e perché fu scelto». Ma non scuote gli animi…
Ai funerali non parteciperà neppure Riccardo Misasi, parlando di «disguido» ecc.

Il fatto più significativo è che «nessuno dei dirigenti nazionali o locali prova a disegnarlo come una vittima della mafia».]

1992
dicembre, ai primi del mese, il giudice per le indagini preliminari Domenico Ielasi, accogliendo le richieste del sostituto procuratore della Repubblica Bruno Giordano, emette ordine di custodia cautelare contro 11 persone che vengono ritenute i mandanti e gli esecutori materiali dell'omicidio. L'operazione è definita "prima luce".
Oltre ai nomi di presunti appartenenti a famiglie 'ndranghetiste, figurano quelli di quattro esponenti politici di spicco: Pietro Battaglia, Franco Quattrone, Giuseppe Nicolò e Giovanni Palamara. Costoro vengono accusati di essere i mandanti dell'omicidio.
Nle formulare le loro ipotesi accusatorie i giudici si sono avvalsi anche delle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia che rimangono celati dietro due sigle, Alfa e Delta, per non rivelarne la vera identità.
[Precauzione che durerà ben poco perché la stampa individuerà dietro questi nomi di fantasia i pentiti Giacomo Lauro e Filippo Barreca.]
Le perizie balistiche accertano che la pistola Glock usata nell'omicidio era stata utilizzata in precedenza per uccidere Vincenzo Caponera, Vincenzo D'Agostino, Francesco e Demettrio Nicolò eliminati nel corso della guerra fra le cosche. Tutte le vittime appartenevano alla cosca dei De Stefano, sicché è evidente che a sparare contro di loro dovevano essere stati quelli della cosca avversa degli Imerti, dal momento che la pistola usata era nella loro piena ed esclusiva disponibilità.
L'idea di uccidere l'ex presidente della Ferrovie dello Stato è partita dunque da Reggio Calabria.
Secondo le dichiarazioni di Giacomo Lauro, l'ucciso era stato molto appoggiato elettoralmente dalla cosca dei De Stefano e dai referenti di quest'ultima in tutta la provincia reggina. A Filippo Barreca risulterà che egli fosse legato all'avv. Giorgio De Stefano e quindi alla cosca De Stefano.
Il possibile suo rientro in politica – come ha affermato Agatino Licandro – «preoccupò non poco le forze politiche locali»… visto che da tutti gli investimenti economici arrivati e in arrivo in città si prevedevano 5 Mdi di lire di mazzette per il Centro direzionale e 30 Mdi di lire per il decreto Reggio. In questo quadro è dunque maturata l'idea di eliminare questo pericoloso concorrente.
Lo stesso Nello Vincelli ha detto: «Sono in condizione di poter affermare che detto omicidio possa inquadrarsi come momento di scontro all'interno del comitato di affari reggino».
Ha aggiunto Giacomo Lauro: «Mi risulta che la decisione di eliminare Ligato fu assunta da Palamara Giovanni, Battaglia Piero e Nicolò Giuseppe, quest'ultimo il referente di Misasi nel Reggino. Penso anche di sapere chi è stato il portavoce che ha trasmesso il messaggio per l'eliminazione di Ligato al nostro gruppo. Il messaggio è arrivato tramite i Serraino».
Filippo Barreca ha annoverato nel gruppo destefaniano i tre uomini politici nominati da Giaocmo Lauro e vi ha aggiunto Franco Quattrone. Tutti e quattro costituivano il «gruppo di potere alternativo a Ligato». Se questi sarebbero i mandanti politici dell'omicidio, gli esecutori materiali apparterrebbero alle cosche che condividevano quella decisione: Serraino, Rosmini, Condello. «La partecipazione di un esponente di ciascun gruppo doveva far condividere a tutti la responsabilità e garantire il silenzio».

1993
13 marzo, il giudice per le indagini preliminari Domenico Ielasi, accogliendo parzialmente le richieste dei sostituti procuratori della Repubblica Roberto Pennisi e Giuseppe Verzera, emette 12 ordini di custodia cautelare contro esponenti politici e uomini della 'ndrangheta accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso. Ancora una volta nell'elenco ci sono Pietro Battaglia, Franco Quattrone, Giuseppe Nicolò e Giovanni Palamara. Assieme a loro un ex sindaco, Domenico Cozzupoli, e un ex vicesindaco Vincenzo Logoteta (Psi).
Questa volta il personaggio più importante è l'on. Riccardo Misasi, nei confronti del quale sarà richiesta autorizzazione a procedere per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso.
[La Camera dei deputati, accogliendo la proposta della Giunta per le autorizzaizoni a procedere, deciderà di respingere la richiesta avanzata dai magistrati reggini perché «assolutamente priva di fondamento».]
Passano alcuni giorni e il giudice per le indagini preliminari Domenico Ielasi, accogliendo parzialmente le richieste del sostituto procuratore della Repubblica Bruno Giordano, emette 35 ordini di cattura.
Questa volta ad essere colpita è la componente militare della struttura mafiosa. Il personaggio più importante è l'avv. Giorgio De Stefano.
[Il Tribunale della libertà di Reggio Calabria lo porterà fuori dal carcere non ritenendo attendibili i collaboratori di giustizia Giacomo Lauro e Filippo Barreca che non avrebbero raggiunto la «consistenza dell'indizio» rispetto all'ipotesi accusatoria «della partecipazione, specie nella qualità di dirigente, ad una consorteria mafiosa».
Avverso questo provvedimento, il sostituto procuratore nazionale antimafia Vincenzo Macrì proporrà appello alla Corte di cassazione sostenendo che il Tribunale della libertà non ha tenuto conto di nuove prove portate dall'accusa che riguarderebbero i rapporti diretti tra l'avv. Giorgio De Stefano e Nitto Santapaola, il noto capomafia di Catania.

1994
febbraio, si conclude il processo, in 1° grado, per la tangentopoli reggina con la condanna di quasi tutti gli imputati; fra gli altri, Pietro Battaglia, Franco Quattrone, Giovanni Palamara, Aliquò e Vincenzo Logoteta (Psi); la posizione di Giuseppe Nicolò non è stat definita in questo processo perché è stata stralciata.
Per i parlamentari coinvolti, assolto Bruno Napoli, vengono condannati – ed è il primo caso in Italia – Lillo Manti e Francesco Nucara, deputati ancora in carica al momento della pronuncia della sentenza di primo grado.

 

Fonti
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